ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della
legge della Regione Liguria 7 aprile 2015,  n.  12  (Disposizioni  di
adeguamento della normativa regionale), promosso dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 13-17  giugno  2015,
depositato in cancelleria il 17 giugno 2015 ed iscritto al n. 65  del
registro ricorsi 2015. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Liguria; 
    udito nell'udienza pubblica del  20  settembre  2016  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Maria  Letizia  Guida   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato  Gabriele  Pafundi
per la Regione Liguria. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 13-17 giugno 2015, depositato il 17
giugno 2015 e iscritto  al  n.  65  del  registro  ricorsi  2015,  il
Presidente del Consiglio dei  ministri  ha,  tra  l'altro,  impugnato
l'art. 1 della legge della Regione  Liguria  7  aprile  2015,  n.  12
(Disposizioni di adeguamento della normativa regionale),  sostitutivo
dell'art. 91, comma 1-bis, della legge regionale 21 giugno  1999,  n.
18 (Adeguamento delle discipline e conferimento delle  funzioni  agli
enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia), per
violazione  dell'art.  117,  secondo   comma,   lettera   s),   della
Costituzione, in relazione alle norme interposte previste dagli artt.
74, comma 2, lettere f) e g), 75, comma 3,  118  e  120  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n.  152  (Norme  in  materia  ambientale),
nonche' dal decreto del Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare 16 giugno 2008, n. 131, intitolato «Regolamento
recante i criteri tecnici per la caratterizzazione dei  corpi  idrici
(tipizzazione,  individuazione  dei  corpi  idrici,   analisi   delle
pressioni)  per  la  modifica  delle  norme  tecniche   del   decreto
legislativo 3  aprile  2006,  n.  152,  recante:  "Norme  in  materia
ambientale", predisposto ai sensi dell'articolo 75,  comma  4,  dello
stesso decreto» e dal decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della
tutela  del  territorio  e  del  mare  27  novembre  2013,   n.   156
(Regolamento recante i  criteri  tecnici  per  l'identificazione  dei
corpi  idrici  artificiali  e  fortemente  modificati  per  le  acque
fluviali e lacustri, per la modifica delle norme tecniche del decreto
legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  recante  Norme  in   materia
ambientale, predisposto ai  sensi  dell'articolo  75,  comma  3,  del
medesimo decreto legislativo). 
    1.1.-  Il  ricorrente  reputa  che  la  disposizione   impugnata,
attribuendo alla Giunta regionale il  potere  di  individuare,  sulla
base di criteri attuativi parzialmente  indeterminati,  e,  comunque,
non coordinati ne'  coerenti  rispetto  a  quelli  specificati  dalla
normativa  statale,  una  serie  di  corpi  idrici,  si  porrebbe  in
contrasto   con   le   disposizioni   sopra   richiamate,    violando
conseguentemente l'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.,  che
stabilisce la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in  tema  di
«tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». 
    2.- Il 24 luglio 2015 si e' costituita  in  giudizio  la  Regione
Liguria, sostenendo  l'infondatezza  delle  censure  prospettate  dal
Presidente del Consiglio dei ministri e chiedendone il rigetto. 
    2.1.- La Regione Liguria sostiene che, con la norma censurata, il
legislatore regionale  avrebbe,  semplicemente,  inteso  favorire  la
gradazione e la diversificazione  degli  adempimenti  in  materia  di
polizia idraulica e di gestione del  demanio  idrico,  divenuta  piu'
onerosa e di difficile attuazione a seguito  dell'entrata  in  vigore
del principio di generale  pubblicita'  delle  acque,  stabilito  dal
decreto del Presidente della Repubblica  18  febbraio  1999,  n.  238
(Regolamento recante norme per l'attuazione  di  talune  disposizioni
della legge 5 gennaio 1994, n. 36, in materia di risorse  idriche)  e
dall'art. 144 del d.lgs. n. 152 del 2006. 
    La difesa della Regione resistente rileva,  inoltre,  che  nessun
obiettivo di tutela delle acque dall'inquinamento andrebbe  ricercato
nella norma impugnata, in quanto questa sarebbe stata  introdotta  al
solo scopo di consentire l'assoggettamento alla disciplina di polizia
idraulica e di demanio idrico di corsi d'acqua di modeste dimensioni,
prevalentemente tombinati e ricadenti in contesti di  tessuto  urbano
consolidato,  che,   altrimenti,   in   considerazione   delle   loro
caratteristiche, sfuggirebbero ad ogni regolamentazione. 
    Da cio' deriverebbe che la disposizione impugnata non  violerebbe
affatto, per il tramite delle norme statali richiamate,  l'art.  117,
comma  secondo,  lettera  s),  Cost.,  che  stabilisce  la   potesta'
legislativa esclusiva dello Stato in tema di  «tutela  dell'ambiente,
dell'ecosistema  e  dei  beni   culturali»,   costituendo   piuttosto
espressione della  diversa  materia  della  «difesa  del  suolo»,  di
competenza regionale  sulla  base  di  quanto  previsto  dal  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli  enti  locali,  in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59). 
    3.- Con memoria depositata il  30  agosto  2016,  il  Governo  ha
ulteriormente   precisato   gli   argomenti   posti   a    fondamento
dell'impugnazione. 
    3.1.- Con memoria  depositata  il  30  agosto  2016,  la  Regione
resistente ha ribadito 
    le proprie difese. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha,  tra   l'altro,
promosso questione di legittimita' costituzionale dell'art.  1  della
legge della Regione Liguria 7 aprile 2015,  n.  12  (Disposizioni  di
adeguamento della normativa  regionale),  sostitutivo  dell'art.  91,
comma 1-bis, della legge regionale 21 giugno 1999, n. 18 (Adeguamento
delle discipline e conferimento delle funzioni agli  enti  locali  in
materia di ambiente, difesa del suolo ed energia). 
    Il ricorrente deduce la violazione dell'art. 117, secondo  comma,
lettera s), della Costituzione, in relazione  alle  norme  interposte
previste dagli artt. 74, comma 2, lettere f) e g)  (la  quale  ultima
richiama gli artt. 118 e 120) e 75, comma 3, del decreto  legislativo
3 aprile 2006, n. 152 (Norme  in  materia  ambientale),  nonche'  dal
decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e
del mare 16 giugno 2008, n. 131, intitolato  «Regolamento  recante  i
criteri  tecnici  per   la   caratterizzazione   dei   corpi   idrici
(tipizzazione,  individuazione  dei  corpi  idrici,   analisi   delle
pressioni)  per  la  modifica  delle  norme  tecniche   del   decreto
legislativo 3  aprile  2006,  n.  152,  recante:  "Norme  in  materia
ambientale", predisposto ai sensi dell'articolo 75,  comma  4,  dello
stesso decreto» e dal decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della
tutela  del  territorio  e  del  mare  27  novembre  2013,   n.   156
(Regolamento recante i  criteri  tecnici  per  l'identificazione  dei
corpi  idrici  artificiali  e  fortemente  modificati  per  le  acque
fluviali e lacustri, per la modifica delle norme tecniche del decreto
legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  recante  Norme  in   materia
ambientale, predisposto ai  sensi  dell'articolo  75,  comma  3,  del
medesimo decreto legislativo). 
    2.- Si e' costituita in giudizio la Regione Liguria,  in  persona
del  Presidente  pro  tempore  della  Giunta  regionale,   sostenendo
l'infondatezza della impugnativa. 
    La norma censurata, a  parere  della  Regione,  dovrebbe  essere,
infatti, ricondotta, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente,
alla  materia  della  difesa  del  suolo  e,  quindi,  ad  un  ambito
rientrante,  ai  sensi  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  nella
potesta' legislativa concorrente  di  Stato  e  Regioni  in  tema  di
«governo del territorio». 
    Da cio' deriverebbe che, esulando  dalla  disposizione  impugnata
ogni  finalita'  di  tutela  dell'ambiente,   le   censure   avanzate
dovrebbero considerarsi prive di fondamento. 
    3.- La questione proposta non e' fondata, nei  sensi  di  seguito
precisati. 
    Preliminarmente, va evidenziato  che  questa  Corte,  gia'  nella
sentenza n. 407 del 2002, ha ritenuto che la tutela dell'ambiente non
possa identificarsi con  una  materia  in  senso  stretto,  dovendosi
piuttosto  intendere  come  un  valore  costituzionalmente  protetto,
integrante una «materia "trasversale"» e  che  la  difesa  del  suolo
rientra nella materia della «tutela dell'ambiente» (in questo  senso,
sentenze n. 83 del 2016, n. 109 del 2011, n. 341 del 2010  e  n.  232
del 2009). 
    Proprio  la  trasversalita'  della  materia  implica,   peraltro,
l'esistenza di «competenze diverse che ben possono essere regionali»,
con la conseguenza che, in relazione a  queste,  allo  Stato  sarebbe
riservato  «il  potere  di  fissare  standards  di  tutela   uniformi
sull'intero territorio nazionale, senza peraltro escludere in  questo
settore la competenza regionale alla cura di interessi funzionalmente
collegati con quelli propriamente ambientali» (cosi' la  sentenza  n.
407 del 2002). 
    Successivamente, questa Corte ha chiarito che alle Regioni non e'
consentito apportare deroghe in peius rispetto ai parametri di tutela
dell'ambiente fissati dalla normativa statale e che «le  disposizioni
legislative statali adottate in tale ambito fungono  da  limite  alla
disciplina che le Regioni, anche  a  statuto  speciale,  dettano  nei
settori di loro  competenza,  essendo  ad  esse  consentito  soltanto
eventualmente di incrementare  i  livelli  della  tutela  ambientale,
senza  pero'  compromettere  il  punto  di  equilibrio  tra  esigenze
contrapposte  espressamente  individuato  dalla  norma  dello  Stato»
(sentenza n. 300 del 2013). 
    Pertanto, la difesa della Regione, secondo cui la norma impugnata
dovrebbe   considerarsi   estranea   alla   materia   della   «tutela
dell'ambiente»,  in  quanto  attinente   alla   difesa   del   suolo,
riconducibile alla diversa materia di  legislazione  concorrente  del
«governo  del  territorio»,  evoca  una  prospettiva   superata,   in
contraddizione con quanto, in piu'  occasioni,  affermato  da  questa
Corte. 
    4.-  Cio'  posto,  il  ricorrente  ritiene  che  la  disposizione
impugnata attribuisca alla Giunta regionale il potere di  individuare
tratti di corsi d'acqua sulla base di criteri attuativi indeterminati
e,  comunque,  non  coordinati,  ne'  coerenti  rispetto   a   quelli
specificati  dalla  normativa  statale,  in  violazione   di   quanto
stabilito negli artt. 74, comma 2, lettere f) e g), e  75,  comma  3,
del d.lgs., n. 152 del 2006 e nei decreti del Ministro  dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare del 16 giugno 2008, n. 131 e
del 27 novembre 2013, n. 156. 
    A ben vedere, tale contrasto non ricorre nel caso di specie. 
    Va, infatti, rilevato  che  nessuna  delle  previsioni  normative
statali   richiamate   dal   ricorrente    appare,    effettivamente,
contraddetta dalla disposizione impugnata, dovendosi intendere in una
prospettiva di integrazione e rafforzamento della disciplina posta  a
tutela dell'ambiente. 
    In particolare, l'art. 74, comma 2, del d.lgs. n.  152  del  2006
contiene alla lettera f) la definizione di corpo  idrico  artificiale
(«un corpo idrico superficiale creato da un'attivita' umana») e  alla
lettera g) la definizione di corpo idrico fortemente modificato  («un
corpo idrico superficiale la cui natura,  a  seguito  di  alterazioni
fisiche dovute a un'attivita' umana, e'  sostanzialmente  modificata,
come risulta dalla designazione fattane dall'autorita' competente  in
base alle disposizioni degli articoli 118 e 120» dello stesso decreto
legislativo). 
    Il  successivo  art.  75,  comma  3,  precisa,   poi,   che   «le
prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione della parte terza del
presente decreto sono stabilite negli Allegati al  decreto  stesso  e
con uno o piu' regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17,  comma
3, della legge 23 agosto 1988,  n.  400,  su  proposta  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare previa  intesa
con la Conferenza Stato-regioni; attraverso  i  medesimi  regolamenti
possono altresi' essere modificati gli Allegati alla parte terza  del
presente decreto per adeguarli a  sopravvenute  esigenze  o  a  nuove
acquisizioni scientifiche o tecnologiche». 
    La disposizione regionale  censurata  stabilisce  che  la  Giunta
regionale  puo'  individuare,  sulla  base   di   specifici   criteri
attuativi, corsi d'acqua o loro  tratti,  che  presentino  almeno  le
caratteristiche  di  sottendere   bacini   idrografici   di   modeste
dimensioni,  prevalentemente   tombinati,   ricadenti   in   contesti
urbanistico-edilizi di tessuto urbano consolidato,  e  che,  pur  non
potendosi classificare canali di drenaggio urbano, abbiano  perso,  a
causa delle trasformazioni territoriali ed urbanistiche  verificatesi
nel tempo, le caratteristiche originali del  corso  d'acqua  in  modo
irreversibile, tanto da non rendere possibile  il  loro  recupero  in
termini di spazi e capacita' di deflusso. Essa evidenzia, invece,  un
oggetto diverso  da  quello  disciplinato  dalla  normativa  statale,
attinente ai corpi idrici superficiali, e rivela l'unica finalita' di
consentire una graduazione e una diversificazione  degli  obblighi  e
degli adempimenti in materia di polizia idraulica. 
    Anche  le  disposizioni  contenute  nei  richiamati  decreti  del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  non
appaiono violate dalla norma  impugnata,  correttamente  interpretata
nel senso di integrare, e non di  derogare,  la  disciplina  statale,
allo  scopo  di  evitare  che  corsi   d'acqua,   assimilabili,   per
caratteristiche  oggettive,  a  canali  di  drenaggio  urbano   o   a
fognature, rimangano  esclusi  dal  reticolo  idrografico  regionale,
sfuggendo all'ambito  di  applicazione  delle  normative  di  polizia
idraulica. 
    Pertanto, la norma impugnata di cui all'art. 1 della legge  della
Regione Liguria n. 12  del  2015,  sostitutivo  dell'art.  91,  comma
1-bis, della legge regionale, n. 18 del 1999, reca una disciplina che
risulta  compatibile  con  quella  statale,  in   quanto   volta   ad
individuare ed  inserire  nel  reticolo  idrografico  regionale,  nel
rispetto della normativa posta a tutela dell'ambiente,  corpi  idrici
che, altrimenti, sfuggirebbero ad una opportuna classificazione,  pur
conservando il comportamento tipico dei corsi d'acqua.