ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 2,
della legge della Regione Veneto 26 marzo 1999, n. 10 (Disciplina dei
contenuti e delle procedure  di  valutazione  d'impatto  ambientale),
promosso dal Consiglio di Stato nel procedimento vertente tra F. D.V.
e altri e la Regione Veneto e altri,  con  ordinanza  del  14  aprile
2015, iscritta al n. 199 del registro  ordinanze  2015  e  pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  41,  prima   serie
speciale, dell'anno 2015. 
    Visti gli  atti  di  costituzione  di  F.  D.V.  e  altri,  della
Provincia di Belluno e altra e della Regione Veneto; 
    udito nell'udienza pubblica del 4 luglio 2017 il Giudice relatore
Giulio Prosperetti; 
    uditi l'avvocato Matteo Ceruti per F. D.V. ed altri e  l'avvocato
Alfredo Biagini per la Provincia di Belluno ed altra e per la Regione
Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 14 aprile 2015,  iscritta  al  n.  199  del
registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 2015, il  Consiglio
di Stato ha sollevato la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'articolo 7, comma 2, in  relazione  all'allegato  C4,  punto  7,
lettera f), della legge della Regione Veneto 26  marzo  1999,  n.  10
(Disciplina dei contenuti e delle procedure di valutazione  d'impatto
ambientale), in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera  s),
della Costituzione, ritenendolo contrastante con l'art. 23, comma  1,
lettera c), in relazione all'allegato III, elenco B, punto 7, lettera
g), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme  in  materia
ambientale). 
    Il Consiglio di Stato riferisce di essere chiamato a decidere  in
ordine all'appello avverso la sentenza del  Tribunale  amministrativo
regionale del Veneto, sede di Venezia, che ha rigettato,  ritenendolo
infondato, il ricorso di  F.  D.V.  e  altri  avverso  gli  atti  del
procedimento di approvazione di una variante,  di  circa  3,3  km  di
lunghezza, alla strada provinciale n. 1 della Provincia di Belluno. 
    2.-  Ad  avviso  del  Collegio  rimettente  la  norma   regionale
censurata, stabilendo la procedura di assoggettamento  alla  verifica
di valutazione di impatto ambientale solo per le  strade  extraurbane
secondarie di lunghezza superiore a  5  chilometri,  si  porrebbe  in
contrasto con l'art. 23, comma 1, lettera  c),  e  relativo  allegato
III, elenco B, punto 7, lettera g), del d.lgs. n. 152 del  2006,  che
impone di sottoporre alla detta procedura tutti i progetti di  strade
extraurbane secondarie, a prescindere dalle loro dimensioni, con cio'
invadendo illegittimamente la competenza  esclusiva  del  legislatore
statale in materia di tutela  dell'ambiente  stabilita  dall'art.117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    Il giudice rimettente evidenzia che la questione di  legittimita'
costituzionale  deve  considerarsi  rilevante   poiche',   risultando
infondati tutti gli  altri  motivi  di  appello,  «qualora  la  norma
regionale  venisse  eliminata  dall'ordinamento,  nella   parte   non
conforme alla norma nazionale, effettivamente sul  progetto  dovrebbe
procedersi, come sostengono gli appellanti, mediante la richiesta  di
"verifica" all'autorita' competente (il c.d. "screening"), al fine di
stabilire   se   l'impatto   sull'ambiente,   in    relazione    alle
caratteristiche del  progetto  e  alla  localizzazione,  comporta  la
necessita'  dello  svolgimento  della  procedura  di  valutazione  di
impatto ambientale (VIA). Da qui discenderebbe  l'illegittimita'  dei
provvedimenti impugnati che in applicazione della norma regionale non
hanno sottoposto preventivamente ne' l'accordo di programma,  ne'  il
progetto definitivo alla suddetta verifica». 
    In punto di non manifesta infondatezza,  il  Consiglio  di  Stato
richiama numerose  sentenze  della  Corte  di  Giustizia  dell'Unione
europea, a tenore delle quali gli Stati  non  possono  esercitare  la
propria  discrezionalita'  nell'identificare  criteri  e  soglie   di
esenzione  alla  procedura  di  assoggettamento  alla   verifica   di
valutazione di impatto ambientale che  siano  fondati  esclusivamente
sulle dimensioni dei progetti, nonche' la sentenza n. 93 del 2013  di
questa Corte, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli
allegati A1, A2, B1 e B2 alla legge della  Regione  Marche  26  marzo
2012, n.  3,  (Disciplina  regionale  della  valutazione  di  impatto
ambientale (VIA) ), nella parte in cui,  nell'individuare  i  criteri
per  identificare  i  progetti  da  sottoporre  a  VIA  regionale   o
provinciale  ed  a  verifica   di   assoggettabilita'   regionale   o
provinciale, non prevedevano che si dovesse  tener  conto,  caso  per
caso, di tutti i criteri indicati nell'Allegato  III  alla  direttiva
del 13 dicembre 2011, n. 2011/92/UE (Direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio concernente la valutazione dell'impatto ambientale di
determinati progetti pubblici e privati). 
    3.- Con memoria depositata in  data  2  novembre  2015,  si  sono
costituiti in giudizio F. D.V. e altri, parti appellanti nel giudizio
principale, che, con argomenti analoghi a quelli svolti dal Consiglio
di  Stato  nella  ordinanza  di  rimessione,  hanno  chiesto  che  la
questione di legittimita' costituzionale sia dichiarata fondata. 
    4.- Con memorie distinte, ma di identico  contenuto,  in  data  3
novembre 2015, si sono costituite in giudizio la Regione  Veneto,  la
Provincia di Belluno e la Veneto Strade  spa,  parti  resistenti  nel
giudizio  principale,  concludendo  per   l'inammissibilita'   ovvero
l'infondatezza della questione. 
    4.1.- Le parti resistenti eccepiscono, in  primo  luogo,  che  la
norma interposta ritenuta violata non sarebbe, in realta', conferente
al caso,  non  avendo  il  Consiglio  di  Stato  considerato  che  la
conferenza di servizi conclusiva del procedimento per  l'approvazione
del progetto risulta essersi svolta in data 19  luglio  2006,  mentre
l'entrata in vigore dell'intera parte seconda del d.lgs. n.  152  del
2006  e,  quindi,  anche  del  richiamato  art.   23,   e'   avvenuta
successivamente, in data 31 luglio 2007. 
    Pertanto, in applicazione del principio tempus  regit  actum,  la
normativa statale  richiamata  dal  Consiglio  di  Stato,  in  quanto
sopravvenuta  alla  conclusione   del   procedimento,   non   sarebbe
applicabile al giudizio, conformemente a quanto  statuito  dal  testo
originario dell'articolo 52, secondo comma, del  d.lgs.  n.  152  del
2006, a tenore del quale «[i] procedimenti  amministrativi  in  corso
alla data di entrata in  vigore  della  parte  seconda  del  presente
decreto, nonche' i procedimenti per i quali  a  tale  data  sia  gia'
stata  formalmente   presentata   istanza   introduttiva   da   parte
dell'interessato, si concludono in conformita' alle  disposizioni  ed
alle  attribuzioni  di   competenza   in   vigore   all'epoca   della
presentazione di detta istanza». 
    Le parti resistenti eccepiscono, inoltre, che il  giudice  a  quo
non avrebbe, in ogni caso, fornito  una  sufficiente  motivazione  in
ordine  alla  rilevanza  della  questione,  essendosi   limitato   ad
affermare, del  tutto  genericamente,  che,  in  caso  di  dichiarata
illegittimita' costituzionale della disposizione  censurata,  sarebbe
stato possibile annullare i provvedimenti impugnati. 
    Eccepiscono,  infine,  che  il   Consiglio   di   Stato   avrebbe
completamente   omesso   il   doveroso   tentativo    di    ricercare
un'interpretazione   costituzionalmente   orientata    della    norma
censurata. 
    4.2.- Nel merito, ad avviso delle parti resistenti, la  questione
sarebbe, comunque, infondata. 
    Infatti, la disciplina contenuta nella norma regionale  impugnata
sarebbe coerente rispetto alla normativa statale applicabile, ratione
temporis, al procedimento di approvazione dell'opera  viaria  oggetto
del giudizio, da individuare non gia' nel  Codice  dell'ambiente,  ma
nel decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996  (Atto  di
indirizzo e coordinamento per l'attuazione  dell'art.  40,  comma  1,
della L. 22  febbraio  1994,  n.  146,  concernente  disposizioni  in
materia di valutazione di impatto ambientale). 
    Piu' precisamente, l'art. 1, comma 1, del d.P.R. 12 aprile  1996,
attribuendo, in via generale, alle Regioni il compito  di  assicurare
che l'esecuzione della procedura di VIA per i progetti indicati negli
allegati  A  e  B  avvenga  nel  rispetto  delle  disposizioni  della
direttiva del 27 giugno 1985, n. 85/337/CEE (Direttiva del  Consiglio
concernente la valutazione  dell'impatto  ambientale  di  determinati
progetti pubblici e privati), aveva individuato le strade extraurbane
secondarie tra le opere per le quali la  scelta  sull'assoggettamento
alla   procedura   di   VIA   restava   affidata    all'apprezzamento
discrezionale dell'amministrazione procedente. 
    Di qui, la conseguente e del tutto legittima previsione da  parte
della norma regionale censurata di  specifici  limiti  (la  lunghezza
superiore a 5 chilometri)  per  l'assoggettamento  alla  verifica  di
valutazione  di   impatto   ambientale   delle   strade   extraurbane
secondarie. 
    5.- In data 3 gennaio 2017, F. D.V. e altri, parti appellanti nel
giudizio principale, richiamando quanto gia' illustrato nell'atto  di
costituzione  in  giudizio,  hanno  depositato   ulteriore   memoria,
formulando controdeduzioni ai  rilievi  esposti  dalle  difese  delle
parti resistenti. 
    6.- Con decreto del 12 gennaio 2017, il  Presidente  della  Corte
costituzionale ha disposto il rinvio a nuovo ruolo della  discussione
del giudizio, fissandone la trattazione, con decreto del  31  gennaio
2017, nell'udienza pubblica del 4 luglio 2017. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Consiglio di Stato ha sollevato questione di  legittimita'
costituzionale dell'articolo 7, comma 2,  in  relazione  all'allegato
C4, punto 7, lettera f), della legge della Regione  Veneto  26  marzo
1999,  n.  10  (Disciplina  dei  contenuti  e  delle   procedure   di
valutazione d'impatto  ambientale),  per  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    La  disposizione   censurata   prevede   l'assoggettamento   alla
procedura di verifica della valutazione  di  impatto  ambientale  dei
soli progetti  relativi  alla  realizzazione  di  strade  extraurbane
secondarie di lunghezza superiore a 5 km, ponendosi,  ad  avviso  del
rimettente, in contrasto con  la  disciplina  statale  dell'art.  23,
comma 1, lettera c), e relativo allegato  III,  elenco  B,  punto  7,
lettera g), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152  (Norme  in
materia ambientale), che impone di sottoporre  alla  detta  procedura
tutti i progetti di strade extraurbane secondarie,  senza  consentire
alcuna esclusione a priori fondata su criteri meramente dimensionali. 
    2.-  In  via  preliminare,  vanno  esaminate  le   eccezioni   di
inammissibilita'  avanzate  dalle  parti  resistenti   nel   giudizio
principale, costituitesi nel giudizio innanzi alla Corte. 
    Nessuna di tali eccezioni puo' trovare accoglimento. 
    2.1.- Con  riferimento  alla  dedotta  inapplicabilita',  ratione
temporis,  nel  giudizio  a  quo,  della  norma  interposta  ritenuta
violata, va rammentato che,  secondo  l'orientamento  consolidato  di
questa Corte, la valutazione di rilevanza e' riservata al  giudice  a
quo, «potendo la Corte interferire su tale valutazione solo se  essa,
a prima vista,  appare  assolutamente  priva  di  fondamento»  (cosi'
sentenze n. 106 del 2013 e n. 242 del 2011). 
    Nel caso in questione, invece, il Consiglio di Stato ha  operato,
nell'ordinanza di rimessione,  una  dettagliata  ricostruzione  della
successione  temporale  degli  atti  del  procedimento  oggetto   del
giudizio al  fine,  appunto,  di  individuare,  in  applicazione  del
principio tempus regit actum,  gli  esatti  termini  normativi  della
questione. 
    2.2.-  Neppure,  sotto  altro  profilo,  puo'   ritenersi,   come
sostenuto dalle parti resistenti, che il rimettente non abbia fornito
un'adeguata motivazione in ordine  alla  rilevanza  della  questione,
essendo sufficiente, a tali fini, che il giudice a quo  proponga  una
motivazione  plausibile,   «sempreche',   dalla   descrizione   della
fattispecie, il carattere pregiudiziale della stessa questione emerga
con immediatezza ed evidenza» (cosi' sentenza n. 120 del 2015;  nello
stesso senso, sentenze n. 201 del 2014 e n. 369 del 1996). 
    2.3.-  Del  pari  da  respingere  e'  l'ulteriore  eccezione   di
inammissibilita', secondo cui il giudice  a  quo  avrebbe  omesso  il
doveroso tentativo di interpretare la disposizione censurata in  modo
conforme alla Costituzione. 
    Va, infatti, rilevato che il dato testuale della norma  regionale
impugnata,  che  stabilisce  l'assoggettamento  alla   procedura   di
verifica della valutazione di impatto ambientale per le  sole  strade
extraurbane secondarie di lunghezza  superiore  a  5  chilometri,  e'
inequivoco e, quindi, tale da non consentire diverse interpretazioni. 
    3.- Nel merito la questione e' fondata. 
    3.1.- Questa Corte, gia' nella  sentenza  n.  407  del  2002,  ha
ritenuto che la tutela dell'ambiente non possa identificarsi con  una
materia in senso  stretto,  dovendosi  piuttosto  intendere  come  un
valore costituzionalmente protetto, integrante una sorta di  «materia
trasversale». 
    La trasversalita' della  materia  implica,  di  per  se'  stessa,
l'esistenza di «competenze diverse che ben possono essere regionali»,
con la conseguenza che allo Stato  rimane  riservato  «il  potere  di
fissare  standards  di   tutela   uniformi   sull'intero   territorio
nazionale, senza peraltro escludere in questo settore  la  competenza
regionale alla cura di interessi funzionalmente collegati con  quelli
propriamente ambientali» (cosi'  sentenza  n.  407  del  2002).  Alle
Regioni non e', tuttavia, consentito, in nessun  caso,  di  apportare
deroghe in  peius  rispetto  ai  parametri  di  tutela  dell'ambiente
fissati dalla normativa statale. 
    Cio', in quanto «le disposizioni legislative statali adottate  in
tale ambito fungono da limite alla disciplina che le Regioni, anche a
statuto speciale, dettano nei settori di loro competenza, essendo  ad
esse consentito soltanto  eventualmente  di  incrementare  i  livelli
della tutela  ambientale,  senza  pero'  compromettere  il  punto  di
equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato  dalla
norma dello Stato» (cosi' sentenza n. 300 del 2013). 
    Venendo allo specifico thema decidendum, va  evidenziato  che  le
disposizioni del Codice dell'ambiente, richiamate dal giudice a  quo,
stabiliscono che la verifica di assoggettabilita' alla valutazione di
impatto  ambientale  (c.d.  screening,  consistente  nella  procedura
finalizzata a valutare, in  via  preliminare,  se  un  progetto  puo'
determinare impatti negativi e  significativi  sull'ambiente),  debba
svolgersi sulla base della valutazione  congiunta  di  una  serie  di
elementi relativi alle caratteristiche dei progetti  (il  cumulo  con
altri progetti, l'utilizzazione di risorse naturali,  le  dimensioni,
la produzione di rifiuti, l'inquinamento, i disturbi ambientali e  il
rischio  di  incidenti),  alla  loro  localizzazione   (considerando,
quindi, le peculiarita' del territorio in cui il progetto si situa) e
alle caratteristiche dell'impatto potenziale (la  portata,  durata  o
reversibilita' del progetto). 
    A  tale  procedura  di  verifica  risultano  sottoposti  tutti  i
progetti richiamati dal comma 1, lettera c), dell'art. 23 del  d.lgs.
n. 152 del 2006, tra cui, appunto, le strade extraurbane  secondarie,
specificamente indicate alla lettera g) del  punto  7  dell'elenco  B
dell'allegato III alla parte seconda del detto decreto legislativo. 
    La previsione dello screening da parte del legislatore statale va
ricondotta  all'esigenza  di  sottoporre  a   detta   procedura,   in
attuazione di quanto previsto  sul  punto  dalla  normativa  europea,
qualsivoglia tipologia di progetto, a prescindere che questo  sia  di
competenza statale o regionale, senza consentire esenzioni a priori e
in via generale, fondate esclusivamente su parametri dimensionali. 
    In questa prospettiva, la Corte ha gia' avuto modo di evidenziare
che «[l]'obbligo di sottoporre il progetto alla procedura di VIA,  o,
nei casi previsti, alla  preliminare  verifica  di  assoggettabilita'
alla VIA, attiene al valore della tutela ambientale (sentenze n.  225
e n. 234 del 2009), che, nella disciplina statale, costituisce, anche
in attuazione degli obblighi comunitari, livello di tutela uniforme e
si impone sull'intero territorio  nazionale.  La  disciplina  statale
uniforme non consente, per le ragioni sopra esaminate, di  introdurre
limiti quantitativi all'applicabilita'  della  disciplina,  anche  se
giustificati   dalla   ritenuta   minor   rilevanza   dell'intervento
configurato o dal carattere tecnico dello stesso» (cosi' sentenza  n.
127 del 2010). 
    La  disposizione  regionale  censurata   sottopone,   invece,   a
screening  solo  le  strade  extraurbane  secondarie  di   dimensioni
superiori a 5 chilometri, esentando da tale procedura tutte le strade
di dimensioni pari o  inferiori,  con  una  statuizione  in  evidente
contrasto con quanto stabilito, anche in  attuazione  degli  obblighi
comunitari, dalla disciplina statale. 
    E, invero, la limitata lunghezza dei percorsi viari esclusi dalla
verifica  di  assoggettabilita'  non  esclude,  per  cio'  solo,   la
rilevanza di questi ai fini dell'eventuale  impatto  ambientale,  che
ben puo' essere compromesso dalla costruzione di un tratto  stradale,
ancorche' di modeste dimensioni. 
    3.2.- L'art. 23 del  d.lgs.  n.  152  del  2006,  richiamato  dal
giudice a quo come  norma  interposta  violata,  risulta  entrato  in
vigore, insieme a tutta la parte seconda del Codice dell'ambiente, in
data 31 luglio 2007. 
    Ne   consegue   che   l'illegittimita'    costituzionale    della
disposizione  impugnata  deve  ritenersi  sopravvenuta  rispetto   al
momento della sua originaria entrata in vigore. 
    In  particolare,  il  contrasto   tra   la   norma   del   Codice
dell'ambiente, espressione della competenza  statale  in  materia  di
tutela dell'ambiente di cui all'art. 117, secondo comma, lettera  s),
Cost., e la disposizione regionale e' insorto, appunto, alla data del
31 luglio 2007. 
    L'art. 50 del d.lgs. n. 152 del  2006,  infatti,  stabilendo  che
«[l]e  regioni  e  le  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano
provvedono affinche'  le  disposizioni  legislative  e  regolamentari
emanate per adeguare i rispettivi ordinamenti alla parte seconda  del
presente decreto entrino in vigore entro  il  termine  di  centoventi
giorni dalla pubblicazione  del  presente  decreto»,  ha  imposto  il
tempestivo adeguamento degli ordinamenti  regionali  alla  disciplina
statale contenuta nella parte seconda del Codice dell'ambiente. 
    Cio', allo scopo di consentire che il processo di  armonizzazione
risultasse gia' concluso alla data di entrata in vigore  della  nuova
disciplina, fissata, in origine,  al  compimento  del  centoventesimo
giorno successivo alla pubblicazione del  decreto  legislativo  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica (cosi' art. 52 del d.lgs. n.  152
del 2006). 
    In  questo  senso  depone,   in   modo   inequivoco,   il   testo
dell'articolo 52 del d.lgs. n. 152 del  2006  che,  nel  rinviare  al
centoventesimo giorno dalla pubblicazione del decreto legislativo  la
data di entrata in vigore delle disposizioni  contenute  nella  parte
seconda, faceva, pero', espressamente salvo  «quanto  disposto  dagli
articoli 49 e 50», stabilendo, quindi, l'immediata vigenza di  queste
sole norme. 
    Pertanto,  l'obbligo  di  adeguamento,  a  differenza  di  quanto
previsto per le altre disposizioni della parte seconda del d.lgs.  n.
152 del 2006, e' entrato in vigore immediatamente, alla data  del  29
aprile 2006 di scadenza dell'ordinario termine di vacatio legis. 
    Ne', come di seguito chiarito, tale  statuizione  risulta  essere
stata modificata in occasione dei  successivi  rinvii,  disposti  dal
legislatore, dell'entrata in vigore delle norme contenute nella parte
seconda del Codice dell'ambiente. 
    Invero,  con  una  prima  disposizione  (l'art.   1-septies   del
decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173, recante «Proroga di termini per
l'emanazione  di  atti  di  natura  regolamentare   e   legislativa»,
convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2006,  n.  228),
il legislatore ha provveduto a rinviare al 31 gennaio 2007 la data di
entrata in vigore delle dette disposizioni,  senza  pero'  modificare
quanto stabilito dall'art. 50 del d.lgs. n. 152 del 2006. 
    Successivamente, l'art. 5, comma 2, del decreto-legge 28 dicembre
2006,  n.  300  (Proroga  di   termini   previsti   da   disposizioni
legislative), convertito con modificazioni dalla  legge  26  febbraio
2007, n. 17, nel posticipare ulteriormente al 31 luglio 2007 la  data
di entrata in vigore delle disposizioni contenute nella parte seconda
del d.lgs. n. 152 del 2006 ha espressamente ribadito la  salvezza  di
quanto disposto dall'art. 50 del decreto. 
    E, cioe', l'immediata vigenza dell'obbligo di adeguamento. 
    Pertanto, deve ritenersi che il termine  assegnato  alle  Regioni
per conformare le rispettive normative alle disposizioni della  parte
seconda del Codice dell'ambiente fosse gia' spirato alla data del  31
luglio 2007, che va, quindi, individuata come il momento temporale in
cui e' insorto il contrasto tra la norma  regionale  impugnata  e  il
precetto di cui all'art. 23, comma 1, lettera c), del d.lgs.  n.  152
del 2006. 
    Peraltro, in relazione alla norma censurata,  la  Regione  Veneto
non si e' adoperata per rimuovere la situazione di contrasto  neppure
successivamente, in occasione della emanazione del d.lgs. 16  gennaio
2008, n. 4 (Ulteriori  disposizioni  correttive  ed  integrative  del
d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale). 
    Consegue l'illegittimita'  costituzionale,  sopravvenuta  dal  31
luglio 2007, dell'articolo 7, comma  2,  della  legge  della  Regione
Veneto 26 marzo  1999,  n.  10  (Disciplina  dei  contenuti  e  delle
procedure  di  valutazione  d'impatto  ambientale)   per   violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.