La pretesa violazione della leale collaborazione, anch'essa lamentata dalla Regione Calabria, e', di la' da ogni altra considerazione, priva di riscontro fattuale: il provvedimento unico era gia' contenuto nell'art. 24 dello schema di decreto legislativo, che andava a sostituire il comma 4 dell'art. 14 della legge n. 241 del 1990. Su sollecitazione della Conferenza Stato-Regioni, il Governo ha solo provveduto ad inserire un'autonoma disposizione su procedimento e provvedimento unico, lasciando, nell'art. 24, l'individuazione della conferenza di servizi come sede deputata all'acquisizione degli altri provvedimenti necessari alla realizzazione del progetto. 13.4.- Del pari non fondata e' la questione, sollevata dalla Regione Puglia, in ordine all'art. 14 del d.lgs. n. 104 del 2017. Non sussiste, infatti, la violazione del principio di leale collaborazione, perche', coinvolta la Regione a monte in sede di Conferenza Stato-Regioni, la riconducibilita' della disciplina alla tutela ambientale rende non doverose ulteriori forme di coinvolgimento delle Regioni a valle, nell'ambito del procedimento amministrativo che ricade nella competenza esclusiva dello Stato. 14.- Le Regioni Lombardia, Abruzzo, Veneto e Calabria impugnano l'art. 21 del d.lgs. n. 104 del 2017, che sostituisce il comma 1 dell'art. 33 cod. ambiente, concernente la determinazione delle tariffe a carico di coloro che propongono progetti, piani o programmi da sottoporre a verifica. In via generale, la disciplina contenuta nel citato art. 33 e' finalizzata a porre a carico del proponente gli oneri complessivi per lo svolgimento di tutte le attivita' e di tutti gli adempimenti necessari ai fini della valutazione dei progetti oggetto delle domande di autorizzazione. Nella versione antecedente alla novella del 2017, la disposizione demandava, al comma 1, a un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, la determinazione - sulla base di quanto previsto dall'art. 9 del d.P.R. 14 maggio 2007, n. 90 (Regolamento per il riordino degli organismi operanti presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a norma dell'articolo 29 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248) - delle «tariffe da applicare ai proponenti per la copertura dei costi sopportati dall'autorita' competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attivita' istruttorie, di monitoraggio e controllo previste dal presente decreto». Il comma 2 dell'art. 33 del d.lgs. n. 152 del 2006, invece, e' rimasto inalterato e riconosce alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano la possibilita' di determinare «proprie modalita' di quantificazione e corresponsione degli oneri da porre in capo ai proponenti». L'art. 21 del d.lgs. n. 104 del 2017 ha sostituito, come detto, unicamente il comma 1 del citato art. 33. Di la' dalla diversa articolazione sintattica, la nuova disposizione continua a demandare la determinazione delle tariffe - peraltro, con piu' specifico riferimento alla copertura dei costi delle procedure di assoggettabilita' a VIA, di VIA e di VAS (anziche' genericamente alle procedure previste dal cod. ambiente) - a un decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. In luogo del pregresso richiamo all'art. 9 del d.P.R. n. 90 del 2017, si stabilisce che la determinazione debba aver luogo «sulla base del costo effettivo del servizio». 14.1.- Le censure delle quattro ricorrenti si incentrano sul mancato coinvolgimento delle Regioni nella determinazione delle tariffe: coinvolgimento da ritenere necessario, essendo quest'ultima basata su un elemento - il «costo effettivo del servizio» - la cui quantificazione non potrebbe prescindere da un confronto con tutte le autorita' competenti in materia di VIA (e dunque anche con le Regioni). Tale mancato coinvolgimento renderebbe la disposizione impugnata in contrasto con il principio di leale collaborazione e con gli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost., in quanto le norme censurate comprimerebbero il potere della Regione di individuare le migliori condizioni di esercizio delle funzioni di propria competenza, secondo i principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza, nonche' lederebbero l'autonomia legislativa della Regione in materia di organizzazione e la sua autonomia amministrativa. La sola Regione Veneto, infine, lamenta la violazione di ulteriori tre parametri: l'art. 119 Cost., per lesione dell'autonomia finanziaria delle Regioni, posto che le valutazioni amministrative e finanziarie in materia di VIA verrebbero ad essere condizionate dalla remunerativita' delle tariffe stabilite unilateralmente dallo Stato; l'art. 3 Cost., stante l'irragionevolezza di una disciplina che «attribuisce una competenza decisoria ad un soggetto, senza prevedere adeguati apporti istruttori da parte delle altre autorita' competenti a disciplinare il relativo procedimento e i suoi aspetti organizzatori»; infine, l'art. 97 Cost., in quanto la partecipazione delle Regioni al processo decisionale, potendo comportare semplificazioni procedurali, potrebbe determinare risparmi di spesa, con la conseguenza che la mancanza di tale partecipazione finirebbe per tradursi anche in un inutile aggravio di spese in violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. 14.2.- Anche in relazione alle questioni ora in esame, le ricorrenti hanno adeguatamente motivato in punto di ridondanza, su loro attribuzioni, della violazione di parametri non attinenti al riparto delle competenze. 14.3.- Nel merito, tuttavia, le questioni non sono fondate, nei limiti e nei termini che seguono. La norma censurata, incidendo sul solo comma 1 dell'art. 33 del d.lgs. n. 152 del 2006, ha inteso modificare la disciplina per la determinazione delle tariffe per le procedure di verifica di assoggettabilita' a VIA, di VIA e di VAS di competenza statale. Come ha rilevato l'Avvocatura generale dello Stato, la circostanza che sia stata lasciata inalterata, invece, la previsione del successivo comma 2, non puo' avere altra valenza che quella di mantenere in capo alle Regioni e alle Province autonome il potere di stabilire un proprio regime tariffario, relativamente alle medesime procedure di loro competenza. E' soltanto necessario che le Regioni, nel determinare le tariffe, rispettino il criterio generale, introdotto dal legislatore delegato, della commisurazione degli oneri al «costo effettivo del servizio»: criterio che, sebbene enunciato al comma 1, ha tuttavia portata generale, anche perche' sintonico alla ratio complessiva dell'art. 33 cod. ambiente, la quale, come gia' accennato, e' quella di porre a carico dei proponenti gli oneri economici connessi allo svolgimento delle valutazioni e delle verifiche a tutela dell'ambiente. Le doglianze relative al mancato coinvolgimento delle Regioni nella quantificazione di tale onere non ha, dunque, ragion d'essere, poiche' l'opzione ermeneutica costituzionalmente imposta comporta che, per le procedure di loro competenza, le Regioni e le Province autonome, non solo sono coinvolte, ma sono titolari della potesta' di determinazione delle tariffe. 15.- Le Regioni Lombardia, Abruzzo e Calabria impugnano l'art. 27 del d.lgs. n. 104 del 2017, recante la clausola di invarianza finanziaria. Il comma 1 di tale disposizione stabilisce che «[d]all'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»; il comma 2 prescrive che «[f]ermo il disposto di cui all'articolo 21» - relativo, come si e' appena visto, alle tariffe da applicare ai proponenti per la copertura dei costi delle procedure di verifica di assoggettabilita' a VIA, di VIA e di VAS - «le attivita' di cui al presente decreto sono svolte con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente». 15.1.- Tutte e tre le ricorrenti denunciano la violazione dell'art. 76 Cost., assumendo che la disposizione impugnata si pone in contrasto con l'art. 1, comma 4, della legge delega n. 114 del 2015, che prevede la possibilita' di riconoscere risorse in relazione a spese non contemplate dalle leggi vigenti e che non riguardino l'attivita' ordinaria delle amministrazioni, nei limiti occorrenti per l'adeguamento alla direttiva europea. La sola Regione Calabria denuncia, altresi', la violazione dell'art. 81 Cost., assumendo che, nella specie, la clausola di invarianza finanziaria risulterebbe «palesemente aleatoria», posto che le modifiche alle procedure di VIA implicherebbero nuovi oneri a carico dell'autorita' competente per effetto degli ulteriori adempimenti procedurali previsti, «con presumibili esigenze di risorse aggiuntive». Le Regioni Lombardia e Abruzzo lamentano ulteriormente, a loro volta, la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost. Il d.lgs. n. 104 del 2017 avrebbe, infatti, imposto alle Regioni nuovi adempimenti, con conseguenti nuovi oneri, intervenendo anche su materie di competenza concorrente, senza alcuna previsione finanziaria e imponendo, anzi, il «blocco delle risorse». 15.2.- L'Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l'inammissibilita' di tutte le questioni, per genericita' e difetto di motivazione in punto di violazione dei parametri costituzionali evocati. L'eccezione e' fondata. Le ricorrenti sostengono che la nuova disciplina posta dal d.lgs. n. 104 del 2017 ha determinato un incremento di adempimenti procedimentali a loro carico, ma, oltre a non precisare quali sarebbero tali nuovi adempimenti, neppure identificano puntualmente i maggiori oneri economici che ne deriverebbero. Le evocate censure, peraltro, finiscono per rivelarsi anche contraddittorie rispetto alla doglianza principale delle stesse ricorrenti, ovvero l'avvenuta contrazione, ad opera del decreto legislativo impugnato, delle competenze regionali in materia di VIA. A una tale contrazione, infatti, dovrebbe logicamente conseguire un decremento, e non gia' un incremento, delle esigenze finanziarie delle Regioni, sicche' tanto piu' sarebbe stata necessaria la specifica indicazione dei lamentati maggiori oneri economici. 16.- Scrutinate e decise le questioni sollevate dalle Regioni a statuto ordinario, e' ora possibile affrontare le censure proposte dagli enti ad autonomia differenziata. 17.- Le Regioni autonome Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, Friuli-Venezia Giulia e Sardegna, e le Province autonome di Trento e di Bolzano impugnano, sotto vari profili, gli artt. 5, 22 e 26 del d.lgs. n. 104 del 2017, i quali, come si e' gia' visto, modificano le competenze in tema di VIA e di assoggettabilita' a VIA. 17.1.- Le Regioni Friuli-Venezia Giulia e Sardegna, con argomentazioni pressoche' identiche, lamentano la violazione, da parte delle disposizioni censurate, di norme dei rispettivi statuti speciali attributive di competenze, nonche' dell'art. 117, secondo e terzo comma, Cost. La Regione Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste censura i soli artt. 5 e 22, commi 1, 2, 3 e 4, del d.lgs. n. 104 del 2017, in riferimento a diversi parametri del proprio statuto speciale, in combinato disposto con l'art. 117, primo e terzo comma, Cost., in quanto sarebbero state sottratte competenze ad essa spettanti, nonche' in riferimento agli artt. 3, 97 e 118 Cost., poiche' la nuova disciplina, avendo adottato criteri privi di valore sintomatico riguardo alla dimensione regionale o sovraregionale dell'intervento, non risponderebbe ad alcun canone di razionalita', ma soltanto a «un'ispirazione tutoria e centralistica fine a se' stessa», cosi' disattendendo anche i principi di buon andamento e sussidiarieta'. 17.1.1.- Le questioni non sono fondate. Si e' gia' posto in luce come, in linea di principio e salva la valutazione da condurre sulle singole norme, il decreto legislativo impugnato, adottato nella materia «tutela dell'ambiente» e «dell'ecosistema», debba essere ascritto alla categoria delle norme fondamentali di riforma economico-sociale, in quanto tale capace di condizionare e limitare anche le competenze statutariamente attribuite alle Regioni speciali e alle Province autonome. Tale qualificazione indubbiamente deve essere attribuita al censurato art. 5, che, lo si e' gia' diffusamente rilevato, costituisce il nucleo essenziale della riforma, realizzata dal legislatore statale, in tema di VIA e di assoggettabilita' a VIA, istituti chiave per la tutela dell'ambiente, la quale necessita di un livello di protezione uniforme sul territorio nazionale. L'art. 22 e' strettamente connesso con la disciplina posta dall'art. 5, poiche' detta le modifiche agli Allegati alla Parte seconda cod. ambiente conseguenti alla rivisitazione delle competenze di cui al novellato art. 7-bis del medesimo codice. L'art. 26, per conto suo, dispone l'espressa abrogazione della previgente disciplina. Inoltre, come pure si e' gia' posto in evidenza, la profonda rivisitazione delle competenze in materia e' diretta conseguenza dell'attuazione degli obiettivi posti dalla direttiva dell'Unione europea, sicche' la normativa impugnata e' altresi' da ricondurre al limite degli obblighi europei, che pure condiziona le competenze statutarie. Quanto, invece, alle censure, proposte dalla Regione Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, per violazione degli artt. 3, 97 e 118 Cost., va rilevato che le opzioni del legislatore statale in materia non necessariamente devono rimanere ancorate a criteri meramente territoriali, potendo ritenersi preferibile ripartire le competenze, nel perseguimento degli obiettivi di salvaguardia ambientale, in base all'intensita' di impatto sull'ambiente che un determinato progetto puo' presentare. 17.2.- La Provincia autonoma di Trento impugna gli artt. 5, 22, commi 1, 2, 3 e 4, e 26, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 104 del 2017 in riferimento a diversi parametri dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e relative norme di attuazione, in quanto sarebbero state sottratte competenze ad essa spettanti, nonche' in riferimento: a) agli artt. 117, terzo, quarto e quinto comma, e 120, secondo comma, Cost., per come attuato dalla legge n. 234 del 2012, nonche' in riferimento all'art. 7 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla regione Trentino Alto-Adige ed alle province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), disponendo la Provincia autonoma del potere di dare diretta attuazione alle direttive dell'Unione europea, nelle materie di propria competenza, con la conseguenza che le norme censurate verrebbero a sovrapporsi e condizionare la disciplina provinciale, senza presentare i caratteri di suppletivita' e cedevolezza richiesti per la funzione sostitutiva di cui all'art. 41, comma 1, della legge n. 234 del 2012; b) in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., per violazione dei principi di ragionevolezza e difetto di proporzionalita', in quanto verrebbero introdotte norme di dettaglio che costringono la legislazione provinciale ad un grado di uniformita' eccessivo rispetto al fine di attuare la direttiva europea e che non consentono alle autonomie speciali di tenere conto delle proprie peculiarita' istituzionali, in tal modo rivelandosi fonte di cattiva amministrazione. La Provincia autonoma di Bolzano impugna soltanto gli artt. 5, comma 1, e 22, commi 1, 2, 3 e 4, del d.lgs. n. 104 del 2017, in riferimento a diversi parametri dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e relative norme di attuazione, in quanto sarebbero state sottratte competenze ad essa spettanti, nonche' in riferimento: a) all'art. 118 Cost., per violazione del principio di sussidiarieta' e delle regole che disciplinano la chiamata in sussidiarieta'; b) all'art. 117, quinto comma, Cost. e agli artt. 7 e 8 del d.P.R. n. 526 del 1987, che riconoscono alle Province autonome il potere di dare diretta attuazione alle direttive dell'Unione europea nelle materie di loro competenza; c) all'art. 117, primo comma, Cost., in correlazione alla direttiva 2014/52/UE, non potendo il decreto legislativo «vincolare le autonomie territoriali al di la' di quanto discende dagli obblighi derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea»; d) agli artt. 3 e 97 Cost., per contrasto con il principio di ragionevolezza, non essendo giustificato uno spostamento cosi' massiccio di competenze dalle Regioni allo Stato in funzione di un miglioramento della qualita' del procedimento, della semplificazione e della maggiore efficienza, non comprendendosi come una gestione accentrata e unitaria a livello statale possa essere piu' efficiente di una decentrata e diversificata nelle varie autonomie territoriali; e) all'art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, che esclude, in via generale, che la legge possa attribuire ad organi statali l'esercizio di funzioni amministrative nelle materie statutariamente di competenza delle Province autonome. 17.2.1.- In via preliminare, il Presidente del Consiglio dei ministri ha eccepito l'inammissibilita' delle questioni di legittimita' proposte, dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., per genericita' e apoditticita' degli argomenti addotti. L'eccezione e' fondata. La ricorrente non ha adeguatamente chiarito quali sarebbero le proprie peculiarita' istituzionali limitate dalla disciplina impugnata, la quale avrebbe l'effetto di compromettere il buon andamento dell'attivita' amministrativa. Le argomentazioni spese sul punto, inoltre, non sono sufficienti neppure a motivare la ridondanza su competenze provinciali della supposta violazione dei parametri costituzionali evocati. 17.2.2.- Nel merito, le residue questioni non sono fondate. Le disposizioni impugnate, come si e' gia' posto in luce, sono state adottate nella materia di competenza esclusiva statale «tutela dell'ambiente» e «dell'ecosistema» e devono essere qualificate quali norme di riforma economico-sociale, capaci di limitare le competenze statutariamente attribuite alle Province autonome. Ne consegue che non viene in considerazione la potesta' di queste ultime di dare diretta attuazione, nelle materie di loro competenza, alle direttive dell'Unione europea, ne' si verte in un caso di chiamata in sussidiarieta', ne', ancora, trova applicazione l'art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992. Non sussiste, poi, la violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., lamentata dalla Provincia autonoma di Bolzano, in quanto le disposizioni impugnate, lo si e' gia' rilevato, sono attuative degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e non pongono a carico delle autonomie alcun vincolo ulteriore rispetto a tali obblighi. Neppure fondata e', infine, la questione proposta dalla medesima Provincia autonoma di Bolzano in relazione agli artt. 3 e 97 Cost. A prescindere da ogni valutazione circa la corretta evocazione a parametro di quest'ultima disposizione costituzionale, insistendo la censura soltanto sulla ragionevolezza della scelta di accentramento delle competenze, deve ribadirsi quanto si e' gia' osservato: il legislatore statale, nel rivisitare le competenze in materia di VIA e di assoggettabilita' a VIA, non doveva prendere in considerazione criteri meramente territoriali, in quanto gli obiettivi di salvaguardia ambientale, che ha ritenuto di perseguire attraverso una migliore qualita' ed efficienza dei procedimenti, ben giustificavano l'adozione di un criterio orientato alla valutazione dell'intensita' di impatto ambientale che i singoli progetti, di la' dall'allocazione geografica, possono presentare. 18.- Le Province autonome di Trento e Bolzano censurano gli artt. 8, 16, commi 1 e 2, e 24 del d.lgs. n. 104 del 2017, nella parte in cui siano da considerarsi ad esse applicabili. 18.1.- L'art. 8, sostitutivo dell'art. 19 cod. ambiente, pone una nuova disciplina delle modalita' di svolgimento del procedimento di verifica di assoggettabilita' a VIA, secondo una serie di articolati passaggi procedurali. Nel caso in cui venga stabilito di non sottoporre il progetto a VIA, l'autorita' deve motivare tenendo conto delle eventuali osservazioni del Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo. Secondo le Province autonome, detto art. 8 porrebbe una disciplina estremamente dettagliata del procedimento di verifica di assoggettabilita' a VIA, dalle modalita' di trasmissione dello studio preliminare alle modalita' di pubblicazione, alla istruttoria, ai termini del procedimento, ai modi, ai tempi e ai limiti delle possibilita' di interlocuzione con gli interessati. Stesso discorso varrebbe per il comma 2 dell'art. 16 del d.lgs. n. 104 del 2017, introduttivo, come si e' visto, del provvedimento unico regionale, il quale recherebbe una disciplina - ugualmente analitica e minuziosa - del procedimento di VIA di competenza regionale. Secondo la Provincia autonoma di Bolzano, tali disposizioni si porrebbero in irrimediabile contrasto con la normativa comunitaria, cosi' violando i vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea. 18.2.- Analoghe censure sono riferite anche all'art. 24 del decreto legislativo impugnato, che sostituisce il comma 4 dell'art. 14 della legge n. 241 del 1990, affidando alla conferenza di servizi, convocata in modalita' sincrona ai sensi dell'art. 14-ter della medesima legge, l'adozione di tutti provvedimenti legati alla procedura di VIA. Tali disposizioni si porrebbero in contrasto con una serie di competenze legislative proprie (primarie e concorrenti) riconosciute alle Province autonome dallo statuto reg. Trentino-Alto Adige. In particolare, la disciplina statale contrasterebbe con l'art. 8, comma 1, dello statuto, che assegna una generale potesta' primaria di auto-organizzazione alla Provincia autonoma, comprensiva del procedimento di valutazione di impatto ambientale, e con l'art. 16 di detto statuto, che affida alle Province autonome le funzioni amministrative corrispondenti alle competenze legislative, oltre che con la «tutela della salute», spettante alle ricorrenti in virtu' del combinato disposto dell'art. 117, terzo comma, Cost. e dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Inoltre, la competenza delle Province autonome in materia di disciplina del procedimento di VIA sarebbe espressamente riconosciuta dalla normativa di attuazione dello statuto speciale (art. 19-bis del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino Alto-Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche»). Ai sensi di tale norma, per le opere soltanto delegate dallo Stato, le Province autonome di Trento e di Bolzano, per il rispettivo territorio, possono applicare la normativa provinciale in materia di organizzazione degli uffici, di contabilita', di attivita' contrattuale, di lavori pubblici e di valutazione di impatto ambientale. Le competenze statutarie non potrebbero essere limitate dalla competenza statale in materia di tutela dell'ambiente ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., essendo un tale effetto precluso dalla clausola di maggior favore sancita dall'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Sarebbero violati, inoltre, gli artt. 117, quinto comma, e 120, secondo comma, Cost. Le Province autonome disporrebbero, infatti, del potere di dare immediata attuazione alle direttive comunitarie nelle materie di propria competenza fin dall'entrata in vigore dell'art. 7 del d.P.R. n. 526 del 1987, di attuazione dello statuto, potere che e' stato esteso alle materie di competenza concorrente dall'art. 9, commi 1 e 2, della legge 9 marzo 1989, n. 86 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari). Tale potere sarebbe ora previsto, in via generale, dall'art. 117, quinto comma, Cost., la cui legge di attuazione - la n. 234 del 2012 - tiene fermo, per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome, «quanto previsto nei rispettivi statuti speciali e nelle relative norme di attuazione» (art. 59). Sarebbe leso, inoltre, il principio di ragionevolezza e proporzionalita', ex artt. 3 e 97 Cost., in quanto la disciplina impugnata vincolerebbe le Province autonome ad uniformarsi a norme dettagliate che costringerebbero la legislazione regionale e provinciale ad un grado di uniformita' eccessiva rispetto al fine attuare la direttiva europea. Vi sarebbe, inoltre, la violazione dell'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, che vieta la sostituzione di discipline statali alle discipline provinciali, prevedendo invece un dovere di adeguamento di queste ultime, limitato dalle regole statutarie e presidiato dalla Corte costituzionale. 18.3.- Le Province autonome hanno impugnato anche l'art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 104 del 2017, il quale ha sostituito l'art. 27 cod. ambiente. Tale disposizione introduce il provvedimento unico statale in materia ambientale. Viene cioe' previsto che, su iniziativa del proponente, per i procedimenti di cui e' competente l'amministrazione statale sia adottato un provvedimento autorizzatorio inclusivo di ulteriori titoli abilitativi, specificamente individuati dal decreto stesso. 18.4.- La Provincia autonoma di Trento ritiene che il provvedimento unico statale, che comprende il rilascio di alcuni titoli tra i quali l'autorizzazione in materia di scarichi nel sottosuolo, l'autorizzazione paesaggistica, culturale e quella riguardante il vincolo idrogeologico, invaderebbe le competenze legislative e amministrative della ricorrente. Inoltre, la disposizione sarebbe illegittima nella parte in cui richiama l'art. 14-ter della legge n. 241 del 1990, scegliendo cosi' il modulo procedimentale della conferenza di servizi con modalita' sincrona, senza rinviare anche all'art. 14-quinquies, che regola i rimedi in caso di dissenso tra amministrazioni procedenti. Anche la Provincia autonoma di Bolzano censura la disposizione, nella parte in cui non consentirebbe un idoneo coinvolgimento delle Regioni e delle Province autonome, secondo quanto prescritto dalla giurisprudenza costituzionale in tema di chiamata in sussidiarieta'. 18.5.- La Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste ha impugnato, a sua volta, gli artt. 16, comma 2, e 24 del d.lgs. n. 104 del 2017. Secondo la ricorrente, tali disposizioni contrasterebbero con le competenze legislative riconosciute dallo statuto valdostano, oltre che con gli artt. 3, 5, 97, 117, primo e terzo comma, 118 e 120 Cost., anche in relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. La pretesa del legislatore statale di disciplinare dal centro e in modo uguale per tutto il suolo nazionale la VIA regionale, senza tenere in alcuna considerazione le specificita' locali, sarebbe manifestamente irragionevole e contraria ai principi di buon andamento (art. 97 Cost.), sussidiarieta' e differenziazione (art. 118 Cost.). 18.6.- Devono essere rigettate, preliminarmente, alcune eccezioni avanzate dalla difesa statale. In particolare, raggiungono la soglia minima di chiarezza e completezza argomentativa le censure proposte dalla Provincia autonoma di Bolzano relative alla violazione del principio di sussidiarieta' e alla lesione del principio di legalita' in relazione ai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea. Analogamente, devono essere respinte le eccezioni di inammissibilita' avanzate dalla difesa statale in merito alle censure delle Province autonome relative ai principi di ragionevolezza e proporzionalita' ex artt. 3 e 97 Cost. Le ricorrenti, al contrario, hanno posto in evidenza con sufficiente precisione i prospettati vizi di illegittimita' costituzionale e hanno adeguatamente dimostrato la ridondanza delle violazioni di disposizioni costituzionali estranee al Titolo V della Parte II della Costituzione sulle competenze costituzionalmente garantite. 18.7.- Le questioni di legittimita' costituzionale, promosse dalle Province autonome, riguardanti l'art. 8 del d.lgs. n. 104 del 2017, che disciplina il procedimento di verifica di assoggettabilita' a VIA, non sono fondate. La norma impugnata non risulta incongruente o eccedente rispetto alla ratio complessiva della riforma. Per alcuni aspetti, peraltro, essa e' direttamente riproduttiva della direttiva 2014/52/UE, normativa che fa riferimento alla necessita' che la domanda, adeguatamente pubblicizzata, del proponente evidenzi i punti chiave del progetto (considerando n. 26; art. 1, paragrafo 4), ai criteri che l'autorita' competente deve seguire per l'esclusione di un progetto dalla VIA (considerando n. 28 e n. 29; art. 1, paragrafo 4, Allegato III) e alla necessita' di concludere il procedimento entro un termine complessivo di 90 giorni. Anche la possibilita' di sospendere i termini per ragioni eccezionali trova una diretta copertura sovranazionale (art. 1, paragrafo 4). Come questa Corte ha gia' affermato in relazione alla prima attuazione nazionale della disciplina comunitaria sulla VIA (legge 8 luglio 1986, n. 349, recante «Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale»), con riferimento proprio a un ricorso presentato dalla Provincia autonoma di Bolzano, la mancata attuazione della direttiva sull'intero territorio nazionale esporrebbe lo Stato italiano al rischio di una procedura di infrazione per violazione del diritto sovranazionale. La nuova procedura relativa alla verifica di assoggettabilita' a VIA si inserisce nel complessivo intervento di riforma realizzato dal legislatore statale in attuazione degli obblighi europei, che le Province autonome sono tenute a rispettare. D'altro canto, l'eventuale accoglimento delle questioni, con conseguente effetto di ritenere non applicabile la norma (o anche solo parti di essa), rischierebbe non solo di minare la ratio complessiva della riforma, ma anche la sua organicita', causando un inammissibile frazionamento di una disciplina strettamente connessa alla tutela ambientale. Per tale ragione, questa Corte ha attribuito il rango di norma di riforma economico-sociale non solo a norme-principio, cioe' a precetti vaghi e indeterminati, ma anche, e piu' in generale, a tutte le norme «che rispondano complessivamente ad un interesse unitario ed esigano, pertanto, un'attuazione su tutto il territorio nazionale» (sentenza n. 1033 del 1988; in termini analoghi, piu' recentemente, sentenze n. 229 e n. 212 del 2017, n. 170 del 2001, n. 477 del 2000 e n. 323 del 1998). In altri termini, a rilevare e' che i principi fondamentali di riforma, ancorche' «non espressamente enunciati, poss[a]no anche essere desunti dalla disciplina di dettaglio, che ad essi si ispira o che necessariamente li implica e presuppone. Nel contesto di una incisiva riforma, la qualifica di fondamentale da attribuire alle norme della nuova disciplina puo' derivare dal costituire esse un elemento coessenziale alla riforma economico-sociale, in quanto la caratterizzano o formano la base del suo sviluppo normativo» (sentenza n. 482 del 1995). La nozione di norma fondamentale rifugge, infatti, da operazioni ontologiche di catalogazione, legate al grado di indeterminatezza lessicale della disposizione per accogliere, di converso, una qualificazione funzionale e teleologica, connessa al rapporto di strumentalita' con la ratio complessiva della riforma. La disposizione censurata non produce, dunque, alcuna lesione delle competenze legislative delle Province autonome, costituendo, al tempo stesso, attuazione degli obblighi sovranazionali e norma fondamentale di riforma economico-sociale nella materia «tutela dell'ambiente» e «dell'ecosistema». Conseguentemente, non vi e' violazione del potere, attribuito alle Province autonome, di dare attuazione alla normativa europea nelle materie di loro competenza. Non sono fondate, poi, le censure relative alla violazione dell'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, posto che la norma impugnata rientra a pieno titolo tra le norme cui le Province autonome sono tenute a conformarsi. 18.8.- Alla luce di tali considerazioni, anche le questioni, promosse dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste e dalle Province autonome sugli artt. 16, comma 2, e 24 del d.lgs. n. 104 del 2017, devono dichiararsi non fondate. Come gia' visto, la prima disposizione disciplina il procedimento unico regionale, finalizzato all'adozione del provvedimento unico; la seconda, sostitutiva dell'art. 14, comma 4, della legge n. 241 del 1990, stabilisce che «tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all'esercizio del medesimo progetto, vengono acquisiti nell'ambito di apposita conferenza di servizi, convocata in modalita' sincrona ai sensi dell'articolo 14-ter, secondo quanto previsto dall'articolo 27-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152». Le norme impugnate attengono al nucleo centrale di una riforma volta a semplificare, razionalizzare e velocizzare la valutazione di impatto ambientale regionale, inserendo in un provvedimento unico, adottato in conferenza di servizi, tutte le autorizzazioni necessarie alla realizzazione dell'opera. Come gia' visto, la determinazione della conferenza di servizi non assorbe i singoli titoli autorizzatori, ma li ricomprende, elencandoli. La decisione di concedere i titoli abilitativi e' assunta sulla base del provvedimento di VIA successivo alla determinazione della conferenza di servizi (comma 7, del nuovo art. 27-bis, introdotto dall'art. 16, comma 2, del censurato d.lgs. n. 104 del 2017), e non sostituisce le altre autorizzazioni necessarie alla realizzazione del progetto. Da cio' deriva, quindi, la non fondatezza delle censure avanzate dalle Province autonome e dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste con riferimento alle competenze legislative statutariamente previste. Queste, infatti, devono essere esercitate nei limiti degli obblighi internazionali e delle norme fondamentali di riforma economico-sociale, come previsto dall'art. 2 dello statuto reg. Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste e dagli artt. 4, 5, 8 e 9 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige. Peraltro, il procedimento di VIA e le funzioni amministrative ad esso connesse non sono riconducibili sic et simpliciter ad alcuna specifica attribuzione degli enti ad autonomia differenziata, ma sono strumentali all'inveramento del bene ambientale, valore di rango costituzionale tutelato anche dalla normativa europea. Per le medesime ragioni, il complessivo intervento di riforma non e' in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., stante la non frazionabilita' della tutela dell'ambiente sull'intero territorio nazionale. A tale riguardo, non puo' dirsi, come invece sostengono le ricorrenti, che le norme impugnate siano eccessivamente dettagliate. Osta a tale conclusione quanto si e' gia' detto sulla portata delle norme fondamentali di riforma economico-sociale. In tale ambito, infatti, cio' che rileva e' il nesso che la prescrizione normativa intrattiene con la ratio complessiva della riforma. In ogni caso, non potrebbe essere evocata, a supporto della fondatezza delle questioni, la sentenza n. 212 del 2017, con cui questa Corte ha disposto l'inapplicabilita' alle Province autonome di alcune norme della legge 28 giugno 2016, n. 132 (Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) in materia di agenzie regionali e provinciali per l'ambiente, pronuncia richiamata a piu' riprese nelle memorie illustrative depositate dalle ricorrenti. La menzionata decisione ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di disposizioni statali volte a disciplinare i requisiti di selezione dei direttori generali delle agenzie e le modalita' di organizzazione del personale e delle funzioni interne delle agenzie provinciali, norme eccedenti la finalita' ambientale del complessivo disegno predisposto dallo Stato. Le disposizioni invadevano, infatti, la competenza primaria delle Province autonome in materia di ordinamento degli uffici e del personale (art. 8, n. 1, statuto reg. Trentino-Alto Adige). Nulla di tutto questo avviene, invece, nel caso di specie, ove le norme censurate disciplinano il procedimento e le funzioni amministrative preordinate alla miglior tutela del bene ambientale e al contemperamento degli interessi pubblici e privati che vengono in gioco nella procedura di VIA. Di qui, la non fondatezza delle questioni concernenti gli artt. 16, comma 2, e 24 del d.lgs. n. 104 del 2017. 18.9.- Le questioni, promosse dalle Province autonome, riguardanti l'art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 104 del 2017, non sono fondate. La disposizione impugnata, che sostituisce l'art. 27 cod. ambiente, rappresenta diretta attuazione della direttiva 2014/52/UE, la quale sollecita procedure coordinate e comuni nel caso in cui la procedura di VIA incroci altri provvedimenti autorizzatori previsti dalla normativa europea (art. 2, paragrafo 3), richiedendo agli Stati di adoperarsi perche', in tali frangenti, sia adottato un unico provvedimento. Anche il provvedimento unico in materia di VIA statale fa parte del nucleo della complessiva riforma delle procedure di impatto ambientale, in coerenza con le esigenze di semplificazione e razionalizzazione poste dalla normativa sovranazionale. Inoltre, come posto in evidenza dall'Avvocatura dello Stato, il provvedimento unico ambientale non realizza alcuna surroga o espropriazione delle competenze delle amministrazioni provinciali. Rinviando l'assunzione del provvedimento alla conferenza di servizi in forma simultanea con modalita' sincrona, la disciplina individua un modulo procedimentale che coinvolge al massimo grado le amministrazioni interessate. Queste, infatti, sono chiamate a presentare la propria posizione in relazione ai procedimenti sui quali decide la conferenza, organo che delibera all'unanimita' o sulla base delle cosiddette posizioni prevalenti delle amministrazioni partecipanti (art. 14-ter, comma 7, e art. 14-quater, comma 4, della legge n. 241 del 1990). Nel provvedimento unico confluiscono i «titoli abilitativi» indicati dal decreto legislativo (comma 8 dell'art. 27 cod. ambiente, come novellato dall'art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 104 del 2017), a conferma della natura comprensiva, e non meramente sostituiva, del provvedimento in esame. D'altronde, come riconosciuto dalla difesa statale, asseverando l'auspicio della difesa trentina, il richiamo all'art. 14-ter della legge n. 241 del 1990 richiede che si applichino i rimedi per le amministrazioni dissenzienti. Il rinvio a tale disposizione implica necessariamente l'applicazione degli artt. 14-quater e 14-quinquies della medesima legge, in base alla concatenazione di rinvii normativi presupposta e avallata dalla disposizione censurata. In tal senso, nel caso in cui non si raggiungesse l'unanimita' in conferenza di servizi, la decisione conclusiva del procedimento unico sarebbe presa sulla base delle posizioni prevalenti, in virtu' del peso specifico, valutato e ponderato dall'amministrazione procedente, che ciascuna amministrazione partecipante possiede in relazione agli interessi pubblici di cui e' portatrice. Tale procedura, se evita stasi ed eccessivi rallentamenti nei processi decisionali, consente altresi' alle amministrazioni in disaccordo di manifestare il proprio dissenso, sospendendo l'efficacia della decisione e attivando i rimedi previsti dall'art. 14-quinquies della legge n. 241 del 1990. La disposizione da ultimo menzionata prevede, in caso di mancato accordo, una reiterazione delle riunioni della conferenza di servizi, in vista del raggiungimento di una posizione comune. Nell'eventualita' in cui i dissensi permangano, la questione e' posta all'ordine del giorno della prima riunione del Consiglio dei ministri successiva alla scadenza del termine previsto per raggiungere l'intesa. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipano anche i Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate. E' appena il caso di precisare come non vi sia alcuna chiamata in sussidiarieta', come pure sostenuto dalla Provincia autonoma di Bolzano. Tale istituto, come correttamente messo in luce dalla difesa statale, presuppone che l'intervento legislativo attragga funzioni in materie di competenze regionali o provinciali. Nulla di tutto cio' e' avvenuto nel caso di specie, poiche' lo Stato ha esercitato la propria competenza esclusiva in materia di ambiente, la cui disciplina condiziona gli ordinamenti provinciali in virtu' dei limiti degli obblighi internazionali e delle norme fondamentali di riforma. 19.- La sola Provincia autonoma di Bolzano impugna il comma 1 dell'art. 23 del d.lgs. n. 104 del 2017, recante le «[d]isposizioni transitorie e finali». La norma in questione stabilisce che le disposizioni del medesimo d.lgs. n. 104 del 2017 «si applicano ai procedimenti di verifica di assoggettabilita' a VIA e ai procedimenti di VIA avviati dal 16 maggio 2017»: dunque, a partire da una data anteriore a quella di entrata in vigore del decreto (21 luglio 2017). Secondo la ricorrente, essa, prevedendo un'applicazione retroattiva delle disposizioni del decreto, si porrebbe in palese contrasto con l'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, il quale, da un lato, stabilisce che «la legislazione regionale e provinciale deve essere adeguata ai principi e norme costituenti limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello statuto speciale e recati da atto legislativo dello Stato entro i sei mesi successivi alla pubblicazione dell'atto medesimo nella Gazzetta Ufficiale» e, dall'altro, nell'escludere la diretta applicabilita' della nuova disciplina statale, prevede, una volta decorso tale termine, la possibilita' d'impugnazione davanti a questa Corte della legislazione che non sia stata adeguata. 19.1.- La questione e' fondata. Si e' gia' piu' volte rilevato che la nuova disciplina posta dal d.lgs. n. 104 del 2017 comporta un limite alle competenze legislative degli enti ad autonomia differenziata, in quanto recante norme fondamentali di riforma economico-sociale oltre che derivanti da obblighi europei. Il richiamato art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992 prevede, per la Regione Trentino-Alto Adige e le due Province autonome di Trento e di Bolzano, uno speciale meccanismo di adeguamento della legislazione regionale e provinciale alle nuove norme, introdotte con atto legislativo statale, che dettino limiti alle competenze statutariamente previste. In particolare, come si e' visto, tale norma di attuazione statutaria prevede che gli enti territoriali adeguino la propria legislazione entro sei mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'atto legislativo statale, restando applicabili le disposizioni preesistenti fino al loro adeguamento o, in mancanza di quest'ultimo, sino al loro annullamento da parte di questa Corte, su ricorso del Governo. La norma censurata, nel prevedere l'applicabilita', non solo immediata, ma addirittura a ritroso, della nuova disciplina statale in materia di VIA e di assoggettabilita' a VIA, senza alcuna eccezione, si pone dunque in contrasto con le garanzie accordate dalla norma di attuazione, correttamente evocata a parametro di legittimita' costituzionale (sentenze n. 212 e n. 191 del 2017, n. 121 e n. 28 del 2014). Non vale opporre, come ha fatto il Presidente del Consiglio dei ministri, che l'applicazione retroattiva del d.lgs. n. 104 del 2017 risponde all'esigenza di garantire una piena e tempestiva attuazione della direttiva 2014/52/UE, collegandosi quindi al dovere, incombente sul legislatore nazionale, di adempiere prontamente agli obblighi sovranazionali. In caso di mancato adeguamento della normativa regionale e provinciale alla direttiva europea, lo Stato - oltre al potere d'impugnativa previsto dalla norma di attuazione - puo', infatti, esercitare il potere sostitutivo previsto dall'art. 117, quinto comma, Cost. L'art. 23, comma 1, del d.lgs. n. 104 del 2017, dunque, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui non contempla una clausola di salvaguardia che consenta alle Province autonome di Trento e Bolzano di adeguare la propria legislazione alle norme in esso contenute, secondo la procedura di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992. 20.- La Regione Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste e le Province autonome di Trento e di Bolzano impugnano anche il comma 4 dell'art. 23 del d.lgs. n. 104 del 2017, che regola l'esercizio del potere sostitutivo dello Stato in ordine all'adeguamento degli ordinamenti delle Regioni e delle Province autonome prefigurato dall'art. 7-bis, comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006, aggiunto dall'art. 5, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 104 del 2017. La norma impugnata prevede che le Regioni e le Province autonome adeguino i propri ordinamenti, esercitando le potesta' normative di cui al citato art. 7-bis, comma 8, «entro il termine perentorio di centoventi giorni dall'entrata in vigore» del d.lgs. n. 104 del 2017. Essa altresi' prevede che, decorso tale termine, «in assenza di disposizioni regionali o provinciali vigenti idonee allo scopo, si applicano i poteri sostitutivi di cui all'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, secondo quanto previsto dagli articoli 41 e 43 della legge 24 dicembre 2012, n. 234». 20.1.- La Regione Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste reputa la norma de qua in contrasto con plurime norme del proprio statuto speciale, oltre che con gli artt. 3, 5, 117, primo, terzo e quinto comma, 118 e 120 Cost., anche in relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Secondo la ricorrente, la disposizione violerebbe tutti i parametri costituzionali evocati in ragione dell'assoluta genericita' e vaghezza del presupposto al quale e' connessa l'attivazione del potere sostitutivo dello Stato: vale a dire, il difetto di "idoneita' allo scopo" delle norme regionali e provinciali adottate in forza del nuovo art. 7-bis, comma 8, cod. ambiente. Inoltre, tale ultima disposizione si riferirebbe a funzioni tutte a esercizio eventuale e facoltativo, di modo che in relazione ad esse non potrebbe essere esercitato il potere sostitutivo dello Stato, il quale secondo la giurisprudenza costituzionale puo' essere attivato solo in caso di mancata adozione di atti vincolati nell'an. 20.1.1.- Le questioni non sono fondate. L'art. 23, comma 4, del d.lgs. n. 104 del 2017 richiama espressamente l'art. 117, quinto comma, Cost., che prevede il potere sostitutivo dello Stato nei casi di inadempienza delle Regioni e delle Province autonome nell'attuazione del diritto dell'Unione europea nelle materie di loro competenza. Sulla base di una piana interpretazione letterale e sistematica della disposizione impugnata, l'obiettivo dell'intervento sostitutivo - in caso di inidoneita' allo scopo delle norme regionali e provinciali - puo' pertanto essere individuato, conformemente a quanto sostiene l'Avvocatura dello Stato, nell'esigenza di evitare che carenze organizzative a livello regionale o provinciale compromettano la piena attuazione della direttiva 2014/52/UE. L'art. 7-bis, comma 8, cod. ambiente prevede espressamente che le Regioni e le Province autonome disciplinino «l'organizzazione e le modalita' di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA». Per questa parte, la disposizione chiama gli enti territoriali allo svolgimento d'una funzione vincolata nell'an, sicche' il potere sostitutivo previsto dalla norma impugnata non va incontro alle censure di costituzionalita' mosse dalla ricorrente. 20.2.- La Provincia autonoma di Trento lamenta che la norma impugnata, qualificando il termine di adeguamento come «perentorio», precluda definitivamente alla Provincia l'esercizio della potesta' normativa una volta che il termine sia spirato: il che sarebbe in contrasto con gli artt. 8 e 9 dello statuto speciale, con l'art. 117, quinto comma, Cost., come attuato dall'art. 41 della legge n. 234 del 2012, e con l'art. 120, secondo comma, Cost., i quali, invece, pongono il principio per cui la sostituzione deve avere carattere suppletivo. 20.2.1.- Le questioni non sono fondate. L'art. 41 della legge n. 234 del 2012 - richiamato dalla norma censurata e dunque, com'e' naturale che sia in ragione della sua natura di disposizione a carattere generale, applicabile in caso di esercizio del potere sostitutivo ora in discorso - prevede espressamente che i provvedimenti statali di attuazione degli atti dell'Unione europea, da un lato, «perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore dei provvedimenti di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma» e, dall'altro, debbono recare «l'esplicita indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato e del carattere cedevole delle disposizioni in essi contenute». Cio' tanto basta a escludere il risultato ermeneutico cui giunge la ricorrente. 20.3.- La Provincia autonoma di Trento ritiene illegittimo l'art. 23, comma 4, del d.lgs n. 104 del 2017 anche nella parte in cui stabilisce che, decorso il termine «perentorio», si applicano i poteri sostitutivi di cui all'art. 117, quinto comma, Cost. Ove tale disposizione fosse intesa come diretta a consentire l'utilizzo del potere sostitutivo per introdurre una disciplina di adeguamento al decreto legislativo, e non soltanto alla direttiva europea, la previsione considerata verrebbe a collidere, infatti, con l'art. 8 del d.P.R. n. 526 del 1987, il quale prevede l'esercizio del potere in discorso solo nel caso di «accertata inattivita' degli organi regionali e provinciali che comporti inadempimento agli obblighi comunitari» e, comunque sia, previa concessione di un ulteriore termine alla Regione o alla Provincia autonoma. 20.3.1.- La questione non e' fondata. Come gia' ricordato, la disposizione impugnata regola l'esercizio del potere sostitutivo dello Stato in confronto alle potesta' normative delle Regioni e delle Province autonome di cui all'art. 7-bis, comma 8, cod. ambiente (aggiunto dall'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 104 del 2017). Vero e' che, ai sensi dell'art. 7-bis, comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006, le potesta' legislative devono essere esercitate dalle Regioni e dalle Province autonome «in conformita' alla legislazione europea e nel rispetto di quanto previsto nel [...] decreto» medesimo. Tuttavia, poiche' il potere sostitutivo, come gia' messo in luce, puo' essere esercitato nel solo caso in cui carenze organizzative a livello regionale o provinciale compromettano la piena attuazione della direttiva 2014/52/UE, la mancata osservanza della normativa statale potra' si' rilevare quale presupposto legittimante l'intervento sostitutivo, ma solo e soltanto qualora si traduca in un difetto di conformita' alla direttiva europea. Quanto alla necessita' che il Governo, prima di esercitare il potere sostitutivo, assegni alla Regione o alla Provincia «un congruo termine per provvedere», coglie nel segno la difesa dello Stato quando osserva che il censurato art. 23, comma 4, richiamando l'art. 43 della legge n. 234 del 2012, rende operante il meccanismo di "diffida" previsto dal comma 2 di tale articolo tramite il richiamo all'art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3). 20.4.- Le Province autonome di Trento e di Bolzano, infine, denunciano il contrasto della norma impugnata con il gia' ricordato meccanismo di adeguamento della legislazione provinciale di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992. Si censura, in particolare, che il termine previsto dalla norma impugnata, pari a 120 giorni, sia piu' breve di quello stabilito dalla citata norma di attuazione statutaria, pari invece a sei mesi. 20.4.1.- La questione e' fondata. Come si e' gia' rilevato, l'art. 23, comma 4, del d.lgs. n. 104 del 2017 prescrive il necessario adeguamento delle legislazioni regionali e provinciali alla nuova disciplina introdotta dalla direttiva 2014/52/UE e dal medesimo decreto per mezzo dell'esercizio della potesta' normativa di cui al citato art. 7-bis cod. ambiente. Disposizione, quest'ultima, che, come si e' gia' visto, richiede agli enti territoriali di disciplinare, in particolare, «l'organizzazione e le modalita' di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA». Si tratta, pertanto, di un onere di adeguamento della propria legislazione che, per quel che riguarda le Province autonome di Trento e di Bolzano, puo' essere assolto secondo i termini dettati dall'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992. La disposizione impugnata - li' dove invece prevede, anche in riferimento a tali enti territoriali, che l'adeguamento deve avvenire entro centoventi giorni dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 104 del 2017 - si pone dunque in contrasto con la richiamata norma di attuazione statutaria, che prevede il diverso e piu' ampio termine di sei mesi, e va conseguentemente dichiarata illegittima limitatamente a tale parte. 21.- Le Regioni autonome Friuli-Venezia Giulia e Sardegna impugnano l'art. 12, nella parte in cui sostituisce l'art. 23, comma 4, secondo periodo, cod. ambiente (ai sensi del quale deve essere data comunicazione, a tutti gli enti potenzialmente interessati, dell'avvenuta pubblicazione, sul sito web dell'autorita' competente, della documentazione richiesta al proponente ai fini della VIA); l'art. 13, nella parte in cui sostituisce l'art. 24, comma 3, secondo periodo, del medesimo cod. ambiente (il quale stabilisce il termine di sessanta giorni per la presentazione di osservazioni e pareri da parte delle amministrazioni potenzialmente interessate a fronte di modifiche o integrazioni apportate al progetto ad opera del proponente); l'art. 14, nella parte in cui sostituisce l'art. 25, comma 1, primo periodo (valutazione di impatto ambientale compiuta tenendo conto dei pareri degli enti potenzialmente interessati), cod. ambiente. In via generale, le ricorrenti ritengono che, stando alla lettera delle disposizioni, nella procedura di VIA statale l'amministrazione centrale potra' escludere, a sua arbitraria discrezione, la Regione interessata, coinvolgendo esclusivamente gli enti locali o ritenendo irrilevante la partecipazione regionale. Sotto tale profilo, le ricorrenti lamentano anzitutto la violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., atteso che il legislatore statale ha disatteso un obbligo sancito dal diritto europeo, al quale e' vincolato dalla predetta disposizione costituzionale. Vi sarebbe poi la violazione dei principi di ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione, ex artt. 3 e 97 Cost., atteso che il legislatore statale, lungi dall'individuare in astratto gli enti da consultare, avrebbe lasciato l'amministrazione statale domina dell'intero procedimento e arbitra del coinvolgimento o meno degli enti da informare. Infine, la disciplina della VIA realizzerebbe un intreccio di competenze statali e regionali, riconosciute dagli statuti di autonomia e dall'art. 117, terzo comma, Cost., applicabile alle Regioni a statuto speciale ai sensi dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, con conseguente compressione della sfera di autonomia riconosciute alle ricorrenti. Per le medesime ragioni, sarebbe poi illegittimo l'art. 24, comma 5, cod. ambiente, come novellato dall'art. 13 del d.lgs. n. 104 del 2017, nella parte in cui rimette alla discrezionalita' dell'amministrazione dello Stato la richiesta di un supplemento di parere da parte delle altre amministrazioni consultate. Vi sarebbe un illegittimo esercizio della competenza legislativa statale in materia di «tutela dell'ambiente», ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., e la violazione dei principi di ragionevolezza, buon andamento e leale collaborazione tra Stato e Regione (artt. 3, 5, 97, 117 e 118 Cost.). Tali violazioni determinerebbero un'illegittima compressione dell'autonomia regionale, nei gia' citati ambiti materiali di competenza legislativa primaria e concorrente delle Regioni. 21.1.- Le censure non sono fondate. In primo luogo, deve essere smentito l'assunto delle ricorrenti secondo cui la disciplina della VIA realizzerebbe un intreccio inestricabile di materie. Se e' vero, infatti, che sono sicuramente incise competenze regionali, come e' insito nella natura trasversale della materia «tutela dell'ambiente» e «dell'ecosistema», l'intervento statale ha un complessivo e prevalente intento di riforma di un procedimento funzionale alla salvaguardia ambientale. Se a questo si aggiunge l'origine sovranazionale della relativa disciplina, e' allora evidente come anche con riguardo alle Regioni autonome Friuli-Venezia Giulia e Sardegna la normativa possa essere pienamente ricondotta alle clausole limitative previste dagli statuti speciali degli obblighi internazionali e delle norme fondamentali di riforma economico-sociale. Lo stesso criterio dell'interesse potenziale, fatto proprio dalla disciplina impugnata ai fini dell'individuazione degli enti da coinvolgere nel procedimento di VIA statale, e' mutuato dalla disciplina sovranazionale. L'art. 6, paragrafo 1, della direttiva 2011/92/UE, come modificato dalla direttiva 2014/52/UE, stabilisce: «[g]li Stati membri adottano le misure necessarie affinche' le autorita' che possono essere interessate al progetto, per la loro specifica responsabilita' in materia di ambiente o in virtu' delle loro competenze locali o regionali, abbiano la possibilita' di esprimere il loro parere sulle informazioni fornite dal committente e sulla domanda di autorizzazione, tenendo conto, ove opportuno, dei casi di cui all'articolo 8 bis, paragrafo 3. A tal fine, gli Stati membri designano le autorita' da consultare, in generale o caso per caso. Queste autorita' ricevono le informazioni raccolte a norma dell'articolo 5. Le modalita' della consultazione sono fissate dagli Stati membri». Tale disposizione concorre a realizzare uno degli obiettivi della nuova disciplina di VIA, e cioe' la piu' ampia partecipazione delle istituzioni e del pubblico al processo decisionale. In tal senso, i censurati artt. 12, 13 e 14, laddove fanno riferimento agli enti territoriali potenzialmente interessati e alle altre amministrazioni competenti, mirano a declinare, nell'ordinamento interno, il principio della piu' ampia partecipazione possibile richiesto dalla normativa sovranazionale (sugli obblighi di trasmissione agli enti territoriali della domanda e della documentazione del procedimento di VIA come obbligo comunitariamente necessario, sentenza n. 234 del 2009). Nell'ottica di valorizzare gli obblighi informativi in tema di VIA, peraltro, si muove gia' da tempo la giurisprudenza costituzionale, che ha ritenuto tali obblighi inderogabili dalle Regioni, proprio per il nesso di strumentalita' tra questi ultimi e il principio della piu' ampia partecipazione possibile da parte dei soggetti interessati (sentenze n. 178 e n. 93 del 2013 e n. 227 del 2011). E', dunque, errato il presupposto interpretativo da cui muovono le ricorrenti: le norme impugnate, nel riferirsi, a diverso titolo, agli «enti territorialmente interessati e comunque competenti ad esprimersi sulla realizzazione del progetto», non lasciano all'amministrazione statale alcuna scelta discrezionale nella trasmissione dei progetti, dovendo questa necessariamente coinvolgere anche le Regioni nel cui territorio saranno realizzati gli interventi. Di conseguenza, anche le censure, sollevate con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., non sono fondate. Non va dimenticato inoltre, come correttamente posto in evidenza dalla difesa statale, che, nei procedimenti relativi a VIA di competenza dello Stato, l'art. 6 del d.lgs. n. 104 del 2017 prevede, per i procedimenti per i quali sia riconosciuto un concorrente interesse regionale, la designazione, da parte delle Regioni (e delle Province autonome) interessate dal progetto, di un proprio rappresentante nella Commissione tecnica di verifica di impatto ambientale insediata presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. In tal senso, non solo le Regioni sono pienamente coinvolte nello stadio iniziale, di instaurazione della procedura, ma anche nella fase istruttoria finalizzata all'adozione del provvedimento finale. Per le medesime ragioni deve ritenersi non fondata l'ulteriore censura relativa all'art. 24, comma 5, cod. ambiente, come novellato dall'art. 13 del d.lgs. n. 104 del 2017, nella parte in cui rimetterebbe alla discrezionalita' dell'amministrazione dello Stato la richiesta di un supplemento di parere da parte delle altre amministrazioni consultate. La norma, infatti, non esclude in radice nuove osservazioni da parte degli enti territoriali, che invece saranno convolti tutte le volte in cui le integrazioni progettuali abbiano una portata innovativa rispetto all'originaria proposta. 22.- Ad avviso delle Regioni autonome Friuli-Venezia Giulia e Sardegna, sarebbero altresi' illegittimi gli artt. 3, 5, 8, 9, 12, 13, 14, 16, 17, 22 e 26 del d.lgs. n. 104 del 2017, per violazione del principio di leale collaborazione, desumibile dagli artt. 5, 117 e 118 Cost., in combinato disposto con le competenze statutarie, perche' il decreto, oltre a non essere stato preceduto dall'intesa, non avrebbe accolto le proposte emendative avanzate in sede di Conferenza Stato-Regioni. 22.1.- Inammissibili, per le ragioni gia' esposte, le censure circa la mancata previa intesa, non sono fondate le questioni relative alla violazione del principio di leale collaborazione per il mancato recepimento, da parte del Governo, delle indicazioni espresse nel parere favorevole condizionato adottato dalla Conferenza Stato-Regioni. Il Governo, infatti, non era obbligato a recepire tutte le richieste avanzate dalle Regioni in Conferenza permanente. La formula del parere non richiede quella reiterazione delle trattative finalizzate al raggiungimento dell'accordo che questa Corte richiede, invece, nelle ipotesi di intreccio inestricabile di competenze o di chiamata in sussidiarieta' (ex plurimis, sentenze n. 74 del 2018, n. 251 e n. 1 del 2016). D'altro canto, va pure rilevato che il Governo non ha mostrato, in concreto, un atteggiamento di radicale preclusione rispetto alle esigenze regionali, come mostra l'accettazione di parte delle indicazioni emerse in Conferenza (con riguardo, ad esempio, alla consultazione pubblica in materia di verifica di assoggettabilita' a VIA o all'inserimento, a seguito di apposito coordinamento normativo, del procedimento unico regionale in materia ambientale nel corpo cod. ambiente). 23.- La Regione autonoma Sardegna ha impugnato, inoltre, gli artt. 3, comma 1, lettere g) e h), 8, 14, 16 e 17 del d.lgs. n. 104 del 2017, per violazione del principio di leale collaborazione ex artt. 5, 117 e 118 Cost., dell'art. 3 della legge cost. n. 3 del 1948, dell'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello Statuto speciale della regione autonoma della Sardegna) e degli artt. 3, 97 e 117 Cost. Le norme impugnate sarebbero illegittime per aver previsto il coinvolgimento del Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo e non della Regione autonoma Sardegna, per gli interventi di VIA statale da realizzare nel territorio sardo. Tale censura varrebbe per l'esonero dei progetti che hanno come unico fine quello della difesa nazionale o quello di rispondere ad emergenze di protezione civile, che deve avvenire di concerto con il Ministro dei beni culturali (art. 3, comma 1, lettera g); per l'esonero, in casi eccezionali, di progetti specifici, previo parere del Ministro dei beni culturali (art. 3, comma 1, lettera h); per l'art. 8 del d.lgs. n. 104 del 2017, che sostituisce l'art. 19, comma 8, cod. ambiente, nella parte in cui prevede che, nella procedura di verifica di assoggettabilita' a VIA, qualora si ritenga di non assoggettare il progetto a VIA, il Ministro dell'ambiente, tenendo conto delle osservazioni del Ministro dei beni culturali, specifica le condizioni ambientali necessarie a evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare impatti ambientali significativi; per l'art. 14, che sostituisce l'art. 25 cod. ambiente in relazione all'adozione dei provvedimenti di VIA statale, da adottare previa acquisizione del concerto con il Ministro dei beni culturali; per l'art. 16, comma 1, nella parte in cui introduce nell'art. 27, comma 8, cod. ambiente il provvedimento unico statale, adottato dal Ministero dell'ambiente di concerto con il Ministro dei beni culturali; per l'art. 17, che sostituisce l'art. 28, comma 2, cod. ambiente, nella parte in cui stabilisce che l'autorita' competente, in collaborazione con il Ministero dei beni culturali per i profili di competenza, verifica l'ottemperanza delle condizioni ambientali di cui al comma 1 al fine di identificare tempestivamente gli impatti ambientali significativi e negativi imprevisti e di adottare le opportune misure correttive. La Regione Sardegna ha censurato, infine, l'art. 3, comma 1, lettera g) del d.lgs. n. 104 del 2017, nella parte in cui consente al Ministro dell'ambiente di esonerare dalla procedura di VIA specifici progetti che hanno come unico obiettivo la risposta da emergenze di protezione civile. Tale disposizione sarebbe invasiva della competenza concorrente in materia di protezione civile ex art. 117, comma terzo, Cost., da riconoscere alla Regione autonoma in virtu' della clausola di maggior favore prevista dall'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. 23.1.- Le questioni di legittimita' costituzionale non sono fondate. Le censure relative all'intero art. 3, comma 1, lettera g), relative all'esonero in caso di progetti che rispondono ad emergenze di protezione civile, sono destituite di fondamento per ragioni analoghe a quanto gia' esposto con riferimento ai ricorsi delle Regioni Lombardia, Puglia, Abruzzo, Veneto e Calabria. Deve ribadirsi che la disposizione non e' incongruente rispetto alla finalita' complessiva della riforma, volta a fornire uno standard uniforme di tutela ambientale, e dunque a concentrare, in capo al vertice dell'apparato statale, la scelta dell'esonero in caso di emergenze che rendono necessari interventi di protezione civile. Non puo' neanche sostenersi che la disposizione abbia violato il principio di leale collaborazione, posto che la Conferenza Stato-Regioni e' stata chiamata ad esprimere il parere sullo schema di decreto legislativo che gia' annoverava tale norme. Come gia' argomentato, la leale collaborazione viene salvaguardata anche a "valle" del procedimento amministrativo, alla luce di un inquadramento sistematico della norma: la delibera dello stato di emergenza viene infatti decisa dal Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 24 del d.lgs. n. 1 del 2018 (che riproduce sul punto quanto stabiliva l'art. 5 della legge n. 225 del 1992), previa intesa con la Regione interessata. L'esonero da VIA deve dunque logicamente succedere alla decisione di realizzare interventi di protezione civile concertati con gli enti territoriali interessati. Anche le censure relative agli artt. 3, comma 1, lettera h), 8, 14, 16 e 17 del d.lgs. n. 104 del 2017, non sono fondate. Quanto all'asserita violazione delle norme statutarie, e' insita in una fondamentale riforma in materia ambientale la compressione delle competenze regionali. I limiti delle norme di riforma economico-sociale e degli obblighi internazionali hanno proprio questo scopo: consentire che norme statali sprigionino efficacia precettiva anche nell'ambito degli ordinamenti degli enti ad autonomia differenziata. Cio' che conta e', come piu' volte ribadito, che non vi sia una sostanziale incoerenza con lo scopo complessivo della riforma o con gli obblighi europei. Quanto alla supposta violazione del principio di leale collaborazione, la finalita' riformatrice in materia di tutela ambientale rende non costituzionalmente necessitato il coinvolgimento della Regione quando si tratti di progetti di competenza dello Stato.