La  pretesa  violazione  della  leale  collaborazione,  anch'essa
lamentata  dalla  Regione  Calabria,  e',  di  la'  da   ogni   altra
considerazione, priva di riscontro fattuale: il  provvedimento  unico
era gia' contenuto nell'art. 24 dello schema di decreto  legislativo,
che andava a sostituire il comma 4 dell'art. 14 della  legge  n.  241
del  1990.  Su  sollecitazione  della  Conferenza  Stato-Regioni,  il
Governo ha solo provveduto ad inserire  un'autonoma  disposizione  su
procedimento  e  provvedimento  unico,   lasciando,   nell'art.   24,
l'individuazione della  conferenza  di  servizi  come  sede  deputata
all'acquisizione   degli   altri   provvedimenti    necessari    alla
realizzazione del progetto. 
    13.4.- Del pari non fondata  e'  la  questione,  sollevata  dalla
Regione Puglia, in ordine all'art. 14 del d.lgs. n. 104 del 2017. Non
sussiste,   infatti,   la   violazione   del   principio   di   leale
collaborazione, perche', coinvolta la Regione  a  monte  in  sede  di
Conferenza Stato-Regioni, la riconducibilita' della  disciplina  alla
tutela   ambientale   rende   non   doverose   ulteriori   forme   di
coinvolgimento delle Regioni a valle,  nell'ambito  del  procedimento
amministrativo che ricade nella competenza esclusiva dello Stato. 
    14.- Le Regioni Lombardia, Abruzzo, Veneto e  Calabria  impugnano
l'art. 21 del d.lgs. n. 104 del 2017,  che  sostituisce  il  comma  1
dell'art. 33  cod.  ambiente,  concernente  la  determinazione  delle
tariffe a carico di coloro che propongono progetti, piani o programmi
da sottoporre a verifica. 
    In via generale, la disciplina contenuta nel citato  art.  33  e'
finalizzata a porre a carico del proponente gli oneri complessivi per
lo svolgimento di tutte le  attivita'  e  di  tutti  gli  adempimenti
necessari ai  fini  della  valutazione  dei  progetti  oggetto  delle
domande di autorizzazione. 
    Nella versione antecedente alla novella del 2017, la disposizione
demandava, al comma 1, a un  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare, di concerto con  il  Ministro
dello sviluppo economico e con  il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze, la determinazione - sulla base di quanto previsto  dall'art.
9 del d.P.R. 14 maggio 2007, n. 90 (Regolamento per il riordino degli
organismi operanti presso il Ministero dell'ambiente e  della  tutela
del territorio e del mare, a norma dell'articolo 29 del decreto-legge
4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla  legge  4
agosto 2006, n. 248) - delle «tariffe da applicare ai proponenti  per
la copertura  dei  costi  sopportati  dall'autorita'  competente  per
l'organizzazione e lo svolgimento  delle  attivita'  istruttorie,  di
monitoraggio e controllo previste dal presente decreto». Il  comma  2
dell'art.  33  del  d.lgs.  n.  152  del  2006,  invece,  e'  rimasto
inalterato e riconosce alle  Regioni  e  alle  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano la possibilita' di determinare «proprie modalita'
di quantificazione e corresponsione degli oneri da porre in  capo  ai
proponenti». 
    L'art. 21 del d.lgs. n. 104 del 2017 ha sostituito,  come  detto,
unicamente il comma 1 del  citato  art.  33.  Di  la'  dalla  diversa
articolazione sintattica, la nuova disposizione continua a  demandare
la determinazione  delle  tariffe  -  peraltro,  con  piu'  specifico
riferimento   alla   copertura   dei   costi   delle   procedure   di
assoggettabilita' a VIA, di VIA e di VAS (anziche' genericamente alle
procedure previste dal cod. ambiente) - a  un  decreto  del  Ministro
dell'ambiente, di concerto con  il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze. In luogo del pregresso richiamo all'art. 9 del d.P.R. n.  90
del 2017, si stabilisce che la determinazione debba aver luogo «sulla
base del costo effettivo del servizio». 
    14.1.- Le censure delle  quattro  ricorrenti  si  incentrano  sul
mancato  coinvolgimento  delle  Regioni  nella  determinazione  delle
tariffe: coinvolgimento da ritenere necessario, essendo  quest'ultima
basata su un elemento - il «costo effettivo del servizio»  -  la  cui
quantificazione non potrebbe prescindere da un confronto con tutte le
autorita' competenti in  materia  di  VIA  (e  dunque  anche  con  le
Regioni). 
    Tale mancato coinvolgimento renderebbe la disposizione  impugnata
in contrasto con il principio di leale collaborazione e con gli artt.
117, terzo e quarto comma, e 118 Cost., in quanto le norme  censurate
comprimerebbero il potere della Regione di  individuare  le  migliori
condizioni di esercizio delle funzioni di propria competenza, secondo
i principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza, nonche'
lederebbero l'autonomia  legislativa  della  Regione  in  materia  di
organizzazione e la sua autonomia amministrativa. 
    La  sola  Regione  Veneto,  infine,  lamenta  la  violazione   di
ulteriori tre parametri: l'art. 119 Cost., per lesione dell'autonomia
finanziaria delle Regioni, posto che le valutazioni amministrative  e
finanziarie in materia di VIA verrebbero ad essere condizionate dalla
remunerativita' delle tariffe stabilite unilateralmente dallo  Stato;
l'art. 3 Cost.,  stante  l'irragionevolezza  di  una  disciplina  che
«attribuisce una competenza decisoria ad un soggetto, senza prevedere
adeguati apporti istruttori da parte delle altre autorita' competenti
a  disciplinare  il  relativo   procedimento   e   i   suoi   aspetti
organizzatori»; infine, l'art. 97 Cost., in quanto la  partecipazione
delle   Regioni   al   processo   decisionale,   potendo   comportare
semplificazioni procedurali, potrebbe determinare risparmi di  spesa,
con la conseguenza che la mancanza di tale  partecipazione  finirebbe
per tradursi anche in un inutile aggravio di spese in violazione  del
principio di buon andamento della pubblica amministrazione. 
    14.2.- Anche  in  relazione  alle  questioni  ora  in  esame,  le
ricorrenti hanno adeguatamente motivato in punto  di  ridondanza,  su
loro attribuzioni, della violazione di  parametri  non  attinenti  al
riparto delle competenze. 
    14.3.- Nel merito, tuttavia, le questioni non sono  fondate,  nei
limiti e nei termini che seguono. 
    La norma censurata, incidendo sul solo comma 1 dell'art.  33  del
d.lgs. n. 152 del 2006, ha inteso modificare  la  disciplina  per  la
determinazione  delle  tariffe  per  le  procedure  di  verifica   di
assoggettabilita' a VIA, di VIA e di VAS di competenza statale.  Come
ha rilevato l'Avvocatura generale dello Stato, la circostanza che sia
stata lasciata inalterata, invece, la previsione del successivo comma
2, non puo' avere altra valenza che quella di mantenere in capo  alle
Regioni e alle Province autonome il potere di  stabilire  un  proprio
regime tariffario, relativamente  alle  medesime  procedure  di  loro
competenza. 
    E'  soltanto  necessario  che  le  Regioni,  nel  determinare  le
tariffe, rispettino il criterio generale, introdotto dal  legislatore
delegato, della commisurazione degli oneri al  «costo  effettivo  del
servizio»: criterio che, sebbene enunciato al comma  1,  ha  tuttavia
portata generale, anche  perche'  sintonico  alla  ratio  complessiva
dell'art. 33 cod. ambiente, la quale, come gia' accennato, e'  quella
di porre a carico dei proponenti gli oneri  economici  connessi  allo
svolgimento  delle   valutazioni   e   delle   verifiche   a   tutela
dell'ambiente. 
    Le doglianze relative al  mancato  coinvolgimento  delle  Regioni
nella quantificazione di tale onere non ha, dunque, ragion  d'essere,
poiche' l'opzione  ermeneutica  costituzionalmente  imposta  comporta
che, per le procedure di loro competenza, le Regioni  e  le  Province
autonome, non solo sono coinvolte, ma sono titolari della potesta' di
determinazione delle tariffe. 
    15.- Le Regioni Lombardia, Abruzzo e Calabria impugnano l'art. 27
del d.lgs. n.  104  del  2017,  recante  la  clausola  di  invarianza
finanziaria.  Il  comma  1  di  tale  disposizione   stabilisce   che
«[d]all'attuazione del presente decreto non devono derivare  nuovi  o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica»; il comma 2 prescrive
che «[f]ermo il disposto di cui all'articolo 21» - relativo, come  si
e' appena visto, alle tariffe  da  applicare  ai  proponenti  per  la
copertura dei costi delle procedure di verifica di  assoggettabilita'
a VIA, di VIA e di VAS - «le attivita' di  cui  al  presente  decreto
sono  svolte  con  le  risorse  umane,  strumentali   e   finanziarie
disponibili a legislazione vigente». 
    15.1.-  Tutte  e  tre  le  ricorrenti  denunciano  la  violazione
dell'art. 76 Cost., assumendo che la disposizione impugnata  si  pone
in contrasto con l'art. 1, comma 4, della legge  delega  n.  114  del
2015, che prevede la possibilita' di riconoscere risorse in relazione
a spese non contemplate dalle leggi  vigenti  e  che  non  riguardino
l'attivita' ordinaria delle amministrazioni,  nei  limiti  occorrenti
per l'adeguamento alla direttiva europea. 
    La  sola  Regione  Calabria  denuncia,  altresi',  la  violazione
dell'art. 81 Cost., assumendo  che,  nella  specie,  la  clausola  di
invarianza finanziaria risulterebbe  «palesemente  aleatoria»,  posto
che le modifiche alle procedure di VIA implicherebbero nuovi oneri  a
carico  dell'autorita'  competente  per   effetto   degli   ulteriori
adempimenti  procedurali  previsti,  «con  presumibili  esigenze   di
risorse aggiuntive». 
    Le Regioni Lombardia e Abruzzo lamentano  ulteriormente,  a  loro
volta, la violazione degli artt. 117, terzo comma,  e  118  Cost.  Il
d.lgs. n. 104 del 2017 avrebbe, infatti, imposto alle  Regioni  nuovi
adempimenti, con  conseguenti  nuovi  oneri,  intervenendo  anche  su
materie  di   competenza   concorrente,   senza   alcuna   previsione
finanziaria e imponendo, anzi, il «blocco delle risorse». 
    15.2.-   L'Avvocatura   generale   dello   Stato   ha    eccepito
l'inammissibilita' di tutte le questioni, per genericita'  e  difetto
di motivazione in punto di violazione  dei  parametri  costituzionali
evocati. 
    L'eccezione e' fondata. 
    Le ricorrenti sostengono che la nuova disciplina posta dal d.lgs.
n.  104  del  2017  ha  determinato  un  incremento  di   adempimenti
procedimentali a  loro  carico,  ma,  oltre  a  non  precisare  quali
sarebbero tali nuovi adempimenti, neppure identificano puntualmente i
maggiori oneri economici che ne deriverebbero. 
    Le evocate  censure,  peraltro,  finiscono  per  rivelarsi  anche
contraddittorie  rispetto  alla  doglianza  principale  delle  stesse
ricorrenti, ovvero  l'avvenuta  contrazione,  ad  opera  del  decreto
legislativo impugnato, delle competenze regionali in materia di  VIA.
A una tale contrazione, infatti, dovrebbe logicamente  conseguire  un
decremento, e non gia'  un  incremento,  delle  esigenze  finanziarie
delle  Regioni,  sicche'  tanto  piu'  sarebbe  stata  necessaria  la
specifica indicazione dei lamentati maggiori oneri economici. 
    16.- Scrutinate e decise le questioni sollevate dalle  Regioni  a
statuto ordinario, e' ora possibile affrontare  le  censure  proposte
dagli enti ad autonomia differenziata. 
    17.-  Le   Regioni   autonome   Valle   d'Aosta/Vallee   d'Aoste,
Friuli-Venezia Giulia e Sardegna, e le Province autonome di Trento  e
di Bolzano impugnano, sotto vari profili, gli artt. 5, 22  e  26  del
d.lgs. n. 104 del 2017, i quali, come si e' gia' visto, modificano le
competenze in tema di VIA e di assoggettabilita' a VIA. 
    17.1.-  Le  Regioni  Friuli-Venezia  Giulia   e   Sardegna,   con
argomentazioni pressoche'  identiche,  lamentano  la  violazione,  da
parte delle disposizioni censurate, di norme dei  rispettivi  statuti
speciali attributive di competenze, nonche' dell'art. 117, secondo  e
terzo comma, Cost. 
    La Regione Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste censura i soli artt. 5  e
22, commi 1, 2, 3 e 4, del d.lgs. n. 104 del 2017, in  riferimento  a
diversi parametri del proprio statuto speciale, in combinato disposto
con l'art. 117, primo e terzo comma, Cost., in quanto sarebbero state
sottratte competenze ad essa spettanti, nonche' in  riferimento  agli
artt. 3, 97 e 118 Cost., poiche' la nuova disciplina, avendo adottato
criteri  privi  di  valore  sintomatico  riguardo   alla   dimensione
regionale o  sovraregionale  dell'intervento,  non  risponderebbe  ad
alcun canone di razionalita', ma soltanto a «un'ispirazione tutoria e
centralistica  fine  a  se'  stessa»,  cosi'  disattendendo  anche  i
principi di buon andamento e sussidiarieta'. 
    17.1.1.- Le questioni non sono fondate. 
    Si e' gia' posto in luce come, in linea di principio e  salva  la
valutazione da condurre sulle singole norme, il  decreto  legislativo
impugnato,  adottato   nella   materia   «tutela   dell'ambiente»   e
«dell'ecosistema», debba essere ascritto alla categoria  delle  norme
fondamentali di riforma economico-sociale, in quanto tale  capace  di
condizionare  e  limitare   anche   le   competenze   statutariamente
attribuite alle Regioni speciali e alle Province autonome. 
    Tale  qualificazione  indubbiamente  deve  essere  attribuita  al
censurato  art.  5,  che,  lo  si  e'  gia'  diffusamente   rilevato,
costituisce  il  nucleo  essenziale  della  riforma,  realizzata  dal
legislatore statale, in tema di VIA e  di  assoggettabilita'  a  VIA,
istituti chiave per la tutela dell'ambiente, la quale necessita di un
livello di protezione uniforme sul territorio nazionale. L'art. 22 e'
strettamente connesso con la disciplina posta  dall'art.  5,  poiche'
detta le modifiche agli Allegati alla  Parte  seconda  cod.  ambiente
conseguenti alla rivisitazione delle competenze di cui  al  novellato
art. 7-bis del medesimo codice. L'art. 26,  per  conto  suo,  dispone
l'espressa abrogazione della previgente disciplina. 
    Inoltre, come pure si e' gia'  posto  in  evidenza,  la  profonda
rivisitazione delle competenze  in  materia  e'  diretta  conseguenza
dell'attuazione degli obiettivi  posti  dalla  direttiva  dell'Unione
europea, sicche' la normativa impugnata e' altresi' da ricondurre  al
limite degli obblighi europei,  che  pure  condiziona  le  competenze
statutarie. 
    Quanto,  invece,  alle  censure,  proposte  dalla  Regione  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste, per violazione degli artt. 3, 97 e 118 Cost.,
va rilevato che le opzioni del legislatore  statale  in  materia  non
necessariamente  devono  rimanere  ancorate   a   criteri   meramente
territoriali, potendo ritenersi preferibile ripartire le  competenze,
nel perseguimento degli obiettivi di salvaguardia ambientale, in base
all'intensita' di impatto sull'ambiente che un  determinato  progetto
puo' presentare. 
    17.2.- La Provincia autonoma di Trento impugna gli artt.  5,  22,
commi 1, 2, 3 e 4, e 26, comma 1, lettera a), del d.lgs. n.  104  del
2017 in riferimento a diversi parametri dello statuto speciale  della
Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e relative norme di  attuazione,
in quanto sarebbero state sottratte  competenze  ad  essa  spettanti,
nonche' in riferimento: a) agli artt. 117,  terzo,  quarto  e  quinto
comma, e 120, secondo comma, Cost., per come attuato dalla  legge  n.
234 del 2012,  nonche'  in  riferimento  all'art.  7  del  d.P.R.  19
novembre 1987, n. 526 (Estensione alla regione Trentino Alto-Adige ed
alle province autonome di Trento e  Bolzano  delle  disposizioni  del
decreto del Presidente della Repubblica  24  luglio  1977,  n.  616),
disponendo  la  Provincia  autonoma  del  potere  di   dare   diretta
attuazione alle  direttive  dell'Unione  europea,  nelle  materie  di
propria  competenza,  con  la  conseguenza  che  le  norme  censurate
verrebbero a sovrapporsi e condizionare  la  disciplina  provinciale,
senza presentare i caratteri di suppletivita' e cedevolezza richiesti
per la funzione sostitutiva di cui all'art. 41, comma 1, della  legge
n. 234 del 2012; b) in riferimento agli  artt.  3  e  97  Cost.,  per
violazione   dei   principi   di   ragionevolezza   e   difetto    di
proporzionalita', in quanto verrebbero introdotte norme di  dettaglio
che  costringono  la  legislazione  provinciale  ad   un   grado   di
uniformita' eccessivo  rispetto  al  fine  di  attuare  la  direttiva
europea e che non consentono alle autonomie speciali di tenere  conto
delle proprie peculiarita' istituzionali,  in  tal  modo  rivelandosi
fonte di cattiva amministrazione. 
    La Provincia autonoma di Bolzano impugna soltanto  gli  artt.  5,
comma 1, e 22, commi 1, 2, 3 e 4, del d.lgs.  n.  104  del  2017,  in
riferimento a diversi parametri dello statuto speciale della  Regione
Trentino-Alto Adige/Südtirol  e  relative  norme  di  attuazione,  in
quanto  sarebbero  state  sottratte  competenze  ad  essa  spettanti,
nonche' in riferimento: a) all'art. 118  Cost.,  per  violazione  del
principio di  sussidiarieta'  e  delle  regole  che  disciplinano  la
chiamata in sussidiarieta'; b) all'art. 117, quinto  comma,  Cost.  e
agli artt. 7 e 8 del d.P.R. n. 526 del  1987,  che  riconoscono  alle
Province autonome il potere di dare diretta attuazione alle direttive
dell'Unione europea nelle materie di  loro  competenza;  c)  all'art.
117, primo comma, Cost., in correlazione alla  direttiva  2014/52/UE,
non  potendo  il  decreto   legislativo   «vincolare   le   autonomie
territoriali al di la' di quanto discende  dagli  obblighi  derivanti
dall'ordinamento dell'Unione europea»; d) agli artt. 3  e  97  Cost.,
per  contrasto  con  il  principio  di  ragionevolezza,  non  essendo
giustificato uno spostamento  cosi'  massiccio  di  competenze  dalle
Regioni allo Stato in funzione di un miglioramento della qualita' del
procedimento, della semplificazione e della maggiore efficienza,  non
comprendendosi come una gestione  accentrata  e  unitaria  a  livello
statale  possa  essere  piu'   efficiente   di   una   decentrata   e
diversificata nelle varie autonomie territoriali; e) all'art.  4  del
d.lgs. n. 266 del 1992, che esclude, in via generale,  che  la  legge
possa  attribuire  ad  organi   statali   l'esercizio   di   funzioni
amministrative nelle  materie  statutariamente  di  competenza  delle
Province autonome. 
    17.2.1.- In via preliminare,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  ha   eccepito   l'inammissibilita'   delle   questioni   di
legittimita'  proposte,  dalla  Provincia  autonoma  di  Trento,   in
riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., per genericita' e  apoditticita'
degli argomenti addotti. 
    L'eccezione e' fondata. 
    La ricorrente non ha adeguatamente chiarito  quali  sarebbero  le
proprie  peculiarita'   istituzionali   limitate   dalla   disciplina
impugnata, la  quale  avrebbe  l'effetto  di  compromettere  il  buon
andamento dell'attivita' amministrativa. Le argomentazioni spese  sul
punto, inoltre, non sono sufficienti neppure a motivare la ridondanza
su competenze provinciali della  supposta  violazione  dei  parametri
costituzionali evocati. 
    17.2.2.- Nel merito, le residue questioni non sono fondate. 
    Le disposizioni impugnate, come si e' gia' posto  in  luce,  sono
state adottate nella materia di competenza esclusiva statale  «tutela
dell'ambiente» e «dell'ecosistema» e devono essere qualificate  quali
norme di riforma economico-sociale, capaci di limitare le  competenze
statutariamente attribuite alle Province autonome.  Ne  consegue  che
non viene in considerazione la potesta'  di  queste  ultime  di  dare
diretta attuazione, nelle materie di loro competenza, alle  direttive
dell'Unione  europea,  ne'  si  verte  in  un  caso  di  chiamata  in
sussidiarieta', ne', ancora, trova applicazione l'art. 4  del  d.lgs.
n. 266 del 1992. 
    Non sussiste, poi, la  violazione  dell'art.  117,  primo  comma,
Cost., lamentata dalla Provincia autonoma di Bolzano,  in  quanto  le
disposizioni impugnate, lo si e' gia' rilevato, sono attuative  degli
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e
non pongono a carico delle autonomie alcun vincolo ulteriore rispetto
a tali obblighi. 
    Neppure fondata e', infine, la questione proposta dalla  medesima
Provincia autonoma di Bolzano in relazione agli artt. 3 e 97 Cost.  A
prescindere da  ogni  valutazione  circa  la  corretta  evocazione  a
parametro di quest'ultima disposizione costituzionale, insistendo  la
censura soltanto sulla ragionevolezza della scelta  di  accentramento
delle competenze, deve ribadirsi quanto  si  e'  gia'  osservato:  il
legislatore statale, nel rivisitare le competenze in materia di VIA e
di assoggettabilita' a VIA, non  doveva  prendere  in  considerazione
criteri  meramente  territoriali,  in   quanto   gli   obiettivi   di
salvaguardia ambientale, che ha ritenuto di perseguire attraverso una
migliore qualita' ed efficienza dei procedimenti, ben  giustificavano
l'adozione di un criterio orientato alla valutazione  dell'intensita'
di impatto ambientale che i singoli progetti, di la' dall'allocazione
geografica, possono presentare. 
    18.- Le Province autonome di Trento e Bolzano censurano gli artt.
8, 16, commi 1 e 2, e 24 del d.lgs. n. 104 del 2017, nella  parte  in
cui siano da considerarsi ad esse applicabili. 
    18.1.- L'art. 8, sostitutivo dell'art. 19 cod. ambiente, pone una
nuova disciplina delle modalita' di svolgimento del  procedimento  di
verifica di assoggettabilita' a VIA, secondo una serie di  articolati
passaggi procedurali. 
    Nel caso in cui venga stabilito di non sottoporre il  progetto  a
VIA,  l'autorita'  deve  motivare  tenendo  conto   delle   eventuali
osservazioni del Ministro dei beni e delle attivita' culturali e  del
turismo. 
    Secondo  le  Province  autonome,  detto  art.  8   porrebbe   una
disciplina estremamente dettagliata del procedimento di  verifica  di
assoggettabilita' a VIA, dalle modalita' di trasmissione dello studio
preliminare alle modalita' di  pubblicazione,  alla  istruttoria,  ai
termini del procedimento,  ai  modi,  ai  tempi  e  ai  limiti  delle
possibilita' di interlocuzione con gli interessati.  Stesso  discorso
varrebbe per il comma 2 dell'art. 16 del  d.lgs.  n.  104  del  2017,
introduttivo, come si e' visto, del provvedimento unico regionale, il
quale recherebbe una disciplina - ugualmente analitica e minuziosa  -
del procedimento di VIA di competenza regionale. Secondo la Provincia
autonoma di Bolzano, tali disposizioni si porrebbero in irrimediabile
contrasto con la normativa  comunitaria,  cosi'  violando  i  vincoli
derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea. 
    18.2.- Analoghe censure  sono  riferite  anche  all'art.  24  del
decreto legislativo impugnato, che sostituisce il comma  4  dell'art.
14 della legge n. 241 del 1990, affidando alla conferenza di servizi,
convocata in modalita'  sincrona  ai  sensi  dell'art.  14-ter  della
medesima  legge,  l'adozione  di  tutti  provvedimenti  legati   alla
procedura di VIA. 
    Tali disposizioni si porrebbero in contrasto  con  una  serie  di
competenze legislative proprie (primarie e concorrenti)  riconosciute
alle Province autonome dallo statuto reg. Trentino-Alto Adige. 
    In particolare, la disciplina statale contrasterebbe  con  l'art.
8, comma 1, dello statuto, che assegna una generale potesta' primaria
di  auto-organizzazione  alla  Provincia  autonoma,  comprensiva  del
procedimento di valutazione di impatto ambientale, e con l'art. 16 di
detto  statuto,  che  affida  alle  Province  autonome  le   funzioni
amministrative corrispondenti alle competenze legislative, oltre  che
con la «tutela della salute», spettante alle ricorrenti in virtu' del
combinato disposto dell'art. 117, terzo comma, Cost. e  dell'art.  10
della legge cost. n. 3 del 2001. 
    Inoltre, la competenza delle  Province  autonome  in  materia  di
disciplina del procedimento di VIA sarebbe espressamente riconosciuta
dalla normativa di attuazione dello statuto speciale (art. 19-bis del
d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381,  recante  «Norme  di  attuazione  dello
statuto speciale per la regione Trentino  Alto-Adige  in  materia  di
urbanistica ed opere pubbliche»). Ai sensi  di  tale  norma,  per  le
opere soltanto delegate dallo Stato, le Province autonome di Trento e
di Bolzano,  per  il  rispettivo  territorio,  possono  applicare  la
normativa provinciale in materia di organizzazione degli  uffici,  di
contabilita', di attivita' contrattuale,  di  lavori  pubblici  e  di
valutazione di impatto ambientale. 
    Le competenze statutarie non  potrebbero  essere  limitate  dalla
competenza statale in materia di tutela dell'ambiente  ex  art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost., essendo un  tale  effetto  precluso
dalla clausola di maggior favore sancita  dall'art.  10  della  legge
cost. n. 3 del 2001. 
    Sarebbero violati, inoltre, gli artt. 117, quinto comma,  e  120,
secondo comma, Cost. Le Province autonome disporrebbero, infatti, del
potere di dare immediata attuazione alle direttive comunitarie  nelle
materie di propria competenza fin dall'entrata in vigore dell'art.  7
del d.P.R. n. 526 del 1987, di attuazione dello statuto,  potere  che
e' stato esteso alle materie di competenza concorrente  dall'art.  9,
commi 1 e 2, della legge 9 marzo 1989, n. 86  (Norme  generali  sulla
partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario e  sulle
procedure di  esecuzione  degli  obblighi  comunitari).  Tale  potere
sarebbe ora previsto, in via generale, dall'art. 117,  quinto  comma,
Cost., la cui legge di attuazione - la n. 234 del 2012 - tiene fermo,
per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome, «quanto
previsto nei rispettivi statuti speciali e nelle  relative  norme  di
attuazione» (art. 59). 
    Sarebbe  leso,  inoltre,  il  principio   di   ragionevolezza   e
proporzionalita', ex artt. 3 e 97  Cost.,  in  quanto  la  disciplina
impugnata vincolerebbe le Province autonome ad  uniformarsi  a  norme
dettagliate  che  costringerebbero  la   legislazione   regionale   e
provinciale ad un grado di uniformita'  eccessiva  rispetto  al  fine
attuare la direttiva europea.  Vi  sarebbe,  inoltre,  la  violazione
dell'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, che vieta la sostituzione  di
discipline statali alle discipline provinciali, prevedendo invece  un
dovere  di  adeguamento  di  queste  ultime,  limitato  dalle  regole
statutarie e presidiato dalla Corte costituzionale. 
    18.3.- Le Province autonome  hanno  impugnato  anche  l'art.  16,
comma 1, del d.lgs. n. 104 del 2017, il quale ha sostituito l'art. 27
cod. ambiente. 
    Tale disposizione introduce il  provvedimento  unico  statale  in
materia ambientale. Viene  cioe'  previsto  che,  su  iniziativa  del
proponente, per i procedimenti di cui e' competente l'amministrazione
statale sia adottato un  provvedimento  autorizzatorio  inclusivo  di
ulteriori titoli abilitativi, specificamente individuati dal  decreto
stesso. 
    18.4.-  La  Provincia  autonoma  di   Trento   ritiene   che   il
provvedimento unico statale, che  comprende  il  rilascio  di  alcuni
titoli tra i  quali  l'autorizzazione  in  materia  di  scarichi  nel
sottosuolo,  l'autorizzazione  paesaggistica,  culturale   e   quella
riguardante  il  vincolo  idrogeologico,  invaderebbe  le  competenze
legislative  e   amministrative   della   ricorrente.   Inoltre,   la
disposizione sarebbe illegittima nella parte in cui  richiama  l'art.
14-ter della legge n.  241  del  1990,  scegliendo  cosi'  il  modulo
procedimentale della conferenza di servizi  con  modalita'  sincrona,
senza rinviare anche all'art. 14-quinquies, che regola  i  rimedi  in
caso di dissenso tra amministrazioni procedenti. Anche  la  Provincia
autonoma di Bolzano censura la disposizione, nella parte in  cui  non
consentirebbe un idoneo coinvolgimento delle Regioni e delle Province
autonome,   secondo   quanto    prescritto    dalla    giurisprudenza
costituzionale in tema di chiamata in sussidiarieta'. 
    18.5.-  La  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  ha
impugnato, a sua volta, gli artt. 16, comma 2, e 24 del d.lgs. n. 104
del 2017. Secondo la ricorrente, tali  disposizioni  contrasterebbero
con le competenze legislative riconosciute dallo statuto  valdostano,
oltre che con gli artt. 3, 5, 97, 117, primo e terzo comma, 118 e 120
Cost., anche in relazione all'art. 10 della  legge  cost.  n.  3  del
2001. 
    La pretesa del legislatore statale di disciplinare dal  centro  e
in modo uguale per tutto il suolo nazionale la VIA  regionale,  senza
tenere in  alcuna  considerazione  le  specificita'  locali,  sarebbe
manifestamente  irragionevole  e  contraria  ai  principi   di   buon
andamento (art. 97 Cost.), sussidiarieta'  e  differenziazione  (art.
118 Cost.). 
    18.6.- Devono essere rigettate, preliminarmente, alcune eccezioni
avanzate dalla difesa statale. In particolare, raggiungono la  soglia
minima di chiarezza e completezza argomentativa le  censure  proposte
dalla Provincia autonoma di  Bolzano  relative  alla  violazione  del
principio di sussidiarieta' e alla lesione del principio di legalita'
in  relazione  ai  vincoli  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia
all'Unione europea. 
    Analogamente,   devono   essere   respinte   le   eccezioni    di
inammissibilita' avanzate dalla difesa statale in merito alle censure
delle Province autonome relative  ai  principi  di  ragionevolezza  e
proporzionalita' ex artt. 3 e 97 Cost. Le ricorrenti,  al  contrario,
hanno posto in evidenza con sufficiente precisione i prospettati vizi
di illegittimita' costituzionale e hanno adeguatamente dimostrato  la
ridondanza delle violazioni di disposizioni  costituzionali  estranee
al Titolo V  della  Parte  II  della  Costituzione  sulle  competenze
costituzionalmente garantite. 
    18.7.- Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale,  promosse
dalle Province autonome, riguardanti l'art. 8 del d.lgs. n.  104  del
2017, che disciplina il procedimento di verifica di assoggettabilita'
a VIA, non sono fondate. 
    La norma impugnata non risulta incongruente o eccedente  rispetto
alla ratio complessiva della riforma. Per alcuni  aspetti,  peraltro,
essa  e'  direttamente  riproduttiva  della   direttiva   2014/52/UE,
normativa  che  fa  riferimento  alla  necessita'  che  la   domanda,
adeguatamente pubblicizzata, del proponente evidenzi i  punti  chiave
del progetto (considerando n. 26; art. 1, paragrafo  4),  ai  criteri
che l'autorita'  competente  deve  seguire  per  l'esclusione  di  un
progetto dalla VIA (considerando n. 28 e n. 29; art. 1, paragrafo  4,
Allegato III) e alla necessita' di concludere il  procedimento  entro
un termine  complessivo  di  90  giorni.  Anche  la  possibilita'  di
sospendere i  termini  per  ragioni  eccezionali  trova  una  diretta
copertura sovranazionale (art. 1, paragrafo 4). 
    Come questa Corte ha  gia'  affermato  in  relazione  alla  prima
attuazione nazionale della disciplina comunitaria sulla VIA (legge  8
luglio 1986, n. 349, recante «Istituzione del Ministero dell'ambiente
e norme in materia di danno ambientale»), con riferimento  proprio  a
un ricorso presentato dalla Provincia autonoma di Bolzano, la mancata
attuazione   della   direttiva   sull'intero   territorio   nazionale
esporrebbe  lo  Stato  italiano  al  rischio  di  una  procedura   di
infrazione per violazione del diritto sovranazionale. 
    La nuova procedura relativa alla verifica di assoggettabilita'  a
VIA si inserisce nel complessivo intervento di riforma realizzato dal
legislatore statale in attuazione  degli  obblighi  europei,  che  le
Province autonome sono tenute a rispettare. 
    D'altro canto,  l'eventuale  accoglimento  delle  questioni,  con
conseguente effetto di ritenere non applicabile  la  norma  (o  anche
solo parti di  essa),  rischierebbe  non  solo  di  minare  la  ratio
complessiva della riforma, ma anche la sua organicita',  causando  un
inammissibile frazionamento di una disciplina  strettamente  connessa
alla tutela ambientale. Per tale ragione, questa Corte ha  attribuito
il  rango  di  norma  di  riforma  economico-sociale   non   solo   a
norme-principio, cioe' a precetti vaghi e indeterminati, ma anche,  e
piu' in generale, a tutte le norme «che  rispondano  complessivamente
ad un interesse unitario ed esigano, pertanto, un'attuazione su tutto
il territorio nazionale» (sentenza  n.  1033  del  1988;  in  termini
analoghi, piu' recentemente, sentenze n. 229 e n. 212  del  2017,  n.
170 del 2001, n. 477 del 2000 e n. 323 del 1998). In altri termini, a
rilevare e' che i principi fondamentali di  riforma,  ancorche'  «non
espressamente  enunciati,  poss[a]no  anche  essere   desunti   dalla
disciplina di dettaglio, che ad essi si ispira o che  necessariamente
li implica e presuppone. Nel contesto di  una  incisiva  riforma,  la
qualifica di  fondamentale  da  attribuire  alle  norme  della  nuova
disciplina puo' derivare dal costituire esse un elemento coessenziale
alla riforma economico-sociale, in quanto la caratterizzano o formano
la base del suo sviluppo normativo» (sentenza n. 482 del 1995). 
    La nozione di norma fondamentale rifugge, infatti, da  operazioni
ontologiche di catalogazione, legate  al  grado  di  indeterminatezza
lessicale  della  disposizione  per  accogliere,  di  converso,   una
qualificazione funzionale e  teleologica,  connessa  al  rapporto  di
strumentalita' con la ratio complessiva della riforma. 
    La disposizione censurata non  produce,  dunque,  alcuna  lesione
delle competenze legislative delle Province autonome, costituendo, al
tempo  stesso,  attuazione  degli  obblighi  sovranazionali  e  norma
fondamentale  di  riforma  economico-sociale  nella  materia  «tutela
dell'ambiente» e «dell'ecosistema». 
    Conseguentemente, non vi e'  violazione  del  potere,  attribuito
alle Province autonome, di dare  attuazione  alla  normativa  europea
nelle materie di loro competenza. 
    Non sono  fondate,  poi,  le  censure  relative  alla  violazione
dell'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, posto che la norma  impugnata
rientra a pieno titolo tra le norme cui  le  Province  autonome  sono
tenute a conformarsi. 
    18.8.- Alla luce di  tali  considerazioni,  anche  le  questioni,
promosse dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste e  dalle
Province autonome sugli artt. 16, comma 2, e 24 del d.lgs. n. 104 del
2017, devono dichiararsi non  fondate.  Come  gia'  visto,  la  prima
disposizione disciplina il procedimento unico regionale,  finalizzato
all'adozione  del  provvedimento  unico;  la   seconda,   sostitutiva
dell'art. 14, comma 4, della legge n. 241 del  1990,  stabilisce  che
«tutte  le  autorizzazioni,  intese,  concessioni,  licenze,  pareri,
concerti, nulla osta e assensi comunque  denominati,  necessari  alla
realizzazione  e  all'esercizio  del   medesimo   progetto,   vengono
acquisiti nell'ambito di apposita conferenza di servizi, convocata in
modalita' sincrona ai  sensi  dell'articolo  14-ter,  secondo  quanto
previsto dall'articolo 27-bis del decreto legislativo 3 aprile  2006,
n. 152». 
    Le norme impugnate attengono al nucleo centrale  di  una  riforma
volta a semplificare, razionalizzare e velocizzare la valutazione  di
impatto ambientale regionale, inserendo in  un  provvedimento  unico,
adottato in conferenza di servizi, tutte le autorizzazioni necessarie
alla realizzazione dell'opera. Come  gia'  visto,  la  determinazione
della  conferenza  di  servizi   non   assorbe   i   singoli   titoli
autorizzatori,  ma  li  ricomprende,  elencandoli.  La  decisione  di
concedere  i  titoli  abilitativi   e'   assunta   sulla   base   del
provvedimento di VIA successivo alla determinazione della  conferenza
di servizi (comma 7, del nuovo art. 27-bis, introdotto dall'art.  16,
comma 2, del censurato d.lgs. n. 104 del 2017), e non sostituisce  le
altre autorizzazioni necessarie alla realizzazione del progetto. 
    Da cio' deriva, quindi, la non fondatezza delle censure  avanzate
dalle Province autonome e dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee
d'Aoste con riferimento alle competenze  legislative  statutariamente
previste. Queste, infatti, devono essere esercitate nei limiti  degli
obblighi  internazionali  e  delle  norme  fondamentali  di   riforma
economico-sociale, come previsto dall'art. 2 dello statuto reg. Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste e dagli artt. 4, 5, 8 e 9 dello  statuto  reg.
Trentino-Alto Adige. Peraltro, il procedimento di VIA e  le  funzioni
amministrative  ad  esso  connesse  non  sono  riconducibili  sic  et
simpliciter ad alcuna specifica attribuzione degli enti ad  autonomia
differenziata,  ma  sono   strumentali   all'inveramento   del   bene
ambientale, valore  di  rango  costituzionale  tutelato  anche  dalla
normativa europea. 
    Per le medesime ragioni, il complessivo intervento di riforma non
e'  in  contrasto  con  gli  artt.  3  e  97  Cost.,  stante  la  non
frazionabilita' della  tutela  dell'ambiente  sull'intero  territorio
nazionale. A tale riguardo, non puo' dirsi, come invece sostengono le
ricorrenti, che le norme impugnate siano eccessivamente  dettagliate.
Osta a tale conclusione quanto si e' gia' detto sulla  portata  delle
norme fondamentali di  riforma  economico-sociale.  In  tale  ambito,
infatti, cio' che rileva e' il nesso che  la  prescrizione  normativa
intrattiene con la ratio complessiva della riforma. 
    In ogni caso, non  potrebbe  essere  evocata,  a  supporto  della
fondatezza delle questioni, la sentenza n.  212  del  2017,  con  cui
questa Corte ha disposto l'inapplicabilita' alle Province autonome di
alcune norme della legge 28 giugno  2016,  n.  132  (Istituzione  del
Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina
dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) in
materia di agenzie regionali e provinciali per l'ambiente,  pronuncia
richiamata a piu' riprese nelle memorie illustrative depositate dalle
ricorrenti. 
    La   menzionata   decisione   ha   dichiarato    l'illegittimita'
costituzionale  di  disposizioni  statali  volte  a  disciplinare   i
requisiti di selezione dei direttori  generali  delle  agenzie  e  le
modalita' di organizzazione del personale e  delle  funzioni  interne
delle agenzie provinciali, norme eccedenti  la  finalita'  ambientale
del complessivo disegno  predisposto  dallo  Stato.  Le  disposizioni
invadevano, infatti, la competenza primaria delle  Province  autonome
in materia di ordinamento degli uffici e del personale (art. 8, n. 1,
statuto reg. Trentino-Alto Adige). 
    Nulla di tutto questo avviene, invece, nel caso di specie, ove le
norme  censurate  disciplinano  il   procedimento   e   le   funzioni
amministrative preordinate alla miglior tutela del bene ambientale  e
al contemperamento degli interessi pubblici e privati che vengono  in
gioco nella procedura di VIA. 
    Di qui, la non fondatezza delle questioni concernenti  gli  artt.
16, comma 2, e 24 del d.lgs. n. 104 del 2017. 
    18.9.-  Le   questioni,   promosse   dalle   Province   autonome,
riguardanti l'art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 104 del 2017, non  sono
fondate. 
    La  disposizione  impugnata,  che  sostituisce  l'art.  27   cod.
ambiente, rappresenta diretta attuazione della direttiva  2014/52/UE,
la quale sollecita procedure coordinate e comuni nel caso in  cui  la
procedura di VIA incroci altri provvedimenti  autorizzatori  previsti
dalla normativa europea (art. 2, paragrafo 3), richiedendo agli Stati
di adoperarsi perche', in  tali  frangenti,  sia  adottato  un  unico
provvedimento. 
    Anche il provvedimento unico in materia di VIA statale  fa  parte
del nucleo della  complessiva  riforma  delle  procedure  di  impatto
ambientale,  in  coerenza  con  le  esigenze  di  semplificazione   e
razionalizzazione poste dalla normativa sovranazionale. 
    Inoltre, come posto in evidenza dall'Avvocatura dello  Stato,  il
provvedimento  unico  ambientale  non  realizza  alcuna   surroga   o
espropriazione delle competenze  delle  amministrazioni  provinciali.
Rinviando l'assunzione del provvedimento alla conferenza  di  servizi
in forma simultanea con modalita' sincrona, la  disciplina  individua
un  modulo  procedimentale  che  coinvolge  al   massimo   grado   le
amministrazioni  interessate.  Queste,  infatti,  sono   chiamate   a
presentare la propria posizione  in  relazione  ai  procedimenti  sui
quali decide la conferenza,  organo  che  delibera  all'unanimita'  o
sulla   base   delle   cosiddette    posizioni    prevalenti    delle
amministrazioni partecipanti (art. 14-ter, comma 7, e art. 14-quater,
comma 4, della legge  n.  241  del  1990).  Nel  provvedimento  unico
confluiscono i «titoli abilitativi» indicati dal decreto  legislativo
(comma 8 dell'art. 27 cod. ambiente,  come  novellato  dall'art.  16,
comma 1, del d.lgs.  n.  104  del  2017),  a  conferma  della  natura
comprensiva, e non meramente sostituiva, del provvedimento in esame. 
    D'altronde, come riconosciuto dalla difesa  statale,  asseverando
l'auspicio della difesa trentina, il richiamo all'art.  14-ter  della
legge n. 241 del 1990 richiede che si  applichino  i  rimedi  per  le
amministrazioni dissenzienti. Il rinvio a tale  disposizione  implica
necessariamente l'applicazione degli artt. 14-quater  e  14-quinquies
della medesima legge, in base alla concatenazione di rinvii normativi
presupposta e avallata dalla disposizione censurata. 
    In tal senso, nel caso in cui non si raggiungesse l'unanimita' in
conferenza di servizi, la decisione conclusiva del procedimento unico
sarebbe presa sulla base delle posizioni prevalenti,  in  virtu'  del
peso specifico, valutato e ponderato dall'amministrazione procedente,
che ciascuna amministrazione partecipante possiede in relazione  agli
interessi pubblici di cui e' portatrice.  Tale  procedura,  se  evita
stasi ed eccessivi rallentamenti nei processi  decisionali,  consente
altresi' alle amministrazioni in disaccordo di manifestare il proprio
dissenso, sospendendo  l'efficacia  della  decisione  e  attivando  i
rimedi previsti dall'art. 14-quinquies della legge n. 241 del 1990. 
    La disposizione da ultimo menzionata prevede, in caso di  mancato
accordo, una reiterazione delle riunioni della conferenza di servizi,
in   vista   del   raggiungimento   di    una    posizione    comune.
Nell'eventualita' in cui i dissensi permangano, la questione e' posta
all'ordine del giorno della prima riunione del Consiglio dei ministri
successiva  alla  scadenza  del  termine  previsto  per   raggiungere
l'intesa. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipano  anche
i Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate. 
    E' appena il caso di precisare come non vi sia alcuna chiamata in
sussidiarieta', come  pure  sostenuto  dalla  Provincia  autonoma  di
Bolzano. Tale istituto, come correttamente messo in luce dalla difesa
statale, presuppone che l'intervento legislativo attragga funzioni in
materie di competenze regionali o provinciali. Nulla di tutto cio' e'
avvenuto nel caso di  specie,  poiche'  lo  Stato  ha  esercitato  la
propria  competenza  esclusiva  in  materia  di  ambiente,   la   cui
disciplina condiziona  gli  ordinamenti  provinciali  in  virtu'  dei
limiti degli obblighi internazionali e delle  norme  fondamentali  di
riforma. 
    19.- La sola Provincia autonoma di Bolzano  impugna  il  comma  1
dell'art. 23 del d.lgs. n. 104 del 2017, recante  le  «[d]isposizioni
transitorie e finali». 
    La norma in questione stabilisce che le disposizioni del medesimo
d.lgs. n. 104 del 2017 «si applicano ai procedimenti di  verifica  di
assoggettabilita' a VIA e ai  procedimenti  di  VIA  avviati  dal  16
maggio 2017»: dunque, a partire da una data  anteriore  a  quella  di
entrata in vigore del decreto (21 luglio 2017). 
    Secondo   la   ricorrente,   essa,   prevedendo   un'applicazione
retroattiva delle disposizioni del decreto,  si  porrebbe  in  palese
contrasto con l'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, il  quale,  da  un
lato, stabilisce che «la legislazione regionale  e  provinciale  deve
essere adeguata ai principi e norme costituenti limiti indicati dagli
articoli 4 e 5 dello statuto speciale e recati  da  atto  legislativo
dello Stato entro i sei mesi successivi alla pubblicazione  dell'atto
medesimo nella Gazzetta Ufficiale» e, dall'altro,  nell'escludere  la
diretta applicabilita' della nuova disciplina statale,  prevede,  una
volta decorso tale termine, la possibilita' d'impugnazione davanti  a
questa Corte della legislazione che non sia stata adeguata. 
    19.1.- La questione e' fondata. 
    Si e' gia' piu' volte rilevato che la nuova disciplina posta  dal
d.lgs. n. 104 del 2017 comporta un limite alle competenze legislative
degli enti  ad  autonomia  differenziata,  in  quanto  recante  norme
fondamentali di riforma  economico-sociale  oltre  che  derivanti  da
obblighi europei. 
    Il richiamato art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992 prevede,  per  la
Regione Trentino-Alto Adige e le due Province autonome di Trento e di
Bolzano, uno speciale meccanismo di  adeguamento  della  legislazione
regionale  e  provinciale  alle  nuove  norme,  introdotte  con  atto
legislativo   statale,   che   dettino   limiti    alle    competenze
statutariamente previste. In particolare,  come  si  e'  visto,  tale
norma di attuazione statutaria  prevede  che  gli  enti  territoriali
adeguino la propria legislazione entro sei mesi  dalla  pubblicazione
sulla Gazzetta  Ufficiale  dell'atto  legislativo  statale,  restando
applicabili le disposizioni preesistenti fino al loro adeguamento  o,
in mancanza di quest'ultimo, sino al loro annullamento  da  parte  di
questa Corte, su ricorso del Governo. 
    La norma censurata,  nel  prevedere  l'applicabilita',  non  solo
immediata, ma addirittura a ritroso, della nuova  disciplina  statale
in materia  di  VIA  e  di  assoggettabilita'  a  VIA,  senza  alcuna
eccezione, si pone dunque in  contrasto  con  le  garanzie  accordate
dalla norma di  attuazione,  correttamente  evocata  a  parametro  di
legittimita' costituzionale (sentenze n. 212 e n. 191  del  2017,  n.
121 e n. 28 del 2014). 
    Non vale opporre, come ha fatto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri, che l'applicazione retroattiva del d.lgs. n. 104  del  2017
risponde all'esigenza di garantire una piena e tempestiva  attuazione
della direttiva 2014/52/UE, collegandosi quindi al dovere, incombente
sul legislatore nazionale, di  adempiere  prontamente  agli  obblighi
sovranazionali.  In  caso  di  mancato  adeguamento  della  normativa
regionale e provinciale alla direttiva europea, lo Stato -  oltre  al
potere d'impugnativa previsto  dalla  norma  di  attuazione  -  puo',
infatti, esercitare il potere  sostitutivo  previsto  dall'art.  117,
quinto comma, Cost. 
    L'art. 23, comma 1, del d.lgs. n.  104  del  2017,  dunque,  deve
essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in  cui
non contempla una clausola di salvaguardia che consenta alle Province
autonome di Trento e Bolzano di adeguare la propria legislazione alle
norme in esso contenute, secondo la procedura di cui all'art.  2  del
d.lgs. n. 266 del 1992. 
    20.- La  Regione  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano impugnano anche il comma 4  dell'art.
23 del d.lgs. n. 104 del 2017,  che  regola  l'esercizio  del  potere
sostitutivo dello Stato in ordine all'adeguamento  degli  ordinamenti
delle Regioni e delle Province autonome prefigurato dall'art.  7-bis,
comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006, aggiunto dall'art. 5,  comma  1,
del medesimo d.lgs. n. 104 del 2017. 
    La norma impugnata prevede che le Regioni e le Province  autonome
adeguino i propri ordinamenti, esercitando le potesta'  normative  di
cui al citato art. 7-bis, comma 8, «entro il  termine  perentorio  di
centoventi giorni dall'entrata in vigore» del d.lgs. n. 104 del 2017.
Essa altresi' prevede che,  decorso  tale  termine,  «in  assenza  di
disposizioni regionali o provinciali vigenti idonee  allo  scopo,  si
applicano i poteri sostitutivi di cui all'articolo 117, quinto comma,
della Costituzione, secondo quanto previsto dagli articoli  41  e  43
della legge 24 dicembre 2012, n. 234». 
    20.1.- La Regione Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste reputa la norma de
qua in contrasto con plurime  norme  del  proprio  statuto  speciale,
oltre che con gli artt. 3, 5, 117, primo, terzo e quinto comma, 118 e
120 Cost., anche in relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3  del
2001. 
    Secondo  la  ricorrente,  la  disposizione  violerebbe  tutti   i
parametri costituzionali evocati in ragione dell'assoluta genericita'
e vaghezza del presupposto al quale  e'  connessa  l'attivazione  del
potere sostitutivo dello Stato: vale a dire, il difetto di "idoneita'
allo scopo" delle norme regionali e provinciali adottate in forza del
nuovo art. 7-bis, comma 8, cod. ambiente. 
    Inoltre, tale ultima disposizione si riferirebbe a funzioni tutte
a esercizio eventuale e facoltativo, di modo che in relazione ad esse
non potrebbe essere esercitato il potere sostitutivo dello Stato,  il
quale secondo la giurisprudenza costituzionale puo'  essere  attivato
solo in caso di mancata adozione di atti vincolati nell'an. 
    20.1.1.- Le questioni non sono fondate. 
    L'art.  23,  comma  4,  del  d.lgs.  n.  104  del  2017  richiama
espressamente l'art. 117, quinto comma, Cost., che prevede il  potere
sostitutivo dello Stato nei casi  di  inadempienza  delle  Regioni  e
delle  Province  autonome  nell'attuazione  del  diritto  dell'Unione
europea nelle materie di loro competenza. Sulla  base  di  una  piana
interpretazione letterale e sistematica della disposizione impugnata,
l'obiettivo dell'intervento sostitutivo - in caso di inidoneita' allo
scopo delle norme regionali e  provinciali  -  puo'  pertanto  essere
individuato,  conformemente  a  quanto  sostiene  l'Avvocatura  dello
Stato, nell'esigenza di evitare che carenze organizzative  a  livello
regionale o  provinciale  compromettano  la  piena  attuazione  della
direttiva 2014/52/UE. 
    L'art. 7-bis, comma 8, cod. ambiente prevede espressamente che le
Regioni e le Province autonome disciplinino  «l'organizzazione  e  le
modalita'  di  esercizio  delle  funzioni  amministrative   ad   esse
attribuite in materia di VIA».  Per  questa  parte,  la  disposizione
chiama  gli  enti  territoriali  allo  svolgimento   d'una   funzione
vincolata nell'an, sicche' il potere sostitutivo previsto dalla norma
impugnata non va incontro alle  censure  di  costituzionalita'  mosse
dalla ricorrente. 
    20.2.- La Provincia autonoma  di  Trento  lamenta  che  la  norma
impugnata, qualificando il termine di adeguamento come  «perentorio»,
precluda definitivamente alla Provincia  l'esercizio  della  potesta'
normativa una volta che il termine sia spirato:  il  che  sarebbe  in
contrasto con gli artt. 8 e 9 dello statuto speciale, con l'art. 117,
quinto comma, Cost., come attuato dall'art. 41 della legge n. 234 del
2012, e con l'art.  120,  secondo  comma,  Cost.,  i  quali,  invece,
pongono il principio per cui la  sostituzione  deve  avere  carattere
suppletivo. 
    20.2.1.- Le questioni non sono fondate. 
    L'art. 41 della legge n. 234 del 2012 -  richiamato  dalla  norma
censurata e dunque, com'e' naturale che  sia  in  ragione  della  sua
natura di disposizione a carattere generale, applicabile in  caso  di
esercizio  del  potere  sostitutivo  ora  in   discorso   -   prevede
espressamente che i provvedimenti statali di  attuazione  degli  atti
dell'Unione europea, da un lato, «perdono  comunque  efficacia  dalla
data di entrata in vigore dei provvedimenti di attuazione di ciascuna
regione  e  provincia  autonoma»  e,   dall'altro,   debbono   recare
«l'esplicita  indicazione  della  natura   sostitutiva   del   potere
esercitato e  del  carattere  cedevole  delle  disposizioni  in  essi
contenute». Cio' tanto basta a escludere il risultato ermeneutico cui
giunge la ricorrente. 
    20.3.- La Provincia autonoma di Trento ritiene illegittimo l'art.
23, comma 4, del d.lgs n. 104 del  2017  anche  nella  parte  in  cui
stabilisce che, decorso  il  termine  «perentorio»,  si  applicano  i
poteri sostitutivi di cui all'art. 117, quinto comma, Cost. Ove  tale
disposizione fosse intesa come diretta a  consentire  l'utilizzo  del
potere sostitutivo per introdurre una disciplina  di  adeguamento  al
decreto legislativo,  e  non  soltanto  alla  direttiva  europea,  la
previsione considerata verrebbe a collidere, infatti,  con  l'art.  8
del d.P.R. n. 526 del 1987, il quale prevede l'esercizio  del  potere
in discorso solo nel caso  di  «accertata  inattivita'  degli  organi
regionali e provinciali  che  comporti  inadempimento  agli  obblighi
comunitari» e, comunque  sia,  previa  concessione  di  un  ulteriore
termine alla Regione o alla Provincia autonoma. 
    20.3.1.- La questione non e' fondata. 
    Come gia' ricordato, la disposizione impugnata regola l'esercizio
del  potere  sostitutivo  dello  Stato  in  confronto  alle  potesta'
normative delle Regioni e delle Province  autonome  di  cui  all'art.
7-bis, comma 8, cod. ambiente (aggiunto dall'art.  5,  comma  1,  del
d.lgs. n. 104 del 2017). 
    Vero e' che, ai sensi dell'art. 7-bis, comma 8, del d.lgs. n. 152
del 2006, le potesta'  legislative  devono  essere  esercitate  dalle
Regioni e dalle Province autonome «in conformita'  alla  legislazione
europea  e  nel  rispetto  di  quanto  previsto  nel  [...]  decreto»
medesimo. Tuttavia, poiche' il potere sostitutivo, come gia' messo in
luce,  puo'  essere  esercitato  nel  solo  caso   in   cui   carenze
organizzative a livello  regionale  o  provinciale  compromettano  la
piena attuazione della direttiva 2014/52/UE,  la  mancata  osservanza
della  normativa  statale  potra'  si'  rilevare  quale   presupposto
legittimante l'intervento sostitutivo, ma solo e soltanto qualora  si
traduca in un difetto di conformita' alla direttiva europea. 
    Quanto alla necessita' che il Governo,  prima  di  esercitare  il
potere sostitutivo, assegni alla Regione o alla Provincia «un congruo
termine per provvedere», coglie  nel  segno  la  difesa  dello  Stato
quando osserva che il censurato art. 23, comma 4, richiamando  l'art.
43 della legge n. 234 del  2012,  rende  operante  il  meccanismo  di
"diffida" previsto dal comma 2 di tale articolo tramite  il  richiamo
all'art. 8 della legge  5  giugno  2003,  n.  131  (Disposizioni  per
l'adeguamento   dell'ordinamento   della   Repubblica   alla    legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3). 
    20.4.- Le Province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  infine,
denunciano il contrasto della norma impugnata con il  gia'  ricordato
meccanismo di  adeguamento  della  legislazione  provinciale  di  cui
all'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992. Si  censura,  in  particolare,
che il termine previsto dalla norma impugnata, pari a 120 giorni, sia
piu' breve di quello  stabilito  dalla  citata  norma  di  attuazione
statutaria, pari invece a sei mesi. 
    20.4.1.- La questione e' fondata. 
    Come si e' gia' rilevato, l'art. 23, comma 4, del d.lgs.  n.  104
del 2017  prescrive  il  necessario  adeguamento  delle  legislazioni
regionali  e  provinciali  alla  nuova  disciplina  introdotta  dalla
direttiva 2014/52/UE e dal medesimo decreto per mezzo  dell'esercizio
della potesta' normativa di cui al citato art. 7-bis  cod.  ambiente.
Disposizione, quest'ultima, che, come si e' gia' visto, richiede agli
enti territoriali di disciplinare, in particolare,  «l'organizzazione
e le modalita' di esercizio delle  funzioni  amministrative  ad  esse
attribuite in materia di VIA». 
    Si tratta, pertanto, di un onere  di  adeguamento  della  propria
legislazione che, per quel  che  riguarda  le  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano, puo' essere assolto secondo  i  termini  dettati
dall'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992. La disposizione  impugnata  -
li'  dove  invece  prevede,  anche  in  riferimento   a   tali   enti
territoriali, che l'adeguamento deve avvenire entro centoventi giorni
dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 104 del 2017 - si pone dunque in
contrasto con la  richiamata  norma  di  attuazione  statutaria,  che
prevede  il  diverso  e  piu'  ampio  termine  di  sei  mesi,  e   va
conseguentemente dichiarata illegittima limitatamente a tale parte. 
    21.-  Le  Regioni  autonome  Friuli-Venezia  Giulia  e   Sardegna
impugnano l'art. 12, nella parte in cui sostituisce l'art. 23,  comma
4, secondo periodo, cod. ambiente (ai sensi  del  quale  deve  essere
data comunicazione, a  tutti  gli  enti  potenzialmente  interessati,
dell'avvenuta pubblicazione, sul sito web dell'autorita'  competente,
della documentazione richiesta al  proponente  ai  fini  della  VIA);
l'art. 13, nella parte in cui sostituisce l'art. 24, comma 3, secondo
periodo, del medesimo cod. ambiente (il quale stabilisce  il  termine
di sessanta giorni per la presentazione di osservazioni e  pareri  da
parte delle amministrazioni potenzialmente interessate  a  fronte  di
modifiche  o  integrazioni  apportate  al  progetto  ad   opera   del
proponente); l'art. 14, nella parte in  cui  sostituisce  l'art.  25,
comma 1, primo periodo (valutazione di  impatto  ambientale  compiuta
tenendo conto dei pareri degli enti potenzialmente interessati), cod.
ambiente. 
    In via generale, le ricorrenti ritengono che, stando alla lettera
delle disposizioni, nella procedura di VIA statale  l'amministrazione
centrale potra' escludere, a sua arbitraria discrezione,  la  Regione
interessata, coinvolgendo esclusivamente gli enti locali o  ritenendo
irrilevante la partecipazione regionale. 
    Sotto  tale  profilo,  le  ricorrenti  lamentano   anzitutto   la
violazione  dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  atteso   che   il
legislatore statale ha  disatteso  un  obbligo  sancito  dal  diritto
europeo,  al  quale  e'   vincolato   dalla   predetta   disposizione
costituzionale. 
    Vi sarebbe poi la violazione dei principi di ragionevolezza e  di
buon andamento della pubblica amministrazione, ex artt. 3 e 97 Cost.,
atteso che il legislatore statale, lungi dall'individuare in astratto
gli enti da consultare, avrebbe  lasciato  l'amministrazione  statale
domina dell'intero procedimento e arbitra del coinvolgimento  o  meno
degli enti da informare. 
    Infine, la disciplina della VIA  realizzerebbe  un  intreccio  di
competenze  statali  e  regionali,  riconosciute  dagli  statuti   di
autonomia e dall'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  applicabile  alle
Regioni a statuto speciale ai sensi dell'art. 10 della legge cost. n.
3 del 2001, con conseguente compressione  della  sfera  di  autonomia
riconosciute alle ricorrenti. 
    Per le medesime ragioni, sarebbe poi illegittimo l'art. 24, comma
5, cod. ambiente, come novellato dall'art. 13 del d.lgs. n.  104  del
2017,   nella   parte   in   cui   rimette   alla    discrezionalita'
dell'amministrazione dello Stato la richiesta di  un  supplemento  di
parere da parte delle altre amministrazioni consultate. Vi sarebbe un
illegittimo esercizio della competenza legislativa statale in materia
di «tutela dell'ambiente», ex art. 117, secondo  comma,  lettera  s),
Cost., e la violazione dei principi di ragionevolezza, buon andamento
e leale collaborazione tra Stato e Regione (artt. 3, 5, 97, 117 e 118
Cost.). Tali violazioni determinerebbero un'illegittima  compressione
dell'autonomia  regionale,  nei  gia'  citati  ambiti  materiali   di
competenza legislativa primaria e concorrente delle Regioni. 
    21.1.- Le censure non sono fondate. 
    In primo luogo, deve essere smentito l'assunto  delle  ricorrenti
secondo cui  la  disciplina  della  VIA  realizzerebbe  un  intreccio
inestricabile di materie. Se e' vero, infatti, che  sono  sicuramente
incise competenze regionali, come e' insito nella natura  trasversale
della   materia   «tutela   dell'ambiente»    e    «dell'ecosistema»,
l'intervento statale  ha  un  complessivo  e  prevalente  intento  di
riforma di un procedimento funzionale alla  salvaguardia  ambientale.
Se a questo  si  aggiunge  l'origine  sovranazionale  della  relativa
disciplina, e' allora evidente come anche con riguardo  alle  Regioni
autonome Friuli-Venezia Giulia e Sardegna la normativa  possa  essere
pienamente ricondotta alle clausole limitative previste dagli statuti
speciali degli obblighi internazionali e delle norme fondamentali  di
riforma economico-sociale. 
    Lo stesso criterio dell'interesse potenziale, fatto proprio dalla
disciplina  impugnata  ai  fini  dell'individuazione  degli  enti  da
coinvolgere  nel  procedimento  di  VIA  statale,  e'  mutuato  dalla
disciplina sovranazionale. L'art. 6,  paragrafo  1,  della  direttiva
2011/92/UE, come modificato dalla direttiva  2014/52/UE,  stabilisce:
«[g]li Stati  membri  adottano  le  misure  necessarie  affinche'  le
autorita' che possono essere interessate al  progetto,  per  la  loro
specifica responsabilita' in materia di ambiente o  in  virtu'  delle
loro competenze  locali  o  regionali,  abbiano  la  possibilita'  di
esprimere il loro parere sulle informazioni fornite dal committente e
sulla domanda di autorizzazione, tenendo conto,  ove  opportuno,  dei
casi di cui all'articolo 8 bis, paragrafo 3. A tal  fine,  gli  Stati
membri designano le autorita' da consultare, in generale o  caso  per
caso. Queste autorita' ricevono  le  informazioni  raccolte  a  norma
dell'articolo 5. Le modalita' della consultazione sono fissate  dagli
Stati membri». 
    Tale disposizione concorre a realizzare uno degli obiettivi della
nuova disciplina di VIA, e cioe' la piu' ampia  partecipazione  delle
istituzioni e del pubblico al processo decisionale. In tal  senso,  i
censurati artt. 12, 13 e 14,  laddove  fanno  riferimento  agli  enti
territoriali potenzialmente interessati e alle altre  amministrazioni
competenti,  mirano  a  declinare,   nell'ordinamento   interno,   il
principio della piu' ampia partecipazione possibile  richiesto  dalla
normativa sovranazionale (sugli obblighi di  trasmissione  agli  enti
territoriali della domanda e della documentazione del procedimento di
VIA come obbligo comunitariamente necessario,  sentenza  n.  234  del
2009). Nell'ottica di valorizzare gli obblighi informativi in tema di
VIA,  peraltro,  si   muove   gia'   da   tempo   la   giurisprudenza
costituzionale, che ha  ritenuto  tali  obblighi  inderogabili  dalle
Regioni, proprio per il nesso di strumentalita' tra questi  ultimi  e
il principio della piu' ampia partecipazione possibile da  parte  dei
soggetti interessati (sentenze n. 178 e n. 93 del 2013 e n.  227  del
2011). 
    E', dunque, errato il presupposto interpretativo da  cui  muovono
le ricorrenti: le norme impugnate, nel riferirsi, a  diverso  titolo,
agli «enti territorialmente  interessati  e  comunque  competenti  ad
esprimersi  sulla   realizzazione   del   progetto»,   non   lasciano
all'amministrazione  statale  alcuna   scelta   discrezionale   nella
trasmissione dei progetti, dovendo questa necessariamente coinvolgere
anche  le  Regioni  nel  cui  territorio   saranno   realizzati   gli
interventi.  Di  conseguenza,  anche  le   censure,   sollevate   con
riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., non sono fondate. 
    Non va dimenticato inoltre, come correttamente posto in  evidenza
dalla difesa  statale,  che,  nei  procedimenti  relativi  a  VIA  di
competenza dello Stato, l'art. 6 del d.lgs. n. 104 del 2017  prevede,
per i procedimenti  per  i  quali  sia  riconosciuto  un  concorrente
interesse regionale, la designazione, da parte delle Regioni (e delle
Province  autonome)  interessate  dal   progetto,   di   un   proprio
rappresentante nella  Commissione  tecnica  di  verifica  di  impatto
ambientale insediata presso il Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare. In tal senso, non  solo  le  Regioni  sono
pienamente coinvolte nello stadio iniziale,  di  instaurazione  della
procedura, ma anche nella fase istruttoria  finalizzata  all'adozione
del provvedimento finale. 
    Per le medesime ragioni deve ritenersi  non  fondata  l'ulteriore
censura relativa all'art. 24, comma 5, cod. ambiente, come  novellato
dall'art. 13  del  d.lgs.  n.  104  del  2017,  nella  parte  in  cui
rimetterebbe alla discrezionalita' dell'amministrazione  dello  Stato
la richiesta di  un  supplemento  di  parere  da  parte  delle  altre
amministrazioni consultate. La norma, infatti, non esclude in  radice
nuove osservazioni da  parte  degli  enti  territoriali,  che  invece
saranno convolti tutte le volte in cui  le  integrazioni  progettuali
abbiano una portata innovativa rispetto all'originaria proposta. 
    22.- Ad avviso delle Regioni  autonome  Friuli-Venezia  Giulia  e
Sardegna, sarebbero altresi' illegittimi gli artt. 3, 5,  8,  9,  12,
13, 14, 16, 17, 22 e 26 del d.lgs. n. 104 del  2017,  per  violazione
del principio di leale collaborazione, desumibile dagli artt. 5,  117
e 118 Cost., in combinato  disposto  con  le  competenze  statutarie,
perche' il decreto, oltre a non essere stato  preceduto  dall'intesa,
non avrebbe accolto  le  proposte  emendative  avanzate  in  sede  di
Conferenza Stato-Regioni. 
    22.1.- Inammissibili, per le ragioni  gia'  esposte,  le  censure
circa la  mancata  previa  intesa,  non  sono  fondate  le  questioni
relative alla violazione del principio di leale collaborazione per il
mancato recepimento, da parte del Governo, delle indicazioni espresse
nel  parere  favorevole  condizionato   adottato   dalla   Conferenza
Stato-Regioni. 
    Il Governo, infatti,  non  era  obbligato  a  recepire  tutte  le
richieste avanzate dalle Regioni in Conferenza permanente. La formula
del  parere  non  richiede  quella  reiterazione   delle   trattative
finalizzate al raggiungimento dell'accordo che questa Corte richiede,
invece, nelle ipotesi di intreccio inestricabile di competenze  o  di
chiamata in sussidiarieta' (ex plurimis, sentenze n. 74 del 2018,  n.
251 e n. 1 del 2016). D'altro canto, va pure rilevato che il  Governo
non  ha  mostrato,  in  concreto,  un   atteggiamento   di   radicale
preclusione   rispetto   alle   esigenze   regionali,   come   mostra
l'accettazione di parte delle indicazioni emerse in  Conferenza  (con
riguardo, ad esempio,  alla  consultazione  pubblica  in  materia  di
verifica di assoggettabilita' a VIA o all'inserimento, a  seguito  di
apposito coordinamento normativo, del procedimento unico regionale in
materia ambientale nel corpo cod. ambiente). 
    23.- La Regione autonoma  Sardegna  ha  impugnato,  inoltre,  gli
artt. 3, comma 1, lettere g) e h), 8, 14, 16 e 17 del d.lgs.  n.  104
del 2017, per violazione del principio  di  leale  collaborazione  ex
artt. 5, 117 e 118 Cost., dell'art. 3 della  legge  cost.  n.  3  del
1948, dell'art. 6 del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  22
maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello Statuto speciale
della regione autonoma della Sardegna) e degli  artt.  3,  97  e  117
Cost. 
    Le norme impugnate sarebbero illegittime  per  aver  previsto  il
coinvolgimento del Ministro dei beni e delle  attivita'  culturali  e
del turismo e non della Regione autonoma Sardegna, per gli interventi
di VIA statale da realizzare nel territorio sardo. 
    Tale censura varrebbe per l'esonero dei progetti che  hanno  come
unico fine quello della difesa nazionale o quello  di  rispondere  ad
emergenze di protezione civile, che deve avvenire di concerto con  il
Ministro dei beni  culturali  (art.  3,  comma  1,  lettera  g);  per
l'esonero, in casi eccezionali, di progetti specifici, previo  parere
del Ministro dei beni culturali (art. 3, comma  1,  lettera  h);  per
l'art. 8 del d.lgs. n. 104 del 2017, che sostituisce l'art. 19, comma
8, cod. ambiente, nella parte in cui prevede che, nella procedura  di
verifica di assoggettabilita'  a  VIA,  qualora  si  ritenga  di  non
assoggettare il progetto a VIA, il  Ministro  dell'ambiente,  tenendo
conto delle osservazioni del Ministro dei beni  culturali,  specifica
le condizioni ambientali necessarie a evitare o prevenire quelli  che
potrebbero altrimenti rappresentare impatti ambientali significativi;
per l'art. 14, che sostituisce l'art. 25 cod. ambiente  in  relazione
all'adozione dei provvedimenti di VIA  statale,  da  adottare  previa
acquisizione del concerto con il Ministro  dei  beni  culturali;  per
l'art. 16, comma 1, nella parte in cui introduce nell'art. 27,  comma
8,  cod.  ambiente  il  provvedimento  unico  statale,  adottato  dal
Ministero  dell'ambiente  di  concerto  con  il  Ministro  dei   beni
culturali; per l'art. 17, che sostituisce l'art. 28,  comma  2,  cod.
ambiente, nella parte in cui stabilisce che  l'autorita'  competente,
in collaborazione con il Ministero dei beni culturali per  i  profili
di competenza, verifica l'ottemperanza delle condizioni ambientali di
cui al comma 1 al fine di identificare  tempestivamente  gli  impatti
ambientali significativi e  negativi  imprevisti  e  di  adottare  le
opportune misure correttive. 
    La Regione Sardegna ha censurato,  infine,  l'art.  3,  comma  1,
lettera g) del d.lgs. n. 104 del 2017, nella parte in cui consente al
Ministro dell'ambiente di esonerare dalla procedura di VIA  specifici
progetti che hanno come unico obiettivo la risposta da  emergenze  di
protezione  civile.  Tale   disposizione   sarebbe   invasiva   della
competenza concorrente in materia di protezione civile ex  art.  117,
comma terzo, Cost., da riconoscere alla Regione  autonoma  in  virtu'
della clausola di maggior favore prevista dall'art.  10  della  legge
cost. n. 3 del 2001. 
    23.1.- Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  non  sono
fondate. 
    Le censure relative all'intero  art.  3,  comma  1,  lettera  g),
relative all'esonero in caso di progetti che rispondono ad  emergenze
di protezione civile,  sono  destituite  di  fondamento  per  ragioni
analoghe a quanto gia'  esposto  con  riferimento  ai  ricorsi  delle
Regioni Lombardia, Puglia, Abruzzo, Veneto e Calabria. 
    Deve ribadirsi che la disposizione non e'  incongruente  rispetto
alla  finalita'  complessiva  della  riforma,  volta  a  fornire  uno
standard uniforme di tutela ambientale, e dunque  a  concentrare,  in
capo al vertice dell'apparato statale, la scelta dell'esonero in caso
di emergenze che rendono necessari interventi di protezione civile. 
    Non puo' neanche sostenersi che la disposizione abbia violato  il
principio  di  leale  collaborazione,   posto   che   la   Conferenza
Stato-Regioni e' stata chiamata ad esprimere il parere  sullo  schema
di decreto legislativo che gia' annoverava tale norme. 
    Come   gia'   argomentato,   la   leale   collaborazione    viene
salvaguardata anche a "valle" del procedimento  amministrativo,  alla
luce di un inquadramento sistematico della norma: la  delibera  dello
stato di emergenza viene infatti decisa dal Consiglio  dei  ministri,
ai sensi dell'art. 24 del d.lgs. n. 1 del  2018  (che  riproduce  sul
punto quanto stabiliva l'art. 5 della legge n. 225 del 1992),  previa
intesa con la Regione  interessata.  L'esonero  da  VIA  deve  dunque
logicamente succedere alla  decisione  di  realizzare  interventi  di
protezione civile concertati con gli enti territoriali interessati. 
    Anche le censure relative agli artt. 3, comma 1, lettera  h),  8,
14, 16 e 17 del d.lgs. n. 104 del  2017,  non  sono  fondate.  Quanto
all'asserita violazione delle norme  statutarie,  e'  insita  in  una
fondamentale riforma in  materia  ambientale  la  compressione  delle
competenze   regionali.   I   limiti   delle   norme    di    riforma
economico-sociale  e  degli  obblighi  internazionali  hanno  proprio
questo scopo: consentire  che  norme  statali  sprigionino  efficacia
precettiva  anche  nell'ambito  degli  ordinamenti  degli   enti   ad
autonomia differenziata. Cio' che conta e', come piu' volte ribadito,
che non vi sia una sostanziale incoerenza con  lo  scopo  complessivo
della riforma o con gli obblighi europei. 
    Quanto  alla  supposta  violazione   del   principio   di   leale
collaborazione,  la  finalita'  riformatrice  in  materia  di  tutela
ambientale rende non costituzionalmente necessitato il coinvolgimento
della Regione quando si tratti di progetti di competenza dello Stato.