ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 12, comma
3, e 13, comma 1, della legge della Regione Veneto 28 novembre  2014,
n. 37 (Istituzione dell'Agenzia veneta per l'innovazione nel  settore
primario), come, rispettivamente, modificati dall'art. 57, commi 3  e
4, della legge della Regione Veneto 27 aprile 2015, n.  6  (Legge  di
stabilita' regionale per l'esercizio 2015),  promosso  dal  Tribunale
ordinario di Venezia, sezione per  le  controversie  di  lavoro,  nel
procedimento vertente tra F. F. e l'Azienda regionale per  i  settori
agricolo,  forestale  e  agroalimentare   "Veneto   Agricoltura"   in
liquidazione e altra, con ordinanza del 12 gennaio 2018, iscritta  al
n. 61  del  registro  ordinanze  2018  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 16,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2018. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  F.  F.,  nonche'  l'atto  di
intervento della Regione Veneto; 
    udito nell'udienza pubblica  del  19  febbraio  2019  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti; 
    uditi gli avvocati Fabio Corvaja e Alessandro Capuzzo per F. F. e
Ezio Zanon e Luigi Manzi per la Regione Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Il  Tribunale  ordinario  di   Venezia,   sezione   per   le
controversie di lavoro, con ordinanza del 12 gennaio 2018 (reg.  ord.
n.  61  del   2018),   ha   sollevato   questioni   di   legittimita'
costituzionale, in riferimento agli artt. 39, 97,  secondo  comma,  e
117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, degli  artt.  12,
comma 3, e 13, comma 1, della legge della Regione Veneto 28  novembre
2014, n. 37 (Istituzione dell'Agenzia veneta  per  l'innovazione  nel
settore primario), come, rispettivamente,  modificati  dall'art.  57,
commi 3 e 4, della legge della Regione Veneto 27 aprile  2015,  n.  6
(Legge di stabilita' regionale per l'esercizio 2015). 
    Il censurato art. 12, comma 3, stabilisce che «[a]i  dirigenti  e
dipendenti dell'Agenzia si applica il contratto collettivo  nazionale
di lavoro delle aziende municipalizzate  di  igiene  ambientale,  nel
rispetto dei vincoli e delle limitazioni contenute nell'articolo 13»;
il successivo art. 13, comma  1,  stabilisce  che  «[f]erma  restando
l'attuale  consistenza  organica,  il  personale  in  servizio  nella
soppressa  Azienda  regionale  "Veneto   Agricoltura"   mantiene   il
contratto di lavoro in essere e, per  quanto  riguarda  le  dinamiche
contrattuali, segue il contratto collettivo nazionale di  lavoro  del
comparto regioni-autonomie locali». 
    La questione e'  stata  sollevata  dal  rimettente  nel  giudizio
relativo al ricorso proposto da  F.  F.  nei  confronti  dell'Azienda
regionale per i settori agricolo, forestale e  agroalimentare  Veneto
Agricoltura, in liquidazione, alla quale e' subentrata,  con  effetto
dal 1°gennaio 2017, l'Agenzia veneta per  l'innovazione  nel  settore
primario (AVISP), entrambe enti pubblici economici strumentali  della
Regione Veneto. 
    Piu' precisamente, il ricorrente,  riconosciuta  l'applicabilita'
anche al suo caso della misura del  congelamento  della  retribuzione
stabilita dall'art. 9, comma l, del decreto-legge 31 maggio 2010,  n.
78 (Misure urgenti in materia di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita' economica), convertito, con modificazioni, dalla legge
30 luglio 2010, n. 122  e,  successivamente,  prorogata  sino  al  31
dicembre  2014  dalla  legge  27  dicembre  2013,  n.  147,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (Legge di stabilita' 2014)»,  lamentava  che,  una  volta
venuto meno il blocco, non si fosse dato corso al riconoscimento  nei
suoi  confronti  degli  incrementi  della  retribuzione  tabellare  e
dell'indennita' integrativa,  degli  scatti  di  anzianita'  e  delle
progressioni   parametrali   maturate   nel   periodo   20l0-2014   e
successivamente, in conformita' di  quanto  stabilito  dai  Contratti
collettivi nazionali di lavoro (CCNL)  Federambiente  del  2008,  del
2011 e del 2016, applicabili ratione temporis. 
    1.1.- Sotto  il  profilo  della  rilevanza  della  questione,  il
giudice a quo ritiene che  il  previo  accertamento  della  eventuale
illegittimita'   delle   norme   censurate   costituisca   necessario
presupposto per la definizione del giudizio. 
    Piu' precisamente, il Tribunale ordinario di Venezia rileva  che,
senza  l'intervento  delle  disposizioni  censurate,   la   normativa
applicabile al rapporto di lavoro oggetto di giudizio, «pacificamente
di carattere privatistico», avrebbe imposto dal  1°  gennaio  2015  a
Veneto Agricoltura ed in seguito (dal 1° gennaio 2017) ad  AVISP  «di
applicare nei  confronti  del  personale  ivi  trasferito  da  Veneto
Agricoltura la disciplina sia normativa che economica di cui al  CCNL
Federambiente». 
    1.2.- In ordine alla non manifesta infondatezza della  questione,
il giudice a quo evidenzia, con riferimento all'art. 39 Cost., che le
norme censurate imporrebbero di «applicare  ai  singoli  rapporti  di
lavoro due contratti collettivi diversi e precisamente, da  un  lato,
di continuare ad applicare il C.c.n.l. Federambiente  (come  via  via
rinnovato), ma con l'esclusione di quelle delle sue  previsioni  che,
dopo il 2010, determinano l'entita' della  retribuzione  tabellare  e
dell'indennita'   integrativa,    di    quelle    che    disciplinano
l'acquisizione degli scatti di anzianita' e  la  loro  entita'  e  di
quelle che disciplinano la progressione di carriera dal  parametro  B
al parametro A e le relative conseguenze economiche;  dall'altro,  di
applicare per gli ora menzionati aspetti  alcune  norme  del  diverso
contratto collettivo degli  Enti  Locali,  che  disciplina  un  altro
settore (quello pubblico) e un'altra categoria di lavoratori  (quella
appunto del comparto Regioni ed Autonomie Locali) ed e' stipulato  da
altre OO.SS. (Aran e  organizzazioni  sindacali  rappresentative  del
comparto in questione)». 
    Il che determinerebbe,  ad  avviso  del  Tribunale  ordinario  di
Venezia,   la   violazione   della   «clausola   di   inscindibilita'
contrattuale prevista, come in tutti i  contratti  collettivi,  anche
dal  C.c.n.l.  Federambiente,  ovvero  del  C.c.n.l.  che  l'Ente  e'
obbligato ad applicare ed applica ai rapporti di lavoro in  questione
(art. 74, immutato in occasione dei rinnovi del 2011  e  del  2016)»,
con  la  conseguente  lesione  dell'intera  disciplina  prevista  dal
contratto collettivo e, con cio', della liberta'  sindacale  come  si
esprime nella contrattazione collettiva. 
    In relazione all'art. 117, secondo comma, lettera l),  Cost.,  il
giudice a quo nota, invece,  che  detta  disposizione  costituzionale
«riserva  allo  Stato  la  legislazione  esclusiva  in   materia   di
"ordinamento civile", ivi compresa la  disciplina  del  contratto  di
lavoro, esclusi solo i profili relativi alla "tutela e sicurezza  del
lavoro"  e  alla  "formazione  professionale"  (nel  caso  di  specie
evidentemente  non  pertinenti),   che   appartengono   invece   alla
competenza concorrente/esclusiva delle Regioni (cfr.  sentenze  della
Corte Cost. 50/05, 17/14; 175/16; 81/17; 234/17)», per cui  le  norme
regionali censurate introdurrebbero una deroga alla normativa statale
in tema di rapporto di lavoro, intervenendo in una materia  riservata
alla competenza legislativa dello Stato. 
    Infine, in  relazione  all'art.  97,  secondo  comma,  Cost.,  il
rimettente rileva che la norma regionale «assegna  all'ASPIV  [recte:
AVISP]  -  ente  pubblico,  sia  pure  economico  -  un   ambito   di
discrezionalita'  irragionevole  nel   determinare   il   trattamento
economico-retributivo spettante  al  personale  acquisito  da  Veneto
Agricoltura»,  con  conseguente  violazione  del  principio  di  buon
andamento dell'azione amministrativa. 
    2.- Con atto depositato l'8  maggio  2018  si  e'  costituito  in
giudizio F. F., ricorrente nel giudizio principale, che, condividendo
gli argomenti esposti nell'ordinanza di rimessione dal giudice a quo,
ha chiesto che la questione sia dichiarata fondata. 
    3.- Con  atto  depositato  l'8  maggio  2018  e'  intervenuta  in
giudizio  la  Regione  Veneto,  sostenendo  l'inammissibilita'  della
questione con riferimento agli artt. 39 e 97, secondo  comma,  Cost.,
e, comunque, la sua infondatezza nel merito con riferimento a tutti i
parametri costituzionali evocati. 
    3.1.- In relazione alle dedotte eccezioni di inammissibilita', la
difesa  della  Regione  sostiene,  per  la  questione  sollevata   in
riferimento all'art. 39 Cost., l'inammissibilita' della censura sulla
base della considerazione che «la natura "esterna" della disposizione
di legge regionale sospettata di incostituzionalita'  sembra  elidere
ab origine i dubbi di costituzionalita', in presenza di  una  lesione
che puo' derivare dalle concrete modalita' di attuazione della stessa
e non dal suo contenuto precettivo». 
    3.2.- In riferimento, invece, all'art. 97, secondo comma,  Cost.,
la Regione Veneto evidenzia come la questione sollevata non possa che
essere riferita all'esercizio di potesta' pubblicistiche e  non  gia'
all'esercizio dei poteri di  determinazione  della  retribuzione,  da
riconoscere  al  datore  di  lavoro  nell'ambito   di   un   rapporto
privatistico come quello oggetto  del  giudizio.  Secondo  la  difesa
regionale non sarebbe percio' chiaro come  il  buon  andamento  della
pubblica amministrazione possa essere leso nel caso in esame, per cui
bisognerebbe concludere «prima  ancora  che  per  l'infondatezza  del
motivo  di  costituzionalita',  per  la  sua  inammissibilita',  data
l'indeterminatezza dello specifico motivo di impugnazione». 
    3.3.- Nel merito, ad avviso della Regione  Veneto,  la  questione
sarebbe da ritenere non fondata in riferimento a  tutti  i  parametri
costituzionali evocati. 
    In particolare, in relazione alla questione riferita all'art. 97,
secondo  comma,  Cost.,  la  difesa  regionale  ne  sostiene  la  non
fondatezza in quanto l'art. 13, comma 1, della legge reg.  Veneto  n.
37 del 2014 porrebbe «un vincolo temporale e un  limite  dimensionale
economico-finanziario di spesa chiaro nel suo significato e nei  suoi
effetti precettivi,  che  lascia  all'amministrazione  unicamente  un
necessario margine di discrezionalita' tecnica diretta esclusivamente
a   determinare   in   concreto    come    rispettare    il    limite
economico-finanziario posto dalla  legge»,  e  senza  che  si  possa,
quindi, ipotizzare, sotto alcun profilo, una violazione del principio
di buon andamento dell'azione amministrativa. 
    Con riguardo, poi, alla questione riferita all'art. 117,  secondo
comma, lettera l), Cost.,  la  difesa  regionale  sottolinea  che  la
disposizione di legge  regionale  sospettata  di  incostituzionalita'
«non regolamenta, tanto piu' in via generale e astratta, il  rapporto
di lavoro, ma  si  limita  a  prevedere  "limitazione  e  vincoli"  a
contenuto economico-finanziario, che si pongono come misure afferenti
all'organizzazione amministrativa  degli  enti  pubblici  strumentali
della regione, idonei unicamente a tracciare il confine "esterno"  al
riconoscimento di emolumenti a favore dei lavoratori di uno specifico
ente pubblico economico strumentale della Regione del Veneto». 
    Pertanto, ad avviso della difesa regionale, l'art. 13,  comma  1,
censurato, si potrebbe annoverare «a pieno di diritto tra  le  misure
organizzatorie che si "traducono  in  un  mero  risparmio  di  spesa"
(decisione n.  178/2015)  e  che  non  afferiscono  ad  altri  ambiti
materiali, quali "tributi" o "ordinamento civile"». 
    Infine, in relazione alla  questione  sollevata  con  riferimento
all'art. 39 Cost., la Regione Veneto sostiene che la norma  regionale
di cui all'art. 13, comma 1, censurato, «non e' diretta in alcun modo
a vincolare l'autonomia collettiva e la liberta' sindacale,  ma  pone
unicamente    un    parametro    di    riferimento    di    carattere
economico-finanziario volto a garantire il contenimento  della  spesa
pubblica latamente  intesa»,  sottolineando  anche  come  la  recente
sentenza n. 178 del 2015 di questa Corte ha evidenziato  «come  norme
di tal fatta, volte  a  garantire  la  compatibilita'  con  obiettivi
generali di  politica  economica,  pur  ove  pongano  vincoli  legali
all'autonomia  collettiva,  in  tal  modo  comprimendo  la   liberta'
tutelata dall'art. 39 Cost., debbono  ritenersi  legittime  allorche'
sia in gioco la salvaguardia di superiori interessi generali». 
    4.- In prossimita' dell'udienza pubblica, F.F. ha depositato  una
memoria illustrativa, in cui contesta gli argomenti e le  conclusioni
esposti dalla Regione Veneto nel suo atto di intervento, ribadendo le
conclusioni gia' rassegnate nell'atto di costituzione in giudizio. 
    5.-  In  data  29  gennaio  2019,  anche  la  Regione  Veneto  ha
depositato una memoria con  la  quale  argomenta,  ulteriormente,  la
ritenuta infondatezza della questione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 12 gennaio 2018 il Tribunale  ordinario  di
Venezia, sezione per le controversie di lavoro,  ha  sollevato  -  in
riferimento agli artt. 39, 97, secondo comma, e 117,  secondo  comma,
lettera  l),  della  Costituzione   -   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 12, comma 3, e 13, comma  1,  della  legge
della  Regione  Veneto  28  novembre   2014,   n.   37   (Istituzione
dell'Agenzia veneta per l'innovazione nel  settore  primario),  come,
rispettivamente, modificati dall'art. 57, commi 3 e  4,  della  legge
della Regione Veneto 27  aprile  2015,  n.  6  (Legge  di  stabilita'
regionale per l'esercizio 2015). 
    Ad avviso del ricorrente,  le  disposizioni  regionali  censurate
stabilendo, all'art. 12, comma 3, che «[a]i  dirigenti  e  dipendenti
dell'Agenzia si applica il contratto collettivo nazionale  di  lavoro
delle aziende municipalizzate di igiene ambientale, nel rispetto  dei
vincoli e delle limitazioni contenute nell'articolo 13»  e,  all'art.
13, comma 1, che «[f]erma restando l'attuale consistenza organica, il
personale  in  servizio  nella  soppressa  Azienda  regionale  Veneto
Agricoltura mantiene il contratto di lavoro in essere e,  per  quanto
riguarda le dinamiche contrattuali,  segue  il  contratto  collettivo
nazionale di lavoro del comparto regioni-autonomie  locali»,  violano
sia l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., intervenendo  nella
materia «ordinamento civile»,  riservata  alla  esclusiva  competenza
legislativa statale; sia  l'art.  39  Cost.,  perche',  imponendo  di
applicare ai rapporti di lavoro dei  dipendenti  dell'Agenzia  veneta
per l'innovazione nel settore primario (AVISP) due diversi  contratti
collettivi, comprimerebbero la liberta' sindacale  nell'attivita'  di
contrattazione collettiva; sia, infine,  l'art.  97,  secondo  comma,
Cost.,  perche',  assegnando  all'AVISP  un   eccessivo   ambito   di
discrezionalita' nel determinare il trattamento economico-retributivo
del personale acquisito dalla Azienda regionale  Veneto  Agricoltura,
si porrebbero  in  contrasto  con  il  principio  di  buon  andamento
dell'azione amministrativa. 
    2.- In via preliminare, devono essere disattese le  eccezioni  di
inammissibilita'  avanzate  dalla  difesa  della  Regione  Veneto  in
relazione alle questioni sollevate dal giudice a quo  in  riferimento
agli artt. 39 e 97, secondo comma, Cost. 
    2.1.- La censura formulata dal giudice rimettente con riferimento
all'art. 39 Cost. risulta chiaramente imperniata sulla considerazione
che la contemporanea  applicazione  al  rapporto  di  lavoro  di  due
diverse tipologie di contratti collettivi nazionali di lavoro  (CCNL)
determina, comunque, la  lesione  della  liberta'  sindacale  sottesa
all'autonomia collettiva. 
    Ne deriva che la denunciata violazione,  cosi'  come  prospettata
nell'ordinanza di rimessione, non potrebbe,  in  alcun  modo,  essere
considerata meramente eventuale, come invece sostenuto dalla  Regione
Veneto. 
    2.2.-  Del  pari  destituita  di  fondamento  e'  l'eccezione  di
inammissibilita' relativa alla questione sollevata dal rimettente con
riferimento all'art. 97, secondo comma, Cost. 
    Contrariamente a quanto  sostenuto  dalla  difesa  della  Regione
Veneto, la censura sollevata dal rimettente non puo', infatti, essere
ritenuta indeterminata,  essendo  formulata  in  modo  che  ne  rende
chiaramente  intellegibile  il  contenuto  ed  adeguato  il  supporto
motivazionale. 
    3.- Nel merito la questione e' fondata. 
    3.1.-  Va,  innanzitutto,  esaminata  la  censura  relativa  alla
violazione  della  competenza  statale  in  materia  di  «ordinamento
civile» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    La Regione Veneto afferma che  l'intervento  normativo  in  esame
afferisce a  misure  di  carattere  organizzativo  con  finalita'  di
risparmio, in linea con i vincoli di finanza pubblica  imposti  dalle
leggi dello Stato. 
    In particolare, la Regione  Veneto  incentra  la  propria  difesa
sulla necessita' di contenere la  spesa  pubblica  per  il  personale
dipendente  dell'Agenzia,  stante  la  gravita'   della   complessiva
situazione economico-finanziaria della stessa Agenzia e l'esigenza di
rispettare  le  disposizioni  statali  sulla  riduzione  della  spesa
applicabili alla Regione,  e,  in  tale  prospettiva,  giustifica  le
disposizioni  di  legge   regionale   censurate,   che   stabiliscono
l'applicazione di una dinamica contrattuale meno favorevole,  mutuata
dal diverso contratto collettivo nazionale  per  il  personale  degli
enti locali. 
    Pertanto, ad  avviso  della  difesa  regionale,  le  disposizioni
censurate esulerebbero dalla materia «ordinamento civile». 
    3.2.- Tale assunto non puo' trovare accoglimento. 
    Secondo   la   costante   giurisprudenza   di    questa    Corte,
l'individuazione  dell'ambito  materiale  al  quale  va  ascritta  la
disposizione censurata va effettuata tenendo conto della  sua  ratio,
della finalita' del contenuto e  dell'oggetto  della  disciplina  (ex
plurimis, sentenze n. 32 del 2017, n. 287 e n. 175 del 2016). 
    Nel caso in esame, e' indubbio  che  le  disposizioni  censurate,
nell'incidere sulla disciplina del rapporto di lavoro  del  personale
in servizio nella soppressa Azienda regionale  "Veneto  Agricoltura",
successivamente transitato nell'Agenzia veneta per l'innovazione  nel
settore primario, ai sensi dell'art. 1, comma  3,  della  legge  reg.
Veneto n. 37 del 2014, afferiscono alla materia «ordinamento civile»,
di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    Invero, dalla formale natura di  enti  pubblici  economici  della
Azienda regionale "Veneto Agricoltura" e  della  Agenzia  veneta  per
l'innovazione nel settore primario deriva la natura privatistica  dei
rapporti di lavoro dei loro dipendenti, regolata  dalle  disposizioni
del codice civile e dalle leggi sui rapporti  di  lavoro  subordinato
nell'impresa. Infatti, secondo un consolidato  ed  univoco  indirizzo
della giurisprudenza civile, il rapporto tra enti pubblici  economici
e i propri dipendenti non puo' che assumere natura  privatistica,  in
quanto l'art. 2093 del  codice  civile,  «con  l'estendere  lo  stato
giuridico degli impiegati privati ai dipendenti degli  enti  pubblici
economici, costituisce prova sufficiente della natura  del  rapporto,
non essendo consentito attribuire ad una categoria di  dipendenti  lo
stato giuridico dei dipendenti delle imprese private e  nello  stesso
tempo conservare al relativo rapporto di impiego il carattere  ed  il
contenuto di un rapporto di pubblico impiego» (Corte  di  cassazione,
sezioni unite civili, sentenza 1° ottobre 2003, n. 14672). 
    4.- Ferma restando la  centralita'  del  tema  del  rapporto  tra
autonomia collettiva e interventi del legislatore,  esso  non  assume
nella specie autonomo rilievo  perche'  tutte  le  ulteriori  censure
restano assorbite nella gia' riscontrata  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost. 
    5.- Resta, altresi', assorbita la ulteriore censura relativa alla
violazione dell'art. 97 Cost.