ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  9,  comma
8-bis, della  legge  della  Regione  Veneto  8  luglio  2009,  n.  14
(Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per  favorire
l'utilizzo dell'edilizia sostenibile e modifiche alla legge regionale
12 luglio 2007, n. 16 in materia di barriere  architettoniche),  come
introdotto dall'art. 10, comma 13, della legge della  Regione  Veneto
29 novembre 2013, n. 32 (Nuove disposizioni  per  il  sostegno  e  la
riqualificazione del settore edilizio e modifica di  leggi  regionali
in materia urbanistica ed edilizia), promosso dal Consiglio di  Stato
nel procedimento vertente tra la Antares srl e altri e Veronica Pavan
e altri, con ordinanza del 1° marzo  2019,  iscritta  al  n.  94  del
registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visti gli atti di costituzione della Antares srl e del Comune  di
Castelfranco Veneto nonche' gli atti  di  intervento  del  Presidente
della Giunta regionale del Veneto e, ad opponendum, della Anci Veneto
- Associazione Regionale dei Comuni del Veneto e della Ance Veneto  -
Associazione Regionale dei Costruttori Edili del Veneto; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  15  gennaio  2020  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera; 
    uditi gli avvocati  Stefano  Gattamelata  e  Enrico  Gaz  per  la
Antares srl, Pierfrancesco Zen per il Comune di Castelfranco  Veneto,
Andrea Manzi e Bruno Barel per il Presidente della  Giunta  regionale
del  Veneto,  Mario  Bertolissi  per  l'Anci  Veneto  -  Associazione
regionale dei Comuni del Veneto e per la Ance Veneto  -  Associazione
regionale dei costruttori edili del Veneto; 
    deliberato nella camera di consiglio del 30 gennaio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 1°  marzo  2019,  iscritta  al  n.  94  del
registro ordinanze 2019, il Consiglio di  Stato,  sezione  sesta,  ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma
8-bis, della  legge  della  Regione  Veneto  8  luglio  2009,  n.  14
(Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per  favorire
l'utilizzo dell'edilizia sostenibile e modifiche alla legge regionale
12 luglio 2007, n. 16 in materia  di  barriere  architettoniche),  in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera l), e  terzo  comma,
della Costituzione. 
    1.1.- La norma oggetto di censura, aggiunta al  testo  originario
della predetta legge  dall'art.  10,  comma  13,  della  legge  della
Regione Veneto 29 novembre 2013, n. 32  (Nuove  disposizioni  per  il
sostegno e la riqualificazione del settore  edilizio  e  modifica  di
leggi regionali in materia urbanistica ed edilizia),  stabilisce  che
«[a]l fine di consentire il riordino e la rigenerazione  del  tessuto
edilizio urbano gia'  consolidato  ed  in  coerenza  con  l'obiettivo
prioritario di  ridurre  o  annullare  il  consumo  di  suolo,  anche
mediante  la  creazione  di  nuovi  spazi   liberi,   in   attuazione
dell'articolo 2-bis del D.P.R. n.  380/2001,  gli  ampliamenti  e  le
ricostruzioni di edifici esistenti situati  nelle  zone  territoriali
omogenee di tipo B e C, realizzati ai  sensi  della  presente  legge,
sono consentiti anche in  deroga  alle  disposizioni  in  materia  di
altezze  previste  dal  decreto  ministeriale  n.  1444  del  1968  e
successive modificazioni,  sino  ad  un  massimo  del  40  per  cento
dell'altezza dell'edificio esistente». 
    1.2.- Il giudizio principale  ha  ad  oggetto  un  intervento  di
demolizione e ricostruzione, con incremento  volumetrico,  realizzato
dalla societa' Antares srl nel territorio del Comune di  Castelfranco
Veneto. 
    La comproprietaria di un confinante complesso  immobiliare  aveva
impugnato  gli  atti  adottati  dal  Comune  in  relazione   a   tale
intervento, assumendo - fra l'altro - che, nel consentire  interventi
di ampliamento con modificazioni dell'altezza «fino al 40  per  cento
dell'edificio   esistente»,   la   disposizione   regionale    faceva
riferimento all'altezza dell'edificio oggetto di lavori, e non invece
- come opinato dall'amministrazione comunale - all'immobile piu' alto
della zona. In relazione a detto motivo di doglianza, il ricorso  era
stato accolto dal Tribunale amministrativo regionale per  il  Veneto,
con sentenza poi oggetto di distinti appelli, riuniti  dal  Consiglio
di Stato ex art. 96, comma 1, dell'Allegato 1  (Codice  del  processo
amministrativo)  al  decreto  legislativo  2  luglio  2010,  n.   104
(Attuazione dell'articolo 44 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo). 
    1.3.- In punto di rilevanza, il Consiglio di  Stato  osserva  che
nel giudizio sono devolute questioni che non  possono  essere  decise
indipendentemente dalla citata disposizione di legge regionale, posta
da tutte le parti a fondamento delle  tesi  dedotte  in  giudizio  in
ordine all'ammissibilita' o meno dell'intervento edilizio progettato. 
    1.4.- In punto  di  non  manifesta  infondatezza,  il  rimettente
osserva poi che la  norma  censurata,  nel  consentire  deroghe  alle
disposizioni in materia di altezze degli edifici previste dall'art. 8
del decreto del ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968,  n.  1444
(Limiti inderogabili di densita' edilizia, di  altezza,  di  distanza
fra  i  fabbricati  e  rapporti  massimi  tra  spazi  destinati  agli
insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici  o  riservati
alle attivita'  collettive,  al  verde  pubblico  o  a  parcheggi  da
osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici  o
della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della L. 6
agosto 1967, n. 765), si pone  in  contrasto  con  i  principi  della
legislazione statale dettati  dalla  citata  previsione  e  dall'art.
2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno  2001,  n.
380,  recante  «Testo  unico   delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari in  materia  edilizia  (Testo  A)»  (di  seguito,  t.u.
edilizia), con conseguente violazione dell'art. 117,  secondo  comma,
lettera l), e terzo comma, Cost., «in specie laddove non  si  prevede
che  le  consentite  deroghe  debbano   operare   nell'ambito   della
definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque  funzionali
a  un  assetto  complessivo  e  unitario   o   di   specifiche   aree
territoriali». 
    1.4.1.-  Piu'  specificamente,   l'ordinanza   rileva   che   con
l'introduzione dell'art. 2-bis del t.u. edilizia ad  opera  dell'art.
30, comma 1, lettera 0a), del decreto-legge 21  giugno  2013,  n.  69
(Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito, con
modificazioni,  nella  legge  9  agosto  2013,  n.   98,   e'   stato
normativamente   recepito   l'orientamento    della    giurisprudenza
costituzionale secondo il quale  i  limiti  di  distanze,  altezze  e
densita' edilizie  previsti  dal  d.m.  n.  1444  del  1968  (cui  va
riconosciuta valenza di legge) sono vincolanti anche per le Regioni e
le Province autonome, che possono apporvi deroghe  solo  «nell'ambito
della definizione  o  revisione  di  strumenti  urbanistici  comunque
funzionali a un assetto complessivo e unitario o di  specifiche  aree
territoriali» (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 185 del
2016 e n. 189 del 2016). 
    Il legislatore  regionale  puo'  pertanto  derogare  alle  citate
previsioni  solo  nell'ambito  di  piani   particolareggiati   o   di
lottizzazione, ovvero  di  altri  strumenti  urbanistici  equivalenti
sotto  il  profilo  della  sostanza  e   delle   finalita',   purche'
caratterizzati da una  progettazione  dettagliata  e  definita  degli
interventi,  in  relazione   alla   complessiva   conformazione   del
territorio. 
    1.4.2.- Il rimettente non  rinviene  tali  caratteristiche  nella
fattispecie,  poiche'  «il  riferimento  agli  ampliamenti  ed   alle
ricostruzioni di edifici esistenti situati  nelle  zone  territoriali
omogenee di tipo B e  C  [...]  appare  [...]  in  contrasto  con  lo
stringente contenuto che dovrebbe assumere una  previsione  siffatta,
risultando destinata  a  legittimare  deroghe  al  di  fuori  di  una
adeguata  pianificazione  urbanistica»;  la  generica  dizione  della
norma, infatti, si presterebbe  a  legittimare,  come  nella  vicenda
oggetto del giudizio, «anche interventi diretti a singoli edifici, in
aperto  contrasto  con  le  indicazioni  interpretative  offerte   in
precedenza». 
    1.4.3.- In conclusione, il Consiglio di Stato assume che la norma
censurata consentirebbe «deroghe alla disciplina  della  altezze  dei
fabbricati  al  di  fuori  dell'ambito  della  competenza   regionale
concorrente in materia  di  governo  del  territorio,  a  fronte  del
principio  contenuto  nell'art.  2-bis  del  t.u.  edilizia,  ed   in
violazione  del  limite  dell'ordinamento   civile   assegnato   alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato». 
    2.- Con atto depositato l'11 luglio 2019 sono intervenute  l'Anci
Veneto - Associazione regionale dei Comuni del Veneto e l'Ance Veneto
- Associazione regionale dei costruttori edili del  Veneto,  entrambe
qualificandosi come enti esponenziali delle rispettive  categorie,  e
percio'  quali  terzi  portatori   di   un   interesse   qualificato,
immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio. 
    2.1.-  Detti   enti,   in   via   preliminare,   hanno   eccepito
l'inammissibilita' delle questioni per mancato esperimento del previo
tentativo  di   interpretazione   conforme   a   Costituzione   della
disposizione censurata. 
    In proposito, hanno illustrato la genesi della  norma,  che  trae
origine dall'intesa raggiunta in  Conferenza  unificata  in  data  1°
aprile  2009,  con  l'obiettivo  di  «favorire  iniziative  volte  al
rilancio dell'economia, rispondere anche ai bisogni  abitativi  delle
famiglie e introdurre incisive misure di semplificazione  procedurali
dell'attivita' edilizia». 
    Il raggiungimento di tali obiettivi sarebbe stato consentito, fra
l'altro, dalla possibilita' per la Regione di porre in essere deroghe
ai limiti di distanze, altezze e densita' edilizie previsti dal  d.m.
n. 1444 del 1968; le leggi regionali  scaturite  dall'intesa  avevano
pertanto  consentito  agli  enti   locali   di   adottare   strumenti
urbanistici  in  deroga   alle   previsioni   statali,   purche'   le
agevolazioni che ne derivavano fossero adattate alla specificita' dei
diversi assetti territoriali. 
    Anche  la  norma  censurata  costituirebbe  espressione  di  tale
intento, che il rimettente aveva invece trascurato di considerare. 
    2.2.-  Nel   merito   gli   intervenienti   hanno   poi   dedotto
l'infondatezza delle questioni, evidenziando che  le  previsioni  del
d.m. n. 1444 del 1968 integrano il codice civile  limitatamente  alla
disciplina delle distanze tra i fabbricati, cui la norma censurata e'
estranea. 
    Nel concludere in  conformita'  alle  rispettive  deduzioni,  gli
intervenienti  hanno  formulato  in  subordine,  per   il   caso   di
accoglimento delle questioni, l'istanza di una pronunzia con  effetto
ex nunc, a salvaguardia degli  interventi  edilizi  realizzati  nella
vigenza della norma censurata. 
    3.- Con atto depositato il 16 luglio 2019  si  e'  costituita  la
societa'  Antares,  ricorrente  nel  giudizio  principale,  anch'essa
eccependo l'inammissibilita' delle questioni per omesso tentativo  di
interpretazione  conforme  a  Costituzione  della  norma   censurata,
nonche'  l'infondatezza  delle  stesse,  escludendo  che   la   norma
censurata  abbia  finalita'  elusive  dei  principi  affermati  dalla
legislazione statale. 
    4.- In pari data si e' costituito anche il Comune di Castelfranco
Veneto,  parte   nel   giudizio   principale,   anch'esso   deducendo
l'inammissibilita' o l'infondatezza delle questioni. 
    La deroga prevista  dal  legislatore  regionale  sarebbe  infatti
finalizzata  ad  incentivare  la  realizzazione   di   nuove   opere,
rigenerative  degli  edifici  esistenti,  attraverso  un  aumento  di
cubatura e la  contestuale  riduzione  di  consumo  del  suolo.  Essa
andrebbe dunque interpretata  come  consentanea  ad  una  deroga  non
generalizzata,   ma   condizionata   alla   preventiva    valutazione
dell'intervento da realizzare  in  senso  conforme  all'obiettivo  di
riduzione del consumo del suolo, ed al suo complessivo impatto con il
territorio in cui esso deve essere realizzato. 
    Dell'affermato contrasto con l'art. 117, secondo  comma,  lettera
l), Cost., inoltre, non sarebbe fornita alcuna spiegazione, al di la'
di un generico richiamo alla  disciplina  della  proprieta'  edilizia
contenuta nel codice civile, tuttavia riferita alle sole distanze fra
costruzioni. 
    5.- Nel giudizio  e'  inoltre  intervenuto  il  Presidente  della
Giunta regionale del Veneto con atto depositato il 16 luglio 2019. 
    5.1.- In relazione alla  prospettata  violazione  dell'art.  117,
secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  l'interveniente  ha   eccepito
l'inammissibilita' della  relativa  questione,  evidenziando  che  il
rimettente non aveva specificato i termini del denunziato  contrasto,
se non nei limiti di un erroneo richiamo alle disposizioni del codice
civile,  che  riguardano  il  diverso  tema  delle  distanze  fra   i
fabbricati. 
    5.2.- Quanto  all'ulteriore  profilo  di  censura,  esso  sarebbe
invece infondato,  poiche'  -  come  peraltro  gia'  affermato  dalla
giurisprudenza  costituzionale  -   al   legislatore   regionale   e'
consentito derogare alle previsioni del d.m. n.  1444  del  1968  con
ogni strumento  normativo  avente  la  finalita'  di  «conformare  un
"assetto complessivo ed unitario" di porzioni del  territorio»  (sono
richiamate le sentenze di questa Corte n. 41 del  2017  e  n.  6  del
2013). 
    Ed invero, la norma censurata non consentirebbe di derogare  alla
legislazione  statale  «a  prescindere   da   qualsiasi   valutazione
urbanistica dell'intervento nel contesto in cui si inserisce», bensi'
solo a condizione che detto intervento possa «consentire il  riordino
e la rigenerazione del tessuto edilizio urbano gia' consolidato». 
    6.- In prossimita' dell'udienza, la societa' Antares,  il  Comune
di Castelfranco Veneto e il Presidente  della  Giunta  regionale  del
Veneto hanno depositato memorie illustrative. 
    6.1.- La prima ha ulteriormente eccepito l'inammissibilita' delle
questioni per difetto di  rilevanza,  osservando  che  la  disciplina
delle altezze di cui all'art. 8 del d.m. n. 1444  del  1968  non  era
oggetto ne'  dell'originario  giudizio  in  primo  grado,  ne'  delle
questioni devolute al giudizio innanzi al Consiglio di Stato. 
    6.2.-  Il  Comune  di  Castelfranco  Veneto,  ribaditi  i  propri
argomenti difensivi, ha  aderito  all'istanza  di  limitazione  degli
effetti di un'eventuale pronunzia  di  accoglimento  formulata  dalle
associazioni  intervenute,   rappresentandone   la   gravita'   delle
conseguenze. 
    6.3.- Anche il Presidente della Giunta regionale  del  Veneto  ha
ribadito le proprie argomentazioni a sostegno dell'inammissibilita' e
dell'infondatezza delle questioni. 
    7.-  All'udienza  pubblica  del  15  gennaio  2020  le  parti   e
l'interveniente Presidente della Giunta regionale hanno confermato le
conclusioni  gia'  rassegnate  e  ribadito  le  argomentazioni   gia'
illustrate nei rispettivi scritti difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 1° marzo 2019 (reg. ord. n. 94  del  2019),
il  Consiglio  di  Stato  ha  sollevato  questioni  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma 8-bis, della  legge  della  Regione
Veneto 8 luglio 2009, n. 14  (Intervento  regionale  a  sostegno  del
settore edilizio e per favorire l'utilizzo dell'edilizia  sostenibile
e modifiche alla legge regionale 12 luglio 2007, n. 16 in materia  di
barriere  architettoniche),  in  riferimento  all'art.  117,  secondo
comma, lettera l), e terzo comma, della Costituzione. 
    1.1.- La disposizione censurata e' stata aggiunta  dall'art.  10,
comma 13, della legge della Regione Veneto 29 novembre  2013,  n.  32
(Nuove disposizioni per il sostegno e la riqualificazione del settore
edilizio e modifica di leggi  regionali  in  materia  urbanistica  ed
edilizia), e prevede che «[a]l fine di consentire il  riordino  e  la
rigenerazione del tessuto edilizio  urbano  gia'  consolidato  ed  in
coerenza con  l'obiettivo  prioritario  di  ridurre  o  annullare  il
consumo di suolo, anche mediante la creazione di nuovi spazi  liberi,
in  attuazione  dell'articolo  2-bis  del  D.P.R.  n.  380/2001,  gli
ampliamenti e le ricostruzioni di  edifici  esistenti  situati  nelle
zone territoriali omogenee di tipo B e C, realizzati ai  sensi  della
presente legge, sono consentiti anche in deroga alle disposizioni  in
materia di altezze previste dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968
e successive modificazioni, sino ad  un  massimo  del  40  per  cento
dell'altezza dell'edificio esistente». 
    1.2.- Occorre altresi' specificare che la norma censurata risulta
oggi abrogata dall'art. 19 della legge della Regione Veneto 4  aprile
2019, n. 14 (Veneto 2050: politiche per la riqualificazione urbana  e
la rinaturalizzazione del territorio e modifiche alla legge regionale
23 aprile 2004, n. 11 "Norme per  il  governo  del  territorio  e  in
materia di paesaggio");  l'art.  17,  comma  1,  della  stessa  legge
dispone tuttavia che «gli interventi  per  i  quali  la  segnalazione
certificata di inizio lavori o la richiesta del permesso di costruire
siano stati presentati, ai sensi della legge regionale 8 luglio 2009,
n. 14, entro il 31 marzo 2019 continuano ad essere disciplinati dalla
medesima legge regionale». 
    2.- Il rimettente assume  che  la  norma  censurata  si  pone  in
contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost.  poiche'  consente  alla
Regione di derogare alle disposizioni in  materia  di  altezze  degli
edifici previste dall'art. 8 del  decreto  del  Ministro  dei  lavori
pubblici 2 aprile 1968, n.  1444  (Limiti  inderogabili  di  densita'
edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi
tra spazi destinati agli insediamenti  residenziali  e  produttivi  e
spazi pubblici  o  riservati  alle  attivita'  collettive,  al  verde
pubblico o a parcheggi da osservare  ai  fini  della  formazione  dei
nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai
sensi dell'art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765). 
    La   previsione   derogata   costituirebbe   infatti    principio
fondamentale  della  materia  «governo  del  territorio»,  anche  per
effetto  del  richiamo  operato  dall'art.  2-bis  del  decreto   del
Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,  n.  380,  recante  «Testo
unico delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in  materia
edilizia (Testo A)» (di seguito, t.u. edilizia),  che  consente  alle
Regioni ed alle Province autonome di derogare ai limiti  di  densita'
edilizia, altezza e distanze soltanto «nell'ambito della  definizione
o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto
complessivo  e  unitario  o   di   specifiche   aree   territoriali»,
fattispecie qui null'affatto ricorrente. 
    Sarebbe, inoltre,  invasa  la  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato nella materia «ordinamento civile», di cui all'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost., stante  l'immediata  applicabilita'
della previsione derogata anche ai rapporti fra privati. 
    3.- Con l'allegata ordinanza dibattimentale del 15  gennaio  2020
sono stati  dichiarati  inammissibili  gli  interventi  spiegati  nel
giudizio dall'Anci Veneto - Associazione  regionale  dei  Comuni  del
Veneto e dall'Ance Veneto - Associazione  regionale  dei  costruttori
edili del Veneto, in quanto soggetti estranei al giudizio  principale
e privi di un interesse qualificato,  inerente  in  modo  diretto  ed
immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio. 
    4.- La societa' ricorrente nel giudizio  principale  ha  eccepito
l'inammissibilita' delle questioni per difetto di rilevanza. 
    Ha evidenziato, al riguardo, che il contenimento  dell'intervento
edilizio nei limiti di altezza di cui all'art. 8 del d.m. n. 1444 del
1968 non aveva costituito oggetto del giudizio di  primo  grado,  ne'
era stato devoluto, con i motivi  di  appello,  alla  cognizione  del
Consiglio di Stato. 
    L'eccezione e' fondata nei termini che seguono. 
    4.1.- Invero, nell'ordinanza di rimessione il Consiglio di  Stato
rileva che il giudizio  ha  ad  oggetto  la  sentenza  del  Tribunale
amministrativo regionale per  il  Veneto  con  la  quale  sono  stati
annullati  gli  atti  inerenti  all'iniziativa   edificatoria   della
societa' Antares «limitatamente  alla  parte  in  cui  il  Comune  di
Castelfranco si e'  determinato  erroneamente  riguardo  la  verifica
dell'altezza del  costruendo  edificio  [...]  con  riferimento  alla
corretta  applicazione  del  comma  8-bis  dell'art.  9  della  legge
regionale n. 14 del 2009». 
    Il rimettente, in particolare, evidenzia che, secondo la sentenza
davanti  ad  esso  impugnata,  in  base  alla  norma   regionale   la
percentuale di aumento dell'altezza doveva  calcolarsi  sullo  stesso
edificio oggetto di ampliamento, e non sull'edificio circostante piu'
alto,  come  invece  ritenuto  dal  Comune  che   aveva   autorizzato
l'intervento. 
    Nel giudizio di primo grado si e' dunque  fatta  questione  della
norma censurata limitatamente alla parte in cui  la  stessa  consente
«gli ampliamenti e le  ricostruzioni  di  edifici  esistenti  situati
nelle zone territoriali omogenee di tipo B  e  C  [...]  sino  ad  un
massimo del  40  per  cento  dell'altezza  dell'edificio  esistente»;
proprio tale ultima locuzione -  ovvero  cosa  debba  intendersi  per
"edificio esistente" - ha  costituito  l'oggetto  delle  contrapposte
posizioni espresse in giudizio, ed ha  trovato  una  soluzione  nella
decisione poi oggetto di appello innanzi al Consiglio di Stato. 
    4.2.- Le censure del rimettente non  hanno  ad  oggetto  il  tema
dell'individuazione  dell'edificio  esistente  sul  quale   calcolare
l'aumento in altezza, ma il fatto che  tale  aumento  sia  consentito
«anche in deroga alle disposizioni in materia di altezze previste dal
decreto ministeriale n. 1444 del 1968 e successive modificazioni». 
    E tuttavia, dalla lettura dell'ordinanza  di  rimessione  non  e'
dato  inferire  che  fra  gli  aspetti  controversi   dell'intervento
edilizio vi fosse anche il fatto che esso era  stato  autorizzato  in
deroga a tali limiti di altezza. 
    4.3.- Il giudice a quo, infatti, non fornisce al riguardo  alcuna
specifica indicazione, limitandosi ad affermare che il giudizio ha ad
oggetto il «rispetto delle altezze, nei termini derivanti dalla norma
regionale in questione», e che i motivi di gravame «si  basano  sulla
contestata applicazione  della  norma  regionale»;  ma,  come  si  e'
osservato, i termini di tale contestata applicazione attengono ad  un
profilo della norma estraneo al perimetro delle censure. 
    5.-  Le  questioni  vanno  dunque  dichiarate  inammissibili  per
carenza di motivazione in ordine alla rilevanza.