ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 5,
del decreto legislativo 24 dicembre 2003, n. 373 (Norme di attuazione
dello  Statuto   speciale   della   Regione   siciliana   concernenti
l'esercizio nella regione delle funzioni spettanti  al  Consiglio  di
Stato), promosso dal Consiglio di  giustizia  amministrativa  per  la
Regione Siciliana nel procedimento vertente tra V. C. e la Presidenza
della Regione Siciliana e altro, con ordinanza del  12  maggio  2022,
iscritta al n. 69 del registro  ordinanze  2022  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  25,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2022. 
    Visto l'atto di costituzione di V. C.; 
    udito nell'udienza pubblica  del  21  febbraio  2023  il  Giudice
relatore Filippo Patroni Griffi; 
    udito l'avvocato Calogero Ubaldo Marino per V. C.; 
    deliberato nella camera di consiglio del 21 febbraio 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 12 maggio 2022, il Consiglio  di  giustizia
amministrativa  per  la  Regione  Siciliana  (CGARS)   ha   sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9,  comma  5,  del
decreto legislativo 24 dicembre 2003, n.  373  (Norme  di  attuazione
dello  Statuto   speciale   della   Regione   siciliana   concernenti
l'esercizio nella regione delle funzioni spettanti  al  Consiglio  di
Stato) per contrasto con gli artt. 3, 11, 24, 111, 117, commi primo e
secondo, lettere l) e m), e 136 della Costituzione. 
    2.- Il giudice rimettente  espone  che  l'appellante  V.  C.  era
risultata tra i vincitori del concorso pubblico per la  copertura  di
settanta posti di dirigente tecnico archeologo  del  ruolo  dei  Beni
culturali e ambientali di  cui  alla  Tabella  A  della  legge  della
Regione Siciliana  27  aprile  1999,  n.  8  (Rideterminazione  delle
dotazioni  organiche  del  ruolo  tecnico  dei  beni   culturali   ed
ambientali e disposizioni in materia di catalogazione  informatizzata
dei  beni  culturali),  per  i  quali  era  previsto  il  trattamento
economico corrispondente all'VIII livello  retributivo  di  cui  alla
Tabella A  del  decreto  presidenziale  della  Regione  Siciliana  20
gennaio 1995, n. 11 (Disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti
dell'Amministrazione  regionale  per   il   triennio   1994-1996B   -
Recepimento dell'accordo sottoscritto il 30  giugno  1994  ed  il  28
dicembre 1994). Con decreto del dirigente generale 3 marzo  2005,  n.
5359,  l'amministrazione  aveva  disposto  la   nomina   di   V.   C.
attribuendole  il  trattamento  retributivo  corrispondente  al   VII
livello  (corrispondente,  secondo  quanto  prospettato  dalla  parte
privata, alla posizione economica D1). 
    V.  C.  aveva  impugnato  il   predetto   decreto   con   ricorso
straordinario al  Presidente  della  Regione  Siciliana,  chiedendone
l'annullamento nella parte in cui era stato disposto  l'inquadramento
della stessa nella categoria «D». Con parere n.  644  del  2006  reso
nell'adunanza dell'11 dicembre 2007, le  sezioni  riunite  del  CGARS
avevano accolto il ricorso, riconoscendo,  in  particolare,  che  «il
corretto inquadramento della ricorrente stessa non poteva che  essere
proprio quello di dirigente di terza fascia». 
    Dopo un'iniziale inerzia, il Presidente della Regione  Siciliana,
con il decreto presidenziale 7 novembre 2011, n. 1017, aveva respinto
il  ricorso  straordinario  presentato  dalla  V.  C.,  decidendo  in
difformita' del parere reso dal CGARS. 
    Avverso tale decreto presidenziale e gli atti a  esso  prodromici
V. C. aveva proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale di
Palermo, il quale lo respingeva in quanto  l'art.  9,  comma  5,  del
d.lgs. n. 373 del 2003 - che prevede la possibilita' di decisione del
ricorso straordinario in maniera difforme dal parere  del  competente
organo consultivo - non poteva  ritenersi  tacitamente  abrogato  per
sopravvenuta incompatibilita' con l'art. 69  della  legge  18  giugno
2009,  n.  69   (Disposizioni   per   lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia  di  processo
civile), che prevede, invece, la natura vincolante  del  parere  reso
dal Consiglio di Stato in sede di ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica. E cio' in ragione della peculiare natura del d.lgs.
n. 373 del 2003, che reca  norme  di  attuazione  del  regio  decreto
legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto  della
Regione siciliana), convertito in legge  costituzionale  26  febbraio
1948, n. 2 e ha rango sovraordinato alla legge ordinaria. 
    Avverso  la  sentenza  del  TAR,  V.  C.  ha  proposto   appello,
sostenendo  l'illegittimita'  del  decreto   impugnato   in   quanto,
nell'essersi discostato dal parere reso dal CGARS in sede consultiva,
aveva esercitato un potere, previsto dall'art. 9, comma 5, del d.lgs.
n.  373  del  2003,  ormai  venuto  meno,  a  cagione  della   tacita
abrogazione, per sopravvenuta incompatibilita' di  tale  disposizione
con la legge n. 69 del  2009.  In  via  logicamente  subordinata,  ha
chiesto di sollevare questione  di  legittimita'  costituzionale  del
citato art. 9, comma 5, del d.lgs. n. 373  del  2003  per  violazione
degli artt. 3, 24, 102 e 113 Cost. e per disparita' di trattamento. 
    2.1.- Tanto  premesso  sull'articolata  vicenda  processuale,  il
giudice rimettente si sofferma sulla ricostruzione  della  disciplina
del ricorso straordinario. 
    Sul punto viene innanzitutto ricordato che l'art. 69 della  legge
n. 69 del 2009, modificando, rispettivamente, gli artt. 13 e  14  del
d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in
materia di ricorsi amministrativi), ha previsto che il  Consiglio  di
Stato in sede consultiva possa sollevare  questione  di  legittimita'
costituzionale delle norme delle quali debba fare applicazione  e  ha
soppresso il potere del Presidente della  Repubblica  di  discostarsi
dal contenuto  del  parere  reso  dal  Consiglio  di  Stato  in  sede
consultiva. Viene, poi, rammentato quanto si e' fatto  discendere,  a
partire da tale novella, per via giurisprudenziale: la ricorribilita'
del decreto emesso in sede di  decisione  del  ricorso  straordinario
alle sezioni unite della  Suprema  Corte  di  cassazione  per  motivi
attinenti alla giurisdizione al pari delle sentenze del Consiglio  di
Stato  (Corte  di  cassazione,  sezioni  unite  civili,  sentenza  19
dicembre 2012, n.  23464)  e  l'eseguibilita'  coattiva  del  decreto
emesso in sede di decisione di ricorso straordinario con  il  rimedio
del giudizio di ottemperanza  (Corte  di  cassazione,  sezioni  unite
civili, sentenza 28 gennaio 2011, n. 2065). 
    2.2.- In applicazione del principio di gerarchia delle fonti,  il
CGARS esamina e confuta la  prospettazione  dell'appellante  volta  a
sostenere l'implicita abrogazione, ad opera dell'art. 69 della  legge
n. 69 del 2009, dell'art. 9, comma 5, del d.lgs. n. 373 del 2003. 
    Il rimettente e'  consapevole  dell'autorevole  precedente  della
Corte di cassazione contrario a tale conclusione (Cass., sez. un., n.
2065 del 2011), ma, in senso antitetico, valorizza il rango  primario
del d.lgs. n. 373 del 2003, recante norme di  attuazione  di  statuti
speciali. A parere del giudice a quo - che cita le sentenze n. 213  e
n. 137 del 1998, n. 85 del 1990, n.  160  del  1985  -  tale  decreto
legislativo va considerato fonte a competenza «riservata e  separata»
rispetto  a  quella  esercitabile   dalle   ordinarie   leggi   della
Repubblica. 
    2.3.-  Il  giudice  a  quo  solleva,  dunque,  la  questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 5, del d.lgs.  n.  373
del 2003, nella parte in cui dispone  che  «[q]ualora  il  Presidente
della Regione non intenda decidere il ricorso in maniera conforme  al
parere  del  Consiglio  di  giustizia  amministrativa,  con  motivata
richiesta deve sottoporre l'affare alla  deliberazione  della  Giunta
regionale». 
    Sotto il profilo  della  rilevanza,  il  rimettente  osserva  che
l'eventuale  declaratoria  di   illegittimita'   costituzionale   del
menzionato  comma  5  farebbe  retroattivamente  venir  meno,  in  un
rapporto che non puo' dirsi esaurito, il potere del Presidente  della
Regione di discostarsi dal parere reso  dal  CGARS,  incidendo  sulla
legittimita' del provvedimento impugnato. In sede di  riedizione  del
potere successivamente all'annullamento, il  provvedimento  dovrebbe,
poi, conformarsi al parere reso dalla sezione consultiva del CGARS  e
la pretesa  dell'odierna  appellante  risulterebbe  soddisfatta.  Sul
punto viene altresi' rimarcato che la declaratoria di  illegittimita'
costituzionale non produrrebbe alcun vuoto  normativo,  in  quanto  -
come piu' volte affermato in giurisprudenza - le  disposizioni  della
legge n. 69 del 2009, nella parte in cui novellano il d.P.R. n.  1199
del 1971, sono applicabili al corrispondente istituto siciliano. 
    Quanto alla non manifesta infondatezza, il Collegio sostiene  che
il potere attribuito al  Presidente  della  Regione  di  decidere  il
ricorso straordinario difformemente dal parere del CGARS non discende
dal disposto di cui all'ultimo comma dell'art. 23 dello statuto della
Regione Siciliana,  che  si  limita  a  prevedere  che  «[i]  ricorsi
amministrativi,  avanzati  in   linea   straordinaria   contro   atti
amministrativi regionali, saranno decisi dal Presidente della Regione
sentite le  Sezioni  regionali  del  Consiglio  di  Stato».  Opinando
diversamente, peraltro, occorrerebbe chiedersi perche',  in  sede  di
adozione della normativa primaria attuativa  ex  d.lgs.  n.  373  del
2003, sia stata avvertita la necessita' di specificare  espressamente
la sussistenza di tale potesta' in capo al Presidente della Regione e
il quomodo dell'esercizio di tale potere. Viene quindi  ribadito  che
il potere  del  Presidente  della  Regione  di  decidere  il  ricorso
straordinario  in  difformita'  dal  parere  del   CGARS   si   fonda
esclusivamente sul comma 5 dell'art. 9 del d.lgs. n. 373 del 2003. 
    2.3.1.- Il rimettente  sottolinea  il  processo  di  progressiva,
sostanziale   giurisdizionalizzazione   dell'istituto   del   ricorso
straordinario,   caratterizzato   dall'innesto    di    elementi    e
caratteristiche proprie della giurisdizione. 
    Sul punto viene richiamata  la  giurisprudenza  di  questa  Corte
(sentenze n. 13 del 2020, n. 133 del 2016 e n. 73 del 2014), la quale
ha affermato che, per effetto delle  modifiche  di  cui  all'art.  69
della legge n. 69 del 2009 e all'art. 7,  comma  8,  dell'Allegato  1
(Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2  luglio
2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009,
n. 69, recante  delega  al  governo  per  il  riordino  del  processo
amministrativo),  l'istituto  ha  perduto  la  propria   connotazione
puramente  amministrativa  e  ha  assunto  la  qualita'  di   rimedio
giustiziale  amministrativo,  con   caratteristiche   strutturali   e
funzionali in  parte  assimilabili  a  quelle  tipiche  del  processo
amministrativo. Viene in particolare ricordata la sentenza n. 24  del
2018 che ha ricondotto la trasformazione  dell'istituto  del  ricorso
straordinario  al  Presidente   della   Repubblica   alle   modifiche
introdotte dalla legge n. 69 del 2009, le quali hanno reso vincolante
il parere del Consiglio di Stato e hanno  consentito  che  in  quella
sede vengano sollevate questioni di legittimita' costituzionale. 
    Ricostruendo l'istituto nella sua evoluzione, il  giudice  a  quo
ricorda una serie di  punti  ormai  acquisiti  dalla  giurisprudenza,
relativi  all'esperibilita'  del  rimedio  dell'ottemperanza  e  alla
ricorribilita' alle sezioni  unite  della  Corte  di  cassazione  per
motivi inerenti alla giurisdizione del decreto decisorio; nonche'  al
riconoscimento della legittimazione in capo alla  sezione  consultiva
del CGARS a sollevare  questione  di  legittimita'  costituzionale  e
questione pregiudiziale interpretativa ex art. 267 del  Trattato  sul
funzionamento dell'Unione europea (TFUE). 
    2.3.2.- Alla luce di tale ricostruzione, il giudice a quo solleva
questione di legittimita' costituzionale della  norma  censurata  con
riferimento a diversi parametri costituzionali. 
    Innanzitutto, e' prospettata la violazione dell'art. 117, secondo
comma, lettere l) e m), Cost. 
    Dai parametri indicati, a parere  del  rimettente,  discenderebbe
«l'esigenza di una uniformita' di disciplina sul territorio nazionale
[...]  presidiata   dall'attribuzione   allo   Stato   [...]   "della
legislazione  esclusiva  in  materia   di   giurisdizione   e   norme
processuali; ordinamento civile e  penale;  giustizia  amministrativa
[nonche' di] determinazione dei livelli essenziali delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale"»  (quest'ultimo  parametro  viene  dal
rimettente richiamato espressamente in quanto  «individua  un  solido
riferimento  anche  laddove  si  voglia  (continuare  ad)  attribuire
all'istituto del ricorso straordinario natura  meramente  giustiziale
attuativo  di  una  forma   di   difesa   non   declinata   per   via
"giurisdizionale"»). 
    E'  prospettato,  inoltre,  il  contrasto  con  il  principio  di
eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., il quale postula,  tra  l'altro,
che a tutti i cittadini della Repubblica venga attribuito un identico
corredo di rimedi giustiziali e giurisdizionali, «intersecandosi» con
gli artt. 24 e 111, secondo comma, Cost. 
    Sul punto  il  rimettente  chiarisce  che  non  assume  dirimente
rilievo la  qualificazione  da  attribuire  al  rimedio  del  ricorso
straordinario. E cio' in quanto la disposizione censurata -  sia  che
si voglia rimanere attestati sulla natura «giustiziale»  del  rimedio
suddetto,   sia   che   se   ne   voglia   sostenere   la    compiuta
giurisdizionalizzazione - introdurrebbe comunque una  discriminazione
e una compromissione del diritto di  difesa  in  danno  dei  soggetti
ricorrenti che si avvalgano  di  detto  rimedio  per  impugnare  atti
amministrativi emanati dagli organi regionali o da organi dipendenti,
controllati o vigilati dalla Regione Siciliana, ivi  compresi  quelli
degli enti locali destinati a spiegare effetti nel  territorio  della
Regione Siciliana, rispetto ai ricorrenti che abbiano impugnato  atti
destinati a spiegare effetti in  altre  parti  del  territorio  della
Repubblica. 
    Piu' precisamente, il giudice a  quo  sostiene  che,  qualora  si
aderisse    alla    tesi    dell'avvenuta     giurisdizionalizzazione
dell'istituto  del  ricorso   straordinario   al   Presidente   della
Repubblica  come  conseguenza  della  soppressione  del   potere   di
discostarsi dal parere del Consiglio di Stato, ne discenderebbe  che,
stante il mantenimento del corrispondente potere in sede  di  ricorso
al Presidente della Regione Siciliana, i ricorrenti che si  avvalgano
di tale strumento sarebbero privati di un rimedio  giurisdizionale  -
attribuito, invece, ai ricorrenti  che  impugnano  atti  destinati  a
spiegare effetti in altre parti del territorio della Repubblica  -  e
sarebbero attributari di un «semplice» rimedio giustiziale. 
    Se, invece, si ritenesse che i due  rimedi  abbiano  la  medesima
natura - giurisdizionale o giustiziale a seconda della  tesi  sposata
-, allora, pur a fronte di una medesima natura dei due istituti,  per
colui che ricorre innanzi al Presidente della  Regione  Siciliana  vi
sarebbero minori garanzie rispetto ai soggetti che ricorrono  innanzi
al Presidente della Repubblica. 
    Sostiene il rimettente che, quantomeno con riferimento ai decreti
decisori  emessi  discostandosi  dal  parere  consultivo,  le   parti
verrebbero ad essere private di  un  corredo  di  garanzie  e  rimedi
invece esperibili in altre parti del territorio della  Repubblica.  A
sostegno di tale argomentazione vengono rammentate le  considerazioni
svolte dalla giurisprudenza sulla non coercibilita'  con  il  rimedio
dell'ottemperanza dei decreti  decisori  resi  nel  regime  normativo
precedente alle modifiche di cui alla legge n. 69 del 2009  (sentenza
di questa Corte n. 24 del 2018) e dei decreti adottati in difformita'
al parere del Consiglio di Stato, previa delibera del  Consiglio  dei
ministri (Corte di cassazione,  sezioni  unite  civili,  sentenza  15
giugno 2017, n. 14858); oltre che l'individuazione,  come  condizione
decisiva per la ricorribilita' innanzi alle sezioni unite della Corte
di cassazione per motivi  attinenti  alla  giurisdizione,  della  non
possibilita' che il decreto si  discosti  dal  parere  reso  in  sede
consultiva (Cass., sez. un., n. 23464 del 2012). 
    Infine, il giudice  a  quo  lamenta  che  la  determinazione  del
Presidente della Regione, pur dovendo essere motivata,  «non  sarebbe
in alcun modo preconizzabile  al  momento  della  determinazione  del
ricorrente di avvalersi del detto rimedio (e delle scelte delle altre
parti di non  chiedere  la  trasposizione)»,  il  che  finirebbe  per
«intersecare in modo decisivo, non soltanto il disposto dell'art.  24
della Costituzione  ma,  anche  quello  di  cui  all'art.  111  della
Costituzione,  quanto  alla  ricorribilita'  dei  provvedimenti   del
Giudice amministrativo». 
    Il rimettente  si  dice  consapevole  della  possibile  obiezione
legata alla considerazione che si tratta pur  sempre  di  un  rimedio
facoltativamente esperibile, collocato in  regime  di  alternativita'
con quello ordinario giurisdizionale; ma, al contempo,  ne  valorizza
la portata. Si tratterebbe, infatti, di un antico strumento di tutela
che continua ad essere frequentemente prescelto  dai  ricorrenti  per
molteplici  ragioni:  la  velocita'  della  risposta,  il  costo  non
elevato, e, non ultima, la maggior ampiezza  del  termine  entro  cui
proporre l'impugnazione. 
    A ulteriore supporto delle proprie  argomentazioni,  il  Collegio
rimettente  sottolinea  i  rischi  insiti  nella   latitudine   della
previsione del censurato comma 5 dell'art. 9 del d.lgs.  n.  373  del
2003. Dal tenore letterale di  tale  disposizione,  infatti,  non  si
potrebbe ricavare alcuna perimetrazione  del  potere  del  Presidente
della Regione di decidere il ricorso in senso difforme dal parere. Lo
stesso  potrebbe,  cioe',  dispiegarsi  quali  che  siano  stati  gli
«accadimenti» verificatisi  durante  l'iter  percorso  dalla  sezione
consultiva del CGARS per rendere il proprio parere. Non  resterebbero
esclusi, quindi, i casi in cui la sezione consultiva del CGARS  abbia
sollevato questione di legittimita' costituzionale, ovvero  questione
pregiudiziale interpretativa ex art. 267 del TFUE, e il parere si sia
successivamente  conformato  alle  indicazioni  provenienti  da  tali
Corti. Conclude, dunque, il CGARS,  sostenendo  la  violazione  degli
artt. 11 e 117, primo comma, e 136 Cost., «confermato» dall'art.  30,
terzo  comma,  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme   sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale). 
    3.- La parte appellante nel giudizio a quo ha depositato  memoria
di costituzione in giudizio, ricostruendo la  vicenda  processuale  e
sostenendo  la  rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  delle
questioni sollevate. 
    In  particolare,  aderendo  alla   prospettazione   del   giudice
rimettente, sostiene che l'applicazione dell'art.  9,  comma  5,  del
d.lgs.  n.  373  del  2003  determina  in  concreto  un'inaccettabile
discriminazione tra i cittadini che  si  avvalgono  del  rimedio  del
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica  e  i  cittadini
siciliani costretti a esperire il rimedio del  ricorso  straordinario
al Presidente della Regione Siciliana. Ne  deriverebbe,  infatti,  la
compromissione di quella «sostanziale uguaglianza che deve garantirsi
ai cittadini su tutto il territorio  nazionale»,  relativamente  alle
condizioni di esercizio del diritto di difesa (artt. 24 e 113 Cost.). 
    In particolare, per effetto della disposizione  censurata,  colui
che impugna per  mezzo  di  ricorso  straordinario  un  provvedimento
amministrativo  al  fine  di  ottenerne  l'annullamento  vedrebbe,  a
differenza di altri, la  propria  pretesa  giudiziale  decisa  da  un
organo non appartenente  al  potere  giurisdizionale  (il  Presidente
della Regione), di natura politica, che non garantisce l'indipendenza
e l'imparzialita' propria del giudice. 
    La parte deduce anche il contrasto  con  l'art.  102  Cost.,  che
impone  il  divieto  di  istituire  giudici  straordinari  o  giudici
speciali, in quanto, ove venisse confermato il potere del  Presidente
della Regione Siciliana di emanare il decreto decisorio  del  ricorso
straordinario anche in difformita' del parere del CGARS, la decisione
di  un  ricorso  sostanzialmente  giurisdizionale,  come  quello   in
oggetto,  sarebbe  conferito  non  ad  organi  giurisdizionali   gia'
esistenti, quali il Consiglio di Stato e il CGARS, ma ad un organo di
stampo politico quale e' il Presidente della Regione Siciliana. 
    Alla violazione degli artt. 3, 24, 102 e 113 Cost.,  l'appellante
affianca la denuncia del contrasto con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettere l) e  m),  Cost.,  ribadendo  le  argomentazioni  svolte  dal
giudice rimettente. 
    La stessa parte, insiste, infine, sulla violazione degli artt. 3,
24 e 111, secondo comma, Cost., assumendo che la disposizione oggetto
di censura introdurrebbe una discriminazione e una compromissione del
diritto di difesa in danno dei soggetti che si avvalgono del  rimedio
del ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana.  Per
effetto della disposizione censurata, tale istituto sarebbe  «foriero
di minori garanzie per il cittadino ricorrente». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Consiglio  di  giustizia  amministrativa  per  la  Regione
Siciliana (CGARS), con ordinanza del 12 maggio 2022, iscritta  al  n.
69 del registro ordinanze 2022, ha  sollevato,  in  riferimento  agli
artt. 3, 11, 24, 111, 117, commi primo e secondo, lettere l) e m),  e
136 Cost., questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  9,
comma 5, del d.lgs. n. 373 del 2003, nella parte in cui  dispone  che
«[q]ualora il  Presidente  della  Regione  non  intenda  decidere  il
ricorso in maniera conforme al  parere  del  Consiglio  di  giustizia
amministrativa, con motivata richiesta deve sottoporre l'affare  alla
deliberazione della Giunta regionale», mantenendo, quindi, integro il
potere del Presidente della  Regione  Siciliana  di  discostarsi  dal
parere  del  CGARS,  nonostante  l'avvenuta  soppressione,   per   il
corrispondente rimedio nazionale, del potere in  capo  al  Presidente
della Repubblica di discostarsi dal parere del Consiglio di Stato. 
    In particolare  viene  sostenuta  la  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettere l) e m), Cost., in quanto la  norma  censurata
si porrebbe in  contrasto  con  «l'esigenza  di  una  uniformita'  di
disciplina    sul    territorio    nazionale,    [...]     presidiata
dall'attribuzione allo Stato [...] "della legislazione  esclusiva  in
materia di giurisdizione e norme processuali;  ordinamento  civile  e
penale; giustizia amministrativa"», qualora  si  aderisca  alla  tesi
dell'avvenuta  giurisdizionalizzazione  del  ricorso   straordinario,
nonche' di «determinazione dei livelli essenziali  delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale» (qualora si aderisca invece alla  tesi
del mantenimento della natura meramente  giustiziale  dell'istituto);
dell'art. 3 Cost., «intersecandosi [con] gli artt. 24 e 111, [secondo
comma, Cost.]», in quanto si porrebbe in contrasto con  il  principio
di uguaglianza, il quale postula  che  «a  tutti  i  cittadini  della
Repubblica venga attribuito un identico corredo di rimedi giustiziali
e giurisdizionali», mentre, in base a tale disposizione, i ricorrenti
che si avvalgano del ricorso  innanzi  al  Presidente  della  Regione
Siciliana sono privati «di un corredo di  garanzie  e  rimedi  invece
esperibili nel territorio della Repubblica»; degli artt.  11  e  117,
primo comma, Cost. nonche' dell'art. 136  Cost.,  in  quanto  non  si
prevede il divieto di discostarsi per l'ipotesi in cui il parere  sia
stato reso all'esito di un procedimento in cui  sia  stata  sollevata
questione   di   legittimita'   costituzionale,   ovvero    questione
pregiudiziale ex art. 267 TFUE, e il parere  si  sia  successivamente
conformato alle indicazioni provenienti da tali Corti. 
    2.- La parte appellante nel giudizio a quo si e'  costituita  nel
presente  giudizio,  sostenendo  la  rilevanza  e  la  non  manifesta
infondatezza della questione sollevata dal giudice rimettente. 
    In particolare, la parte reputa violati non solo  gli  artt.  24,
113 e 117, secondo comma, lettere l) e m), Cost., ma anche gli  artt.
102 e 113 Cost., parametri questi  ultimi  non  evocati  dal  giudice
rimettente. 
    In tema di definizione del thema  decidendum,  va  richiamato  il
costante orientamento di questa  Corte,  secondo  cui  l'oggetto  del
giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in  via  incidentale   e'
limitato alle norme  e  ai  parametri  indicati  nelle  ordinanze  di
rimessione, con esclusione della possibilita' di ampliare  lo  stesso
al  fine  di  ricomprendervi  questioni  formulate  dalle  parti  (ex
plurimis, sentenze n. 15 del 2023, n. 198 del 2022, n. 230,  n.  203,
n. 147 e n. 49 del 2021, n. 186 del 2020 e n. 7 del 2019). 
    Non puo', pertanto, essere presa in  considerazione  la  distinta
questione prospettata dalla parte costituita volta  a  denunciare  il
contrasto della disposizione censurata con gli artt. 102 e 113 Cost. 
    3.- Cosi' delimitato l'oggetto del presente giudizio, nel  merito
la questione di legittimita' costituzionale sollevata in  riferimento
all'art. 3 Cost., anche alla luce dell'art. 24 Cost., e' fondata. 
    3.1.- Il giudice  rimettente  deduce  il  contrasto  della  norma
censurata con il principio di uguaglianza, declinata con riguardo  ai
rimedi giustiziali e giurisdizionali riconosciuti ai  ricorrenti  che
si avvalgano del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
o al Presidente della Regione Siciliana. 
    3.2.-   L'elemento   di   principale   diversita'   del   ricorso
straordinario  al  Presidente  della   Regione   Siciliana   rispetto
all'omologo rimedio  nazionale  e'  rappresentato  dalla  natura  non
vincolante  del  parere  del   CGARS,   stabilita,   appunto,   dalla
disposizione censurata. Per il ricorso  straordinario  al  Presidente
della Repubblica, l'art. 14 del  d.P.R.  n.  1199  del  1971  -  come
modificato dall'art. 69, comma 2, lettera a), della legge n.  69  del
2009 - dispone, invece, che la decisione del ricorso straordinario e'
adottata con decreto dal Presidente della Repubblica su proposta  del
ministro competente, conforme al parere del Consiglio di Stato. 
    4.- Va, in primo luogo, escluso  che  la  disposizione  censurata
possa ritenersi implicitamente abrogata ad opera della  legge  n.  69
del 2009. 
    La mancata abrogazione della norma in esame, di attuazione  dello
statuto siciliano, ad opera  della  citata  legge  n.  69  del  2009,
discende dalla ritenuta prevalenza, nella  giurisprudenza  di  questa
Corte, delle norme di attuazione statutarie sulle leggi ordinarie, in
virtu'  dell'adozione  delle  prime   «attraverso   un   procedimento
normativo speciale» nonche'  del  «carattere  riservato  e  separato»
della disciplina da essa posta  rispetto  a  quella  contenuta  nelle
altre fonti primarie. In  particolare,  e'  stata  riconosciuta  alle
norme di attuazione statutaria  la  possibilita'  di  introdurre  una
disciplina particolare e innovativa, purche' entro il  «limite  della
corrispondenza alle  norme  e  alla  finalita'  di  attuazione  dello
statuto,  nel  contesto  del  principio  di   autonomia   regionale»,
soggiungendo   che   esse   «prevalgono,   nell'ambito   della   loro
competenza», sulle leggi ordinarie,  «con  possibilita',  quindi,  di
derogarvi, negli anzidetti limiti» (sentenza n. 353 del 2001). 
    Va, pertanto, condiviso  quanto  chiarito,  peraltro,  anche  dal
Consiglio di Stato (sezione prima, parere 13 gennaio  2021,  n.  203,
punto 16) e dal CGARS (parere 25 febbraio 2020, n. 61, punto  12.5.),
secondo cui la disposizione dell'art. 9 del d.lgs. n. 373  del  2003,
«in quanto contenuta in una fonte speciale e rinforzata (posto che il
citato d.lgs. n. 373/2003 reca  norme  di  attuazione  dello  Statuto
regionale), certamente  prevale  in  parte  qua  sull'art.  69  della
menzionata legge n. 69/2009, la'  dove  si  prevede  la  soppressione
della decisione in difformita' del Consiglio dei Ministri». 
    5.- Deve, quindi, concludersi per la vigenza  della  disposizione
censurata: il parere reso dal CGARS in sede di ricorso  straordinario
resta non vincolante, mentre lo  e'  quello  reso  dal  Consiglio  di
Stato, a seguito delle modifiche operate dalla legge n. 69 del 2009. 
    Tale diversita' di disciplina tra i  due  istituti  e'  idonea  a
determinare una serie di significative conseguenze. 
    La centralita' della natura (vincolante o meno) del  parere  reso
dall'organo  consultivo  (Consiglio  di   Stato   o   CGARS)   emerge
chiaramente dal processo di evoluzione che ha interessato il  rimedio
del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. 
    Siffatto    processo    -     pur     non     comportando     una
giurisdizionalizzazione   dell'istituto,   al   quale   va   comunque
riconosciuta  una  natura  "giustiziale"  che  differisce  da  quella
giurisdizionale (sentenze n. 24 del 2018 e  n.  73  del  2014)  -  ha
determinato l'ampliamento delle garanzie e degli strumenti di  tutela
a disposizione di chi si avvale di tale rimedio  proprio  sulla  base
della mutata natura vincolante del parere dell'organo consultivo. 
    La Corte di giustizia  delle  Comunita'  europee,  sin  dal  1997
(sezione quinta, sentenza  16  ottobre  1997,  in  cause  riunite  da
C-69/96 a  79/96,  Garofalo  e  altri),  aveva  invero  affermato  la
legittimazione  del  Consiglio  di   Stato   in   sede   di   ricorso
straordinario  a  sollevare  questione   pregiudiziale   comunitaria,
reputando sussistenti i  caratteri  necessari  per  qualificarlo,  ai
detti specifici fini, come «giurisdizione nazionale»: origine legale,
carattere   permanente,   indipendenza,   obbligatorieta'   del   suo
intervento, procedura ispirata al principio  del  contraddittorio  ed
applicazione di norme giuridiche per la risoluzione delle questioni. 
    Per converso, a livello nazionale, la  possibilita'  di  esperire
l'azione di ottemperanza per l'esecuzione del decreto del  Presidente
della  Repubblica  che  decide  il   ricorso   straordinario   e   la
legittimazione del Consiglio di Stato a sollevare in sede  di  parere
su ricorso straordinario  questione  di  legittimita'  costituzionale
sono state inizialmente  escluse,  rispettivamente,  dalla  Corte  di
cassazione (sezioni unite  civili,  sentenza  18  dicembre  2001,  n.
15978) e da questa Corte (sentenza n. 254 del 2004). 
    E'  significativo  che  entrambe  le  pronunce  abbiano   escluso
l'esperibilita'  dei  predetti  rimedi  proprio  sul  rilievo   della
possibilita' per l'autorita' amministrativa di discostarsi dal parere
del Consiglio  di  Stato,  rendendo  cosi'  la  decisione  imputabile
giuridicamente alla prima e non al secondo. 
    Tali posizioni sono state, in seguito, superate. Il  processo  di
ampliamento delle garanzie procedimentali e dei rimedi esperibili  in
sede di ricorso straordinario ha subito un  impulso  determinante  in
seguito agli interventi legislativi rappresentati dalla  gia'  citata
legge n. 69 del 2009 - che ha sancito  il  carattere  vincolante  del
parere del Consiglio di Stato sul ricorso straordinario e ha previsto
-  in  coerenza  con  i  criteri  posti  dall'art.  1   della   legge
costituzionale  9  febbraio  1948,  n.  1  (Norme  sui   giudizi   di
legittimita' costituzionale e  sulle  garanzie  d'indipendenza  della
Corte Costituzionale) (sentenza n. 73 del 2014) - la possibilita'  di
sollevare incidente di legittimita' costituzionale.  Successivamente,
il d.lgs. n. 104 del 2010 ha  limitato  l'esperibilita'  del  ricorso
straordinario  alle  sole   materie   di   competenza   del   giudice
amministrativo  e  ha  espressamente  previsto  la  possibilita'   di
azionare il giudizio di ottemperanza per la corretta  esecuzione  del
decreto presidenziale. 
    In particolare, il comma 2 dell'art. 69 della  legge  n.  69  del
2009, modificando l'art. 14 del d.P.R. n. 1199 del 1971, ha eliminato
la potesta' del Governo di deliberare in senso difforme  rispetto  al
parere espresso dal Consiglio di Stato, il quale  assume,  dunque,  i
connotati di una vera e propria statuizione vincolante;  dal  che  la
giurisprudenza ne ha fatto discendere  il  carattere  sostanzialmente
decisorio. 
    Proprio facendo leva sulle innovazioni legislative introdotte nel
2009 e nel 2010, la Corte di  cassazione,  partendo  dall'intervenuta
progressiva  assimilazione  del  ricorso  straordinario  al   ricorso
giurisdizionale amministrativo, ha  cambiato  la  propria  precedente
giurisprudenza e  ha  riconosciuto  l'ammissibilita'  dell'azione  di
ottemperanza  per  l'esecuzione   dei   decreti   resi   su   ricorsi
straordinari (Cass., sez. un., n. 2065 del 2011) e la  sindacabilita'
di questi ultimi da  parte  della  Corte  di  cassazione  per  motivi
inerenti alla giurisdizione (Cass., sez. un., n. 23464 del 2012). 
    Alla base del mutato indirizzo  ha  rivestito  peso  determinante
l'intervenuta eliminazione del potere di discostarsi dal  parere  del
Consiglio di Stato, in quanto cio'  «conferma  che  il  provvedimento
finale, che conclude il procedimento, e' meramente dichiarativo di un
giudizio: che questo sia vincolante,  se  non  trasforma  il  decreto
presidenziale in un atto giurisdizionale (in ragione, essenzialmente,
della natura dell'organo  emittente  e  della  forma  dell'atto),  lo
assimila a questo nei contenuti, e  tale  assimilazione  si  riflette
sull'individuazione degli strumenti di tutela, sotto il profilo della
effettivita'» (Cass., sez. un., n. 2065 del 2011). 
    Analogo   atteggiamento   si   rinviene   nella    giurisprudenza
amministrativa sull'esperibilita' dell'azione di ottemperanza,  anche
in questo caso dando rilievo decisivo allo ius superveniens,  che  ha
attribuito carattere vincolante al  parere  del  Consiglio  di  Stato
(adunanza plenaria, sentenza 6 maggio 2013, n. 9). 
    Anche questa Corte, nel prendere atto della espressa attribuzione
al Consiglio di Stato della legittimazione a sollevare  questione  di
legittimita' costituzionale in sede di  parere,  ha  ricondotto  tale
rimedio   alla   nozione   di   «"giudizio",   quantomeno   ai   fini
dell'applicazione dell'art. 1 della legge  cost.  n.  1  del  1948  e
dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953» (sentenza n. 73 del 2014). E
per giungere a tale conclusione ha valorizzato  proprio,  ancora  una
volta, l'«acquisita natura vincolante del  parere  del  Consiglio  di
Stato, che  assume  cosi'  carattere  di  decisione,  [la  quale]  ha
conseguentemente   modificato   l'antico   ricorso    amministrativo,
trasformandolo in un rimedio giustiziale». Del resto, come  affermato
nella   stessa   pronuncia,    l'originaria    scelta    nel    senso
dell'attribuzione   al    ricorso    straordinario    della    natura
amministrativa (risalente alla sentenza n. 254 del  2004)  era  stata
effettuata «soprattutto in ragione della facolta' del  Consiglio  dei
ministri di adottare una decisione difforme dal parere del  Consiglio
di Stato» (sentenza n. 73 del 2014). 
    L'ultima  tappa  di  tale  percorso  ha,  infine,  riguardato  la
giurisprudenza della Corte di  Strasburgo  sulla  riferibilita'  alla
decisione del ricorso straordinario delle garanzie  convenzionali  in
tema di equo processo. 
    Ugualmente, anche la  svolta  della  Corte  europea  dei  diritti
dell'uomo si incentra sulla  modifica  normativa  che  ha  attribuito
natura vincolante al parere del Consiglio di Stato. Nelle  precedenti
decisioni, infatti, la Corte EDU aveva  escluso  la  riconducibilita'
del  ricorso  straordinario  all'art.   6   della   Convenzione.   In
particolare, nelle decisioni della terza sezione, 28  settembre  1999
(Nardella contro Italia)  e  31  marzo  2005  (Nasalli  Rocca  contro
Italia), la Corte EDU aveva ricostruito la  disciplina  dell'istituto
del ricorso straordinario come rimedio speciale ed escluso  che  esso
ricadesse nell'ambito dell'art. 6 della Convenzione.  Sulla  medesima
linea la sentenza della seconda sezione, 2 aprile 2013  (Tarantino  e
altri contro Italia), ha ribadito che  la  parte  ricorrente  in  via
straordinaria, «presentando un appello speciale al  Presidente  della
Repubblica nel 2007», non aveva avviato un  procedimento  contenzioso
del tipo descritto all'art. 6 CEDU. 
    Il mutamento di giurisprudenza e'  intervenuto  con  una  recente
decisione (sezione prima, 8 settembre 2020, Mediani  contro  Italia),
nella quale la Corte EDU ha affermato che le  tutele  previste  dalla
Convenzione (e segnatamente l'art. 6  sulla  ragionevole  durata  dei
processi)  sono  riferibili  anche  al  ricorso   straordinario.   Al
riguardo, anche la Corte EDU ha espressamente argomentato sulla  base
delle modifiche legislative intervenute nel 2009  (legge  n.  69  del
2009) e nel 2010 (d.lgs. n. 104  del  2010),  ritenendo  compiuta  la
trasformazione del ricorso straordinario  in  un  «judicial  remedy»,
cosi'    da    riconoscerne,    ai     fini     convenzionali,     la
"giurisdizionalizzazione",  con  l'applicabilita'  delle  conseguenti
garanzie. 
    6.- Se, come si  e'  visto,  l'acquisita  natura  vincolante  del
parere del Consiglio di Stato ha determinato  il  riconoscimento  dei
diversi strumenti di tutela  in  sede  di  ricorso  straordinario  al
Presidente della Repubblica, risolvendosi quindi  in  un  ampliamento
delle garanzie dei ricorrenti, e' evidente  che  il  permanere  della
natura non vincolante del  parere  del  CGARS  induce  a  mettere  in
discussione il riconoscimento  (o  il  mantenimento)  delle  medesime
garanzie in sede di ricorso al Presidente della Regione Siciliana. 
    6.1.- Siffatta contrazione  del  corredo  di  rimedi  e  garanzie
riconosciuto al ricorrente in sede di  ricorso  al  Presidente  della
Regione Siciliana,  rispetto  a  colui  che  si  avvale  dell'omologo
rimedio nazionale e' in contrasto con l'art. 3 Cost. e, senza  idonea
giustificazione, si riflette negativamente sulla tutela dei diritti e
degli interessi legittimi di cui all'art. 24 Cost. 
    Non sussistono, infatti, differenze tra i due istituti  idonee  a
giustificare una tale disparita' di trattamento. Ne' tale  disparita'
appare in alcun modo riconducibile ai profili di  autonomia  speciale
di cui gode la Regione Siciliana. 
    Si tratta di strumenti che hanno la medesima genesi -  in  quanto
storicamente proprie delle monarchie assolute, quale forma di  grazia
nei confronti di decisioni amministrative non suscettibili  di  altri
rimedi - nonche', soprattutto, a legislazione  vigente,  la  medesima
struttura e, tendenzialmente, analoga disciplina. 
    Quanto  a  quest'ultimo  aspetto,  il  ricorso  straordinario  al
Presidente della Regione Siciliana e' previsto  espressamente,  quale
ricorso amministrativo, dall'art.  23  dello  statuto  della  Regione
Siciliana. 
    Le fasi del procedimento decisorio  del  ricorso  si  conformano,
essenzialmente, alla disciplina dell'omologo  istituto  nazionale  di
cui agli artt. 8 e seguenti del d.P.R. n. 1199 del  1971,  integrata,
in particolare, dall'art. 9 del d.lgs. n. 373 del 2003  per  il  solo
aspetto relativo al parere del CGARS. 
    Nell'attuale disciplina  le  uniche  differenze  rinvenibili  nel
ricorso straordinario al Presidente della  Regione  Siciliana,  oltre
alla diversa natura del parere dell'organo consultivo, qui censurata,
sono rappresentate dall'accentramento dell'intera procedura presso la
Presidenza della Regione, essendo l'istruttoria demandata all'Ufficio
legislativo e legale della  stessa  Presidenza,  nonche'  la  diversa
posizione  e  responsabilita'  istituzionale  del  Presidente   della
Regione (nella duplice veste di  suprema  autorita'  regionale  e  di
vertice  del  Governo  regionale)  rispetto   al   Presidente   della
Repubblica. 
    E' del tutto  evidente  che  si  tratta  di  differenze  che  non
giustificano una disparita' di rimedi e garanzie posti a disposizione
del ricorrente, a seconda che  agisca  dinanzi  al  Presidente  della
Repubblica o al Presidente della Regione Siciliana. 
    E anzi, come sottolineato anche dal Consiglio di Stato nel parere
n. 203 del 2021, la differenza principale tra i due istituti,  legata
alla natura dell'organo che adotta il  provvedimento  finale  e  alla
diversa  posizione  e  responsabilita'  istituzionale  del   medesimo
rispetto al Presidente della Repubblica,  rende  semmai  ancora  piu'
rilevante l'esigenza di fornire un adeguato corredo  di  garanzie  in
capo  al  soggetto  che  si  avvale  del  ricorso  straordinario   al
Presidente della Regione Siciliana. 
    In conclusione, non emergono elementi di differenziazione  tra  i
due istituti,  nazionale  e  regionale,  idonei  a  giustificare  una
diversita' di  tale  portata  tra  la  disciplina  statale  e  quella
siciliana, quanto alla natura del  parere  dell'organo  consultivo  e
alla possibilita' di discostarsi da esso, che si risolva in una minor
tutela dei propri diritti e interessi garantita al ricorrente dinanzi
al Presidente della Regione Siciliana rispetto al ricorrente  in  via
straordinaria al Presidente della Repubblica. 
    7.-  Sulla   base   di   tali   argomentazioni,   va   dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 5, del  d.lgs.  n.
373 del 2003, per violazione degli artt. 3 e 24 Cost. 
    Restano assorbite le censure riferite agli altri parametri.