IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  70/1988
 proposto  dalla  Porto   Arco   S.p.a.,   in   persona   del   legale
 rappresentante,  rappresentata  e  difesa dagli avv.ti prof. Giuseppe
 Abbamonte, Ivone Cacciavillani e Lorenzo Savorana,  ed  elettivamente
 domiciliata  presso  il terzo, in Trento, via Grazioli, 31, contro il
 comune di Arco, in persona del sindaco  pro-tempore  rappresentato  e
 difeso dall'avv. Marco Dalla Fior ed elettivamente domiciliato presso
 lo stesso, in Trento, via Oss Mazzurana, 72, per  l'annullamento  del
 provvedimento  del  sindaco di Arco di data 21 dicembre 1987 n. 1987,
 avente ad oggetto diniego di concessione edilizia per la  costruzione
 di  una  strada;  nonche'  di tutti gli atti comunque presupposti e/o
 connessi con quello impugnato;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Arco;
    Viste  le memorie peodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  alla  pubblica  udienza  del  14  luglio  1989  il relatore
 consigliere Giaccardi  e  uditi,  altresi',  gli  avv.ti  Savorana  e
 Cacciavillani   per   la   ricorrente   e   l'avv.   Dalla  Fior  per
 l'amministrazione resistente;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    Con  ricorso  notificato  il 17 febbraio 1988 la S.p.a. Porto Arco
 impugnativa, chiedendone l'annullamento, il provvedimento del sindaco
 di  Arco  di  cui in epigafe, recante diniego di concessione edilizia
 per la costruzione di una strada a servizio di una  lottizzazione  in
 zona  turistico-residenziale,  per  contrasto del previsto intervento
 con  l'art.  9  delle  norme  di  attuazione  del  piano  urbanistico
 provinciale,  approvato con legge provinciale 9 novembre 1987, n. 26,
 che qualifica la zona  in  questione  con  "area  di  protezione  dei
 laghi",   consentendone   la   trasformazione  urbanisitca  solo  per
 destinazioni finalizzate a pubblico interesse.
    Premesso  che,  con  delibera  consiliare 4 agosto 1986, n. 81, il
 comune di di  Arco  ebbe  ad  approvare  un  piano  di  lottizzazione
 relativo  ad  aree  di  proprieta'  del ricorrente in riva al lago di
 Garda, contemplate fra l'altro la costruzione di un porto  turistico;
 che  detto  piano  fu altresi' approvato dalla giunta provinciale con
 deliberazione in data 29 settembre 1986, a seguito della quale  venne
 regolarmente stipulata la convenzione di lottizzazione; ed infine che
 la strada oggetto dell'impugnato diniego di concessione edilizia  era
 puntualmente prevista dal menzionato strumento urbanistico attuativo,
 la ricorrente deduce, quale unico motivo di gravame, l'illegittimita'
 derivata  dalla  illegittimita'  costituzionale  che affliggerebbe la
 disposizione di legge (art. 9 legge provinciale n.  26/1987)  addotta
 come   preclusiva   dell'attuazione  dell'intervento-lottizzatorio  e
 costituente unico presupposto dell'impugnato diniego di  concessione.
    Nel  richiamare  integralmente  analoga  questione di legittimita'
 costituzionale gia' sollevata da questo tribunale (ordinanza n. 37/88
 del 3 febbraio 1988) con riguardo all'art. 14 della legge provinciale
 2 marzo 1964, n. 2, e all'art. 21 del decreto  del  Presidente  della
 Repubblica  22  marzo  1974,  n.  381  (norme parimenti denunziate di
 incostituzionalita' anche  in  questa  sede,  in  quanto  costituenti
 "presupposto"  di quella denunziata in via principale), la ricorrente
 assune che l'approvazione del piano urbanistico provinciale di Trento
 con  atto legislativo comporterebbe, da un lato, la sottrazione degli
 atti  del  procedimento  pianificatorio  al  naturale  controllo  del
 giudice   amministrativo,   con   conseguente  lesione  della  tutela
 giurisdizionale garantita nei  confronti  degli  atti  amministrativi
 dall'art.   113,   primo  comma,  della  Costituzione,  e  dall'altro
 comporterebbe violazione del principio  di  eguaglianza  ex  art.  3,
 primo  comma,  della Costituzione stante la ingiustificata disparita'
 di  trattamento  esistente,  quanto  alla  possibilita'   di   tutela
 giurisdizionale  nei  confronti di omologhe prescrizioni urbanistiche
 lesive, tra i  proprietari  di  aree  in  provincia  di  Trento  e  i
 proprietari di suoli localizzati nel restante territorio nazionale.
    La  ricorrente  conclusiva, pertanto, chiedendo l'annullamento del
 provvedimento impugnato, previa sospensione del giudizio e rimessione
 degli  atti  alla Corte costituzionale per la definizione del dedotto
 incidente di costituzionalita'.
    Si  costituiva  in  giudizio  l'intimato comune di Arco, eccepende
 pregiudizialmente l'inammissibilita' e/o improcedibilita' del ricorso
 (sul  presupposto  dell'omessa tempestiva impugnazione da parte della
 ricorrente della deliberazione della giunta provinciale  n.  1152  di
 data  24  febbraio  1987,  con  la  quale  e' stato adottato il piano
 urbanistico  provinciale  e  dalla  quale  scaturisce  l'obbligatoria
 applicazione  delle misure di salvaguardia) e chiedendone comunque la
 reiezione nel merito, previa declaratoria di  manifesta  infondatezza
 della dedotta questione di costituzionalita'.
    Alle  eccezioni  ex adverso la ricorrente ha replicato con memorie
 illustrative depositate il  13  ottobre  1988  e  3  luglio  1989,  e
 successive   note   d'udienza   del   14   luglio   1989,  insistendo
 preliminarmente per la riunione del presente ricorso  con  altro  (n.
 206/1987)  proposto  dalla  stessa  ricorrente  nei  confronti  della
 deliberazione provinciale n. 1152/1987, di adozione del  progetto  di
 revisione del piano urbanistico provinciale, ed insistendo quindi per
 la sospensione  di  ambedue  i  giudizi  in  relazione  alla  dedotta
 questione  di costituzionalita' (di cui si ridadisce la non manifesta
 infondatezza, nonostante la Corte costituzionale abbia,  nelle  more,
 respinto con sentenza 8-21 marzo 1989, n. 143, analoga questione gia'
 sollevata da questo tribunale con ordinanza n. 37/1988).
    In  esito a discussione orale, alla pubblica udienza del 14 luglio
 1989, la causa e' stata ritenuta in decisione.
                             D I R I T T O
    1.   -   Preliminarmente  deve  essere  disattesa  l'eccezione  di
 inammissibilita'-improcedibilita' del ricorso  sollevata  in  memoria
 del  resistente  del  comune  di Arco, essendo infondato in quanto di
 fatto il presupposto dal quale la stessa trae origine: che, cioe'  la
 ricorrente  non  abbia  a  suo tempo impugnato la deliberazione della
 giunta provinciale n. 1152 di data 24 febbraio 1987, con la quale  fu
 adottato  il  progetto di revisione del piano urbanistico provinciale
 successivamente approvato con legge provonciale n. 26/1987.
    La  predetta deliberazione e' stata infatti impugnata dall'odierna
 ricorrente con separato ricorso (n. 207/1987), chiamato anch'esso  in
 discussione alla pubblica udienza del 14 luglio 1989, per il quale e'
 in atti istanza di riunione al presente gravame.
    In  ogni  caso, al collegio non paiono fondate neppure in linee di
 diritto le argomentazioni sviluppate  in  memoria  dalla  difesa  del
 comune circa i rapporti configurabili tra le predette impugnative.
    Ed  infatti,  mentre  e'  da  condividersi l'assunto relativo alla
 diretta ed immediata impugnativa della deliberazione di adozione  del
 piano  urbanistico  provinciale, sulla scorta di un ormai consolidato
 orientamento  giurisprudenziale  relativo  alla   generalita'   degli
 strumenti  urbanistici  (cfr.  per tutte Consiglio di Stato, adunanza
 plenaria, 16 giugno 1978, n. 17),  non  altrettanto  puo'  dirsi  con
 riguardo  all'asserita  perdurante  procedibilita'  del  gravame, una
 volta che l'iter procedimentale di formazione si sia  completato  con
 la  definitiva  approvazione  del piano mediante legge provinciale. A
 partire da tale  data,  infatti,  la  delibera  di  adozione  risulta
 interamente  assorbita  dal  sopravvenuto  atto legislativo, il quale
 evidentemente non puo' essere coinvolto  (ne'  tanto  meno  travolto)
 dall'eventuale  prununzia  del  giudice  amministrativo. Ne', d'altra
 parte, nel giudizio proposto avverso gli  atti  del  procedimento  di
 formazione   del   piano  potrebbe  assumere  rilevanza  un'eventuale
 questione di legittimita' costituzionale della legge di approvazione:
 una   tale   questione,   al   contrario,   puo'  se  mai  venire  in
 considerazione  nel  giudizio  relativo  all'impugnazione   di   atti
 successivi   all'approvazione  legislativa  (quale,  ad  esempio,  il
 diniego di concessione edilizia di cui al presente ricorso),  che  su
 di  essa  si  fondino,  e  non  gia' con riguardo ad atti antecedenti
 all'entrata in vigore della legge,  destinati  ad  esaurire  la  loro
 efficacia  (interinale)  all'interno  del  procedimento  di cui fanno
 parte.
    Ne  discende  che,  mentre  da un lato va dichiarata (con separata
 sentenza) la sopravvenuta improcedibilita' del ricorso n. 206/1987 in
 ragione  dell'entrata in vigore della legge di approvazione del piano
 urbanistico provinciale, d'altro lato va ritenuta l'ammissibilita'  e
 procedibilita'  del presente ricorso (n. 70/1988) che, denunziando di
 illegittimita' costituzionale il predetto atto  legislativo,  mira  a
 conseguire  in  via  derivata  l'annullamento  del  provvedimento  di
 diniego di concessione edilizia che  assume  lo  stesso  quale  unico
 presupposto.
    2.  -  Nel  merito,  la  ricorrente  deduce, con l'unico motivo di
 gravame, l'illegittimita' costituzionale degli artt.  9  della  legge
 provinciale  n.  26/1987,  14 della legge provinciale n.  2/1964 e 21
 del d.P.R. n. 381/1974, in relazione agli artt. 113, primo  comma,  e
 3,   primo   comma,   della   Costituzione,   sul   presupposto   che
 l'approvazione del piano urbanistico provinciale con atto legislativo
 privi  i  soggetti  lesi  dalla  tutela giurisdizionale garantita nei
 confronti  degli  atti  amministrativi  ed  ingeneri   ingiustificata
 disparita'  di  trattamento tra i proprietari di aree in provincia di
 Trento e i proprietari di suoli localizzati nel  restante  territorio
 nazionale.
    La  questione,  pur rilevante in forza delle considerazioni svolte
 deve essere  dichiarata  manifestamente  infondata  alla  luce  della
 recente  sentenza della Corte costituzionale 8-21 marzo 1989, n. 143,
 che ha rigettato un'identica questione di legittimita' costituzionale
 sollevata  da  questo  tribunale con ordinanza 3 febbraio 1988, n. 37
 (sia pure soltanto con riferimento  alle  citate  norme  della  legge
 provinciale  n.  2/1964 e del d.P.R. n. 381/1974 che prevedono che il
 piano urbanistico provinciale sia approvato con  legge  provinciale).
 Ne'  le  difese,  scritte  ed  orali,  svolte  in  giudizio  da parte
 ricorrente dopo la citata pronunzia costituzionale introducono  nuovi
 apprezzabili  elementi  di  valutazione  che non siano gia' "coperti"
 dalla decisione reiettiva, si' da indurre ad un meditato ripensamento
 della stessa.
    In  particolare, la manifesta infondatezza della dedotta questione
 di costituzionalita' discende dal triplice rilievo:
       a)  dell'assenza  di  una  riserva  costituzionale di attivita'
 amministrativa a  favore  degli  organi  della  amministrazione,  con
 conseguente   ammissibilita'  delle  c.d.   leggi-provvedimento  (sia
 statali che regionali);
       b)  dell'inerenza  della  garanzia di tutela giurisdizionale ex
 art. 113 della Costituzionale ai soli atti formalmente amministrativi
 (laddove  per gli atti legislativi a contenuto particolare e concreto
 vige il diverso strumento di  tutela  previsto  dall'art.  134  della
 Costituzione in relazione alla costituzionalita' delle leggi);
       c)    della    ragionevolezza    della    previsione   relativa
 all'approvazione con legge  dei  piani  urbanistici  provinciali,  in
 rapporto  alla  natura  ad  essi  propria  di piani di coordinamento,
 costituenti la manifestazione piu' elevata dell'indirizzo urbanistico
 della  provincia,  e come tali approvati con l'atto (legislativo) che
 esprime  la  suprena  volonta'  politica   dell'organo   direttamente
 rappresentativo della popolazione provinciale.
    3.  -  La  ritenuta  manifesta  infondatezza  della  questione  di
 costituzionalita' sollevata con riguardo alle fonti  regolatrici  del
 procedimento  di  formazione  del  piano  urbanistico provinciale non
 esclude  naturalmente  (ed  anzi   implica,   secondo   la   puntuale
 indicazione  resa  dalla  Corte costituzionale nella sentenza citata)
 l'assoggettabilita'  a  giudizio  di  costituzionalita'  della  legge
 provinciale (n. 26/1987) con la quale il piano e' stato approvato, se
 e  nella  misura  in  cui  la  stessa  presenti  vizi  sostanziali  o
 procedimentali  suoi  propri  (e non quindi come semplice riflesso, o
 conseguenza, della questione deducibile e  in  concreto  dedotta  nei
 confronti  delle  fonti  normative che contemplano l'approvazione del
 piano con atto legislativo).
    Giova  anzi  sottolinare come la stessa sentenza costituzionale n.
 143/1989 fornisca al riguardo alcune preziose  enunciazioni,  laddove
 la  stessa, nel rimarcare le peculiari modalita' in cui si estrinseca
 la tutela (giurisdizionale e non) dei privati  nei  confronti  di  un
 atto di pianificazione territoriale assunto in forma di legge, indica
 altresi'  nelle  linee  essenziali  gli  elementi  contenutistici   e
 procedimentali   che  debbono  in  concreto  sussistere  al  fine  di
 garantire la compatibilita' della  legge  di  piano  con  il  disegno
 costituzionale.
    Due  indicazioni,  in  particolare,  sembrano  assumere un rilievo
 centrale  anche  ai  fini  del  presente  giudizio:  da  un  lato  il
 riferimento  al principio del "giusto procedimento" (di cui, sia pure
 con formula velatamente dubitativa, la Corte sebra  voler  finalmente
 affermare la rilevanza costituzionale nell'ambito dell'art. 42, terzo
 comma, della Costituzione, quanto meno con riguardo quei momenti  del
 complessivo intervento pubblico diretto a limitare il pieno godimento
 della  proprieta'  privata  che  si  sostanzino  nell'imposizione  di
 vincoli  o  limiti  specifici);  dall'altro  il  rilievo,  piu' volte
 ribadito, secondo cui nel  sistema  urbanistico  della  provincia  di
 Trento   il   piano   provinciale  funge  da  piano  territoriale  di
 coordinamento (art. 6 della legge provinciale n. 2/1964) ed e',  come
 tale,  diretto  di norma a porre vincoli soltanto nei confronti delle
 amministrazioni che debbono poi adottare,  con  atti  amministrativi,
 gli  strumenti  urbanistici  sottordinati  a  contenuto  direttamente
 vincolistico, nei confronti dei quali i provati conservano intatta la
 possibilita' di tutela giurisdizionale.
    4.  - Alla stregua di tali enunciazioni precettive deve, pertanto,
 essere commisurata,  in  concreto,  la  leggittimita'  costituzionale
 della  specifica  disposizione  delle  norme  di attuazione del piani
 urbanistico provinciale (art. 9), che il sindaco di Arco ha  ritenuto
 di  per  se'  ostativa  all'assentimento  della richiesta concessione
 edilizia.
    La norma in esame, intitolata alle "aree di protezione dei laghi",
 sancisce al terzo comma, prima parte, che nelle  aree  di  protezione
 (cartograficamente individuate ai sensi del precedente secondo comma)
 "sono consentite trasformazioni edilizie  ed  urbanistiche  solo  per
 destinazioni  finalizzate  al  pubblico  interesse, con esclusione di
 nuove attrezzature ricettive permanenti o temporanee".
    Non  sembra contestabile che la trascritta disposizione, lungi dal
 costituire una semplice norma di indirizzo per  la  futura  attivita'
 amministrativa  di  pianificazione comprensoriale e comunale contenga
 viceversa un vincolo puntuale e specifico, immediatamente gravante su
 aree  esattamente  individuate  nei loro confini, sulle quali vengono
 inibiti   specifici   e   topologicamente   identificati   interventi
 trasformativi.
    Ne', d'altra parte, sembra potersi affermare che il vincolo in tal
 guisa imposto di limiti ad esplicitare, in funzione ricognitiva,  una
 qualita'  gia'  ontologicamente  propria  dei beni identificati quali
 "aree di protezione dei laghi",  si'  da  ricondursi  piuttosto  alla
 materia  della  tutela  ambientale  e paesaggistica anziche' a quella
 della disciplina  stricto  sensu  urbanistica,  secondo  un  criterio
 distintivo  emergente  da  ormai  risalente giurisrudenza della Corte
 costituzionale (cfr., al riguardo, le sentenze nn. 55 e 56 del 1968).
    Basti considerare, in proposito, che gia' il primo comma dell'art.
 9 in esame identifica un duplice ordine di finalita' cui  assolve  il
 regime  di  salvaguardia  delle  aree  poste lungo le rive dei laghi,
 identificando accanto a fini di "conservazione ambientale" anche fini
 di  "utilizzazione  sociale".  Appunto  a  questo  secondo  ordine di
 finalita', piuttosto che  al  primo,  appare  ispirata  la  censurata
 disposizione  del  successivo  terzo  comma, se e' vero che l'impatto
 ambientale   di   eventuali    trasformazioni    urbanistico-edilizie
 finalizzate  a  destinazioni  di  pubblico  interesse  (come tali non
 inibite  dal  legislatore  provinciale)  ben  potrebbe  risultare  in
 definitiva  maggiore  rispetto  a  quello proprio di eventuali "nuove
 attrezzature ricettive permanenti o  temporanee"  che  viceversa,  in
 quanto  destinate  ad assolvere a finalita' privatistiche, sono state
 radicalmente escluse dalla norma di piano, sulla base di  una  tipica
 scelta discrezionale di indole squisitamente urbanistica.
    La  valenza  urbanistica  e la portata immediatamente vincolistica
 della norma in esame sono  quindi  i  due  fattori  qualificanti  che
 inducono  il  collegio  a  dubitare della legittimita' costituzionale
 delle stessa: e cio' sotto un duplice profilo.
    5.  -  Sul  piano  sostanziale l'art. 9, terzo comma, prima parte,
 delle  norme  di  attuazione  del  piano   urbanistico   provinciale,
 approvato con legge provinciale n. 96/1987, senbra porsi in contrasto
 con l'art. 42, terzo comma, della Costituzione nella misura  in  cui,
 imponendo direttamente, di singole aree specificamente individuate ai
 sensi  del  precedente  secondo  comma,  un  vincolo   termporalmente
 illimitato  di  destinazione  a  fini  di  utilizzazione  sociale,  e
 precludendo correlativamente qualsiasi intervento  di  trasformazione
 urbanistica  ed  edilizia  a  fini  privati,  integra  gli estremi di
 un'espropriazione   senza    indennizzo,    secondo    l'orientamento
 ripetutamente  espresso  dalla  Corte costituzionale con sentenze nn.
 55/1968 e 92/1982.
    Sotto questo profilo, invero, sembra potersi cogliere un'ulteriore
 implicazione del richiamo ripetutamente operato  dalla  piu'  recente
 sentenza  n.  143/1989  della  stessa  Corte in merito alla natura di
 piano territoriale di coordinamento  propria  del  piano  urbanistico
 della  provincia  di  Trento.  Nulla  quaestio  fintanto che il piano
 legislativamente  approvato  si  limiti  ad  assolvere  alla  propria
 istituzionale   funzione  di  "assicurare  l'unita'  di  indirizzo  e
 l'organicita' di sviluppo della pianificazione di grado  subordinato,
 indicando  le  zone  soggette a tutela paesaggistica, la ripartizione
 del territorio provinciale in comprensori,  la  localizzazione  delle
 strutture  e  delle  infrastrutture,  nonche'  i vincoli di carattere
 generale" (cosi' Corte costituzionale  n.  143/1989  cit.).  Qualora,
 invece,  il  legislatore  provinciale  sia  andato  oltre  i  confini
 istituzionalmente   propri   della   potesta'    pianificatoria    di
 coordinamento,  imponendo  su  singole  aree  vincoli  immediatamente
 operativi tali da sottrarre  o  menomare  le  pregresse  facolta'  di
 godimento  e  di utilizzazione del bene in rapporto alla sua naturale
 destinazione, non sembra che la fonte legislativa primaria  possa,  a
 pena  di  incostituzionalita',  sottrarsi all'onere di delimitare nel
 tempo l'afficacia della propria previsione vincolistica  (raccordando
 eventualmente  la  stessa  agli ulteriori interventi pianificatori di
 livello sottordinato),  ovvero  alternativamente  di  contemplare  la
 corresponsione  di  un'indennita' a favore dei proprietari delle aree
 indefinitamente vincolate.
    6. - Un ulteriore profilo di incostituzionalita', coinvolgente non
 la sola previsione normativa in precedenza considerata, ma  anche  le
 previsioni degli allegati cartografici e della relazione illustrativa
 specificatamente riguardanti l'area di proprieta'  della  ricorrente,
 sembra sussistere, sempre in rapporto all'art. 42, terzo comma, della
 Costituzione,  sotto  il  profilo   della   violazione   del   giusto
 procedimento  (cui, come ricordato, la sentenza n. 143/1989 riconosce
 valore di  garanzia  costituzionale  "in  relazione  ai  procedimenti
 comportanti vincoli o limiti per i privati").
    La  mera  previsione legislativa (art. 9, terzo comma, della legge
 provinciale  n.  2/1964)  di  una   fase   partecipativa   successiva
 all'adozione del progetto di piano da parte della giunta provinciale,
 nella quale i privati interessati possono formulare "osservazioni nel
 pubblico  interesse", soddisfa bensi' alla garanzia procedimentale in
 discussione  nei  limiti  in   cui   il   piano   provinciale   funga
 effettivamente  -  ed  esclusivamente  -  da  piano  territoriale  di
 coordinamento diretto a porre vincoli soltanto  nei  confronti  delle
 amministrazioni,   che  debbono  quindi  adottare,  con  propri  atti
 amministrativi, gli  strumenti  urbanistici  sottordinati  dai  quali
 scaturiranno  i  vincoli  per  i  privati  (cosi',  espressamente, la
 sentenza Corte costituzionale n. 143/1989, che richiama sul punto  la
 precedente sentenza n. 1164/1988).
    Qualora,  invece,  la  legge-provvedimento  contenga,  come  nella
 specie,   specifiche   prescrizioni   a   contenuto    immediatamente
 vincolistico per i soggetti privati, lo sviluppo logico-argomentativo
 della   citata   giurisprudenza   costituzionale   sembrra   condurre
 inevitabilmente  al  riconoscimento  di  piu'  incisive  ed  efficaci
 garanzie  idonee  a  recuperare,  sul  terreno  del  procedimento  di
 formazione della strumento pianificatorio, la perdita di effettivita'
 a  livello  di  tutela  giurisprudenziale  che  inerisce  alla  forma
 legislativa dell'atto di approvazione.
    Tali  garanzie  procedimentali  vanno  ricercate,  in particolare,
 nell'onere di notivazione da cui debbono essere sussidiate  tutte  le
 scelte  pianificatorie  a  contenuto  puntualmente vincolistico, ogni
 volta in cui le  stesse  si  caratterizzano  per  la  loro  specifica
 incidenza,  in  senso  peggiorativo per l'interessato, su determinate
 situazioni che siano meritevoli di particolare considerazione per  la
 singolarita'   del  sacrificio  imposto  o  per  la  preesistenza  di
 aspettative  ingenerate  nel  privato,  quali  ad  esempio  (ma   non
 soltanto)  quelle nascenti da una lottizzazione regolarmente appovata
 e convenzionata.
    Un tale onere di motivazione, affermato da costante giurispridenza
 con riguardo agli strumenti urbanistici generali approvati  con  atto
 amministrativo (cfr., tra le piu' recenti, Consiglio di Stato, IV, 19
 febbraio 1988, n. 79; 17 gennaio 1989, n. 5, e 6 marzo 1989, n. 148),
 non sembra in verita' possa essere eluso dalla scelta dello strumento
 formale  dell'atto  legislativo,  risultandone  incise  soltanto   le
 modalita'  attuative  dei rispettivi mezzi di tutela, che nel caso in
 esame si ricondurranno, dopo l'avvenuta approvazione del piano,  alla
 possibilita'  di  denunziarne  in  via  incidentale  l'illegittimita'
 costituzionale nell'ambito di un giudizio impugnatorio di  successivi
 atti amministrativi che ne abbiano fatto applicazione.
    7. - Nella specie, la titolarita' in capo alla societa' ricorrente
 di una qualificata posizione soggettiva,  meritevole  di  particolare
 considerazione  in  ragione  di pregressi affidamenti, discende da un
 duplice  ordine  di  circostanze:  da  un  lato,  lo   stesso   piano
 urbanistico  provinciale  contemplava,  nella stesura originariamente
 adottata con  deliberazione  10  giugno  1985,  n.  5252,  una  nuova
 infrastruttura  portuale  per la navigazione turistica localizzata in
 prossimita' della foce del fiume Sarca, conformemente alle previsioni
 dello   strumento   urbanistico   comunale   vigente   (programma  di
 fabbricazione del comune di Arco, approvato nel  1984)  e  di  quello
 comprensoriale  in  itinere;  d'altro  lato,  in  attuazione di dette
 previsioni urbanistiche di livello  superiore,  con  deliberazione  4
 agosto  1986, n. 81, il consuglio comunale di Arco approvava un piano
 di lottizzazione convenzionata contemplante, sulle aree di proprieta'
 della  ricorrente,  un insediamento turistico-ricettvo comprensivo di
 un porto per la navigazione lacustre.
   Siffatta  previsione  insediativa  risulta,  per contro, totalmente
 cancellata in sede di adozione delle variazioni a  piano  urbanistico
 provinciale  (deliberazione  n.  1152  di  data 24 febbraio 1987), ai
 sensi dell'art.  12  della  legge  provinciale  n.  2/1964,  dopo  la
 avvenuta presentazione di osservazioni da parte degli interessati (ex
 art. 9, terzo comma) e l'avvenuta formulazione del  parere  da  parte
 della  commissione  urbanistica  provinciale  (  ex  art. 10). Ne' le
 osservazioni accolte, ne' il parere acquisito contenevano,  peraltro,
 rilievi  di  sorta in ordine alla localizzazione dell'insediamento di
 cui trattasi, il cui stralcio appare  viceversa  frutto  di  autonome
 revirement   da  parte  della  giunta  provinciale,  motivato  (nella
 relazione  aggiuntiva,  costituente  allegato  B  della  delibera  n.
 1152/1987,  sub 4.23) da un asserito eccesso di strutture portuali di
 reale  rilevanza  provinciale,  tale  da  richiedere  "una  razionale
 selezione  all'interno  del  sistema  complessivo",  e  da  una  piu'
 rigorosa  politica  di  tutela  ambientale,  in  particolare  per   i
 territori  costieri  gia'  compromessi  ed  assoggettati a piu' forte
 pressione insediativa.
    Pare  al collegio che una tale motivazione, per la sua genericita'
 ed apoditticita', per l'assoluta mancanza di  riscontri  obiettivi  a
 carattere  tecnico-documentale,  ed  infine  per  la  sua  intrinseca
 contraddittorieta'  (l'inclusione  dell'area  di   proprieta'   della
 ricorrente  fra quelle di protezione dei laghi non esclude, come gia'
 rilevato, la realizzabilita' di insediamenti finalizzati  a  pubblico
 interesse  e  nondimeno incompatibili con le esigenze di salvaguardia
 ambientale che  si  pretende  voler  tutelare),  non  sia  idonea  ad
 assolvere  alla  peculiaria funzione garantistica che ad essa compete
 con riguardo a scelte pianificatorie incidenti in  modo  puntuale  su
 posizioni  soggettive  consolidate.  Si tratta, in buona sostanza, di
 una  pura  e  semplice  scelta  politica,  legata  verosimilmente  al
 mutamento   del  quadro  politico-istituzionale  e  dei  rapporti  di
 equlibrio all'interno dell'organo di governo provinciale: una  scelta
 che,  al  fine  di acquisire legittimazione giuridica, avrebbe dovuto
 esprimersi, quanto meno, in  termini  di  trasparenza  procedimentale
 tali  da  assicurare  un'adeguata  tutela  delle posizioni soggettive
 private gia' consolidatesi in forza di scelte  pregresse  e  che,  in
 mancanza,  non puo' sfuggire a rilievi di legittimita' costituzionale
 sotto il profilo, qui considerato, della violazione del principio del
 giusto procedimento.
    8.  -  In  forza  delle  premesse considerazioni, questo tribunale
 ritiene pertanto non manifestamente infondata  (oltre  che  rilevante
 per  le  considerazioni  scolte  sub  1) la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 9, terzo comma, prima parte, in relazione al
 precedente  secondo  comma,  delle  norme  di  attuazione  del  piano
 urbanistico provinciale di Trento, approvato con legge provinciale  9
 novembre  1987,  n.  26,  nonche'  di  tutte  le inerenti previsioni,
 cartografiche   e   della    relazione    illustrativa    riguardanti
 specificamente  l'area  di  proprieta'  della  ricorrente  di  cui e'
 giudizio, in relazione all'art. 42, terzo comma, della  Costituzione,
 sotto   il   duplice   profilo  della  previsione  di  un  intervento
 espropriativo senza indennizzo, e della violazione del principio  del
 giusto  procedimento  nell'imposizione  di  vincoli  specifici  sulla
 proprieta' privata.
    La  questione  come  sopra  precisata deve pertanto essere rimessa
 all'esame della Corte costituzionale, previa sospensione del giudizio
 ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.