ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 16, della legge
 23 agosto 1988,  n.  400  (Disciplina  dell'attivita'  di  Governo  e
 ordinamento  della  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri)  e del
 decreto-legge 24 marzo 1989, n. 102 (disposizioni urgenti in  materia
 di pubblico impiego), promosso con ordinanza emessa il 24 aprile 1989
 dalla Corte dei conti nei ricorsi riuniti  proposti  dal  procuratore
 generale  contro  Iovino  Attilio  ed  altri,  iscritta al n. 428 del
 registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 39, prima serie speciale dell'anno 1989;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  dei  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 13 dicembre 1989 il Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
    Ritenuto  che  la Corte dei conti, sezione quarta giurisdizionale,
 nel corso di un giudizio promosso dal Procuratore generale presso  di
 essa  -  per  l'annullamento  di  cinque  decreti del Ministero della
 difesa che, in ottemperanza a decisioni dei T.a.r. del  Lazio  e  del
 Piemonte,  per  cinque  ufficiali  (Attilio Jovino, Battista Berruti,
 Aldo  Alterio,  Domenico  Spagnolo,  Bruno  Barosini)  collocati   in
 ausiliaria  prima  del  limite  raggiungibile  in relazione al grado,
 riliquidavano  il  trattamento  di  quiescenza  in   relazione   agli
 incrementi  della  retribuzione  ed agli emolumenti resi pensionabili
 successivamente al congedo, previsti in via generale per il personale
 in  servizio  dalle  leggi 11 luglio 1980, n. 312 e 6 agosto 1981, n.
 432 - ha sollevato, con ordinanza emessa il 24 aprile 1989, questione
 di  legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 100, secondo
 comma, Cost., del decreto-legge 24 marzo 1989, n.  102  (Disposizioni
 urgenti   in   materia  di  pubblico  impiego)  per  il  suo  mancato
 assoggettamento al controllo preventivo di legittimita' di essa Corte
 dei  conti,  e,  in via mediata, in riferimento allo stesso art. 100,
 secondo comma, Cost., dell'art. 16 della legge 23 agosto 1988, n. 400
 (Disciplina  dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza
 del Consiglio dei ministri), che esclude gli atti del Governo  aventi
 forza di legge da tale controllo preventivo;
      che  a  sostegno  della  domanda  di annullamento dei decreti il
 Procuratore generale,  discostandosi  dall'interpretazione  data  dal
 Ministero  della  difesa  all'art.  1-bis,  terzo  comma, del d.l. 23
 dicembre 1978, n. 814 (Proroga del termine previsto dagli artt. 15  e
 17  della  legge  10  dicembre  1973,  n. 804, per il collocamento in
 aspettativa per riduzione  di  quadri  degli  ufficiali  delle  Forze
 armate  e  dei Corpi di polizia) convertito, con modificazioni, nella
 legge 19 febbraio  1979,  n.  52,  ha  affermato  che  gli  ufficiali
 collocati  in  ausiliaria  hanno  titolo  a  fruire  non  gia'  della
 riliquidazione  del  trattamento  di  quiescenza  in   occasione   di
 incrementi  di  retribuzione concessi in via generale al personale in
 servizio,  bensi'  soltanto  delle  conseguenze  favorevoli  connesse
 all'anzianita'   maturabile,   nonche'  alla  progressione  economica
 individuale conseguibile, fino al limite di eta';
      che  nel  corso  del giudizio veniva emanato il decreto-legge 24
 marzo 1989, n. 102  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  pubblico
 impiego)  che  recava  (art.  4,  secondo  comma)  un'interpretazione
 autentica  del  detto  art.  1-  bis  del  d.l.  n.  814   del   1978
 sostanzialmente  analoga  a quella fornita dal Procuratore generale e
 disponeva  (art.  4,  quarto  comma)  che  gli   eventuali   maggiori
 trattamenti   spettanti   o   in  godimento  conseguenti  a  difformi
 interpretazioni del citato art. 1- bis del  d.l.  n.  814  del  1978,
 fossero   conservati   ad  personam  e  riassorbiti  con  la  normale
 progressione economica di  carriera  o  con  i  futuri  miglioramenti
 dovuti sul trattamento di quiescenza;
      che  il  giudice  a  quo,  premesso  che  per la soluzione della
 controversia occorreva fare applicazione di entrambe le citate  norme
 contenute nell'art. 4 del provvedimento sopravvenuto, rilevava che il
 d.l. non era stato assoggettato al controllo preventivo di essa Corte
 dei  conti  a  seguito  dell'esclusione  da  tale  controllo disposta
 dall'art. 16 della legge n. 400 del 1988;
      che  nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  concludendo  in via principale per la restituzione degli atti
 al giudice a quo in quanto il decreto legge impugnato  aveva  perduto
 efficacia per mancata conversione nel termine, al pari dei successivi
 dd.ll. 26 maggio 1989, n.191 e 26 luglio 1989,  n.  260,  mentre  era
 rimasto  in  vigore soltanto il successivo d.l. 23 settembre 1989, n.
 326 (che peraltro, come i due precedenti, si limitava  a  riprodurre,
 per  quanto  qui  rileva,  solamente  la  disposizione  relativa alla
 conservazione dei trattamenti economici spettanti o in godimento  per
 effetto   di   interpretazioni  difformi),  ed  eccependo,  in  linea
 subordinata,   l'infondatezza   della   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  16  della  legge  n.  400 del 1988 perche'
 risolta negativamente dalla sentenza di questa Corte n. 406 del 1989;
    Considerato  che  il  decreto-legge  24  marzo 1989, n. 102 non e'
 stato convertito entro  il  termine  di  sessanta  giorni  dalla  sua
 pubblicazione,  come risulta dal comunicato pubblicato sulla Gazzetta
 Ufficiale n. 119, serie generale, del 24 maggio 1989;
      che  i decreti legge successivamente emanati in materia (d.l. 26
 maggio 1989, n. 191; d.l. 26 luglio 1989, n. 260) - che,  del  resto,
 del  decreto  denunciato  riproducono, per quanto qui rileva, la sola
 norma relativa alla conservazione dei trattamenti economici spettanti
 o  in godimento - non sono del pari stati convertiti nel termine, ne'
 lo e' stato il successivo, ed  analogo,  decreto-legge  23  settembre
 1989,  n.  326  (Gazzetta  Ufficiale,  serie  generale, n. 277 del 27
 novembre 1989);
      che  pertanto,  secondo  la consolidata giurisprudenza di questa
 Corte (v. da ultimo le ordd. nn. 447 e 344 del 1989), la questione di
 legittimita'  costituzionale del decreto-legge denunciato deve essere
 dichiarata manifestamente inammissibile, rimanendo assorbito  l'esame
 della   questione  di  legittimita'  costituzionale,  in  riferimento
 all'art. 100, secondo comma, della Costituzione, dell'art.  16  della
 legge  23  agosto  1988,  n. 400, questione, quest'ultima, che questa
 Corte ha peraltro gia' risolto negativamente, in sede di conflitto di
 attribuzione  tra poteri dello Stato sollevato dalla stessa Corte dei
 conti, con la sentenza n. 406 del 1989;
    Visti  gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo
 comma, delle Norme integrative  per  i  giudizi  davanti  alla  Corte
 costituzionale;