ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma primo,
 della legge 22 agosto 1985, n. 450 (Norme  relative  al  risarcimento
 dovuto   dal  vettore  stradale  per  perdita  o  avaria  delle  cose
 trasportate), come integrato dall'art. 10, comma terzo, del d.P.R.  3
 gennaio 1976 n. 32 promossi con le seguenti ordinanze:
      1) ordinanza emessa il 23 novembre 1990 dalla Corte d'Appello di
 Torino  nel  procedimento  civile vertente tra S.a.S. Dafne et Cloe e
 Autotrasporti Bestiame Melano Antonio e figlio iscritta al n. 46  del
 registro  ordinanze  1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1991;
      2) ordinanza emessa il 5 dicembre 1990 dal Tribunale  di  Ancona
 nel  procedimento  civile  vertente  tra  S.a.S.  E.  Porta  e S.n.c.
 Autotrasporti Fratelli Milletti  iscritta  al  n.  181  del  registro
 ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 ottobre 1991 il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un  giudizio  di  responsabilita'  per  i  danni
 conseguenti  alla  perdita - imputabile a colpa grave di un ausiliare
 del vettore  -  di  merci  trasportate  per  conto  terzi,  la  Corte
 d'appello di Torino, con ordinanza del 23 novembre 1990, ha sollevato
 questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1, primo comma,
 della legge 22 agosto  1985,  n.  450,  a  norma  del  quale  "per  i
 trasporti  di  merci  su  strada  soggetti  al  sistema  di tariffe a
 forcella di cui al titolo III della legge  6  giugno  1974,  n.  298,
 l'ammontare   del  risarcimento  per  perdita  o  avaria  delle  cose
 trasportate non puo' superare il massimale previsto dall'art. 13,  n.
 4,  della  stessa  legge  e  dai relativi regolamenti di esecuzione".
 Dall'art. 10 del regolamento di esecuzione, approvato  con  d.P.R.  3
 gennaio  1976,  n. 32, tale massimale e' fissato in lire 250 per ogni
 chilogrammo di portata utile del veicolo impiegato, "qualunque sia la
 natura e il valore delle cose da trasportare".
   Il dubbio di costituzionalita' viene proposto sotto due profili: a)
 in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost., in quanto la norma denunciata
 "non  prevede  il  dolo  o  la  colpa  grave  quale  eccezione   alla
 limitazione  di  responsabilita'  del  vettore;"  b)  in  riferimento
 all'art. 3 Cost., "in  quanto  non  prevede  che  la  limitazione  di
 responsabilita'  si  applichi  solo  nel caso in cui il trasporto sia
 stato in concreto sottoposto  alla  tariffa  a  forcella",  caso  non
 ricorrente nella specie.
    Sotto  il  primo  profilo  il  giudice  remittente  osserva che in
 materia analoga la  Convenzione  di  Ginevra  19  maggio  1956,  resa
 esecutiva   in   Italia   con   legge   6  dicembre  1960,  n.  1621,
 esplicitamente  esclude  ogni  limitazione  di  responsabilita'   del
 vettore  in  caso  di dolo o colpa grave. L'assenza di tale eccezione
 nella  legge  impugnata  comporta,  in  contrasto  col  principio  di
 eguaglianza,  una  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  della
 responsabilita' del vettore nel trasporto nazionale rispetto a quello
 internazionale, con  l'effetto  di  determinare  costi  aggiuntivi  a
 carico  degli utenti del primo, il che, in definitiva, si traduce per
 essi in un limite della liberta' di iniziativa economica risultandone
 aggravato il rapporto costi-benefici nelle rispettive imprese.
    Sotto  il  secondo  profilo  il  giudice  a  quo  rileva  che   la
 limitazione   di  responsabilita',  essendo  una  conseguenza  logica
 dell'intero sistema della c.d.  "tariffa  a  forcella",  fondato  sul
 duplice  presupposto della predeterminazione pubblica delle tariffe e
 dell'obbligatorieta'  dell'assicurazione  delle   merci   trasportate
 secondo  massimali normativamente predeterminati, non puo' operare in
 difetto di quei presupposti, allorche' di fatto il regime  tariffario
 non  ha  avuto  applicazione  per  inosservanza da parte del vettore.
 Nella  mancata  discriminazione  tra  vettori  osservanti  e  vettori
 inosservanti  della  tariffa  viene ravvisata un'altra violazione del
 principio di cui all'art. 3 Cost.
    2. - Nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuto il  Presidente
 del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura  dello
 Stato, chiedendo che le questioni siano  dichiarate  inammissibili  o
 comunque infondate.
    In  relazione  alla prima questione l'interveniente obietta che la
 normativa  impugnata  non  puo'  essere  messa  a  confronto  con  la
 disciplina del trasporto internazionale prevista dalla Convenzione di
 Ginevra,  trattandosi di due sistemi disomogenei, fondati su principi
 diversi  e  quindi  retti  da   logiche   diverse.   Il   limite   di
 responsabilita'   stabilito   dalla   disciplina   internazionale  e'
 disponibile  dall'autonomia  privata  mediante  la  dichiarazione  di
 valore  o  di  speciale  interesse  da  parte  del mittente, la quale
 assoggetta  il  rapporto  di  corrispettivita'  tra  le   prestazioni
 contrattuali  alla  regola  del  mercato.  La  disciplina  nazionale,
 invece,  e'  inderogabile,  cosi'  che   eccezioni   al   limite   di
 responsabilita'  del  vettore,  come  quelle  prospettate dalla Corte
 remittente in caso di dolo  o  colpa  grave,  non  potrebbero  essere
 riequilibrate  da una maggiorazione del prezzo del trasporto. Di tale
 limite  si  tiene  conto  in  sede  di  fissazione   della   forcella
 tariffaria.
    Circa    la   seconda   questione,   l'Avvocatura   ne   eccepisce
 l'irrilevanza, essendo fondata su una differenziazione di ipotesi che
 e' di mero fatto. Nel caso di stipulazione di un prezzo del trasporto
 eccedente l'uno o l'altro dei limiti di tariffa, la relativa clausola
 e' nulla e, a norma degli artt. 1339 e 1419, secondo comma, cod.civ.,
 automaticamente sostituita dal minimo o, rispettivamente, dal massimo
 legale, cosi' che pure questa ipotesi viene  de  iure  ricondotta  in
 concreto sotto il regime tariffario.
    Ad    avviso    dell'interveniente    l'accennata    ragione    di
 inammissibilita' si rifletterebbe anche  sulla  prima  questione,  in
 quanto  formulata  in  termini alternativi e paritetici rispetto alla
 seconda.
    3. - Sotto altri profili la medesima norma  e'  impugnata,  sempre
 per  contrasto  col  principio  di  cui  all'art.  3 Cost., anche dal
 Tribunale di Ancona,  e  precisamente  perche':  a)  non  prevede  un
 meccanismo  di  determinazione  dei  limiti  di  responsabilita'  del
 vettore idoneo a garantire un  adeguato  ristoro  del  danno,  tenuto
 conto  anche dell'entita' e della qualita' del carico, e non soltanto
 della portata utile  del  veicolo  impiegato  per  il  trasporto;  b)
 attribuisce  al  sistema  legale  di  tariffe  a  forcella  carattere
 cogente,  comprimendo  senza  ragione   l'autonomia   privata   degli
 operatori economici nel settore del trasporto su strada.
    4.  -  E'  intervenuto  il Presidente del Consiglio, rappresentato
 dall'Avvocatura  dello  Stato,  chiedendo  che  le  questioni   siano
 dichiarate inammissibili o, in subordine, infondate.
    L'inammissibilita'   e'   eccepita  sul  rilievo  che  il  giudice
 remittente ha omesso di accertare se l'avvenuto  pagamento  da  parte
 del  vettore,  a  titolo  di  risarcimento, di una somma superiore al
 limite massimo legale di responsabilita' non implichi rinunzia a  far
 valere  tale  limite, e anche perche' la rilevanza della questione e'
 affermata in base alla sola domanda di  liquidazione  di  un  quantum
 superiore, senza alcuna delibazione al riguardo, sebbene tale pretesa
 risulti contraddetta da una perizia di parte.
    Nel merito l'Avvocatura svolge argomenti analoghi a quelli esposti
 nell'atto  di  intervento  nella  causa  precedente, aggiungendo, per
 quanto  riguarda  la  lamentata  inadeguatezza   del   massimale   di
 responsabilita',  che  essa, in ipotesi, non e' imputabile alla legge
 impugnata, ma a disfunzioni applicative, cioe' a vizi della  funzione
 amministrativa  inerente  al mancato aggiornamento dei limiti fissati
 nel regolamento di esecuzione del 1976.
   Con  riguardo  a  un ulteriore tertium comparationis introdotto dal
 Tribunale di Ancona, si osserva, infine, che  nessun  confronto  puo'
 essere   proposto  tra  autotrasportatori  iscritti  e  non  iscritti
 all'Albo nazionale  della  categoria,  posto  che  l'attivita'  degli
 autotrasportatori  non iscritti e' illegittima e pertanto da' luogo a
 mere prestazioni di fatto.
                        Considerato in diritto
    1. - L'art. 1, comma 1, della legge 22 agosto  1985,  n.  450,  in
 materia  di responsabilita' civile del vettore stradale per perdita o
 avaria delle cose trasportate, e' impugnato dalla Corte d'appello  di
 Torino sotto due profili:
       a)  in  riferimento  agli  artt. 3 e 41, primo e secondo comma,
 Cost., in quanto  "non  prevede  il  dolo  e  la  colpa  grave  quale
 eccezione alla limitazione di responsabilita' del vettore";
       b)  in riferimento all'art. 3 Cost., "in quanto non prevede che
 la limitazione di responsabilita' si applichi solo nel caso in cui il
 trasporto sia stato in concreto sottoposto alla tariffa a forcella".
    Sotto altri due profili, entrambi in riferimento all'art. 3 Cost.,
 la medesima norma e' impugnata anche dal Tribunale di Ancona:
       c)  in  quanto  stabilisce  "criteri  certamente  inidonei   ad
 assicurare  l'adeguatezza  del  ristoro del danno da avaria o perdita
 della merce trasportata, determinando in misura fissa la  prestazione
 risarcitoria dovuta, con esclusivo riferimento alla portata utile del
 mezzo  impiegato  e  senza  considerare  in alcun modo l'entita' e la
 qualita'  del  carico,   non   prevedendo   peraltro   un   periodico
 aggiornamento  ovvero  un  meccanismo di adeguamento dei limiti cosi'
 individuati";
       d)  in  quanto  non  ammette,   in   favore   dell'utente,   la
 derogabilita' del limite di responsabilita' del vettore.
    2.  -  I giudizi di legittimita' costituzionale promossi dalle due
 ordinanze vertono su questioni  tra  loro  connesse,  concernenti  la
 medesima  disposizione  di legge, e pertanto vanno riuniti per essere
 decisi con unica sentenza.
    3.  -   Occorre   preliminarmente   respingere   un'eccezione   di
 inammissibilita'   opposta   dall'Avvocatura   dello   Stato   contro
 l'ordinanza del Tribunale di Ancona. Ad avviso dell'interveniente, il
 giudice a quo avrebbe dovuto  chiarire  se  l'avvenuto  pagamento  al
 danneggiato   di   una  somma  (assicurata  con  polizza  volontaria)
 superiore al limite legale di responsabilita' implichi  rinunzia  del
 vettore  a  far  valere  tale limite; inoltre avrebbe dovuto delibare
 l'attendibilita' della perizia di parte attestante che la detta somma
 coprirebbe integralmente il danno.
    Sul primo punto va osservato in contrario che il comportamento del
 vettore e' indice per se stesso solo della volonta' di non far valere
 il limite legale del risarcimento fino a  concorrenza  con  la  somma
 garantita   dalla   polizza   volontaria,   integrativa   di   quella
 obbligatoria.  Anche  sul  secondo  punto  il  giudice   a   quo   ha
 sufficientemente  valutato  la  rilevanza della questione: a tal fine
 basta la sussistenza di un nesso di  pregiudizialita'  rispetto  alla
 pretesa  dedotta  nel  giudizio  principale,  senza bisogno che siano
 previamente accertati i fatti (nella specie l'ammontare effettivo del
 danno) su cui la pretesa si fonda.
    4.  -  La  prima  questione, sopra elencata al punto 1, sub a), e'
 fondata.
    Da un insieme di norme, disseminate nel codice civile (artt. 1229,
 primo comma, 1713, secondo comma, ecc.), nel codice della navigazione
 (art. 952) e in leggi speciali (in particolare art. 29, primo  comma,
 della Convenzione di Ginevra sul trasporto internazionale di merci su
 strada,  resa  esecutiva  in  Italia  dalla legge 6 dicembre 1960, n.
 1621), si ricava un  principio  generale,  conforme  alla  tradizione
 giuridica  europea,  che  non  ammette  il  debitore  ad avvalersi di
 limitazioni  convenzionali  o  legali   di   responsabilita'   quando
 l'inadempimento dipende da dolo o colpa grave. Tale principio, mentre
 vincola   inderogabilmente   l'autonomia   privata,  non  vincola  il
 legislatore, non essendo  coperto  da  garanzia  costituzionale.  Ne'
 occorrono    formule    esplicite   per   escluderlo,   ben   potendo
 l'invalicabilita' in ogni caso  del  limite  essere  argomentata,  in
 conformita'  del dato testuale che non distingue, dalla ratio legis o
 dal contesto normativo. In questo senso e'  oggi  interpretato  dalla
 giurisprudenza   prevalente   l'art.   423   cod.  nav.  in  tema  di
 responsabilita'  del  vettore  marittimo,  il  quale,  a   differenza
 dell'art.  952 relativo al vettore aereo, non riserva il caso di dolo
 o colpa grave. Analogamente orientata e' la giurisprudenza in materia
 di responsabilita' risarcitoria degli autotrasportatori di  merci  su
 strada:  il  silenzio  dell'art.  1  della  legge  n. 450 e' ritenuto
 qualificato come indice di operativita' del limite in ogni caso.
    Contrariamente a quanto sostiene il giudice a  quo,  non  si  puo'
 argomentare  dal  confronto  col  citato art. 29 della Convenzione di
 Ginevra  un  vizio  di  legittimita'   costituzionale   della   norma
 denunciata  per violazione del principio di eguaglianza. Il confronto
 non  e'  ammissibile,  data  la   disomogeneita'   dei   sistemi   di
 responsabilita'   adottati   dalla   Convenzione   per   i  trasporti
 internazionali e dalla legge n. 450 per i trasporti interni  soggetti
 alle  tariffe  obbligatorie a forcella. Nel sistema della Convenzione
 il  limite  di  responsabilita'  del  vettore  puo'  essere  derogato
 mediante  dichiarazione  del  valore  della  merce o dichiarazione di
 speciale interesse alla consegna, sicche' il  diniego  del  beneficio
 sancito  dall'art.  29  quando  sia provato il dolo o (se equivalente
 secondo la giurisdizione adita) la colpa grave del vettore o dei suoi
 ausiliari, si  inserisce  nella  logica  della  non  assolutezza  del
 limite.  Nel  sistema  della  legge nazionale, invece, la limitazione
 legale del risarcimento e' inderogabile anche in favore  dell'utente,
 e poiche' l'inderogabilita' e' correlata alla cogenza delle tariffe a
 forcella,  non  sarebbe  di  per  se' ingiustificata l'estensione del
 limite a tutti i casi di responsabilita', incluso il caso di  dolo  o
 colpa grave.
    Il  parametro  dell'art. 3 Cost. viene piuttosto in considerazione
 sotto l'aspetto del principio  di  ragionevolezza  e  della  connessa
 esigenza     di    equo    contemperamento    dell'interesse    degli
 autotrasportatori  con  l'interesse  delle  imprese  utenti  tutelato
 dall'art.   41  Cost.  Il  limite  di  responsabilita'  del  vettore,
 specialmente  quando   e'   configurato   come   invalicabile   anche
 nell'ipotesi  di dolo o colpa grave, deve essere compensato da idonee
 garanzie di adeguatezza del risarcimento del danno. A questa esigenza
 di ragionevole bilanciamento degli interessi  in  gioco  si  dimostra
 sensibile,  in  una certa misura che qui non occorre valutare, l'art.
 52 del d.P.R. 30 marzo 1961, n. 197, relativo al  trasporto  di  cose
 sulle  ferrovie  dello Stato, che nel caso di dolo o colpa grave, pur
 senza rimuovere il limite di  responsabilita'  del  vettore,  dispone
 pero' il raddoppio del massimale.
    Se  e'  vero,  infatti,  che la limitazione di responsabilita' del
 vettore (la quale trasforma il rischio delle imprese di autotrasporto
 per la perdita o avaria delle merci in costi  assicurativi)  comporta
 un  contenimento  dei  prezzi del servizio, con benefica ricaduta sui
 prezzi di mercato delle merci  trasportate  e  quindi  sull'interesse
 generale,  e'  vero altresi' che, ove la somma-limite non rappresenti
 un risarcimento adeguato (seppure non integrale), il detto  vantaggio
 e'  annullato  dal  costo  supplementare  che  l'impresa  utente deve
 accollarsi per assicurare per proprio conto il  carico  almeno  nella
 misura  occorrente  per  garantirsi  un congruo indennizzo in caso di
 perdita o di avaria delle merci. Questo costo assicurativo, aggravato
 dall'estensione del limite di responsabilita' del vettore all'ipotesi
 di dolo o colpa grave, incide sulla programmazione  dei  costi  delle
 imprese  utenti  e sulla correlativa politica dei prezzi, comprimendo
 la liberta' di organizzazione  e  di  gestione  dell'impresa  secondo
 criteri  di  economicita',  la quale e' un elemento della liberta' di
 iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost. Ne risultano in pari
 tempo compromessi gli scopi di  utilita'  sociale  che  la  legge  si
 propone  in  termini di contenimento dei prezzi di mercato attraverso
 il calmieramento dei costi di trasporto delle merci.
    4.1. - L'Avvocatura dello Stato obietta che l'inadeguatezza  della
 somma-limite  determinata  dall'art. 10 del regolamento di esecuzione
 della legge n. 298 del 1974 (approvato con d.P.R. n. 32 del 1976)  e'
 imputabile a "disfunzioni applicative della legge, cioe' a vizi della
 funzione  amministrativa", che non possono formare materia di censura
 davanti a questa Corte. Ma va osservato in contrario  che  l'art.  1,
 comma  1,  della  legge  n.  450  del 1985 e' impugnato non tanto per
 l'esiguita'  della  somma-limite  fissata  dal  regolamento  da  esso
 richiamato,  quanto  perche' il limite di responsabilita' del vettore
 non trova compenso nella  predisposizione,  nella  stessa  legge,  di
 garanzie  idonee  ad  assicurare  l'adeguatezza  del risarcimento, di
 guisa che, alla stregua del criterio sopra enunciato, il  limite  non
 appare giustificato, specialmente nell'ipotesi di dolo o colpa grave.
    5.  -  Alla  stregua  del  medesimo  criterio  e' fondata anche la
 questione indicata al punto 1  sub  c),  limitatamente  alla  censura
 rivolta  alla  norma  impugnata  di  non  prevedere  un meccanismo di
 aggiornamento  del  massimale  cui  e'  commisurato  il   limite   di
 responsabilita' del vettore, massimale che dal 1976 e' rimasto finora
 invariato.  La prescrizione del periodico aggiornamento del limite di
 responsabilita' (cui ha provveduto,  per  esempio,  l'art.  19  della
 legge  13  maggio 1983, n. 213, in tema di responsabilita' civile del
 vettore  aereo)  rientra  tra  le   garanzie   di   adeguatezza   del
 risarcimento,  che devono essere predisposte dalla legge affinche' il
 limite sia  ragionevolmente  contemperato  con  gli  interessi  degli
 utenti.
    La  questione e', invece, infondata nella parte in cui contesta la
 legittimita'  del  metodo  di   determinazione   della   somma-limite
 prescelto  dalla norma impugnata attraverso il rinvio all'art. 13, n.
 4 della legge n. 298 del 1976 e al suo regolamento di esecuzione,  il
 quale  commisura il massimale alla portata lorda del mezzo impiegato,
 senza riguardo alla natura e al valore delle cose da trasportare.  Di
 per se', considerato indipendentemente dal coefficiente monetario con
 cui  viene  applicato,  questo  metodo non puo' dirsi irragionevole e
 inidoneo a garantire un congruo ristoro del  danno,  specialmente  se
 interpretato  in  un  certo  senso tra i vari possibili, tenuto conto
 anche della possibilita' offerta al mittente, per le merci di  valore
 elevato,  di sottrarsi al vincolo delle tariffe a forcella ripartendo
 il trasporto in carichi non superiori alle  cinque  tonnellate  (art.
 59, lett. a) della legge n. 298 del 1974).
    6.  -  Non sono fondate le questioni di cui al punto 1, lett. b) e
 d).
    La prima, sollevata dalla Corte d'appello di  Torino,  censura  la
 norma sotto esame perche' non distingue tra vettori che rispettano le
 tariffe    e    stipulano   l'assicurazione   obbligatoria   per   la
 responsabilita' per i danni alle cose da trasportare, e  vettori  che
 non   osservano   le   tariffe  e/o  non  stipulano  l'assicurazione,
 ammettendo  anche  i  secondi  al  beneficio  della  limitazione   di
 responsabilita'   e   cosi'   trattando  in  modo  eguale  situazioni
 disuguali.
    Per quanto concerne l'osservanza delle  tariffe  obbligatorie,  la
 distinzione  prospettata  dal  giudice  remittente  e' giuridicamente
 inconsistente sul piano del rapporto  di  trasporto:  l'imperativita'
 del  sistema  delle tariffe a forcella comporta nei contratti ad esso
 soggetti la sostituzione automatica delle clausole  difformi  con  il
 minimo  o  il  massimo  di tariffa, a seconda che la deroga sia stata
 pattuita in  diminuzione  rispetto  all'uno  o  in  aumento  rispetto
 all'altro (artt. 1339 e 1419, secondo comma, cod. civ.).
    Nel  caso  di  inosservanza  dell'obbligo  di  assicurazione della
 responsabilita' per danni alle cose da trasportare non puo' trattarsi
 se non di un vettore abusivo, dal momento  che  la  stipulazione  del
 contratto di assicurazione e' una condizione dell'iscrizione all'albo
 degli   autotrasportatori  e  questa,  a  sua  volta,  e'  condizione
 necessaria  per  l'esercizio  dell'autotrasporto  per   conto   terzi
 (rispettivamente artt. 13, n. 4, e 1, terzo comma, della legge n. 298
 del 1974). Il contratto di trasporto stipulato con un vettore abusivo
 e' nullo, e quindi manca il presupposto di fondo per l'applicabilita'
 del limite di responsabilita' di cui si discute.
    7.  La  questione  sub  d),  sollevata  dal  Tribunale  di Ancona,
 contesta la legittimita' del carattere di inderogabilita' della norma
 impugnata, in quanto produrrebbe  una  ingiustificata  disparita'  di
 trattamento,  da  una  parte,  "fra  autotrasportatori iscritti e non
 iscritti (rectius: che non abbiano titolo all'iscrizione) al relativo
 albo", dall'altra, "fra utenti di servizi di  trasporto  stradale  di
 merci  e  utenti  di  analoghi  servizi  resi  da vettori marittimi o
 aerei".
    Quelli che il giudice a quo chiama  autotrasportatori  non  aventi
 titolo  all'iscrizione  all'albo  sono  gli  spedizionieri-vettori, i
 quali non hanno la qualita'  di  autotrasportatori  nel  senso  della
 legge  n. 298 del 1974, cioe' stipulano inizialmente non un contratto
 di trasporto, ma un contratto di spedizione assumendo la qualita'  di
 spedizionieri,  e  successivamente  "entrano" (come si suol dire) nel
 contratto  di  trasporto  ai  sensi  dell'art.  1741  cod.  civ.   La
 diversita'  tra le due figure non consente di metterle a confronto ai
 fini dell'art. 3 Cost.
    Quanto all'altro aspetto della pretesa violazione del principio di
 eguaglianza,  va  osservato  che  nei sistemi indicati nell'ordinanza
 come termini di paragone, i quali consentono la deroga al  limite  di
 responsabilita'  del vettore in favore dell'utente, all'aumento della
 somma-limite e' corrispettivo un aumento del prezzo del trasporto, il
 che non e' possibile nel  sistema  delle  tariffe  a  forcella,  data
 appunto  la  rigidita' della forcella (art. 51, terzo comma, legge n.
 298 del 1974), onde si giustifica qui l'inderogabilita' del massimale
 di responsabilita' del vettore.