ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli  artt.  409,  quarto
 comma,  e  412,  secondo  comma,  del  codice  di procedura penale, e
 dell'art. 127 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e
 transitorie del codice di procedura penale (testo  approvato  con  il
 decreto  legislativo  28  luglio  1989,  n.  271),  promossi con n. 5
 ordinanze emesse il 31 dicembre 1990,  il  23  febbraio  1991,  il  4
 febbraio 1991, il 16 febbraio 1991 e il 19 marzo 1991 dal Giudice per
 le  indagini  preliminari  presso  il  Tribunale  di Ancona, iscritte
 rispettivamente ai  nn.  345,  353,  359,  420  e  496  del  registro
 ordinanze 1991 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 22, 24 e 33, prima serie speciale, dell'anno 1991.
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 6  novembre  1991  il  Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto  che  il  Giudice  per  le indagini preliminari presso il
 Tribunale di Ancona, con cinque ordinanze del 31 dicembre 1990, del 4
 febbraio 1991, del 16 febbraio 1991, del 23 febbraio 1991  e  del  19
 marzo  1991,  ha  sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 97, 101,
 secondo  comma,  e  112 della Costituzione, questioni di legittimita'
 degli artt. 409, quarto comma, e 412, secondo comma,  del  codice  di
 procedura  penale:  il  primo,  nella parte in cui non prevede alcuno
 specifico   meccanismo    procedurale    sostitutivo    dell'inerzia-
 inottemperanza  totale  o  parziale  del  pubblico ministero a fronte
 dell'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che  disponga,
 ex  art.  409,  quarto comma, ulteriori indagini e nella parte in cui
 non sembra evidenziare la natura cogente ed imperativa, nei confronti
 dell'autorita'  giudiziaria  requirente  destinataria  del  precetto,
 della  proposizione  "A  seguito dell'udienza, il giudice, se ritiene
 necessarie ulteriori indagini, le indica con  ordinanza  al  pubblico
 ministero,  fissando  il  termine indispensabile per il compimento di
 esse";   il   secondo,   perche'   non   sancisce   l'obbligatorieta'
 dell'avocazione  da  parte  del  procuratore generale presso la corte
 d'appello, di cui al primo comma dello  stesso  articolo,  quando,  a
 seguito  della comunicazione prevista dall'art. 409, terzo comma, sia
 stata constatata da parte del detto procuratore  generale  l'inerzia-
 inottemperanza  del  pubblico ministero di grado inferiore ai dettami
 dell'ordinanza del giudice per le indagini preliminari ex  art.  409,
 quarto comma;
      che,  con  le  due  ultime  ordinanze,  il giudice a quo censura
 anche, sempre in riferimento ai  medesimi  parametri  costituzionali,
 l'art.  127  del  testo  delle norme di attuazione di coordinamento e
 transitorie del codice di procedura penale (testo  approvato  con  il
 decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), "in quanto non comprende
 nell'elenco  delle  notizie  di  reato trasmesse infrasettimanalmente
 dalla segreteria  del  P.M.  alla  P.G.  anche  i  casi  di  indagini
 preliminari non espletate";
      e  che  in  tutti  i  giudizi  e'  intervenuto il Presidente del
 Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 Generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non
 fondate;
    Considerato   che   le  ordinanze  sollevano  questioni  in  parte
 identiche, donde la riunione dei relativi giudizi;
      che in ordine alle  prime  due  censure  la  Corte  si  e'  gia'
 pronunciata  dichiarandole  manifestamente infondate (v. ordinanza n.
 289 del 1991);
      e che le ordinanze di  rimessione  non  adducono  argomentazioni
 nuove o diverse da quelle allora esaminate;
      che, quanto alla denuncia dell'art. 127 del testo delle norme di
 attuazione  di  coordinamento  e  transitorie del codice di procedura
 penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n.
 271), la medesima ratio decidendi dell'ordinanza  n.  253  del  1991,
 dove  si  e'  precisato  che l'intervento del procuratore generale e'
 destinato "unicamente a consentire ad un diverso ufficio del medesimo
 organo di appurare se in concreto l'attivita' di indagine sia stata o
 meno esauriente  ai  fini  che  sono  costituzionalmente  imposti  al
 pubblico  ministero",  vale a ritenere manifestamente infondata anche
 tale questione.
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.