ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  28,  primo  e
 secondo  comma,  del  d.P.R.  27 aprile 1968, n. 488 (Aumento e nuovo
 sistema  di  calcolo  delle  pensioni  a  carico   dell'assicurazione
 generale  obbligatoria),  promosso con ordinanza emessa il 4 febbraio
 1992 dal Pretore di Lecce sul ricorso proposto da  Seracca  Guerrieri
 Vitantonio contro S.C.A.U., iscritta al n. 151 del registro ordinanze
 1992  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13,
 prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visti gli atti di costituzione di Seracca Guerrieri  Vitantonio  e
 dello  S.C.A.U.,  nonche'  l'atto  di  intervento  del Presidente del
 Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 16 giugno 1992 il Giudice relatore
 Francesco Greco;
    Uditi gli avvocati Claudio Dell'Antoglietta per Seracca  Guerrieri
 Vitantonio, Antonio Cochetti per lo S.C.A.U. e l'Avvocato dello Stato
 Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Il  Pretore  di  Lecce,  nel  giudizio  civile  tra Seracca
 Guerrieri Vitantonio e SCAU, diretto ad  ottenere  l'accertamento  in
 via  principale  del  diritto alla ripetizione di contributi agricoli
 versati fino al 1968  in  virtu'  di  norme  che  dovevano  ritenersi
 abrogate  e,  in via subordinata, per la ripetizione di somme versate
 in  piu'  del  dovuto,  ha  sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  28,  primo  e secondo comma, del d.P.R. 27
 aprile 1968, n. 488, anche in combinato disposto con l'art. 1,  primo
 comma,  del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito in legge
 7 dicembre 1989, n. 389, nella parte in cui non  consente  di  tenere
 conto,  al  fine  della  determinazione della base imponibile, di usi
 provinciali che fissano la durata della giornata lavorativa in misura
 diversa da  quella  utilizzata  dalla  contrattazione  collettiva  di
 settore  e  di  categoria  ed,  in  particolare, di quello vigente in
 Provincia di Lecce (durata della giornata lavorativa di cinque ore  e
 mezzo,  cioe'  di  un'ora  e quaranta minuti inferiore a quella delle
 altre Provincie e che e' presa in considerazione per il calcolo della
 contribuzione).
    A parere del giudice remittente risulterebbero violati:
       a) l'art. 3 della Costituzione, per la discriminazione  che  si
 verificherebbe a danno di quei datori di lavoro o concedenti soggetti
 ad  usi  che impongono una durata della giornata lavorativa minore di
 quella stabilita dai contratti collettivi  o  che,  per  una  ragione
 qualsiasi,  non  utilizzano la manodopera per l'intera giornata quale
 prevista dai contratti collettivi;  o  di  quei  piccoli  coloni  che
 impiegano  nella  coltivazione  del loro fondo una giornata di minore
 durata ma sono costretti a corrispondere  la  contribuzione  in  base
 alla  giornata  lavorativa di maggiore durata utilizzata da quelli di
 altra provincia per la medesima coltivazione;
       b)  l'art.  24  della  Costituzione,  in  quanto   il   giudice
 eventualmente   adito   potrebbe   solo   disapplicare   il   decreto
 ministeriale che fissa i  contributi  da  pagarsi  sulla  base  delle
 retribuzioni  risultanti  dai  contratti  collettivi  ma non potrebbe
 determinare il  contributo  da  pagarsi  in  base  alla  retribuzione
 effettivamente corrisposta;
       c)  l'art.  39  della  Costituzione,  perche'  si imporrebbe la
 osservanza del contratto collettivo che  stabilisce  un  orario  piu'
 lungo  anche  ai  datori di lavoro che potrebbero convenire un orario
 inferiore nonostante che il suddetto contratto  non  abbia  efficacia
 erga omnes.
    2.  -  L'ordinanza  e'  stata ritualmente comunicata, notificata e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
    3. - Nel giudizio si sono costituite le parti  ed  e'  intervenuta
 l'Avvocatura  Generale  dello Stato, in rappresentanza del Presidente
 del Consiglio dei ministri.
    3.1.  -  La   difesa   dello   S.C.A.U.   ha   concluso   per   la
 inammissibilita' della questione in quanto la ordinanza di rimessione
 non  contiene  alcuna  precisazione  del thema decidendum fissato nel
 ricorso introduttivo, specie in  ordine  alle  eventuali  convenzioni
 individuali  di utilizzazione della manodopera per una parte soltanto
 della giornata lavorativa e al trattamento contributivo  dei  piccoli
 coloni;   e   per   la   infondatezza,   perche'  il  problema  della
 disapplicazione dell'atto amministrativo di determinazione della base
 contributiva e'  meramente  astratto  ed  ipotetico,  non  avendo  il
 giudice a quo preso posizione circa la natura prettamente ricognitiva
 dei diritti nascenti dalla legge.
    Ha  rilevato,  poi,  l'insussistenza delle dedotte discriminazioni
 poiche' la determinazione della base  contributiva  non  legata  alla
 retribuzione  effettiva  trova  giustificazione  nella  necessita' di
 fissare  un  minimo  di  contribuzione  per  assicurare   la   tutela
 previdenziale  dei  lavoratori  ex  art.  38 della Costituzione in un
 sistema previdenziale eminentemente solidaristico; il  richiamo  alla
 contrattazione  collettiva  non  impone  al  datore  di lavoro la sua
 osservanza; non e' stata prospettata nel giudizio a quo una doglianza
 relativa all'art. 39 della Costituzione.
    3.2. - La difesa del ricorrente ha condiviso le argomentazioni del
 giudice  a  quo.  Ha  anche   sollevato   dubbi   di   illegittimita'
 costituzionale  delle  norme denunciate, che avrebbero introdotto per
 l'accertamento  delle  giornate  lavorative  prestate  da  lavoratori
 agricoli  e  dai  compartecipanti familiari il criterio delle tabelle
 per ettaro-cultura, gia' dichiarato costituzionalmente illegittimo.
    3.3. - L'avvocatura Generale  dello  Stato  ha  concluso,  in  via
 principale,  per  la  inammissibilita'  della  questione  e,  in  via
 subordinata, per l'infondatezza.
    In particolare, ha osservato che il giudice a quo  avrebbe  dovuto
 disapplicare    l'atto   amministrativo   di   determinazione   della
 contribuzione su base provinciale per contrasto  con  gli  usi  della
 Provincia di Lecce.
    4.  -  Nella  imminenza  dell'udienza  la difesa dello S.C.A.U. ha
 presentato memoria nella quale  ha  rilevato  che  il  ricorrente  ha
 irritualmente  esteso  i  limiti  della  questione;  che il ricorso a
 criteri  presuntivi  e'  pienamente  legittimo  siccome  correlato  a
 pratiche  di  forme contrattuali atipiche riferentisi ad appezzamenti
 di terreno di modesta  estensione  e  a  lavorazione  per  brevissimi
 periodi   di   tempo;  che  per  le  compartecipazioni  familiari  la
 distribuzione del salario all'interno della  famiglia  e'  effettuata
 dal  capo-famiglia  in  maniera  non rigida, il che non avviene per i
 salariati.
                        Considerato in diritto
    1. - La Corte e' chiamata a verificare se l'art. 28 del d.P.R.  27
 aprile  1968, n. 488, anche in combinato disposto con l'art. 1, primo
 comma, del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338 - convertito in legge
 7 dicembre 1989, n. 389 -, nella parte in cui non consente di  tenere
 conto, ai fini della determinazione della base imponibile sulla quale
 vanno  calcolati  i contributi agricoli unificati dovuti da datori di
 lavoro e concedenti per braccianti agricoli e piccoli coloni, di  usi
 normativi,  applicabili  nella provincia di ubicazione del fondo, che
 stabiliscano una giornata lavorativa di  durata  inferiore  a  quella
 fissata dalla contrattazione collettiva di settore e categoria, violi
 gli artt.:
       a)  3  della  Costituzione,  per la discriminazione che crea in
 danno dei datori di lavoro e concedenti soggetti agli  usi  suddetti,
 in  quanto la contribuzione che essi pagano e' piu' onerosa di quella
 dovuta  da  quanti,  invece,  utilizzano  l'orario  fissato  in  sede
 collettiva;  perche' non si tiene conto delle pattuizioni individuali
 le quali prevedono un impiego di manodopera che non copra  la  durata
 ordinaria del turno giornaliero; perche', a parita' di valori medi di
 impiego  di  manodopera per singole colture, impone una contribuzione
 commisurata ad un maggior numero di giornate lavorative ai concedenti
 di fondi siti in un ambito  provinciale  ove  si  osserva  un  minore
 orario giornaliero;
       b)  l'art.  24  della  Costituzione,  perche'  non  consente al
 giudice  ordinario,   che   disapplichi   il   decreto   ministeriale
 determinativo   della   contribuzione,  ritenendolo  illegittimo,  di
 provvedere egli stesso alla quantificazione  dell'onere  contributivo
 nel caso controverso;
       c) l'art. 39 della Costituzione, perche' indebitamente comprime
 la liberta' del contribuente imponendogli l'applicazione di contratti
 collettivi che non sono obbligatori erga omnes.
    2. - La questione non e' fondata.
    La  determinazione  dei  contributi  agricoli  unificati,  dopo la
 sentenza di questa Corte (n.  65  del  1962),  con  la  quale  si  e'
 dichiarata  la  illegittimita' del sistema di accertamento cosiddetto
 presuntivo,  viene  ora  effettuata  sulla  base   della   manodopera
 effettivamente  impiegata  in  ciascuna attivita'. I datori di lavoro
 devono denunciare, all'inizio dell'anno di competenza, la  manodopera
 impiegata  su appositi modelli approvati con decreto ministeriale. In
 caso di  omessa  denuncia,  gli  uffici  provinciali  dello  S.C.A.U.
 procedono in via induttiva.
    Il  procedimento  impositivo si completa con la determinazione del
 contributo dovuto; a tal fine si moltiplicano le giornate  di  lavoro
 per le rispettive aliquote contributive.
    Poiche'  il dato retributivo costituisce un fattore indispensabile
 per la detta determinazione, si e'  previsto  un  sistema  che  tiene
 conto delle retribuzioni medie convenzionali per ogni provincia sulla
 base dei contratti collettivi vigenti al 30 ottobre di ciascun anno e
 le relative risultanze sono recepite in appositi decreti del Ministro
 del  Lavoro  e  della  previdenza  sociale (art. 28, d.P.R. 27 aprile
 1968, n. 488; art. 8 del decreto-legge 1› luglio 1972, n. 287,  conv.
 in legge 8 agosto 1972, n. 459; art. 3, legge 8 agosto 1972, n. 457).
    L'art.  14  del decreto-legge n. 791 del 1981, convertito in legge
 n. 54 del 1982, ha stabilito che dal 1› gennaio  1982,  limitatamente
 agli   operai   agricoli   a   tempo   indeterminato,  il  contributo
 previdenziale  si  determini  anziche'   sulle   retribuzioni   medie
 convenzionali,   sulla   base   di   quelle  effettivamente  ad  essi
 corrisposte, cosi' come indicato dall'art. 12 della legge n. 153  del
 1969.
    2.1  -  Il ricorso al criterio della retribuzione media imponibile
 per grandi categorie di soggetti si e' reso necessario nella  realta'
 socio-culturale  ed  organizzativa interessante masse di lavoratori e
 lavorazioni varie da provincia a  provincia,  che  richiedono,  negli
 specifici  settori, un impiego differente di manodopera e che possono
 esigere anche una diversita' di tempi di lavoro. Non potendosi  tener
 conto  delle  particolari  situazioni  di  ciascun  lavoratore, si e'
 dovuto   prescindere,   in   via   generale,   da    una    specifica
 individualizzazione   e   ricorrere  necessariamente  ad  un  sistema
 impositivo altamente generalizzato.
    Il sistema seguito consente di tenere sufficientemente conto delle
 varie  realta'  provinciali  e  di  effettuare  un  bilanciamento  di
 interessi assicurato dalla utilizzazione di contratti collettivi come
 modelli  generali o parametri validi per la generalita' dei datori di
 lavoro.  Il  che  e'  possibile  anche  allo  stato   della   vigente
 legislazione  e  dell'indirizzo giurisprudenziale secondo cui i detti
 contratti hanno natura di diritto privato.
    3.   -   Per   gli   operai  a  tempo  determinato  si  prende  in
 considerazione il salario (paga base ed  indennita'  di  contingenza)
 per   ciascuna   qualifica   (comuni,   qualificati,   specializzati,
 superspecializzati), maggiorato dal salario integrativo provinciale e
 dal cosiddetto terzo elemento  (trattamento  forfettario  sostitutivo
 della indennita' di anzianita').
    Per  altri  (per  es. per i compartecipanti familiari ed i piccoli
 coloni) si prendono in considerazione diversi  elementi  tra  cui  il
 minimo   di   retribuzione   imponibile,  salvo  i  trattamenti  piu'
 favorevoli previsti da accordi collettivi o da contratti individuali.
    Peraltro,  nei  confronti  degli  operai  agricoli   non   trovano
 applicazione  le norme in materia di lavoro a tempo parziale (art. 5,
 decreto-legge n. 726 del 1984, convertito in legge n. 863 del  1984).
 E, quindi, nel caso di coloro che sono impiegati per un numero di ore
 di  lavoro  giornaliero  inferiore  a  quello  previsto dai contratti
 collettivi, si calcola una retribuzione  giornaliera  imponibile  non
 inferiore  a  quella minima necessaria per l'assolvimento degli oneri
 contributivi e per la realizzazione delle  finalita'  assicurative  e
 previdenziali.   Se   si   dovesse  prendere  in  considerazione  una
 retribuzione imponibile inferiore, i contributi determinati  in  base
 ad  essa risulterebbero tali da non poter in alcun modo soddisfare le
 suddette esigenze.
    4. - In tale situazione non sussiste violazione dell'art. 3  della
 Costituzione  in  quanto  il  sistema  seguito  trova  un ragionevole
 fondamento, siccome diretto a realizzare un regime  previdenziale  ed
 assicurativo  validamente  applicabile  ed  operativo  per  tutte  le
 categorie (datori di  lavoro  e  lavoratori)  il  piu'  possibile  in
 aderenza alle varie realta' provinciali.  In caso di controversie che
 riguardano   le   retribuzioni   imponibili   contenute   in  decreti
 ministeriali, il giudice adito puo' disapplicare questi ultimi se  ne
 riscontra  la  illegittimita'  ed, in particolare, se le retribuzioni
 prese in considerazione risultino  oltremodo  sperequate  rispetto  a
 quelle imposte dalle pattuizioni intercorse tra le parti o dagli usi,
 considerando  ovviamente  le finalita' da raggiungersi che, come gia'
 si e' detto, esigono un minimo  inderogabile  perche'  sia  garantito
 l'assolvimento  degli  oneri  richiesti.  Si  dovra', poi, nelle sedi
 competenti approntare la determinazione di nuove  retribuzioni  medie
 al  posto di quelle contenute negli atti amministrativi disapplicati,
 non essendo la suddetta di competenza del giudice ordinario.
    Da tale situazione non deriva alcuna lesione del diritto di difesa
 delle parti in quanto la tutela apprestata anche nei limiti  indicati
 garantisce  sufficientemente ai titolari il diritto preteso. Inoltre,
 l'applicazione dei contratti collettivi utilizzati come parametro per
 la determinazione della retribuzione imponibile, secondo il  costante
 indirizzo  giurisprudenziale, non lede affatto la liberta' dei datori
 di lavoro non iscritti alle associazioni sindacali di categoria.