LA CORTE DI ASSISE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel processo n. 1/1993 contro Greco Michele nato a Palermo il 12 maggio 1924, qui rinviato dalla Corte di cassazione con sentenza del 14 novembre 1992 di annullamento parziale, nei confronti del solo Greco, della sentenza della Corte d'assise di Palermo, sezione seconda, del 14 febbraio 1992. 1. - Il processo (che ha avuto anomale vicissitudini nel suo iter, spesso oggetto di aspre critiche ed echi negativi) si riferisce all'omicidio del cap. cc. Emanuele Basile comandante della compagnia cc. di Monreale, commesso il 4 maggio 1980 nella stessa cittadina. 2. - Per questo reato sono stati instaurati a distanza di tempo l'uno dall'altro due processi: a) uno contro Giuseppe Madonia, Armando Bonanno e Vincenzo Puccio (quest'ultimo poi ucciso in carcere a Palermo; per Bonanno, indicato come ucciso in "regolamento di conti", e' stata disposta la separazione del processo), quali esecutori materiali con le seguenti vicende decisorie: sentenza della Corte di assise di Palermo del 31 marzo 1983 di assoluzione per insufficienza di prove (oggetto di critiche generali); sentenza della Corte di assise d'appello di Palermo del 24 ottobre 1984 di condanna dei tre imputati all'ergastolo; sentenza della Corte di cassazione del 23 febbraio 1995 di annullamento della precedente (sotto il profilo di violazione del diritto di difesa in quanto non era stato dato avviso ai difensori dell'udienza di estrazione dei giudici popolari); sentenza di altra sezione della Corte di assise d'appello di Palermo del 23 giugno 1988 che reitero' la condanna all'ergastolo; sentenza della Corte di cassazione del 7 marzo 1989 di annullamento con rinvio ad altra sezione della stessa Corte di assise d'appello di Palermo (per riesaminare la richiesta di riapertura dell'istruzione dibattimentale); b) altro processo, nato da separazione dal maxiprocesso palermitano, contro Michele Greco, Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calo', Antonino Geraci, Bernardo Brusca e Francesco Madonia (padre del suddetto Giuseppe) quali mandanti, che aveva avuto le seguenti vicende: sentenza della Corte di assise di Palermo del 16 dicembre 1987 con condanna all'ergastolo di Francesco Madonia, Riina e Provenzano ed assoluzione per insufficienza di prove di Greco, Geraci, Brusca e Calo'; appello delle parti contro questa sentenza. I due processi erano, quindi, pervenuti alla stessa Corte di assise d'appello di Palermo per vie diverse: il primo su rinvio (il secondo) dalla Cassazione, cioe' "dall'altro"; l'altro, per la prima volta, in appello, cioe' "dal basso" (il primo, fra l'altro, aveva precluse le due sezioni della stessa Corte, che gia' avevano pronunciato le sentenze sopra indicate; l'altro no). Ciascuno dei due processi subi' dei rinvii, finche' essi furono riuniti (sulle lagnanze delle parti: si veda anche la sentenza della Cassazione del 14 novembre 1992, dalla quale scaturisce questa fase processuale). La sezione seconda della Corte di assise d'appello di Palermo pronuncio' la sentenza del 14 novembre 1992, con la quale, fra l'altro, per quanto qui interessa, condanno' il Greco all'ergastolo. Sui ricorsi delle parti la Cassazione con la piu' volte citata sentenza del 14 novembre 1992 ha annullato quest'ultima sentenza della Corte palermitana nei confronti del solo Greco, imputato, come detto, nel solo secondo processo e giudicato in fase di appello (non di rinvio) dalla Corte di assise d'appello palermitana. 3. - Su richiesta della difesa del Greco, questa Corte considero': A) i processi soggettivamente e/o oggettivamente cumulativi sono il risultato della riunione originaria o lungo il loro iter di piu' processi semplici, soprattutto per motivi di economia processuale, senza che tuttavia questi perdano la loro identita' e, in certo senso, la propria autonomia, come dimostra la possibilita' della separazione (in questo processo ci sono gia' quella per Bonanno e quella che ha dato luogo al processo contro i mandanti, fra cui Greco, separato dal maxiprocesso) o la possibilita' dello sfaldarsi, durante il suo iter, dell'unico risultante. La formazione del processo cumulativo importa modificazioni sulla competenza; anche per il rispetto del principio costituzionale del giudice naturale al nuovo codice processuale ha ridotto le possibilita' di riunione. Questa e' impossibile per la diversita' di fase o grado processuale in cui i processi si trovano; B) la diversita' fra giudizio di rinvio e giudizio di appello (posta in evidenza anche nella sentenza della Cassazione del 14 novembre 1992 citata) e' radicale, anche quando l'annullamento e' totale (tranne che si tratti di vizi che fanno venir meno completamente tutta l'attivita' svolta con conseguente ripresa ex novo ed ab initio dal primo grado). Basta considerare che il giudice di rinvio e' vincolato dai principi di diritto affermati dalla Cassazione, sui quali si forma il giudicato che vincola tutti, anche la stessa Cassazione se adita ancora successivamente, mentre il giudice d'appello non ha vincoli del genere; che la pronuncia della Cassazione copre il dedotto ed il deducibile anche con riferimento alle nullita' (esclusi i casi di inesistenza), mentre nel giudizio di appello sono suscettibili di esame, oltre le istanze regolarmente formulate dalle parti, anche i punti rilevabili d'ufficio. Anche sotto l'aspetto della competenza la disciplina e' diversa perche' il giudice di rinvio e' lo stesso (come ufficio, ma in sezione diversa) fino a quando puo' disporsi di sezione diversa, o e' diverso e cio' necessariamente per evitare incompatibilita'; il giudice d'appello e' quello predeterminato dal codice senza che vi siano situazioni di incompatibilita' da evitare. Tutto cio' e' nel rispetto del diritto, costituzionalmente garantito, del giudice naturale (art. 25, primo comma, Cost. "nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge"); C) va ricordato che proprio in attuazione di questo precetto sono state modificate alcune norme del codice processuale penale, fra le quali l'art. 543, che lasciava liberta' alla Cassazione di scegliere il giudice di rinvio, ora invece rigorosamente predeterminato (altra sezione dello stesso ufficio o in mancanza ufficio ferroviariamente piu' vicino) (fra le altre l'art. 60 divenuto 41-bis per i processi riguardanti i magistrati, l'art. 53 per i casi di rimessione, ecc.); d'altra parte sono stati limitati i casi di riunione di processi per connessione con deroga della competenza (art. 48-ter inserito con legge 22 dicembre 1980, n. 879). Non inopportuno e' ricordare che il nuovo codice processuale penale del 1988 e' in linea con l'applicazione dell'art. 25 della Costituzione (che gia' veniva gradualmente applicato), come dimostrano le norme sopra citate, e che deve costituire un obbligatorio punto di riferimento per l'interpretazione e l'applicazione della legge in senso costituzionale (v. Cass. civ. 12 giugno 1975, n. 2342). Nella relazione al progetto (in Gazzetta Ufficiale 24 ottobre 1988, n. 250, supplemento ordinario, n. 2, pag. 10) si spiega che la sistemazione delle regole sulla commissione "rispecchia una precisa linea politica legislativa diretta ad una rigorosa delimitazione della connessione al fine di non vulnerare il principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge (art. 25, primo comma, della Costituzione). Anzi, proprio nel rispetto di tale criterio - che non solo e' richiamato dalla delega con i principi della Costituzione dell'alinea 2, ma ispira numerose direttive della stessa delega: la 14, parte I e II, la 1a si e' costruita la disciplina della connessione innovando in parte a quella prevista nel codice di procedura penale vigente"; fra le innovazioni anche l'esclusione di norme che demandano in taluni casi ad organi di competenza superiore, in genere la Cassazione, la facolta' di scegliere il giudice, la riduzione "al minimo dei casi di connessione allo scopo di evitare i processi cumulativi e di conseguire la massima semplificazione"; D) in questo quadro appare ancora piu' evidente l'anomalia della riunione dei due processi in fasi processuali radicalmente diverse, operata dalla Corte di assise d'appello di Palermo, riconosciuta (pur in termini addolciti) dalla Cassazione con la citata sentenza del 14 novembre 1992. Tuttavia, si e' considerato che dalla riunione non era derivata alcuna conseguenza nociva agli imputati, ne' di ordine processuale, ne' di ordine sostanziale, perche' sia nel grado fase di appello rinvio, sia nel successivo grado di cassazione la tipologia e la disciplina del giudizio di rinvio non avesse influito su quello d'appello e viceversa. La Cassazione prima ha escluso (p. 32 della sentenza cit.) in concreto "che la disposta riunione abbia avuto, come suo effetto, una violazione delle norme sulla competenza o sulle condizioni di capacita' del giudice: entrambi i giudizi appartenevano, sia pure a titolo diverso, alla competenza della Corte di assise d'appello di Palermo". "Ha constatato (ivi) che i limiti funzionali, indissociabili dal giudizio di rinvio, non hanno interfertito nel giudizio d'appello al quale erano sottoposti i componenti della commissione accusati di essere i mandanti del delitto" e che "il fatto che il giudizio di rinvio nei confronti di Madonia abbia attratto a se' quello, in grado d'appello, pendente a carico degli altri imputati, non significa, per cio' solo, traslazione automatica dei poteri decisori dello stesso giudice nei diversi procedimenti, ne' sovrapposizione degli effetti devolutivi dell'appello ai limiti funzionali, propri del giudizio di rinvio". Ha aggiunto che nel processo penale, come in quello civile, "il cumulo non disperde l'autonomia". Da cio' l'inesistenza di conseguenze rilevanti ai fini della validita' del giudizio; E) come esplicitamente emerge, l'anomalia ed irregolare riunione e' stata salvata, perche' non aveva leso alcun diritto delle parti. La situazione, quindi, poteva durare fino a quando una lesione non si verificasse. Orbene, respinti gli altri ricorsi ed accolto con annullamento con rinvio, quello di Greco, imputato come mandanti, il cui processo era stato trattato dalla Corte palermitana in fase e grado di appello, questi aveva diritto ad essere giudicato dal suo giudice naturale che e' altra sezione della Corte palermitana ed in prosieguo, in caso di nuovo rinvio, ancora da altra delle tre sezioni di essa prima di essere rinviato, come invece e' avvenuto, alla Corte nissena. Ne e' derivata, quindi, una duplice lesione del diritto del Greco; quella, come detto, di non essere giudicato dal giudice naturale e quella di avere reso molto piu' onerosa la difesa, com'e' per ogni processo che si svolge fuori dalla propria residenza, onerosita' che puo' costringere a limitare questo diritto (un solo difensore anziche' due; necessita' di trasferirsi in altro loco; ecc.); F) in tali casi non giova rifarsi all'esatto principio che giudice naturale precostituito e' quello determinato dalla legge, anche in deroga alle norme fondamentali sulla competenza ed anche in conseguenza di riunione di processi per connessione. Cio', infatti, puo' valere se la riunione e' avvenuta nel rispetto della legge e non se essa e' stata anomalamente disposta pur nell'opposizione delle parti. Ne' giova che la riunione non abbia prodotto vizio da cui derivi la nullita', sia perche' le norme che regolano il processo vanno osservate per se' stesse a prescindere dalle sanzioni previste per la loro violazione, per cui l'errore, irrilevante ai fini della validita' di gradi e fasi fino ad allora svolti, doveva essere eliminato perche' non ledesse diritti nel prosieguo del processo, come, invece, avviene perche' Greco resta sottratto al suo giudice naturale e perche' si vede resa molto piu' onerosa la difesa fino ad intaccarla, solo per irregolarita' a lui non attribuibili e da lui segnalate e respinte. In base a queste considerazioni questa Corte con ordinanza del 24 gennaio 1994 rimise il processo alla Corte di cassazione perche' preso atto di quanto sopra e considerando che il rinvio a questa Corte fosse un errore materiale, lo correggesse. Segnalo' a tale scopo il precedente processo c/Ciriminna che la Cassazione con sentenza del 24 marzo 1986 aveva, dopo annullamento, rinviato a questa Corte, anziche' ad altra sezione palermitana. Questa Corte invio' il processo per la correzione dell'errore materiale alla Cassazione con ordinanza del 19 aprile 1988 e quest'ultima corresse l'errore con provvedimento del 14 ottobre 1988. 4. - In questo caso, pero', la Corte di cassazione ha rilevato inammissibile la richiesta di correzione, considerando: che la riunione, una volta disposta, consolida i suoi effetti sulla competenza; che l'errore materiale, per essere suscettibile di correzione, non deve essere partecipe del processo volitivo del giudice, ma deve semplicemente consistere in mancanza di corrispondenza fra il contenuto reale di una decisione e la sua formale estrinsecazione; che la sentenza di rinvio della Cassazione e' sempre attribuitiva della competenza, per cui non e' consentito discuterne e l'eventuale errore non e' corregibile ne' e' possibile alcuna modifica. 5. - Questa Corte ritiene che la situazione determinatasi presenta piu' aspetti di incostituzionalita' che e' opportuno rimuovere, come ha chiesto in difesa del Greco. 6. - Un primo attiene all'intangibilita' assoluta delle pronunce della Cassazione con relativa impossibilita' di riesame anche in quelle statuizioni implicite o conseguenziali, che non sono state oggetto di dibattito, non sono manifestazione di un giudizio come decisione e giungono, per il contenuto, quasi a sorpresa. Nel caso in esame l'errore materiale non puo' celarsi con l'affermazione (per altri casi ovvia) che ogni pronuncia della Cassazione, comunque emessa, e' sempre attributiva della competenza e, quindi, espressione di una volonta' decisoria, per cui bisogna fare ossequio all'ipse dixit. Il comportamento nell'analogo caso Ciriminna sopra citato e' stato diametralmente opposto, proprio nel sostanziale rispetto della legge nella funzione di nomofilachia attribuita alla Cassazione. Queste situazioni contrastanti si ripetono da anni fino a tempi recentissimi e v'e' stata la tendenza ad interpretare anche estensivamente le norme sull'errore materiale (art. 149 del vecchio codice proc. penale ed art. 130 del nuovo) per evitare lesioni di diritti ed ingiustizia, superando talora ostacoli meramente formali. Cosi', solo per indicare a caso alcune fattispecie fra i moltissimi casi verificatisi: in materia di condanna di minore al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa per le ammende, non consentita dall'art. 29 del d.-lgs. 29 luglio 1989, n. 272, contenente norme di attuazione del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448: per l'impossibilita' della correzione "per il formarsi del giudicato" Cass. I, 5 maggio 1992, Delle Chiaie; per la possibilita' di ricorrervi "anche per modificare in toto la volonta' espressa dal giudice quando sia palesemente manifesta l'ingiustizia del provvedimento e non esistono rimedi diversi per eliminare la stessa" Cass. I, 23 settembre 1992, Attanasio; Id. 23 settembre 1992, Di Balsamo (la reiterazione delle pronunce con lo stesso oggetto in breve tempo dimostra la non rarita' degli errori); in materia di determinazione della pena: per l'impossibilita', anche se per errato computo, importando una modifica essenziale, Cass. V, 15 dicembre 1971; per la possibilita' se quella fissata nel dispositivo costituisce il risultato di un'erronea operazione aritmetica eseguita su dati numerici rilevabili dalla motivazione del provvedimento, Cass. II, 31 ottobre 1975, Bartoli; cosi' ancora in una vastita' di casi, come per la mancanza di sottoscrizione della sentenza da parte del giudice; per la dichiarazione di inammissibilita' di ricorso fondata su un errato computo del termine (o per vero e proprio errore di conteggio dei giorni o per non avere considerato la festivita' ricadente nell'ultimo giorno, ecc.); per la dichiarazione di inammissibilita' di ricorso, considerandosi non iscritto nell'albo speciale il difensore, sottoscrittore dei motivi, che invece lo era; per la dichiarazione di inammissibilita' di ricorso per mancata presentazione di motivi, in realta' regolarmente depositati; per la dichiarazione di inammissibilita' di ricorso per avere usato il difensore il nome col quale era generalmente conosciuto, anziche' quello suo proprio; ecc. Il contrasto delle pronunce (a prescindere dall'esattezza di ognuna di esse, che qui non interessa) dimostra l'insufficienza dell'istituto della correzione per evitare le sostanziali ingiustizie che nei casi di rifiuto ne derivano (e d'altro lato la possibilita' di scantonamenti che dall'adattamento interpretativo della norma possono derivarne); dimostra anche il trattamento opposto di casi identici o molto simili, che sono molto piu' numerosi di quanto non si creda e comunque di quelli, gia' numerosi, che affiorano, con lesione di diritti e, fra l'altro, del principio di giustizia distributiva, che e' poi lesione del principio di eguaglianza costituzionalmente garantito. Appare, quindi, costituzionalmente illegittima la mancanza di una norma che regali l'impugnazione dei provvedimenti emessi de plano dalla Corte di cassazione, allorche' essi siano o possano subito essere lesivi di diritti, al di fuori e svincolata dai limiti prescritti per la correzione materiale degli atti (attribuendone, se del caso, la competenza alle sezioni unite). Non si tratta di creazione di un ulteriore grado di aggiudicazione, per mancanza del carattere di generalita' e per la sostanziale configurazione di opposizione, destinato ad evitare le conseguenze negative di errori a sorpresa. 7. - Il secondo aspetto attiene al principio della perpetratio iurisdictionis. A prescindere dal fatto se l'attribuzione della competenza derivante dalla connessione sul criterio originario ed autonomo o no (v. riferimenti in Cass. I, 8 febbraio 1993, Maltese), e' certo e lo ha riconosciuto la stessa nella sentenza 14 novembre 1992 sopra riassunta per questa parte - che nel caso in esame mancavano gli elementi necessari per procedersi a riunione, anzi vi erano elementi imperativi destinati a permanere. La Cassazione ha riconosciuto l'irregolarita' della riunione, ma ha constatato che nel caso specifico particolare non si erano verificate nullita' per il tratto processuale svoltasi davanti alla Corte di assise d'appello di Palermo. Il suo argomentare e' semplice: non si sono verificate, in quella sede, nullita', solo perche' nella situazione particolare gli imputati non potevano lamentare lesione di alcun diritto, essendo stati giudicati dallo stesso giudice che avrebbe dovuto giudicarli se i processi fossero rinnovati separati secondo legge, cioe' erano stati giudicati dal loro giudice naturale. Ancora, la diversita' del titolo (giudizio di rinvio/appello) per cui erano davanti lo stesso giudice e le diverse caratteristiche del giudizio di rinvio e di quello di appello non avevano influito sui diritti di ciascun imputato. Se cio' la Cassazione ha constatato per circostanze del tutto particolari coincidenti, tuttavia non ha reso (ne' mai poteva rendere) regolare la riunione dei processi che era, restava e resta irregolare e poteva essere tollerata solo fino a quando non avesse leso diritti. Ma con la stessa pronuncia ed il rinvio a giudice diverso da quello al quale, secondo le regole e senza l'irregolare riunione, spetta la competenza per il giudizio di rinvio, si verificava la lesione del diritto al giudice naturale, che la Cassazione non ha considerato, ne' preso in esame. Orbene, non si puo' stabilizzare un'irregolarita'; tanto meno la si puo' stabilizzare con lesione di diritti. Il solo fatto che davanti alla Corte di assiste d'appello di Palermo non si siano verificate nullita', non trasforma in regolare la riunione dei processi che non lo e' mai stata; tanto meno esclude le lesioni di diritti che dell'irregolarita' sono diretta conseguenza. Qui non si tratta, ne' si puo' trattare di perpetuatio iurisdictionis, ma di perpetratio erroris che provoca lesioni di diritti (per di piu' prevedibile - anzi voluta nel momento in cui la si determina, se si segue il provvedimento di diniego della correzione dell'errore, che peraltro, sotto certi aspetti, si pone in contraddizione con la stessa precedente sentenza). Ne' si puo' dire che il giudice naturale e' quello indicato dalle norme del codice e, in caso di riunione di processi, quello indicato dalle norme conseguenziali che regolano le modifiche della competenza. Cio' e' esatto per le riunioni regolari; non lo puo' essere per quelle irregolari, peraltro oggetto di rilievi fin dall'inizio, per cui non potrebbe parlarsi neanche di acquiescenza. Esattamente e' stato rilevato che e' come affermare che X, sparando un colpo d'arma da fuoco a Y che e' a m 50 per ucciderlo, come avviene, non debba rispondere di omicidio perche' il proiettile a m 20, o 30, o 40 della sua traiettoria non ha ancora raggiunto Y e non l'ha ucciso. Le variazioni di competenza per connessione possono resistere se sono legittime e se tali restano, non quando cessano di esserlo. La legislazione e la giurisprudenza danno precisi segni in tal senso: l'art. 622 cod. proc. pen. (e gia' l'art. 541 del precedente) prescrivono il rinvio del processo dalla Cassazione al giudice civile secondo la competenza di questo in base alle norme processuali civili e non a quello penale in caso di annullamento delle sole disposizioni e dei capi civili della sentenza. E l'inserimento del processo civile in quello penale con l'esercizio dell'azione civile e' un caso di riunione di processi con imprescindibile modifiche della competenza; la Cassazione in altri processi (v. ad es. la sentenza del 22 dicembre 1994, mancava di annullamento della sentenza della Corte di assise d'appello di Palermo del 23 giugno 1982 nel processo per l'eccidio dei CC della stazione di Alkamar, cioe' Alcamo marina) contro imputati maggiorenni e minorenni, sopraggiunta la sentenza della Corte costituzionale del 15 luglio 1983, n. 222, secondo la quale i minorenni debbono essere giudicati solo ed esclusivamente dai giudici minorili, salva la validita' sotto questo aspetto delle sentenze precedenti, ha rinviato il processo contro i minorenni alla sezione minorile della Corte d'appello (nel caso suddetto, di Palermo) e quello contro i maggiorenni alla Corte di assise d'appello (nel caso suddetto, di Palermo) proprio perche' la citata sentenza della Corte costituzionale aveva reso illegittima la riunione dei due processi determinando cosi' la doverosa loro separazione. Questa non fu adottata prima del giudizio in Cassazione perche' non necessaria e non lesiva di alcun diritto, ma dovette essere adottata in sede di rinvio perche' altrimenti sarebbero state violate le norme sul diritto al giudice naturale in conseguenza della violazione delle norme sulla competenza funzionale dei giudici minorili. Il principio della perpetratio iurisdictionis non era, infatti, piu' applicabile 8. - Non puo', d'altra parte, sfuggire ancora (e la questione diventa piu' vasta) che il principio della perpetratio iurisdictionis e' una fietio non assolutamente necessaria che spesso si risolve soltanto in una violazione non giustificata del diritto al giudice naturale, specie nei casi di processi cumulativi con conseguenze sulla competenza, secondo applicazioni che finiscono con l'essere esasperate. Non puo' sfuggire che quando una competente del processo cumulativo si esaurisce per qualsiasi motivo, non vi e' piu' alcuna ragione perche' essa continui ad influire sull'intero processo, del quale nella realta' non fa piu' parte, specie se cio' influisca su diritti o li leda. Nella realta' in tal caso si tratta di una separazione automatica, fisiologica, conseguente all'esaurirsi di un elemento componente. Nel caso in esame con la sentenza della Corte di cassazione e' cessata la cumulativita' soggettiva ed anche quella oggettiva. Non si puo' non constatare (terra-terra, anche dall'uomo della strada) che questa Corte non puo' mai interessarsi a titolo alcuno degli altri imputati e, in particoalre, di Giuseppe Madonia, gia' condannato definitivamente quale esecutore materiale, e di tutto il processo che riguarda gli esecutori materiali, cioe' quello che e' gia' stato esaminato tre volte dalla Cassazione ed e' stato da questa rinviato due volte alla Corte di assise d'appello di Palermo, per cui, esaurita per esso la cognizione delle tre sezioni di detta Corte, in caso di ulteriore rinvio dalla Cassazione, esso doveva essere rimesso a questa Corte essendo ormai le sezioni palermitane incompatibili. Ma questo processo si e' esaurito e questa Corte che sarebbe destinataria del rinvio solo per esso, proprio di esso non puo' per nulla occuparsi per l'avvenuta formazione del giudicato (la contraddizione secondo comune logica e' palese). Viene, invece, chiamata a conoscere del processo contro Michele Greco, solo perche' regolarmente riunito a quello contro gli esecutori materiali, dal quale, per l'esaurirsi di quel processo, e' ormai separato e vive seguendo un iter processuale suo proprio, processo del quale ben due delle tre sezioni della Corte di assise d'appello di Palermo possono conoscere per altre due volte e sono esse i giudici naturali del Greco (anche per eventuale altro rinvio dalla Cassazione) e non questa Corte, e, poi, addirittura quella di Catania per altro eventuale rinvio. Non puo' sfuggire che resta leso o quanto meno enormemente compresso il diritto di difesa (oltre lo scopo di conoscibilita' diretta dei processi e del loro svolgimento nei luoghi in cui i fatti sono stati commessi, al quale misurano anche altre norme: v. ad es. art. 36 cod. pen. che prescrive che la pubblicazione della sentenza avvenga nel luogo in cui il delitto fu commesso), che diventa eccessivamente oneroso con conseguenti limitazioni (per restare a questo processo, e' ben evidente che altro e' subire il processo di rinvio ed eventualmente altro ancora nella stessa citta', specie se coincidente con la propria residenza, altro e' subirne un secondo in altra residenza ed un terzo ancora in altra). Queste considerazioni valgono anche per altre ipotesi: ad es. l'assoluzione definitiva da omicidio in Corte di assise di primo grado, non ha ragione di essere seguita da un processo davanti alla Corte di assise d'appello per il residuo reato sulle armi che puo' essere conosciuto senza inconvenienti (anzi col vantaggio di non impegnare un collegio numeroso) dalla sezione penale della Corte di appello, che e' il giudice naturale originario per questo reato e tale deve ridiventare allorche' cessa la riunione dei processi che determina lo spostamento della competenza. Per quanto interessa in questo processo si ritiene che in caso di rinvio dalla Cassazione, per annullamento parziale di sentenza, che importa il venir meno, in un processo cumulativo, dell'elemento componente che ha determinato spostamento di competenza, esso debba essere disposto a quel giudice che e' competente per l'imputato e per il reato oggetto del rinvio. La mancanza di questa previsione (che e' anche nella disciplina delle impugnazioni) imposta la sostanziale violazione del diritto al giudice naturale (che il principio della perpetratio iurisdictionis, fondandosi su una fictio, non salva) (art. 25 della Costituzione), nonche' del diritto di difesa rendendolo molto piu' oneroso e quindi comprimendolo (art. 24 della Costituzione). 9. - Da quanto esposto emerge la rilevanza in questo giudizio della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 623 e 624 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 24 e 25 della Costituzione nei termini sopra illustrati. 10. - E' appena il caso di aggiungere che l'assunto che la sentenza di rinvio della Cassazione e' sempre attribuitiva di competenza vale sempre nel rispetto delle norme e dei diritti delle parti specie se costituzionalmente grantiti. Nessuna norma consente un'attribuzione della competenza ad libitum e non deve sfuggire che l'art. 543 del vecchio codice che lasciava ampia liberta' di scelta del giudice di rinvio alla Corte di cassazione e' stato modificato con legge 21 febbraio 1984, n. 14, con fissazione di criteri rigidi, proprio per adeguarlo alla disposizione dell'art. 25 della Costituzione sul giudice naturale. Di analogo contenuto e' l'art. 623 del nuovo codice. Questa disposizione non puo' essere posta nel nulla in base ad una inadeguata applicazione del principio della perpetratio iurisdictionis fondato su erronea applicazione di norme sulla riunione di processi ed ancora quando si e' verificata una reale separazione che recide alla base le ragioni dello spostamento di competenza per connessione.