IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 1008/1991
 proposto da Leucio Tiberio, Michele Quacquarelli,  Leonardo  Luciani,
 Angelo  Santoro,  Marcella  Fiorani Cipollone, Giorgio Ruta, Vittorio
 Borriello, Aldo Bertolino, Luciano Bottaro, Nicola  De  Luca,  Franco
 Carla,  Silvio  Cordier,  Anna Maria Tommasino, Paola Fichera, Pietro
 Buttazzo, Salvatore  Inga,  Luciana  Romagnoli,  Roberto  Botticelli,
 Francesca  Stossich,  Remo  Campanella,  Maria  Rita  Peruzzi, Pietro
 Esposito, Antioco Sitzia, Francesco  Catalano,  Loredana  Borgognoni,
 Sergio  Mariotti,  Mario Cont, Annamaria Savarese, Plinio Martinuzzi,
 elettivamente domiciliati in Roma, piazza Mazzini n. 27 presso l'avv.
 Giovanni Di Gioia che li rappresenta e difende per deleghe  in  calce
 al  ricorso  contro  l'Istituto  nazionale per il commercio estero in
 persona del suo legale rappresentante  pro-tempore,  rappresentato  e
 difeso dagli avv.ti Enzo Cardi, Paolo Stessa Richter, Mario Sanino ed
 elettivamente  domiciliato  presso  lo  studio del primo in Roma, via
 Basento n. 37, per ottenere:
       a) la  declaratoria  del  diritto  dei  ricorrenti  al  computo
 dell'anzianita'  convenzionale  di  servizio, di cui all'art. 1 della
 legge n. 336/1970,  ai  fini  della  determinazione  del  trattamento
 economico  ad  essi  spettante in base al d.P.R. n. 411 del 26 maggio
 1976, al d.P.R. n. 509 del 16 ottobre 1979, al d.P.R. n. 346  del  25
 giugno  1983,  al d.P.R. n. 267 dell'8 maggio 1987, alla legge n. 106
 del 18 marzo 1989, al d.P.R. n. 49/1990, al contratto di  lavoro  dei
 dipendenti  dell'I.C.E.  approvato  con  delibera  del  consiglio  di
 amministrazione del 19 luglio 1990 (previo eventuale annullamento del
 relativo art. 8). Con  conseguente  obbligo  dell'amministrazione  di
 rideterminare il loro trattamento economico;
       b) la condanna dell'amministrazione al pagamento, in favore dei
 ricorrenti,   delle   maggiori   somme  dovute,  oltre  rivalutazione
 monetaria ed interessi sulle somme rivalutate decorrenti dai  singoli
 ratei;  rivalutazione  monetaria  ed  interessi riferiti agli importi
 dovuti  al  lordo  sia  delle  ritenute   fiscali   che   di   quelle
 previdenziali ed esenti essi stessi da tali ritenute;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'amministrazione
 intimata;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle  rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi,  alla  pubblica  udienza  del 18 novembre 1993 (relatore il
 cons. Caro Lucrezio Monticelli), il dott.  proc.  Gabriella  Federico
 delegata  dall'avv.  Di  Gioia  per il ricorrente e l'avv. Sanino per
 l'amministrazione resistente;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    I  ricorrenti, dipendenti dell'Istituto nazionale per il commercio
 estero  e  appartenenti  alla  categoria  degli  ex  combattenti   ed
 equiparate,  formulano  le  richieste  indicate  in  epigrafe  per  i
 seguenti motivi:
    1. - Violazione dell'art. 1 della legge n. 336/1970  in  relazoine
 ai  d.P.R. nn. 411/1976, 509/1979, 346/1983 e 267/1987, alla legge n.
 106/1989 ed al contratto di lavoro di cui alla  delibera  del  c.d.a.
 dell'I.C.E. del 19 luglio 1990, nonche' dei principi generali vigenti
 in materia. Eccesso di potere per illogicita', errata valutazione dei
 presupposti, contraddittorieta'.
    In  base  ai  suindicati  dd.P.R.  il  trattamento  economico  dei
 ricorrenti  avrebbe  dovuto  essere  determinato  sulla  base   della
 complessiva  anzianita'  di  servizio  ed  a  tal fine avrebbe dovuto
 essere computato anche il biennio di anzianita' convenzionale ad essi
 attribuito, quali appartenenti alla categoria degli ex combattenti ed
 equiparate, ai sensi dell'art. 1 della legge n. 336/1970.
    Per quanto concerne la disciplina del nuovo trattamento  economico
 dei  dipendenti  I.C.E.,  approvata con la delibera del c.d.a. del 19
 luglio 1990, si osserva che il realtivo articolo  8,  pur  prevedendo
 specificatamente    il    riconoscimento    di    alcune   anzianita'
 convenzionali, non fa espresso richiamato all'art. 1 della  legge  n.
 336/1970,  ma  tale  omissione  sarebbe  irrilevante,  in  quanto  la
 disposizione legislativa si dovrebbe applicare di per se',  anche  in
 assenza  di  un  apposito  atto  di  recepimento  da  parte dell'ente
 pubblico.
    In caso contrario l'articolo 8 (che con il ricorso viene  anchesso
 impugnato  in  via  condizionata),  sarebbe  illegittimo  per  palese
 violazione  dell'art.  1  della  legge  n.  336/1970   e   successive
 modificazioni.
    2.  -  Altra  violazione  dell'art.  1  della legge n. 335/1970 in
 relazione ai dd.P.R. n. 411/1976, 509/1979, 346/1983 e 267/1987, alla
 delibera del c.d.a. dell'I.C.E. del 17 settembre 1990 ed  alla  legge
 n. 93/1983, nonche' dei principi generali vigenti in materia. Eccesso
 di  potere  per  illogicita',  errata  valutazione  dei  presupposti,
 contraddittorieta', ingiustizia manifesta, disparita' di trattamento.
    La legge n.  93  del  29  marzo  1983,  nel  dettare  disposizioni
 costituenti  principi  fondamentali  ai  sensi  dell'art.  117  della
 Costituzione, ha previsto che il trattamento economico dei dipendenti
 pubblici deve  ispirarsi  ai  principi  della  perequazione  e  della
 omogeneizzazione,  ma  il  comportamento  dell'I.C.E. violerebbe tali
 principi, in quanto  attuerebbe  nei  confronti  dei  ricorrenti,  un
 trattamento  deteriore  rispetto  a  quello  degli  altri  dipendenti
 pubblici  appartenenti  alla  categoria  degli  ex   combattenti   ed
 equiparate.
    Successivamente alla proposizione del ricorso e' entrata in vigore
 la  legge  23  dicembre  1992,  n.  498,  il cui all'art. 4, comma 5,
 stabilisce che non si procede al computo  delle  maggiori  anzianita'
 previste  dalla  legge  n.  336  in  sede di successiva ricostruzione
 economica prevista da disposizioni di carattere generale.
    I  ricorrenti,  con  memoria  depositata il 5 novembre 1993, fanno
 rilevare che la norma, definendosi di interpretazione  autentica,  e'
 destinata  ad  essere applicata retroattivamente a rapporti sorti nel
 passato, ed infatti stabilisce che gli eventuali maggiori trattamenti
 spettanti o in godimento debbono  essere  riassorbiti.  Il  carattere
 interpretativo  della  disposizione,  tuttavia, sarebbe da escludere,
 potendosi rinvenire un preciso intento innovativo, legittimo  per  il
 futuro  ma  non  conforme  ai  principi  costituzionali  se esteso al
 passato. Risulterebbero violati, infatti, gli artt. 3, 36,  52,  101,
 103 e 104 della Costituzione.
    Si  chiede quindi che il tribunale, ritenuta la rilevanza e la non
 manifesta  infondatezza  della  questione,  sospenda  il  giudizio  e
 rimetta gli atti alla Corte costituzionale.
    L'amministrazione intimata si e' costituita in giudizio, chiedendo
 la reiezione del ricorso per infondatezza.
                             D I R I T T O
    Il   ricorso,   tendente   all'accertamento   del   diritto   alla
 determinazione della retribuzione computando l'anzianita' di servizio
 attribuita ai pubblici dipendenti ex  combattenti  all'art.  1  della
 legge 24 maggio 1970, n. 336, e' fondato e potrebbe essere accolto.
    La   giurisprudenza   amministrativa,   infatti,   e'  concorde  e
 consolidata (v. tra le decisioni piu'  recenti  Consiglio  di  Stato,
 sez.  sesta,  n.  388 del 1990, n. 342 del 1991, n. 152 del 1993) nel
 ritenere che l'anzianita' di servizio attribuita agli ex  combattenti
 della  legge  n. 336 del 1970 non differisce da quella che deriva dal
 servizio effettivamente prestato, e mantiene intatta la sua validita'
 anche nel computo dei trattamenti retributivi spettanti ai dipendenti
 per effetto di inquadramenti in nuovi  livelli  stipendiali  in  base
 all'anzianita'  pregressa,  in  attuazione degli accordi nazionali di
 lavoro.
    La decisione favorevole ai ricorrenti, tuttavia  non  puo'  essere
 adottata,  ostandovi  il  disposto  dell'art.  4, comma quinto, della
 legge 23 dicembre 1992, n. 498, secondo cui l'art. 1 della  legge  n.
 336  del  1970  "va  interpretato  nel senso che .. non si procede al
 computo delle maggiori anzianita' ivi previste in sede di  successiva
 ricostruzione   economica   prevista  da  disposizioni  di  carattere
 generale",  disponendosi  altresi'  il  riassorbimento  dei  maggiori
 trattamenti spettanti o in godimento.
    Della  norma  anzidetta  i ricorrenti hanno sollevato eccezione di
 illegittimita' costituzionale, per contrasto con gli articoli 3,  36,
 52,  101,  103  e  104  della  Costituzione, osservando che l'intento
 interpretativo  dichiarato  non  e'   sostenuto   da   alcun   valido
 presupposto,  ed  ha il solo scopo di conferire retroattivita' ad una
 disposizione innovativa. Ma l'applicazione della nuova  disciplina  a
 rapporti anteriori, regolati da una diversa normativa, determinerebbe
 una  illegittima disparita' di trattamento, in violazione degli artt.
 3 e 36 della Costituzione, nonche' una invasione  delle  attribuzioni
 degli organi giudiziari in materia di interpretazione della legge, in
 violazione degli artt. da 101 a 104 Costituzione.
    Ritiene  il  collegio che la questione, sicuramente rilevante come
 emerge  dalle  considerazioni  suesposte,  non   sia   manifestamente
 infondata  limitatamente al denunciato contrasto con gli artt. 3 e 36
 della Costituzione.
    E'  sufficiente  ricordare,  in  proposito,,la  sentenza n. 39 del
 1993, con la quale la Corte costituzionale, giudicando di  una  norma
 di  struttura  e  di  finalita'  in tutto simile all'art. 4, comma 5,
 della legge 23 dicembre 1992,  n.  498,  da  applicare  nel  presente
 giudizio,  ne  ha  negato  la natura interpretativa, ne ha dichiarato
 illegittima la portata innovativa con effetto retroattivo.
    "La nuova disposizione - ha affermato la Corte -  incidendo  sulle
 situazioni  sostanziali  poste  in  essere  nella  vigenza  di quella
 precedente, frusta l'affidamento di una vasta categoria di  cittadini
 nella sicurezza giuridica che costituisce elemento fondamentale dello
 Stato di diritto (sentenze nn. 349/1985, 922/1983 e 155/1990). Ne' la
 finalita'   della  contrazione  della  spesa  pubblica  sottesa  alla
 disposizione in esame - prosegue la Corte - e' ragione sufficiente  a
 giustificare   le   evidenziate   violazioni  dei  suddetti  precetti
 costituzionali".
    La  chiarezza  di  tali  proposizioni  esime   il   collegio   del
 diffondersi in argomentazioni ulteriori.
    Anche   nella  presente  fattispecie  l'applicazione  della  norma
 denunciata   determinerebbe   una   ingiustificata   disparita'    di
 trattamento  tra  dipendenti trovantisi nella stessa condizione di ex
 combattenti ed equiparati, accordando ad alcuni e negando ad altri il
 beneficio collegato esclusivamente alla appartenenza alla categoria.
    Ne' l'illegittimita' puo' considerarsi sanata  per  effetto  della
 seconda  parte  della  disposizione, che stabilisce il riassorbimento
 dei maggiori trattamenti in godimento, posto  che  il  ristabilimento
 della  situazione  di  eguaglianza potra' prodursi solo in un arco di
 tempo di ampiezza incerta e comunque consistente, cosi' da perpetuare
 di fatto la disparita' di trattamento.
    Deve  dunque  disporsi  la  remissione  degli  atti   alla   Corte
 costituzionale e la sospensione del giudizio.