ha pronunciato la seguente
  Sentenza
 nel  giudizio  di  ammissibilita', ai sensi dell'art. 2, primo comma,
 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1,  della  richiesta  di
 referendum  popolare  per  l'abrogazione:  del r.d. 9 agosto 1943, n.
 718,   "Mutamento   della   denominazione   del    Ministero    delle
 corporazioni",  del  d.lgt.  23 febbraio 1946, n. 223, "Riordinamento
 dei servizi del Ministero  dell'industria  e  del  commercio",  della
 legge  4  gennaio  1951,  n.  2,  "Varianti  ai  ruoli organici della
 Amministrazione centrale del Ministero dell'industria e del commercio
 e del Corpo delle miniere  e  istituzione  della  Direzione  generale
 delle miniere presso il Ministero stesso", della legge 7 giugno 1951,
 n.  434,  "Ratifica,  con modificazioni, del d.lgs. 8 maggio 1948, n.
 867, concernente revisione del ruolo organico  della  Amministrazione
 centrale  del  Ministero  dell'industria e commercio", della legge 15
 dicembre 1960, n. 1483, "Istituzione di una nuova Direzione  generale
 e    riordinamento   dei   ruoli   organici   del   personale   della
 Amministrazione  centrale  del   Ministero   dell'industria   e   del
 commercio",  della  legge 26 settembre 1966, n. 792, "Mutamento della
 denominazione del Ministero dell'industria  e  del  commercio,  degli
 Uffici   provinciali   e  delle  Camere  di  commercio,  industria  e
 agricoltura",  dell'articolo  39   (Riordinamento   della   Direzione
 generale della produzione industriale) della legge 5 ottobre 1991, n.
 317,  "Interventi  per  l'innovazione  e  lo  sviluppo  delle piccole
 imprese",  della  legge  12  ottobre  1966,  n.  842,   "Soppressione
 dell'Istituto  nazionale  per l'esame delle invenzioni", dell'art. 28
 della legge 12 agosto 1982, n. 576, "Riforma  della  vigilanza  sulle
 assicurazioni",  del  decreto del Presidente della Repubblica 4 marzo
 1983,  n.  315,  "Riorganizzazione  della  Direzione  generale  delle
 assicurazioni   private  e  di  interesse  collettivo  del  Ministero
 dell'industria,  del  commercio  e  dell'artigianato  in   attuazione
 dell'art.  28  della  legge  12  agosto 1982, n. 576, recante riforma
 della vigilanza sulle assicurazioni",  dell'art.  22  concernente  la
 riorganizzazione  della  Direzione  generale delle fonti di energia e
 delle industrie di base, della legge 9 gennaio 1991,  n.  10,  "Norme
 per    l'attuazione  del Piano energetico nazionale in materia di uso
 razionale dell'energia, di risparmio energetico e di  sviluppo  delle
 fonti  rinnovabili  di  energia",  iscritto  al  n.   91 del registro
 referendum;
   Vista l'ordinanza del 26-27 novembre 1996 con  la  quale  l'Ufficio
 centrale   per  il  referendum  presso  la  Corte  di  cassazione  ha
 dichiarato legittima la richiesta;
   Udito nella camera di consiglio  dell'8  gennaio  1997  il  giudice
 relatore Francesco Guizzi;
   Udito  l'avvocato  Beniamino Caravita di Toritto per i delegati dei
 Consigli regionali  della  Lombardia,  del    Piemonte,  della  Valle
 d'Aosta, della Calabria, del Veneto e della Toscana.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  L'Ufficio  centrale  per il referendum, costituito presso la
 Corte di cassazione ai sensi della legge 25 maggio 1970,  n.  352,  e
 successive  modificazioni,  ha  esaminato  la richiesta di referendum
 popolare presentata il 30 settembre 1996 dai Consigli regionali delle
 regioni Piemonte (delibera del 25 settembre 1996),  Veneto  (delibera
 del  26  settembre  1996),  Valle  d'Aosta (delibera del 26 settembre
 1996), Lombardia (delibera del 24 settembre 1996), Calabria (delibera
 del 28 settembre 1996) e Toscana (delibera del  28  settembre  1996),
 concernente l'abrogazione dei seguenti testi normativi:
     1) r.d. 9 agosto 1943, n. 718, "Mutamento della denominazione del
 Ministero delle corporazioni";
     2)  d.lgt.  23  febbraio 1946, n. 223, "Riordinamento dei servizi
 del Ministero dell'industria e del commercio";
     3) legge 4 gennaio 1951, n. 2, "Varianti ai ruoli organici  della
 Amministrazione centrale del Ministero dell'industria e del commercio
 e  del  Corpo  delle  miniere  e istituzione della Direzione generale
 delle miniere presso il Ministero stesso";
     4) legge 7 giugno 1951, n. 434, "Ratifica, con modificazioni, del
 decreto legislativo 8 maggio 1948, n. 867, concernente revisione  del
 ruolo   organico   della   Amministrazione   centrale  del  Ministero
 dell'industria e commercio";
     5) legge 15 dicembre 1960, n. 1483,  "Istituzione  di  una  nuova
 Direzione  generale  e riordinamento dei ruoli organici del personale
 della Amministrazione centrale del  Ministero  dell'industria  e  del
 commercio";
     6)   legge   26   settembre   1966,   n.  792,  "Mutamento  della
 denominazione del Ministero dell'industria  e  del  commercio,  degli
 Uffici   provinciali   e  delle  Camere  di  commercio,  industria  e
 agricoltura";
     7)  art.  39  (Riordinamento  della  Direzione   generale   della
 produzione   industriale)   della  legge  5  ottobre  1991,  n.  317,
 "Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese";
     8) legge 12 ottobre 1966,  n.  842,  "Soppressione  dell'Istituto
 nazionale per l'esame delle invenzioni";
     9)  art.  28  della  legge 12 agosto 1982, n. 576, "Riforma della
 vigilanza sulle assicurazioni";
      10) decreto del Presidente della Repubblica  4  marzo  1983,  n.
 315,  "Riorganizzazione  della Direzione generale delle assicurazioni
 private e di interesse collettivo del Ministero  dell'industria,  del
 commercio  e  dell'artigianato in attuazione dell'art. 28 della legge
 12 agosto  1982,  n.  576,  recante  riforma  della  vigilanza  sulle
 assicurazioni".
   2. - Con ordinanza in data 26 novembre 1996, l'Ufficio centrale per
 il  referendum, verificata la regolarita' della richiesta abrogativa,
 l'ha  dichiarata  legittima,  modificando  il   testo   del   quesito
 referendario  alla  luce  dell'art. 22 della legge 9 gennaio 1991, n.
 10, relativo alla riorganizzazione  della  Direzione  generale  delle
 fonti  di  energia  e  delle  industrie di base, gia' istituita dalla
 legge 15 dicembre 1960, n. 1483, oggetto del quesito.
   3. - I  Consigli  regionali  promotori  del  referendum  hanno,  in
 memoria,  concluso per l'ammissibilita' del referendum, sottolineando
 come il quesito abbia ad oggetto l'esistenza  dell'attuale  organismo
 ministeriale,  e non la pluralita' delle competenze discrezionalmente
 attribuite  dal  legislatore.  Lungi  dall'essere   soppresse,   esse
 andrebbero  redistribuite  secondo  il  principio  costituzionale  di
 sussidiarieta' - ricavabile dal combinato disposto degli artt. 2, 5 e
 114  della  Costituzione  -  riconoscendo  in tal modo una piu' ampia
 autonomia alle Regioni e agli enti locali.
   E'  dunque  evidente  -  ad  avviso  dei  promotori  -  la  matrice
 razionalmente unitaria dell'oggetto della richiesta referendaria, che
 e'  quella  di  far venire meno l'attuale organizzazione unitaria. Di
 conseguenza, dopo l'eventuale abrogazione  referendaria  non  sarebbe
 legittima   la   ricostituzione   di   una   struttura   ministeriale
 sostanzialmente invariata per la cura delle competenze  di  interesse
 nazionale.  Si richiama al riguardo la sentenza n. 35 del 1993 con la
 quale la Corte ha ritenuto ammissibile  la  richiesta  di  referendum
 popolare di soppressione del Ministero del turismo e dello spettacolo
 senza  sollevare  alcun  dubbio  di disomogeneita' del quesito per la
 molteplicita' settoriale delle competenze ad esso spettanti.
                         Considerato in diritto
   1. - La richiesta di referendum popolare investe i  seguenti  testi
 normativi:
     1) r.d. 9 agosto 1943, n. 718, "Mutamento della denominazione del
 Ministero delle corporazioni";
     2)  d.lgt.  23  febbraio 1946, n. 223, "Riordinamento dei servizi
 del Ministero dell'industria e del commercio";
     3) legge 4 gennaio 1951, n. 2, "Varianti ai ruoli organici  della
 Amministrazione centrale del Ministero dell'industria e del commercio
 e  del  Corpo  delle  miniere  e istituzione della Direzione generale
 delle miniere presso il Ministero stesso";
     4) legge 7 giugno 1951, n. 434, "Ratifica, con modificazioni, del
 decreto legislativo 8 maggio 1948, n. 867, concernente revisione  del
 ruolo   organico   della   Amministrazione   centrale  del  Ministero
 dell'industria e commercio";
     5) legge 15 dicembre 1960, n. 1483,  "Istituzione  di  una  nuova
 Direzione  generale  e riordinamento dei ruoli organici del personale
 della Amministrazione centrale del  Ministero  dell'industria  e  del
 commercio";
     6)   legge   26   settembre   1966,   n.  792,  "Mutamento  della
 denominazione del Ministero dell'industria  e  del  commercio,  degli
 Uffici   provinciali   e  delle  Camere  di  commercio,  industria  e
 agricoltura";
     7)  art.  39  (Riordinamento  della  Direzione   generale   della
 produzione   industriale)   della  legge  5  ottobre  1991,  n.  317,
 "Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese";
     8) legge 12 ottobre 1966,  n.  842,  "Soppressione  dell'Istituto
 nazionale per l'esame delle invenzioni";
     9)  art.  28  della  legge 12 agosto 1982, n. 576, "Riforma della
 vigilanza sulle assicurazioni";
     10) decreto del Presidente della  Repubblica  4  marzo  1983,  n.
 315,  "Riorganizzazione  della Direzione generale delle assicurazioni
 private e di interesse collettivo del Ministero  dell'industria,  del
 commercio  e  dell'artigianato in attuazione dell'art. 28 della legge
 12 agosto  1982,  n.  576,  recante  riforma  della  vigilanza  sulle
 assicurazioni";
     11)  art.  22  della  legge  9  gennaio  1991,  n. 10, "Norme per
 l'attuazione  del  piano  energetico  nazionale  in  materia  di  uso
 razionale  dell'energia,  di risparmio energetico e di sviluppo delle
 fonti rinnovabili di energia".
   2.  -  Il quesito referendario mira alla soppressione del Ministero
 dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
   Analoga richiesta di iniziativa regionale venne  formulata,  com'e'
 noto,  nel  1992. In quella occasione la Corte (sent. n. 36 del 1993)
 osservo' che l'operazione  referendaria,  nell'ipotesi  di  eventuale
 esito  positivo,  avrebbe  potuto soltanto parzialmente mutilare, non
 certo sopprimere, il complesso organizzatorio rispondente al nome  di
 Ministero  dell'industria,  commercio e artigianato. Questo, infatti,
 si presenta come il risultato di una  stratificazione  normativa  non
 riducibile  alle  parziali indicazioni legislative fornite attraverso
 quel   quesito.   Ragion   per   cui   la   Corte    sanziono'    con
 l'inammissibilita' la richiesta per mancanza di chiarezza del quesito
 e  dell'intera operazione referendaria, concludendo che l'abrogazione
 delle  norme  sottoposte  a  referendum      sarebbe   incoerente   e
 contraddittoria  con  la  permanenza di altre alle prime strettamente
 connesse (con esplicito richiamo alla sentenza n. 29 del 1981).
   3. - Le Regioni hanno  si'  incluso  nel  nuovo  quesito  tutte  le
 disposizioni  concernenti  l'organizzazione  ministeriale,  ma non le
 altre alle prime strettamente connesse, cioe'  quelle  che  attengono
 alle funzioni dell'apparato.
   Una  consapevole  espressione  di voto non puo' non vedere connessi
 gli aspetti organizzativi e funzionali del dicastero, affinche' colui
 che  manifesta  la  sua  volonta'  nell'ambito  della   consultazione
 referendaria  sia posto in grado di conoscere quali funzioni verranno
 private   dell'attuale   centro   d'imputazione.   Diversamente,   si
 determinerebbe  una  mancanza  di  chiarezza  della  domanda  tale da
 rendere inammissibile il quesito.   Che  e'  propriamente  quanto  si
 verifica  nel  caso di specie, dove vi e' una palese incongruita' del
 quesito  rispetto  all'oggetto  reale  del  referendum,  il  quale  -
 riguardando,   come   s'e'   detto,  la  soppressione  del  Ministero
 dell'industria - non puo' non coinvolgere nella domanda l'esame delle
 molteplici funzioni che  ad  esso  sono  attribuite  dalla  complessa
 stratificazione normativa di cui si e' fatta teste' menzione.