IL PRETORE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile portante il
 n.  365/96  r.g.  Cont.  Lav.  promossa  da: Lolli Carlo (avv. Franco
 Moreno) contro U.S.L. 1 Imperiese (avv. Alessandro Mager);
   Visti agli artt. 1 legge cost. 9 febbraio 1948 n. 1 e  23  e  segg.
 legge  cost.  11  marzo 1953 n. 87: ritenuta la propria competenza in
 quanto trattasi di rapporto di lavoro parasubordinato;
   Ritenuto che:
 in fatto e in diritto
   Il ricorrente dott. Carlo Lolli, medico chirurgo convenzionato,  ha
 promosso  ricorso  ai  sensi  dell'art.  700  c.p.c.  per ottenere la
 sospensione   dell'esecutivita'   del   proprio   provvedimento    di
 cancellazione  dagli  elenchi  dei  medici generici convenzionati del
 rapporto di lavoro previsto dall'art. 6, lett. a)  dell'A.C.N. per la
 regolamentazione dei rapporti  con  i  medici  di  medicina  generale
 D.P.R.  n.  484 del 22 luglio 1996, operata dall'U.S.L. 1 Imperiese a
 decorrere dal 20 gennaio 1997, data di compimento del suo 70 anno, ed
 il mantenimento del rapporto di convenzionamento, chiedendo che fosse
 dichiarata non manifestamente infondata l'eccezione di illegittimita'
 costituzionale dell'art. 2, comma 4 della legge 28 dicembre  1995  n.
 549 e dell'art.  6 del d.P.R. 22 luglio 1996 n. 484 per contrasto con
 gli   artt.  3,  4,  32  e  33  della  Costituzione  con  i  seguenti
 provvedimenti adottandi.
   La norma, della quale e' stata adottata  l'incostituzionalita',  ha
 stabilito  che il rapporto fra le unita' sanitarie locali ed i medici
 di medicina generale ed i pediatri di libera scelta convenzionati con
 il  Servizio  sanitario  nazionale   ai   sensi   dell'art.   8   del
 decreto-legge  n.  502/1992  e  successive  modifiche ed integrazioni
 cessa al compimento del settantesimo anno di eta' del medico;
   La dedotta  questione  di  costituzionalita'  e  rilevante  per  la
 presente   procedura   in  quanto  il  dettato  della  norma  elimina
 radicalmente il  diritto  del  ricorrente  a  continuare  il  proprio
 rapporto  con il S.S.N.  al compimento del settantesimo anno di eta',
 mentre l'eventuale declaratoria di  incostituzionalita'  della  norma
 consentirebbe    la    prosecuzione    dell'attivita'   professionale
 convenzionale, e non appare manifestamente infodanta per  le  ragioni
 esposte in prosieguo.
   Il  servizio  offerto  dal  medico  di  medicina  generale  (e  dal
 pediatra)  e'   caratterizzato   dallo   svolgimento   dell'attivita'
 professionale  con  propri  mezzi  e nei propri studi professionali e
 l'U.S.L. eroga i compensi, fornisce timbri e ricettari,  diversamente
 da  quanto avviene per i medici specialisti convenzionati che operano
 nell'ambito delle  strutture  sanitarie  pubbliche  e  forniscono  le
 proprie  prestazioni  avvalendosi  dei  mezzi  e  delle strutture del
 S.S.N.
   Gia' nella legge n. 833/1978 istitutiva del S.S.N. il rapporto  dei
 medici  di  base  e  dei  pediatri  era  concepito  come  un rapporto
 libero-professionale ed il rapporto medico-paziente era  fondato  sul
 diritto  di libera scelta da parte del cittadino utente del servizio,
 e la successiva normativa (legge  n.  412/1991,  legge  n.  421/1992,
 decreto-legge n. 502/1992, decreto-legge n. 517/1993) ha mantenuto ed
 accentuato questi due criteri fondamentali.
   L'art.  8  del  decreto  legislativo  30  dicembre  1992  n. 502 ha
 stabilito che il  rapporto  del  S.S.N.  con  i  medici  di  medicina
 generale (ed i pediatri di libera scelta) e' disciplinato da apposite
 convezioni  di  durata  triennale  conformi  agli  accordi collettivi
 nazionali che devono tener conto di una serie di principi (previsione
 che  la  scelta  del medico e' liberamente effettuata dall'assistito,
 nel rispetto dei limiti massimi di assistiti per medico con validita'
 annuale   e   tacitamente   rinnovabili:    regolamentazione    della
 possibilita'  di  revoca  del  medico  da  parte  dell'assistito e di
 ricusazione dell'assistito da  parte  del  medico:  previsione  delle
 modalita'  per  concordare livelli di spesa: previsione del fatto che
 il pagamento non dovuto da parte dell'assistito  determina  il  venir
 meno  del  rapporto  col  S.S.N.:  determinazione  concordemente alle
 organizzazioni  sindacali  dei  compiti  e   delle   prestazioni   da
 assicurare:  definizione  della  struttura  del  compenso  spettante:
 disciplina dell'accesso alle funzioni di medico di medicina generale:
 previsione della cessazione degli istituti normativi  previsti  della
 vigente  convenzione  riconducibili  direttamente o indirettamente al
 rapporto di lavoro dipendente).
   L'art. 1-bis del citato decreto-legge  comma  3,  prevede  che  gli
 ordini  ed  i  collegi  professionali sono tenuti a valutare sotto il
 profilo deontologico i comportamenti degli iscritti  all'albo  resisi
 inadempienti agli obblighi convenzionali.
   Tale  normativa  e  parzialmente  innovativa  del  regime stabilito
 dall'art.   46 della legge n. 833/1978  che  demandava  agli  accordi
 collettivi   nazionali  l'uniformita'  del  trattamento  economico  e
 normativo  del  personale   sanitario   a   rapporto   convenzionale,
 disponendo  la  regolamentazione  del rapporto attraverso gli accordi
 collettivi di durata triennale  e  stabiliva  in  tredici  punti  gli
 aspetti   del  rapporto  oggetto  di  disciplina,  ma  non  inserendo
 nell'ambito delle materie devolute agli accordi collettivi un  limite
 di eta' massimo.
   Il  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  314/1990 aveva
 previsto tale limite di eta' a 70 anni e sulla legittimita' o meno di
 tale previsione si era divisa la  giurisprudenza  di  merito,  ed  in
 ultimo la C.C. con la sentenza n. 4746/95 ha stabilito la conformita'
 dell'art.   11 del decreto del Presidente della Repubbica n. 314/1990
 all'art.   48 della  legge  n.  833/1978,  ma  l'attuale  sistema  e'
 cambiato  in quanto sono intervenute modifiche sostanziali, prima fra
 tutte la priorita' della liberta'  di  scelta  del  medico  da  parte
 dell'assistito, fermo il limite del massimale degli assistiti.
   Tale  principio  promana direttamente dalla legge delega 23 ottobre
 1992 n. 421 che ha previsto l'introduzione di norme volte,  nell'arco
 di  un triennio, alla revisione ed al superamento dell'attuale regime
 delle convenzioni sulla  base  di  criteri  di  integrazione  con  il
 servizio  pubblico  di  incentivazione  al  contenimento  dei consumi
 sanitari, di valorizzazione del volontariato, di  acquisizione  delle
 prestazioni  secondo  principi  di  qualita'  e  di  economicita' che
 consentano  forme  di  assistenza  differenziata  per  tipologie   di
 prestazioni  al fine di assicurare ai cittadini migliore assistenza e
 liberta' di scelta (ribadita dalla legge n. 549/1995, ove la liberta'
 di scelta del medico non e' piu' concepita nei limiti oggettivi della
 organizzazione dei servizi sanitari ma come  finalita'  stessa  della
 legge, insieme a quella di garantire migliore assistenza al cittadino
 attraverso  l'incentivazione al contenimento dei consumi sanitari, la
 valorizzazione del volontariato, l'acquisizione da parte di  soggetti
 delle prestazioni).
   I  principi  fissati  dal  decreto-legge  n.  502/1992,  cui devono
 uniformarsi gli accordi collettivi disciplinanti le convenzioni con i
 medici di  medicina  generale  riguardano  essenzialmente  la  libera
 scelta  del  cittadino, la validita' annuale della scelta del medico,
 le possibilita' di revoca da parte  dell'assistito  anche  nel  corso
 dell'anno  e  di  ricusazione  della  scelta  da parte del medico, le
 modalita' di accesso alle funzioni di  medico  di  medicina  generale
 (vedi art. 8, lett.  g).
   La  piu'  recente normativa concepisce in termini del tutto diversi
 il rapporto fra il servizio sanitario ed i cittadini e  fra  servizio
 sanitario  e  medici ed accentua i contenuti liberi-professionali del
 rapporto con il medico di base, e non prevede  fra  i  principi-guida
 della  regolamentazione  collettiva  i  controlli sulla attivita' dei
 medici convenzionati, le forme  di  aggiornamento  professionale,  le
 ipotesi  di  infrazione,  configurando  una  nuova  disciplina legale
 sull'incompatibilita'.
   Il diritto di scelta del medico da parte  del  cittadino  era  gia'
 garantito  dall'art. 19 della legge n. 833/1978 ma era concepito come
 diritto nei limiti oggettivi nell'organizzazione dei servizi sanitari
 che dovevano  mirare  a  garantire  la  regolarita'  e  l'adeguatezza
 dell'assistenza  sanitaria:  le finalita' di interesse generale della
 collettivita' a fruire di un servizio regolare ed efficiente potevano
 giustificare la previsione di limiti massimi di eta'  per  il  medico
 convenzionato  nel  vecchio  regime sulla base di criteri astratti di
 effficienza, mentre  nell'attuale  sistema  imperniato  sulla  libera
 scelta  del  cittadino, nel quale e' disciplinato solo l'accesso alle
 convenzioni ed in cui le materie  devolute  agli  accordi  collettivi
 sono  molto  piu'  ridotte,  il  limite di eta' per la cessazione del
 rapporto   convenzionato   fissato   dall'accordo   314/90   appariva
 ingiustificato ad incoerente con l'accentuazione del carattere libero
 professionale del rapporto, in conflitto con il principio di liberta'
 di   scelta  adottato  dalla  successiva  normativa  e  non  conforme
 all'obittivo perseguito dalla legge nonche' alla personalizzazione ed
 umanizzazione dell'assistenza sanitaria.
   Si e'  dato  maggior  rilievo  piu'  che  ad  astratti  criteri  di
 efficienza   del   servizio   sanitario   a  situazioni  concrete  di
 incompatibilita' influenti sia sulla efficienza concreta del servizio
 erogato e sul problema della equa distribuzione delle possibilita' di
 accesso al lavoro, ed in tale contesto il permanere della convenzione
 con medici ultrasettantenni, liberamente scelti  dall'utente,  incide
 marginalmente  sul  problema  delle possibilita' di eccesso al lavoro
 dei   giovani,   garantita   attraverso   il   rigido   sistema    di
 incompatibilita'.
   Il controllo sulla qualita' ed efficienza della prestazione offerta
 dal medico di base e garantito delle possibilita' di revoca nel corso
 dell'anno  dei  medici  di  base  da  parte  dei cittadini che sono i
 diretti destinatari delle attivita' del medico liberamente scelto con
 possibilita' di revoca infraannuale mentre nel sistema precedente  la
 scelta del medico era a tempo indeterminato.
   Su  questo  quadro  normativo  e'  venuta  ad  incidere la legge 28
 dicembre 1995 n. 549, che ha previsto un rigido limite legale di eta'
 all'esercizio delle attivita' di medico di base,  sconosciuto    alla
 legge   n.   833/1978,   non  coerente  con  il  precedente  sviluppo
 legislativo,  con  la  evoluzione  del  sistema  verso   forme   piu'
 flessibili  di  organizzazione sanitaria informate dai principi-guida
 ricordati (carattere  libero-professionale  dell'attivita'  medica  e
 principio di libera scelta del medico da parte del cittadino.
   Tale  incoerenza  non  e'  di per se' indice di incostituzionalita'
 della legge in quanto  non  esiste  un  principio  costituzionale  di
 coerenza  nella  evoluzione del sistema legislativo e pur nell'ambito
 di  una  tendenza  chiaramente  espressa  e'   possibile   introdurre
 successive  deroghe,  modifiche ed innovazioni che esprimano tendenze
 contrastanti o semplicemente  diverse,  secondo  scelte  di  politica
 legislativa che non attentino a beni costituzionalmente protetti.
   Nel  caso  di  specie  risulta invece evidente la lesione di alcuni
 principi costituzionali: una volta qualificato  e  identificato  come
 rapporto libero-professionale quello nascente fra la U.S.L. ed il
  medico  di  base,  non  e' dubbio che l'introduzione legislativa del
 limite di eta' crea una ingiustificata disparita' di trattamento  con
 altri soggetti esercenti la libera professione, violando il principio
 di  uguaglianza  senza alcuna razionale giustificazione, posto che in
 generale non e' mai previsto un limite legale di  eta'  nei  rapporti
 convenzionali di diritto privato ne e' previsto un limite di eta' per
 l'esercizio di una libera professiona intellettuale.
   Pertanto alla violazione dell'art. 3 della Costituzione si aggiunge
 quella  relativa  al  quinto  comma dell'art. 33, che pone come unico
 limite all'esercizio della professione il superamento  dell'esame  di
 abilitazione, anche se un limite di eta' e' normalmente imposto per i
 rapporti di lavoro dipendente sia pubblico che privato con specifiche
 possibilita' di superamento del limite.
   Mentre   da   un  lato  si  afferma  la  tendenza  ad  ampliare  le
 possibilita' di lavoro agli anziani, anche se lavoratori  dipendenti,
 dall'altro si introducono preclusioni in tema di lavoro del medico di
 base  che e' parte di una convenzione privatistica con il S.S.N., che
 esercita il proprio lavoro con strutture personali  e  che  e'  stato
 liberamente  scelto e non revocato dal cittadino utente del servizio,
 e conseguentemente  una  limitazione  nell'esercizio  di  una  libera
 professione  che  non esiste per nessun altro libero professionista e
 per nessun altro tipo di convenzione.
   Va ricordato che la liberta' di esercizio delle libere  professioni
 intellettuali,   come  del  resto  tutte  le  liberta'  o  i  diritti
 costituzionalmente  garantiti,  puo'  esplicarsi  entro  l'ambito  di
 tutela   di   altre  liberta'  e  diritti,  secondo  il  criterio  di
 contemperamento degli interessi  riconosciuto  e  privilegiato  dalla
 Corte  costituzionale,  ed in tale ambito assumono primaria rilevanza
 situazioni soggettive riconducibili al valore  della  persona  umana,
 onde  l'esercizio  della professione sanitaria trova dei limiti nella
 esigenza di tutela del diritto alla salute dei cittadini  utenti  del
 servizio sanitario.
   Cio'  premesso, se il limite di settanta anni previsto per i medici
 di medicina generale e per i pediatri di libera scelta trova una  sua
 spiegazione  razionale  con  l'esigenza  di  tutelare  la  salute dei
 cittadini utenti del servizio  sanitario,  non  e'  comprensibile  la
 ragione  per  cui  la  legge non preveda lo stesso limite di eta' per
 l'esercizio della professione  di  medico  specialista  ambulatoriale
 convenzionato.
   E  pur  vero che non vi e' una identita' di situazione di fatto fra
 le  due  categorie,  in  quanto  i  medici  appartenenti   all'ultima
 categoria  pur  non  essendo  pubblici  dipendenti esercitano la loro
 attivita' professionale non con mezzi propri, come i medici di  base,
 ma all'interno della struttura sanitaria, ma se il limite dei 70 anni
 deve  ritenersi  fissato nell'interesse della tutela della salute dei
 cittadini sul  presupposto  che  l'invecchiamento  dell'individuo  lo
 rende meno affidabile sul piano dell'efficienza professionale, non e'
 comprensibile  perche' tale limite non debba essere generalizzato per
 l'esercizio della  professione  di  medico  e  di  altre  professioni
 intellettuali,  esercitate a mezzoa di convenzioni con enti pubblici,
 ma soprattutto non si comprende perche' la legge n. 549/1995 lo abbia
 previsto solo per i medici di base e per i pediatri di libera  scelta
 e non per i medici specialisti ambulatoriali, atteso che il fatto che
 essi   operino   all'interno  della  struttura  sanitaria  con  mezzi
 approntati dalle U.S.L. non costituisce un fattore di diversita' tale
 da consentire l'assenza di  previsione  di  limiti  legali  correlati
 all'eta' all'esercizio dell'attivita' convenzionata, sulla base della
 ratio  individuata di tutela della salute pubblica e di realizzazione
 di un servizio sanitario efficiente, piu' evidente nel caso in cui il
 servizio viene  offerto  dal  medico  specialista  nell'ambito  della
 stessa struttura pubblica.
   Non  e'  valido  argomento per contrastare tale tesi il fatto che i
 medici specialisti svolgano un numero di ore determinate e che quindi
 siano sottoposti ad un  impegno  piu'  limitato  compatibile  con  la
 maggiore  eta', laddove il medico di base si autoorganizza sulla base
 del numero degli assistiti e non ha un numero di ore prestabilito, in
 quanto la graduazione dell'impegno del medico col passare degli  anni
 puo'  essere  facilmente  ottenuta  con la riduzione del numero degli
 assistiti.
   Qualora la ratio  della  norma  e  solo  quella  di  consentire  al
 servizio  pubblico  di  avvalersi  della prestazione professionale di
 medici piu' giovani ed aggiornati, tale esigenza deve necessariamente
 valere anche per gli specialisti ambulatoriali.
   E' altresi' vero che per essi il limite  di  70  anni  e'  previsto
 della  norma  finale 8 del decreto del Presidente della Repubblica n.
 316/1990, cosi'  come  e'  previsto  dall'art.  11  del  decreto  del
 Presidente  della  Repubblica  n.  316/1990,  cosi'  come e' previsto
 dall'art.  11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 314/1990
 per i medici di medicina generale e per i pediatri di libera  scelta,
 ma  a  norma  dell'art. 2, comma 7 della legge n. 549/1995 il termine
 per la cessazione dei rapporti convenzionali in atto fra il S.S.N.  e
 la medicina specialistica, ambulatoriale, generale e' stato prorogato
 fino  al 30 giugno 1996, il che significa che nuove convenzioni per i
 medici specialisti ambulatoriali potranno prevedere diversi limiti di
 eta', mentre tale possibilita' e' preclusa per i medici di base per i
 quali la legge, con la disposizione della quale  e'  stata  messa  in
 dubbio  la  legittimita'  costituzionale, ha stabilito rigidamente il
 limite di eta' a 70 anni, impedendo quindi agli accordi  di  disporre
 diversamente,  dal  che  consegue  la  patente  irrazionalita'  della
 limitazione introdotta solo per i medici di medicina generale e per i
 pediatri di libera scelta.
   Tale limite imposto dalla legge  espone  il  cittadino  utente,  il
 quale   non  ha  revocato  il  medico  di  base  settantenne  essendo
 pienamente soddisfatto delle sue prestazioni, ad  essere  privato  di
 una   assistenza   resa   da   tempo  verosimilmente  con  sua  piena
 soddisfazione,    e    cio'    incide    sul    rapporto   fiduciario
 medico-assistito, con lesione del diritto all'assistenza medica e con
 violazione del principio sancito  dall'art.  32  della  Costituzione;
 diritto  alla  salute degli assistiti, pertanto piu' che nell'attuale
 sistema per alcune fasce di cittadini non  sono  offerte  prestazioni
 sanitarie  se  non  e'  pagamento,  e  pertanto il limite non si puo'
 giustificare con esigenze di organizzazione del servizio sanitario.
   La norma denunciata appare  inoltre  in  contrasto  con  il  dovere
 riconosciuto  dall'art.  4  della Costituzione a tutti i cittadini di
 svolgere secondo le proprie possibilita'  e  la  propria  scelta  una
 attivita'  o  una  funzione che contribuisca al progresso materiale e
 spirituale della societa':   infatti il privare  il  medico  di  base
 della   possibilita'  concreta  di  lavoro  per  il  solo  fatto  del
 raggiungimento di una determinata eta' significa privare un  soggetto
 che   proprio  in  ragione  dell'eta'  non  ha  verosimilmente  altre
 possibilita'  di  esercitare  il  proprio  diritto-dovere  al  lavoro
 secondo  un  criterio  astratto e generale di efficienza in possibile
 conflitto con le capacita' e le condizioni del medico settantenne  il
 quale, nonostante l'eta' avanzata, ben puo' avere quella efficienza e
 preparazione che lo rendono ancora utile alla collettivita'.
   A  tale riguardo viene in considerazione la violazione dell'art.  3
 della Costituzione in quanto da un lato si priverebbe sostanzialmente
 il professionista medico  di  base  della  possibilita'  di  lavorare
 mentre l'analoga possibilita' permane per altri liberi professionisti
 convenzionati  e  per i medici specialisti ambulatoriali, per i quali
 non e' stato previsto alcun limite di eta',  rimettendo  la  relativa
 previsione agli accordi ed alle convenzioni.
   D'altronde,  se  prevale  l'affermazione  che  la  legge  ha inteso
 avvocare a se' la determinazione del limite di eta'  per  l'esercizio
 della  professione  sottraendolo  agli  accordi  collettivi,  per  il
 principio di uguaglianza la determinazione deve essere effettuata per
 tutte  le  categorie  dei  professionisti  esercenti  una   attivita'
 sanitaria, quantomeno con riferimento al regime convenzionato.
   Conclusivamente  la norma dell'art. 2, quarto comma, della legge n.
 549/1995 deve ritenersi illegittima in quanto introducendo il  limite
 di  eta'  per  i soli medici di medicina generale e per i pediatri di
 libera scelta, e non per gli altri  medici  convenzionati,  contrasta
 con  il principio di uguaglianza (art. 3, primo comma) e con le altre
 norme costituzionali suindicate (artt. 4,  32,  33),  onde  gli  atti
 vanno  rimessi  alla  Corte costituzionale e la presente procedura va
 sospesa   con   correlativa   sospensione   dell'esecutivita'   della
 cancellazione del dott. Carlo Lolli dagli elenchi dei medici generici
 convenzionati  operate dalle U.S.L. n. 1 imperisse, e comunicate agli
 assistiti.