IL PRETORE Letti gli atti e sciogliendo la riserva che precede, Rilevato che nell'odierno giudizio di merito (che segue la fase d'urgenza ex art. 700 c.p.c.) l'oggetto della domanda attrice e' costituito dalla richiesta di declaratoria di insussistenza del debito del ricorrente nei confronti del Ministero dell'interno ovvero della prefettura di Firenze, relativo alla richiesta stragiudiziale di L. 6.089.820, corrispondenti ad una annualita' dell'assegno mensile di assistenza revocatogli a seguito di revisione per non avere egli ottemperato al disposto dell'art. 11, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e cio' previa rimessione degli atti alla Corte costituzionale sull'eccezione - sollevata dallo stesso ricorrente - di illegittimita' costituzionale della predetta norma per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione; che detta norma stabilisce: "Nel caso di accertata insussistenza dei requisiti prescritti per il godimento dei benefici, e se il beneficiario non rinuncia a goderne dalla data dell'accertamento, sono assoggettati a ripetizione tutti i ratei versati nell'ultimo anno precedente la data stessa"; che, secondo l'autorevole interpretazione della Corte costituzionale (sent. 382/1996) la rinuncia a godere dei benefici non deve intendersi come "rinuncia al trattamento assistenziale.., ma semplicemente alla contestazione in sede giurisdizionale dell'accertamento, con la conseguenza che dalla data di esso sono da ritenersi in modo definitivo non sussistenti i requisiti previsti per il beneficio"; che, sempre a tenore della predetta pronuncia, lo "..scopo della norma e' duplice, cioe' da un canto, nell'ambito del disegno complessivo di semplificazione ed accelerazione delle procedure, quello di cercare di ridurre il contenzioso prevedibile in conseguenza di verifiche e di riesame programmato...; dall'altro quello di dare un beneficio premiale... realizzando un incentivo per la composizione consensuale di tutte le situazioni a rischio di revisione e di revoca per mancanza dei presupposti"; Ritenuto che, pur condividendosi l'individuazione della ratio normativa come sopra operata dalla Corte, non puo' tuttavia non rilevarsi che detta disposizione prevede sostanzialmente la irrogazione di una precisa sanzione, di rilevante entita', specie se rapportata alla situazione economica del beneficiario, sanzione che non trova alcuna giustificazione in atti o comportamenti riconducibili ad una qualche responsabilita' di questi per violazioni di leggi o regolamenti, ma solo nella (legittima) pretesa di agire per la tutela di un proprio diritto (tra l'altro essenziale o comunque necessario alla sua sopravvivenza), tutela che in tal modo rimane invece irrimediabilmente compromessa in nuce, per effetto della indiscutibile efficienza intimidatoria della norma in discorso, la quale finisce per imporre la definitivita' dell'accertamento eseguito in sede di revisione, inibendo di fatto ogni iniziativa diretta alla verifica ed al controllo del provvedimento amministrativo; che il meccanismo legale in tal modo posto in essere dal legislatore oltre ad apparire, sul piano generale, in stridente contrasto con ogni piu' elementare canone di civilta' giuridica, realizza anche la violazione di precise norme costituzionali quali, in particolare, quelle poste a tutela e garanzia del libero esercizio del diritto di difesa (art. 24 della Costituzione) nonche' quelle che assicurano il diritto al mantenimento ed all'assistenza in caso di inabilita' al lavoro e di mancanza dei mezzi di sussistenza (art. 38 della Costituzione), essendo di tutta evidenza il vulnus che in tale settore si produce per la categoria di cittadini che versano nelle predette condizioni; che, contrariamente a quanto argomentato dalla difesa del Ministero convenuto, la questione in esame non puo' ritenersi superata dalla citata sentenza (di rigetto), n. 382/1996 della Corte costituzionale, concernendo essa la diversa fattispecie dell'avvenuta rinuncia alla provvidenza con adesione alla revoca; che, per quanto attiene la dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione, la predetta sentenza consente di superare il richiamo a tale norma, ma solo in relazione alla presunta disparita' di trattamento rispetto al diverso sistema della irripetibilita' delle prestazioni INPS, indebitamente percette, aspetto questo trattato dalla Corte in relazione alle fattispecie sottoposte al suo esame e risolto negativamente sul rilievo della "diversita' di prestazioni e di presupposti"; che, invece, la eccepita violazione anche dell'art. 3 della Costituzione, in relazione al caso in esame, appare corretta con riferimento a tutte, in generale, le ipotesi di revoca a seguito di revisione di prestazioni previdenziali e/o assistenziali, non gravate dall'inibitoria di cui alla norma in esame; che pertanto, nei limiti di cui sopra, l'eccezione appare non manifestamente infondata, la stessa prospettandosi di ufficio (anche se la difesa della ricorrente ne ha fatto cenno all'udienza che precede) in relazione alla rilevata violazione dell'art. 38 della Costituzione; che, derivando dall'eventuale suo accoglimento, l'illegittimita' della pretesa avanzata dall'INPS e la fondatezza della domanda attrice, essa appare anche rilevante in causa; che devono conseguentemente trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale, sospendendosi il presente giudizio.