IL PRETORE
   Con decreto di citazione emesso il 10 aprile 1995 veniva inviato al
 giudizio  di  questo  pretore  Piazza Antonio per i reati di cui agli
 artt. 20, lett. b), legge n. 47/1985, artt. 1, 2, 4, 13  e  14  della
 legge  n.  1086/1971; artt. 1, 3, 17, 18 e 29 della legge n. 64/1974,
 81  cpv.  c.p.;  all'udienza  del  9 aprile 1997 il pretore sollevava
 illegittimita' costituzionale dell'art. 60  della legge  n.  689/1981
 in  relazione  agli  artt.  3  e  32 della Costituzione riservando la
 motivazione.
   Ritiene il remittente giudice che la previsione contenuta nell'art.
 60 della legge n.  685/1981,  di  esclusione  oggettiva  delle  norme
 incriminatrici in materia di edilizia e di urbanistica dal meccanismo
 della  c.d.  conversione della pena confligga radicalmente con l'art.
 3 della  Costituzione  se  parametrata,  tale  esclusione,  ad  altre
 fattispecie  per le quali e' invece consentita l'applicazione di pene
 sostitutive  nonostante  la  loro  indubbia  funzione   di   tutelare
 interessi  a  piu' ampio contenuto dell'edilizia e dell'urbanistica e
 ben  piu'  significativi  lungo  la  scala  dei   valori   di   rango
 costituzionale, quale ad esempio l'ambiente.
   E'  invero  condivisibile  l'opinione  che ambiente ed urbanistica,
 benche'  in  evidente  ed   intuibile   possibilita'   di   contatto,
 individuino  in  realta'  distinte materie, delle quali l'ambiente e'
 quella connotata da maggiore globalita', nel senso  delle  sue  ampie
 interferenze  con  numerosi  altri  interessi  da essa condizionati -
 quale ad esempio, con caratteristiche di primarieta', la salute  -  o
 dai   quali   e'   condizionato   (quale   proprio   quello   sotteso
 all'urbanistica in  senso  stretto  che,  in  quanto  e'  ordinata  a
 garantire il miglior assetto ed utilizzo del territorio, non puo' non
 riflettersi, sia positivamente che negativamente sull'ambiente).
   Cio'  non pertanto, ragionando in termini di rigorosa selezione per
 materia - soprattutto perche' in ambito penale e soprattutto  perche'
 la questione in parola inerisce al tema dell'applicabilita' o meno di
 norme    introducenti   sostanzialmente   un   beneficio   a   favore
 dell'imputato - l'esclusione portata  dal  succitato  art.  60  della
 legge n. 689/1981, in quanto riferita all'edilizia e all'urbanistica,
 non  e'  tale da comprendere anche la materia dell'ambiente in genere
 sicche' restano fuori di tale previsione a contenuto di  divieto,  ad
 esempio,  le  diverse  fattispecie  introdotte  con  il  decreto  del
 Presidente della Repubblica n. 431/1985 in quanto insistenti a difesa
 del  valore  paesistico   ambientale   non   coincidente,   ancorche'
 interferente,   con   la   materia   edilizia   ed   urbanistica  che
 autonomamente contempla le previsioni  sanzionatorie  gia'  risalenti
 alla    l.u.  del  1942,  passate  attraverso la legge n. 10/1977 ed,
 attualmente, previste dalla legge n. 47/1985, artt. 18 e 20.
   Eppure, secondo una prospettiva di globalita' (come  sopra  intesa)
 non  appare  fondatamente contestabile che l'ambiente contenga in se'
 una pluralita' di valori e  di  interessi  che  richiederebbero  alla
 stregua  della  gerarchia, per cosi' dire, degli interessi deducibili
 dalla Costituzione, ben piu' intensa tutela rispetto all'urbanistica,
 cosi' da assurgere il relativo trattamento penale per esso  previsto,
 a  parametro  di  congruita'  e  ragionevolezza per quello dettato in
 materia per l'appunto di urbanistica ed edilizia.
   Si pensi, invero, al profilo della  "salute" considerato  dall'art.
 32  della  Costituzione  garantito  come  valore primario, in stretto
 raccordo con la preminente posizione della  "persona"  (art.  2)  che
 trova   adeguato   livello  di  protezione  solo  entro  una  cornice
 ambientale fatta di salubrita' e, comunque, di attenta vigilanza  sui
 fattori idonei a perturbare l'ecosistema di riferimento dell'uomo.
   Conseguentemente,  ognuno  vede  quale sia lo spessore di rilevanza
 dell'ambiente se misurato con quello dell'urbanistica che, se per  un
 verso  concorre,  condizionandolo, alla definizione ed individuazione
 del  bene  ambiente,  dall'altro  sembra  piuttosto  prefigurarsi  in
 termini   di  valore  con  finalita'  organizzatorie  e  a  contenuto
 socioeconomico cosi' come sembrano denotare in particolare l'art. 117
 della Costituzione relativamente al fine, e gli artt. 41, 42, 43 e 44
 relativamente al contenuto.
   In conclusione, dunque, dal raffronto fra la disciplina dettata  in
 materia  di  ambiente  e  quella  dettata  in  materia di edilizia ed
 urbanistica, per la parte  attinente  allo  specifico  punto  qui  in
 discussione,  nettamente  emerge l'incongruita' dell'esclusione della
 procedura della conversione della pena per i reati  in  materia,  per
 l'appunto,   di   edilizia   e   di   urbanistica;   incongruita'   e
 irragionevolezza  discendente   proprio   dalla   disuguaglianza   di
 trattamento  che  viene  a  determinarsi  fra  contegni negativamente
 incidenti  su  interessi  obiettivamente  connessi  (urbanistico   ed
 ambiente)  e  con previsioni di sfavore a carico di quei contegni che
 incidono su  quello,  fra  i  suddetti  valori,  meno  pregnante  nel
 confronto    cosi'   da   risultarne   manifesta   l'ingiustizia   ed
 irragionevole il trattamento in aperto contrasto con l'art.  3  della
 Costituzione.
   In  punto  di  rilevanza della prospettata questione si osserva che
 nel presente processo  il  giudice  remittente  e'  chiamato  a  fare
 applicazione  eventuale  della  norma denunciata qualora a seguito di
 condanna, ricorrendone i presupposti debba applicare l'art. 53  della
 legge n. 689/1981.