IL PUBBLICO MINISTERO Letti gli atti del proc. n. 41698/93 a carico di Alessi Massimo, Lustrissimi Carlo, Checchi Natale per il reato di cui agli artt. 19 d.P.R. 10 settembre 1982 n. 915, 3, comma 5, e 9-octies della legge 9 novembre 1988 n. 475 in relazione alla violazione dell'obbligo della denuncia annuale e del registro di carico e scarico dei rifiuti tossici e nocivi prodotti o smaltiti. O s s e r v a Come e' noto, la legge n. 475 del 1988 ha introdotto l'obbligo generalizzato della denuncia annuale dei rifiuti speciali prodotti e smaltiti nonche' del registro di carico e scarico. Piu' in particolare, l'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti, inizialmente previsto dall'art. 19 del d.P.R. 10 settembre 1982 n. 915 per il solo settore dei rifiuti tossici e nocivi e' stato esteso dall'art. 3, comma 5, della legge 9 novembre 1988 n. 475 "ai produttori di rifiuti speciali derivanti da lavorazioni industriali ed artigianali...". Lo stesso articolo, al comma 3, ha introdotto l'obbligo di denuncia annuale per chiunque produca ovvero sia titolare degli impianti di smaltimento di rifiuti speciali, speciali di origine industriale assimilabili agli urbani e tossici e nocivi. Entrambi gli obblighi sono stati penalmente sanzionati come reato contravvenzionale, insieme e con la stessa pena, dall'art. 9-octies, comma terzo. Il decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997, entrato in vigore il 3 marzo 1997, ha abrogato, da quella data, sia il d.P.R. n. 915 del 1982 sia gli artt. 3 e 9-octies della citata legge n. 475 (art. 56). Nel contempo, il decreto legislativo n. 22 ha sancito una nuova disciplina sia per le comunicazioni annuali sia per i registri di carico e scarico dei rifiuti prodotti, recuperati o smaltiti (art. 11, comma 3 e art. 12), prevedendo per la loro violazione sanzioni non piu' penali ma solo amministrative (art. 52, commi 1 e 2), anche se trattasi di rifiuti pericolosi (nuova denominazione dei "tossici e nocivi"). Ne consegue che, trattandosi di abolizione di incriminazioni precedenti, ai sensi dell'art. 2 c.p., si dovrebbe chiedere la archiviazione dei procedimenti in corso ovvero, se gia' esercitata la azione penale, l'assoluzione degli imputati perche' il fatto non e' piu' previsto dalla legge come reato, con contestuale trasmissione all'autorita' amministrativa ai sensi dell'art. 55, comma 3, del citato decreto legislativo. Tuttavia, il pubblico ministero ritiene non sia manifestamente infondato il dubbio circa la legittimita' costituzionale del citato articolo 52, nella parte in cui prevede per queste violazioni sanzioni amministrative, anche se riferite, come nel caso di specie, a rifiuti pericolosi. Conclusione cui, peraltro, e' gia' pervenuto, con ordinanza in via di pubblicazione il pretore di Pescara, sez. di S. Valentino, 19 marzo 1997, est. Cillo, imp. Salvatore, n. 7297. 1. - I principi della legge delega per la scelta delle sanzioni. Infatti, il decreto legislativo in esame e' stato emanato dal Governo come legge delegata (per l'attuazione di direttive comunitarie), e, pertanto, non puo' contenere norme in contrasto con i principi dettati dal Parlamento, cosi' come sancito dagli artt. 76 e 77 della Costituzione. In questo quadro, e' doveroso verificare preliminarmente la conformita' delle sanzioni amministrative citate rispetto ai dettami della legge delega e cioe' della legge 22 febbraio 1994 n. 146 (legge comunitaria 1993), il cui art. 1 conferisce al Governo la delega per l'attuazione di numerose direttive, tra cui la n. 91/156 CEE e 91/689 CEE, relative, appunto, ai rifiuti. L'art. 2, lett. d) di questa legge stabilisce, infatti, che "salva l'applicazione delle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute dei decreti legislativi, saranno previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a lire duecento milioni e dell'arresto fino a tre anni, saranno previste in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi generali dell'ordinamento interno del tipo di quelli tutelati dagli artt. 34 e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tali casi saranno previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che recano un danno di particolare gravita'. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a lire cinquantamila e non superiore a lire duecento milioni sara' prevista per le infrazioni che ledano o espongano a pericolo interessi diversi da quelli suindicati. Nell'ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni suindicate saranno determinate nella loro entita' tenendo conto della diversa potenzialita' lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualita' personali del colpevole, comprese quelle che impongano particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonche' del vantaggio patrimoniale che l'infrazione puo' recare al colpevole o alla persona o ente nel cui interesse egli agisce. In ogni caso, in deroga ai limiti sopra indicati, per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi saranno previste sanzioni penali o amministrative identiche a quelle eventualmeute gia' comminate dalle leggi vigenti per violazioni che siano omogenee e di pari offensivita' rispetto alle infrazioni medesime". Vale la pena, a questo punto, di rilevare subito che, quindi, la legge delega, delineando il quadro delle sanzioni (amministrative e contravvenzionali) da irrogare per garantire il rispetto delle prescrizioni comunitarie, mentre privilegia, di regola, le sanzioni amministrative, indica espressamente, come eccezione, il settore della tutela dell'ambiente. Infatti, essa, come si e' detto, prevede espressamente sanzioni solo penali nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi generali dell'ordinamento interno del tipo di quelli tutelati dall'art. 34 della legge n. 689 del 1981, fra i quali rientra certamente l'interesse alla tutela dell'ambiente. Basta leggere, infatti, il citato articolo 34 (lett. g ed h) per verificare che esso esclude dalla depenazzazione, tra l'altro, le violazioni (tutte, incluse quelle c.d. "formali" della legge Merli e quelle (tutte, incluse quelle c.d. "formali" della legge antismog (non sono menzionate le leggi sui rifiuti perche' nel 1981 non ne esistevano): segno evidente che la tutela dell'ambiente e' un interesse generale dell'ordinamento interno, il quale, secondo il legislatore, non puo' essere presidiato solo con sanzioni amministrative. Se, alla luce di queste considerazioni, si rilegge il quadro sanzionatorio che emerge dal decreto, appare subito evidente che non si e' sempre tenuto conto dei principi delineati dalla legge delega. Cio' e' particolarmente evidente nell' art. 52 che, come si e' detto, commina sanzioni solo amministrative per la violazione degli obblighi di comunicazione annuale e di tenuta dei registri di scarico e scarico dei rifiuti, anche se pericolosi. Trattasi, infatti, in primo luogo, di violazioni di norme tese a tutelare l'ambiente e cioe' quell'interesse generale che la legge delega ritiene debba essere presidiato con sanzioni penali e non amministrative. Peraltro, la formulazione stessa del citato art. 2, lett. d), con la focalizzazione sugli "interessi generali", quali quello alla tutela dell'ambiente (contrapposti, come eccezione, a tutti gli altri), e con il richiamo proprio alle norme escluse - in blocco e senza distinzioni, in quanto relative all'interesse alla tutela ambientale - dalla depenalizzazione nel 1981, sembra voler escludere, comunque, qualsiasi possibilita' di irrogazione di sanzioni amministrative nel recepimento delle prescrizioni che garantiscono la tutela dell'ambiente, quali sono quelle in esame. Anzi, se si vuole restare al dato letterale, la sanzione amministrativa e' prevista solo per "le infrazioni che ledano o espongano a pericolo interessi diversi" da quello della tutela dell'ambiente; per cui, nel caso in esame, la scelta di sanzione amministrativa sarebbe consentita solo se si ritenesse che le violazioni relative all'obbligo di comunicazione annuale e di registro di carico e scarico dei rifiuti "ledano o espongano a pericolo" interessi diversi da quello della tutela dell'ambiente. In questo quadro, quindi, la dizione - "infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l'interesse protetto" - non sembra assumere alcun significato particolare o limitativo, essendo, oltre tutto pacifico che, pur senza voler addentrarsi in dissertazioni sulla struttura del reato e sul bene giuridico, la violazione delle prescrizioni tese alla tutela dell'ambiente dai rifiuti comporta sempre, direttamente o indirettamente, una lesione o una messa in pericolo del bene protetto. E', tuttavia, altrettanto evidente che il legislatore (delegato) del decreto legislativo n. 22 ha voluto intendere invece questa indicazione non in senso cosi' rigido e generalizzato, ed ha preferito, di regola, interpretarla nel senso di riservare le sanzioni penali solo alle violazioni che riteneva comunque "piu' gravi" e pericolose per l'ambiente; e, nel compiere questa valutazione, ha considerato un complesso di vari elementi, fra cui spiccano, oltre alla pericolosita' "diretta" della condotta, altri elementi, quali, ad esempio, la natura dell'attivita' svolta ed il tipo di rifiuti prodotti. Tanto e' vero che, ad esempio, l'abbandono o il deposito incontrollato di rifiuti - violazione che non e' certamente una violazione formale ma una "aggressione diretta" - viene punito con sanzione amministrativa ai sensi degli artt. 14 e 50, comma 1, se commesso da privato, e con sanzione penale solo se commesso da titolare di impresa o ente (art. 51, comma 2). Mentre tutte le violazioni, certamente "formali", connesse con l'inosservanza delle procedure (anche semplificate) per autorizzazione o iscrizione da parte delle imprese che compiono attivita' di gestione dei rifiuti, sono sempre penalmente sanzionate dall'art. 51, commi 1 e 2 (anzi, "se si tratta di rifiuti pericolosi", addirittura con la pena congiunta che la legge delega riserva alle "infrazioni che recano un danno di particolare gravita'"). Cosi' come, nel caso, del tutto omogeneo a quello in esame, di violazioni relative al formulario di trasporto di rifiuti - e, quindi, come quelle attinenti al registro di carico e scarico ed alla comunicazione annuale, certamente non direttamente aggressive del bene protetto -, l'art. 52, comma 3 del decreto legislativo n. 22 prevede sanzione amministrativa, ma, se il trasporto riguarda rifiuti pericolosi, fa espressamente eccezione e richiama - diversamente da quanto avviene per i registri di carico e scarico - addirittura le pene del delitto di cui all'art. 43 c.p. Peraltro, sembra determinante notare che l'art. 52, comma 4, si preoccupa di prevedere una autonoma (e piu' blanda) sanzione amministrativa nel caso che le violazioni agli obblighi relativi sia ai registri di carico e scarico sia ai formulari per il trasporto, anche se relative a rifiuti pericolosi, siano solo formali (art. 52, comma 4: "se le indicazioni di cui ai commi 2 e 3 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengano tutti gli elementi indispensabili per ricostruire le informazioni dovute per legge.."). Il che porta a ritenere che l'art. 52, commi 2 e 3, rispettivamente con riferimento agli obblighi del registro di carico e scarico e del formulario per il trasporto, indichi la sanzione per le altre violazioni, ritenute, evidentemente, non meramente formali, e piu' gravi. Tanto piu' che contemporaneamente, nella stessa ottica, il legislatore esonera totalmente dagli obblighi della comunicazione annuale e dei registri di carico e scarico, limitatamente alla produzione di rifiuti non pericolosi, i piccoli imprenditori artigiani che non hanno piu' di tre dipendenti (art. 11, comma 3), ritenendo, con ogni evidenza, che si tratta di modeste attivita' le quali, qualora non producano rifiuti pericolosi, non costituiscono un apprezzabile pericolo per l'interesse tutelato. In questo quadro, allora, se anche si vuole usare lo stesso metro del legislatore delegato, appare del tutto incomprensibile la previsione di sanzioni solo amministrative (anche se piu' pesanti se vi sono rifiuti pericolosi) per tutte le violazioni relative alla comunicazione annuale ed al registro di carico e scarico (che non rientrino, ovviamente, nell'ambito dell'art. 52, comma 4), escludendo - a differenza di quanto avviene per il formulario di trasporto - qualsiasi sanzione penale, anche se sono relative a rifiuti pericolosi. Resta da sottolineare - e non sembra irrilevante sotto il profilo sostanziale - che le violazioni in esame comprendono anche la falsita' delle registrazioni del registro di carico e scarico e cioe' quelle violazioni che molto spesso, come insegna l'esperienza degli ultimi 15 anni, sono i primi elementi da cui iniziare le indagini per reprimere la ecomafia dei rifiuti, da cui derivano, in concreto e direttamente, danni incalcolabili all'ambiente ed alla salute pubblica. In altri termini, gli obblighi relativi alla comunicazione annuale ed al registro di carico e scarico sono certamente, sotto il profilo sostanziale, obblighi il cui rispetto e' indispensabile per tenere sotto controllo tutto il settore della produzione e dello smaltimento dei rifiuti, troppo spesso in mano alla criminalita' organizzata: chiunque abbia fatto indagini in questo settore sa perfettamente che il primo controllo riguarda la veridicita' e la completezza di quanto dichiarato nelle comunicazioni annuali, nei registri e nei formulari di trasporto. Depenalizzare questi obblighi anche con riferimento ai rifiuti pericolosi, pertanto, equivale ad escludere, di norma, la competenza della polizia giudiziaria, e quindi, in sostanza, a depotenziare la possibilita' (gia' minima) di effettuare questi controlli (adesso, peraltro, affidati, ai sensi dell'art. 20, comma 1, lett. c) e 55, comma 1 decreto legislativo n. 22, alle province, senza fornir loro alcun potenziamento di uomini e mezzi, gia' oggi largamente insufficienti), esponendo concretamente a pericolo l'interesse generale alla tutela dell'ambiente. Il che e' particolarmente evidente proprio con riferimento ai rifiuti pericolosi, come, del resto, risulta chiarissimo da altre disposizioni dello stesso decreto legislativo che considerano giustamente fondamentali i controlli sulla "vita" dei rifiuti, soprattutto pericolosi ("dalla culla alla tomba", come prescrive l'Unione europea), onde non mettere in pericolo il diritto all'ambiente. Basta ricordare che, in perfetta sintonia rispetto alle direttive comunitarie, il decreto legislativo n. 22 dispone che occorre "assicurare una elevata protezione dell'ambiente e controlli efficaci, tenendo conto della specificita' dei rifiuti pericolosi" (art. 2); ed aggiunge, ancora piu' significativamente, che le province "sottopongono ad adeguati controlli periodici gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono o recuperano rifiuti, curando, in particolare, i controlli sulle attivita' sottoposte alle procedure semplificate.... e che i controlli concernenti la raccolta ed il trasporto di rifiuti pericolosi riguardino, in primo luogo, l'origine e la destinazione dei rifiuti" (art. 20, comma 6). Controlli che, come gia' si e' osservato, si basano, appunto sugli strumenti della comunicazione annuale, del registro di carico e scarico e del formulario per il trasporto. 2. - I principi della legge delega per la omogeneita' delle sanzioni. In secondo luogo, la legge delega aggiunge a questo principio generale due riserve di notevole importanza. Da un lato fa "salva l'applicazione delle norme penali vigenti", e dall'altro impone, anche "in deroga ai limiti sopra indicati", di "prevedere sanzioni penali o amministrative identiche a quelle eventualmente gia' comminate dalle leggi vigenti per violazioni che siano omogenee e di pari offensivita' rispetto alle infrazioni medesime". Per cui, in questi casi, a meno di non voler ridurre, sulla base di una argomentazione solo letterale "in deroga ai limiti", ed in contrasto con l'evidentissimo tenore logico complessivo della norma, questo principio al solo computo delle pene svincolato dalla natura delle pene stesse (criterio che, ovviamente, precede la misura delle sanzioni), si impone l'obbligo di preferire sanzioni anche diverse, come natura e come limiti, da quelle previste nella legge delega. A proposito di questo secondo criterio, deve rilevarsi che, in assenza di una legge quadro sull'ambiente, si e' determinato, negli ultimi anni, un orientamento non omogeneo del legislatore proprio nella previsione di sanzioni in questo settore, tanto che e' stato piu' volte invocato e si e' reso talvolta necessario l'intervento della Corte costituzionale. Di certo, l'esempio piu' evidente di rottura con il passato e' costituito dalla recente legge n. 172 del 1995, di modifica della legge Merli, in cui una parte delle "vecchie" sanzioni e' stata depenalizzata proprio in un settore - l'inquinamento delle acque - che si puo' certamente definire "omogeneo" a quello in esame. E allora giova ricordare che questa legge si ispira, comunque, al principio di mantenere le sanzioni penali (contravvenzionali) per le violazioni (anche quelle c.d. "formali" commesse nell'esercizio di attivita' produttive, ritenute, evidentemente, le piu' pericolose per l'ambiente. E cio' e' avvenuto con riferimento a tutte le violazioni collegate all'esercizio di attivita' produttive, anche se meramente "formali", quali la violazione dell'obbligo di presentare la domanda di autorizzazione allo scarico (cui puo' conseguire autorizzazione tacita se si tratta di scarichi esistenti), tuttora penalmente sanzionata con arresto o ammenda dall'art. 21 della legge Merli modificata. E pertanto, anche in virtu' del principio di omogeneita' tra sanzioni imposto dalla legge delega, per le violazioni in esame, certamente relative ad attivita' produttive (tanto piu' se producono o trattano rifiuti pericolosi), si sarebbe dovuto prevedere sanzione penale di tipo contravvenzionale con pena alternativa. Si deve, infine, rilevare che anche nella determinazione delle sanzioni e' necessario, come prescrive la legge delega (art. 36, lett. b), garantire il "mantenimento dei livelli di protezione ambientale previsti dalla normativa nazionale ...", dato che certamente il sistema sanzionatorio contribuisce al mantenimento di questi livelli. Il che deve portare alla conseguenza di considerare con la massima cautela ogni ammorbidimento del sistema sanzionatorio fino ad oggi in vigore in questa materia, caratterizzato certamente dalla assoluta prevalenza di sanzioni penali. 3. - Il contrasto con la normativa comunitaria. Devesi, infine, rilevare che la scelta della sanzione penale per le violazioni in esame se relative a rifiuti pericolosi, sembra da privilegiare anche per rispetto degli obblighi assunti dal nostro paese verso la Unione europea. Infatti, proprio recentemente e proprio in relazione alle sanzioni previste dalla normativa italiana sui rifiuti, la Corte europea di giustizia ha ricordato che "gli Stati membri sono tenuti, nell'ambito della liberta' che viene loro lasciata dall'art. 189, terzo comma, del Trattato, a scegliere le forme e i mezzi piu' idonei al fine di garantire l'efficacia pratica delle direttive"; ed ha precisato che "l'art. 5 del Trattato impone agli Stati membri di adottare tutte le misure atte a garantire la portata e l'efficacia del diritto comunitario. A tal fine, ..., essi devono vegliare a che le violazioni del diritto comunitario siano sanzionate, sotto il profilo sostanziale e procedurale, in termini analoghi a quelli previsti per le violazioni del diritto interno, simili per natura ed importanza e che, in ogni caso, conferiscano alla sanzione stessa un carattere di effettivita', di proporzionalita' e di capacita' dissuasiva.." (Corte di giustizia, sez. I, 12 settembre 1996, Gallotti ed altri). Ne consegue che, alla stregua delle considerazioni gia' svolte, aver previsto solo sanzioni amministrative per la violazione dell'obbligo comunitario del registro di carico e scarico dei rifiuti, anche se pericolosi (imposto dall'art. 14 dir. 91/156 e dall'art. 4 dir. 91/689), puo' far ritenere che il nostro paese sia venuto meno agli obblighi che derivano all'Italia dalla partecipazione alla Unione europea, con violazione degli artt. 10 e 11 della Costituzione. Un cenno, infine, merita la problematica connessa con la giurisprudenza costituzionale relativa alla impossibilita' di richiedere alla Corte una pronuncia additiva. A questo proposito, si osserva in primo luogo che questa giurisprudenza si riferisce ad eccezioni dove il giudice a quo chiedeva di censurare la scelta del legislatore per sanzioni ammstrative, invocando il contrasto con il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione; il che e' stato inteso dalla Corte come una richiesta alla Corte stessa di imporre sanzioni penali, sostituendosi al legislatore. Nel caso in esame la situazione e' esattamente opposta: con riferimento agli artt. 76 e 77, si chiede, cioe', alla Corte di esaminare se l'organo delegato (il Governo) ha rispettato la scelta del legislatore, imposta con legge delega, circa la natura delle sanzioni da comminare: non sostituzione al legislatore, quindi, ma applicazione di quanto dallo stesso stabilito. Ed e' appena il caso di aggiungere che, se si ragionasse diversamente, pur prescindendo dal caso in esame, non si potrebbe mai portare all'esame della Corte alcun dubbio relativo alla osservanza di quanto disposto da una legge delega in tema di sanzioni. Considerato quindi che, per le argomentazioni sopra esposte, non sembra manifestamente infondato il sospetto che l'art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997 sia in contrasto con gli artt. 76 e 77, 10 e 11 della Costituzione, nella parte in cui prevede sanzioni amministrative per le violazioni degli obblighi relativi alla comunicazione annuale ed al registro di carico e scarico dei rifiuti pericolosi, prodotti, recuperati o smaltiti. Considerato che, quindi, la predetta norma potrebbe essere dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, con le conseguenze di legge. Considerato che, per quanto premesso, il presente giudizio, relativo, appunto a rifiuti pericolosi, non puo' essere deciso senza la risoluzione preliminare della questione proposta.