IL PUBBLICO MINISTERO
   Letti  gli  atti  del proc. n. 41698/93 a carico di Alessi Massimo,
 Lustrissimi Carlo, Checchi Natale per il reato di cui agli artt.   19
 d.P.R. 10 settembre 1982 n. 915, 3, comma 5, e 9-octies della legge 9
 novembre  1988 n. 475 in relazione alla violazione dell'obbligo della
 denuncia annuale e del registro  di  carico  e  scarico  dei  rifiuti
 tossici e nocivi prodotti o smaltiti.
                             O s s e r v a
   Come  e'  noto,  la  legge  n. 475 del 1988 ha introdotto l'obbligo
 generalizzato della denuncia annuale dei rifiuti speciali prodotti  e
 smaltiti   nonche'   del  registro  di  carico  e  scarico.  Piu'  in
 particolare, l'obbligo della tenuta dei registri di carico e  scarico
 dei  rifiuti,  inizialmente  previsto  dall'art.  19  del  d.P.R.  10
 settembre 1982 n.   915 per il solo settore  dei  rifiuti  tossici  e
 nocivi  e'  stato esteso dall'art. 3, comma 5, della legge 9 novembre
 1988  n.  475  "ai  produttori  di  rifiuti  speciali  derivanti   da
 lavorazioni  industriali  ed artigianali...".  Lo stesso articolo, al
 comma 3, ha introdotto l'obbligo di  denuncia  annuale  per  chiunque
 produca  ovvero sia titolare degli impianti di smaltimento di rifiuti
 speciali, speciali di origine industriale assimilabili agli urbani  e
 tossici  e  nocivi.  Entrambi  gli  obblighi  sono  stati  penalmente
 sanzionati come reato contravvenzionale,  insieme  e  con  la  stessa
 pena, dall'art. 9-octies, comma terzo.
   Il decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997, entrato in vigore
 il  3  marzo  1997, ha abrogato, da quella data, sia il d.P.R. n. 915
 del 1982 sia gli artt. 3 e 9-octies della citata legge n.  475  (art.
 56).
   Nel  contempo,  il  decreto  legislativo n. 22 ha sancito una nuova
 disciplina sia per le comunicazioni annuali sia  per  i  registri  di
 carico  e  scarico  dei rifiuti prodotti, recuperati o smaltiti (art.
 11, comma 3 e art. 12), prevedendo per la  loro  violazione  sanzioni
 non  piu' penali ma solo amministrative (art. 52, commi 1 e 2), anche
 se trattasi di rifiuti pericolosi (nuova denominazione dei "tossici e
 nocivi").
   Ne  consegue  che,  trattandosi  di  abolizione  di  incriminazioni
 precedenti,  ai  sensi  dell'art.  2  c.p.,  si  dovrebbe chiedere la
 archiviazione dei procedimenti in corso ovvero, se gia' esercitata la
 azione penale, l'assoluzione degli imputati perche' il fatto  non  e'
 piu'  previsto  dalla  legge come reato, con contestuale trasmissione
 all'autorita' amministrativa ai sensi  dell'art.  55,  comma  3,  del
 citato decreto legislativo.
   Tuttavia,  il  pubblico  ministero  ritiene  non sia manifestamente
 infondato il dubbio circa la legittimita' costituzionale  del  citato
 articolo  52,  nella  parte  in  cui  prevede  per  queste violazioni
 sanzioni amministrative, anche se riferite, come nel caso di  specie,
 a rifiuti pericolosi.
   Conclusione  cui, peraltro, e' gia' pervenuto, con ordinanza in via
 di pubblicazione il pretore di Pescara,  sez.  di  S.  Valentino,  19
 marzo 1997, est. Cillo, imp. Salvatore, n. 7297.
   1. - I principi della legge delega per la scelta delle sanzioni.
   Infatti,  il  decreto  legislativo  in  esame  e' stato emanato dal
 Governo  come  legge  delegata   (per   l'attuazione   di   direttive
 comunitarie),  e, pertanto, non puo' contenere norme in contrasto con
 i principi dettati dal Parlamento, cosi' come sancito dagli artt.  76
 e 77 della Costituzione.
   In   questo  quadro,  e'  doveroso  verificare  preliminarmente  la
 conformita' delle sanzioni amministrative citate rispetto ai  dettami
 della legge delega e cioe' della legge 22 febbraio 1994 n. 146 (legge
 comunitaria  1993), il cui art. 1 conferisce al Governo la delega per
 l'attuazione di numerose direttive, tra cui la n. 91/156 CEE e 91/689
 CEE, relative, appunto, ai rifiuti. L'art.  2,  lett.  d)  di  questa
 legge  stabilisce,  infatti,  che  "salva  l'applicazione delle norme
 penali vigenti, ove  necessario  per  assicurare  l'osservanza  delle
 disposizioni  contenute  dei  decreti  legislativi,  saranno previste
 sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle  disposizioni
 dei decreti stessi.  Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente,
 dell'ammenda  fino  a lire duecento milioni e dell'arresto fino a tre
 anni, saranno previste in via alternativa o congiunta, solo nei  casi
 in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi generali
 dell'ordinamento interno del tipo di quelli tutelati dagli artt. 34 e
 35  della  legge  24  novembre  1981,  n.  689.  In tali casi saranno
 previste:  la  pena  dell'ammenda  alternativa  all'arresto  per   le
 infrazioni   che   espongano  a  pericolo  o  danneggino  l'interesse
 protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le
 infrazioni che recano un danno di particolare gravita'.  La  sanzione
 amministrativa  del  pagamento  di  una  somma  non  inferiore a lire
 cinquantamila e non superiore a lire duecento milioni sara'  prevista
 per le infrazioni che ledano o espongano a pericolo interessi diversi
 da quelli suindicati.
   Nell'ambito  dei  limiti  minimi  e  massimi  previsti, le sanzioni
 suindicate saranno determinate nella loro entita' tenendo conto della
 diversa potenzialita' lesiva  dell'interesse  protetto  che  ciascuna
 infrazione presenta in astratto, di specifiche qualita' personali del
 colpevole,  comprese  quelle  che  impongano  particolari  doveri  di
 prevenzione,   controllo   o   vigilanza,   nonche'   del   vantaggio
 patrimoniale che l'infrazione puo' recare al colpevole o alla persona
 o  ente  nel  cui  interesse  egli agisce. In ogni caso, in deroga ai
 limiti sopra  indicati,  per  le  infrazioni  alle  disposizioni  dei
 decreti legislativi saranno previste sanzioni penali o amministrative
 identiche  a  quelle eventualmeute gia' comminate dalle leggi vigenti
 per violazioni che siano omogenee e  di  pari  offensivita'  rispetto
 alle infrazioni medesime".
   Vale  la  pena,  a questo punto, di rilevare subito che, quindi, la
 legge delega, delineando il quadro delle sanzioni  (amministrative  e
 contravvenzionali)  da  irrogare  per  garantire  il  rispetto  delle
 prescrizioni comunitarie, mentre privilegia, di regola,  le  sanzioni
 amministrative,  indica  espressamente,  come  eccezione,  il settore
 della tutela dell'ambiente. Infatti, essa, come si e' detto,  prevede
 espressamente  sanzioni  solo  penali  nei  casi in cui le infrazioni
 ledano o espongano a  pericolo  interessi  generali  dell'ordinamento
 interno  del  tipo di quelli tutelati dall'art. 34 della legge n. 689
 del 1981, fra i quali  rientra  certamente  l'interesse  alla  tutela
 dell'ambiente.  Basta  leggere, infatti, il citato articolo 34 (lett.
 g ed h) per verificare che esso  esclude  dalla  depenazzazione,  tra
 l'altro,  le  violazioni  (tutte, incluse quelle c.d. "formali" della
 legge Merli e quelle (tutte,  incluse  quelle  c.d.  "formali"  della
 legge  antismog (non sono menzionate le leggi sui rifiuti perche' nel
 1981 non ne esistevano): segno evidente che la  tutela  dell'ambiente
 e'  un interesse generale dell'ordinamento interno, il quale, secondo
 il  legislatore,  non  puo'  essere  presidiato  solo  con   sanzioni
 amministrative.
   Se,  alla  luce  di  queste  considerazioni,  si  rilegge il quadro
 sanzionatorio che emerge dal decreto, appare subito evidente che  non
 si  e' sempre tenuto conto dei principi delineati dalla legge delega.
 Cio' e' particolarmente evidente nell' art. 52 che, come si e' detto,
 commina sanzioni solo amministrative per la violazione degli obblighi
 di comunicazione annuale e  di  tenuta  dei  registri  di  scarico  e
 scarico dei rifiuti, anche se pericolosi.
   Trattasi,  infatti,  in  primo luogo, di violazioni di norme tese a
 tutelare l'ambiente e cioe' quell'interesse  generale  che  la  legge
 delega  ritiene  debba  essere  presidiato  con sanzioni penali e non
 amministrative. Peraltro, la formulazione stessa del citato art.   2,
 lett.  d),  con  la  focalizzazione sugli "interessi generali", quali
 quello alla tutela dell'ambiente  (contrapposti,  come  eccezione,  a
 tutti  gli  altri), e con il richiamo proprio alle norme escluse - in
 blocco e senza distinzioni, in  quanto  relative  all'interesse  alla
 tutela  ambientale  -  dalla  depenalizzazione nel 1981, sembra voler
 escludere,  comunque,  qualsiasi  possibilita'  di   irrogazione   di
 sanzioni   amministrative  nel  recepimento  delle  prescrizioni  che
 garantiscono la tutela dell'ambiente, quali  sono  quelle  in  esame.
 Anzi,   se   si   vuole   restare  al  dato  letterale,  la  sanzione
 amministrativa e' prevista solo  per  "le  infrazioni  che  ledano  o
 espongano  a  pericolo  interessi  diversi"  da  quello  della tutela
 dell'ambiente; per cui, nel caso in  esame,  la  scelta  di  sanzione
 amministrativa  sarebbe  consentita  solo  se  si  ritenesse  che  le
 violazioni  relative  all'obbligo  di  comunicazione  annuale  e   di
 registro  di  carico  e  scarico  dei  rifiuti  "ledano o espongano a
 pericolo" interessi diversi da quello della tutela dell'ambiente.
   In questo quadro, quindi, la dizione - "infrazioni che espongano  a
 pericolo  o  danneggino  l'interesse  protetto" - non sembra assumere
 alcun significato particolare  o  limitativo,  essendo,  oltre  tutto
 pacifico  che,  pur  senza  voler  addentrarsi in dissertazioni sulla
 struttura del  reato  e  sul  bene  giuridico,  la  violazione  delle
 prescrizioni  tese  alla  tutela  dell'ambiente  dai rifiuti comporta
 sempre, direttamente o indirettamente, una lesione  o  una  messa  in
 pericolo del bene protetto.
   E',  tuttavia,  altrettanto  evidente che il legislatore (delegato)
 del decreto legislativo n.  22  ha  voluto  intendere  invece  questa
 indicazione  non  in  senso  cosi'  rigido  e  generalizzato,  ed  ha
 preferito,  di  regola,  interpretarla  nel  senso  di  riservare  le
 sanzioni  penali  solo  alle  violazioni  che riteneva comunque "piu'
 gravi"  e  pericolose  per  l'ambiente;  e,   nel   compiere   questa
 valutazione,  ha  considerato  un complesso di vari elementi, fra cui
 spiccano, oltre alla pericolosita' "diretta"  della  condotta,  altri
 elementi,  quali,  ad  esempio, la natura dell'attivita' svolta ed il
 tipo di rifiuti prodotti. Tanto e' vero che, ad esempio,  l'abbandono
 o  il  deposito  incontrollato  di  rifiuti  -  violazione che non e'
 certamente una violazione formale  ma  una  "aggressione  diretta"  -
 viene  punito  con  sanzione amministrativa ai sensi degli artt. 14 e
 50, comma 1, se commesso da privato, e con sanzione  penale  solo  se
 commesso  da  titolare  di  impresa o ente (art. 51, comma 2). Mentre
 tutte   le   violazioni,   certamente   "formali",    connesse    con
 l'inosservanza    delle    procedure    (anche    semplificate)   per
 autorizzazione o iscrizione  da  parte  delle  imprese  che  compiono
 attivita'  di gestione dei rifiuti, sono sempre penalmente sanzionate
 dall'art.  51,  commi  1  e  2  (anzi,  "se  si  tratta  di   rifiuti
 pericolosi",  addirittura  con  la pena congiunta che la legge delega
 riserva  alle  "infrazioni  che  recano  un  danno   di   particolare
 gravita'").
   Cosi'  come,  nel  caso,  del  tutto omogeneo a quello in esame, di
 violazioni relative al  formulario  di  trasporto  di  rifiuti  -  e,
 quindi, come quelle attinenti al registro di carico e scarico ed alla
 comunicazione  annuale,  certamente  non  direttamente aggressive del
 bene protetto -, l'art. 52, comma 3 del  decreto  legislativo  n.  22
 prevede sanzione amministrativa, ma, se il trasporto riguarda rifiuti
 pericolosi,  fa  espressamente eccezione e richiama - diversamente da
 quanto avviene per i registri di carico e scarico  -  addirittura  le
 pene del delitto di cui all'art. 43 c.p.
   Peraltro,  sembra  determinante  notare  che l'art. 52, comma 4, si
 preoccupa  di  prevedere  una  autonoma  (e  piu'  blanda)   sanzione
 amministrativa  nel caso che le violazioni agli obblighi relativi sia
 ai registri di carico e scarico sia ai formulari  per  il  trasporto,
 anche  se relative a rifiuti pericolosi, siano solo formali (art. 52,
 comma 4: "se le indicazioni di cui ai commi 2 e  3  sono  formalmente
 incomplete o inesatte ma contengano tutti gli elementi indispensabili
 per  ricostruire le informazioni dovute per legge.."). Il che porta a
 ritenere che l'art.  52, commi 2 e 3, rispettivamente con riferimento
 agli obblighi del registro di carico e scarico e del  formulario  per
 il  trasporto, indichi la sanzione per le altre violazioni, ritenute,
 evidentemente, non meramente formali, e piu' gravi.  Tanto  piu'  che
 contemporaneamente,  nella  stessa  ottica,  il  legislatore  esonera
 totalmente dagli obblighi della comunicazione annuale e dei  registri
 di  carico  e  scarico,  limitatamente alla produzione di rifiuti non
 pericolosi, i piccoli imprenditori artigiani che non  hanno  piu'  di
 tre  dipendenti (art. 11, comma 3), ritenendo, con ogni evidenza, che
 si tratta di  modeste  attivita'  le  quali,  qualora  non  producano
 rifiuti  pericolosi,  non  costituiscono un apprezzabile pericolo per
 l'interesse tutelato.
   In  questo  quadro, allora, se anche si vuole usare lo stesso metro
 del  legislatore  delegato,  appare  del  tutto  incomprensibile   la
 previsione  di sanzioni solo amministrative (anche se piu' pesanti se
 vi sono rifiuti pericolosi) per tutte  le  violazioni  relative  alla
 comunicazione  annuale  ed  al  registro di carico e scarico (che non
 rientrino, ovviamente, nell'ambito dell'art. 52, comma 4), escludendo
 - a differenza di quanto avviene per il  formulario  di  trasporto  -
 qualsiasi   sanzione   penale,  anche  se  sono  relative  a  rifiuti
 pericolosi.
   Resta da sottolineare - e non sembra irrilevante sotto  il  profilo
 sostanziale  -  che  le  violazioni  in  esame  comprendono  anche la
 falsita' delle registrazioni del registro di carico e scarico e cioe'
 quelle violazioni che molto spesso, come insegna  l'esperienza  degli
 ultimi 15 anni, sono i primi elementi da cui iniziare le indagini per
 reprimere  la  ecomafia  dei  rifiuti, da cui derivano, in concreto e
 direttamente,  danni  incalcolabili  all'ambiente  ed   alla   salute
 pubblica.  In altri termini, gli obblighi relativi alla comunicazione
 annuale ed al registro di carico e scarico sono certamente, sotto  il
 profilo  sostanziale,  obblighi il cui rispetto e' indispensabile per
 tenere sotto controllo tutto il  settore  della  produzione  e  dello
 smaltimento  dei  rifiuti,  troppo  spesso  in mano alla criminalita'
 organizzata: chiunque abbia  fatto  indagini  in  questo  settore  sa
 perfettamente  che  il  primo  controllo riguarda la veridicita' e la
 completezza di quanto dichiarato  nelle  comunicazioni  annuali,  nei
 registri e nei formulari di trasporto.  Depenalizzare questi obblighi
 anche  con  riferimento  ai rifiuti pericolosi, pertanto, equivale ad
 escludere, di norma,  la  competenza  della  polizia  giudiziaria,  e
 quindi,  in sostanza, a depotenziare la possibilita' (gia' minima) di
 effettuare questi controlli (adesso,  peraltro,  affidati,  ai  sensi
 dell'art.  20, comma 1, lett. c) e 55, comma 1 decreto legislativo n.
 22, alle province, senza fornir loro alcun potenziamento di uomini  e
 mezzi, gia' oggi largamente insufficienti), esponendo concretamente a
 pericolo  l'interesse  generale  alla tutela dell'ambiente. Il che e'
 particolarmente  evidente  proprio   con   riferimento   ai   rifiuti
 pericolosi,   come,   del   resto,   risulta   chiarissimo  da  altre
 disposizioni  dello  stesso  decreto  legislativo   che   considerano
 giustamente  fondamentali  i  controlli  sulla  "vita"  dei  rifiuti,
 soprattutto pericolosi ("dalla  culla  alla  tomba",  come  prescrive
 l'Unione   europea),   onde   non  mettere  in  pericolo  il  diritto
 all'ambiente. Basta ricordare che, in perfetta sintonia rispetto alle
 direttive comunitarie, il  decreto  legislativo  n.  22  dispone  che
 occorre  "assicurare una elevata protezione dell'ambiente e controlli
 efficaci, tenendo conto della specificita'  dei  rifiuti  pericolosi"
 (art.  2);  ed  aggiunge,  ancora  piu'  significativamente,  che  le
 province  "sottopongono   ad   adeguati   controlli   periodici   gli
 stabilimenti  e  le  imprese  che  smaltiscono  o recuperano rifiuti,
 curando, in particolare, i controlli sulle attivita' sottoposte  alle
 procedure  semplificate.... e che i controlli concernenti la raccolta
 ed il trasporto di rifiuti pericolosi  riguardino,  in  primo  luogo,
 l'origine  e  la  destinazione  dei  rifiuti"  (art.  20,  comma  6).
 Controlli che, come gia' si e' osservato, si  basano,  appunto  sugli
 strumenti  della  comunicazione  annuale,  del  registro  di carico e
 scarico e del formulario per il trasporto.
   2.  -  I  principi  della  legge  delega  per  la omogeneita' delle
 sanzioni.
   In secondo luogo, la  legge  delega  aggiunge  a  questo  principio
 generale  due  riserve  di  notevole importanza. Da un lato fa "salva
 l'applicazione delle norme  penali  vigenti",  e  dall'altro  impone,
 anche  "in  deroga  ai limiti sopra indicati", di "prevedere sanzioni
 penali  o  amministrative  identiche  a  quelle  eventualmente   gia'
 comminate  dalle leggi vigenti per violazioni che siano omogenee e di
 pari offensivita' rispetto alle infrazioni  medesime".  Per  cui,  in
 questi  casi,  a  meno  di  non  voler  ridurre,  sulla  base  di una
 argomentazione solo letterale "in deroga ai limiti", ed in  contrasto
 con  l'evidentissimo  tenore  logico  complessivo della norma, questo
 principio al solo computo delle pene svincolato  dalla  natura  delle
 pene  stesse  (criterio  che,  ovviamente,  precede  la  misura delle
 sanzioni), si impone l'obbligo di preferire sanzioni  anche  diverse,
 come natura e come limiti, da quelle previste nella legge delega.
   A  proposito  di  questo  secondo  criterio, deve rilevarsi che, in
 assenza di una legge quadro sull'ambiente, si e'  determinato,  negli
 ultimi  anni,  un  orientamento  non omogeneo del legislatore proprio
 nella previsione di sanzioni in questo settore, tanto  che  e'  stato
 piu'  volte  invocato  e  si e' reso talvolta necessario l'intervento
 della Corte costituzionale. Di  certo,  l'esempio  piu'  evidente  di
 rottura  con  il passato e' costituito dalla recente legge n. 172 del
 1995, di modifica della legge Merli, in cui una parte delle "vecchie"
 sanzioni  e'  stata   depenalizzata   proprio   in   un   settore   -
 l'inquinamento   delle  acque  -  che  si  puo'  certamente  definire
 "omogeneo" a quello in esame. E allora  giova  ricordare  che  questa
 legge  si  ispira,  comunque,  al  principio di mantenere le sanzioni
 penali (contravvenzionali)  per  le  violazioni  (anche  quelle  c.d.
 "formali"  commesse nell'esercizio di attivita' produttive, ritenute,
 evidentemente, le piu' pericolose per l'ambiente. E cio' e'  avvenuto
 con  riferimento  a  tutte  le  violazioni collegate all'esercizio di
 attivita'  produttive,  anche  se  meramente  "formali",   quali   la
 violazione  dell'obbligo  di  presentare la domanda di autorizzazione
 allo scarico (cui puo' conseguire autorizzazione tacita se si  tratta
 di  scarichi  esistenti), tuttora penalmente sanzionata con arresto o
 ammenda dall'art. 21 della legge Merli modificata.  E pertanto, anche
 in virtu' del principio di omogeneita'  tra  sanzioni  imposto  dalla
 legge  delega,  per  le  violazioni  in esame, certamente relative ad
 attivita' produttive (tanto piu'  se  producono  o  trattano  rifiuti
 pericolosi),  si  sarebbe  dovuto  prevedere  sanzione penale di tipo
 contravvenzionale con pena alternativa.
   Si deve, infine, rilevare  che  anche  nella  determinazione  delle
 sanzioni  e'  necessario,  come  prescrive  la legge delega (art. 36,
 lett. b),  garantire  il  "mantenimento  dei  livelli  di  protezione
 ambientale  previsti  dalla  normativa  nazionale  ...",    dato  che
 certamente il sistema sanzionatorio contribuisce al  mantenimento  di
 questi  livelli.  Il che deve portare alla conseguenza di considerare
 con la massima cautela ogni ammorbidimento del sistema  sanzionatorio
 fino  ad  oggi in vigore in questa materia, caratterizzato certamente
 dalla assoluta prevalenza di sanzioni penali.
   3. - Il contrasto con la normativa comunitaria.
   Devesi, infine, rilevare che la scelta della sanzione penale per le
 violazioni in esame se  relative  a  rifiuti  pericolosi,  sembra  da
 privilegiare  anche  per  rispetto  degli obblighi assunti dal nostro
 paese verso  la  Unione  europea.  Infatti,  proprio  recentemente  e
 proprio  in relazione alle sanzioni previste dalla normativa italiana
 sui rifiuti, la Corte europea di  giustizia  ha  ricordato  che  "gli
 Stati  membri  sono tenuti, nell'ambito della liberta' che viene loro
 lasciata dall'art. 189, terzo comma, del  Trattato,  a  scegliere  le
 forme  e i mezzi piu' idonei al fine di garantire l'efficacia pratica
 delle direttive"; ed ha precisato che "l'art. 5 del  Trattato  impone
 agli  Stati  membri  di  adottare tutte le misure atte a garantire la
 portata e l'efficacia del diritto comunitario. A tal fine, ...,  essi
 devono  vegliare  a  che  le violazioni del diritto comunitario siano
 sanzionate, sotto il profilo sostanziale e  procedurale,  in  termini
 analoghi  a  quelli  previsti  per le violazioni del diritto interno,
 simili per natura ed importanza e che,  in  ogni  caso,  conferiscano
 alla    sanzione    stessa   un   carattere   di   effettivita',   di
 proporzionalita' e di capacita' dissuasiva.."  (Corte  di  giustizia,
 sez.  I, 12 settembre 1996, Gallotti ed altri). Ne consegue che, alla
 stregua delle considerazioni gia' svolte, aver previsto solo sanzioni
 amministrative  per  la  violazione  dell'obbligo   comunitario   del
 registro  di  carico  e  scarico  dei  rifiuti,  anche  se pericolosi
 (imposto dall'art. 14 dir. 91/156 e dall'art.  4 dir.  91/689),  puo'
 far  ritenere  che  il nostro paese sia venuto meno agli obblighi che
 derivano all'Italia dalla partecipazione  alla  Unione  europea,  con
 violazione degli artt. 10 e 11 della Costituzione.
   Un   cenno,   infine,   merita  la  problematica  connessa  con  la
 giurisprudenza  costituzionale  relativa   alla   impossibilita'   di
 richiedere  alla Corte una pronuncia additiva. A questo proposito, si
 osserva in primo luogo che  questa  giurisprudenza  si  riferisce  ad
 eccezioni  dove  il giudice a quo chiedeva di censurare la scelta del
 legislatore per sanzioni ammstrative, invocando il contrasto  con  il
 principio  di  eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione; il
 che e' stato inteso dalla Corte come una richiesta alla Corte  stessa
 di imporre sanzioni penali, sostituendosi al legislatore. Nel caso in
 esame  la  situazione  e'  esattamente  opposta: con riferimento agli
 artt. 76 e 77, si chiede, cioe', alla Corte di esaminare se  l'organo
 delegato  (il  Governo)  ha  rispettato  la  scelta  del legislatore,
 imposta  con  legge  delega,  circa  la  natura  delle  sanzioni   da
 comminare:  non  sostituzione al legislatore, quindi, ma applicazione
 di quanto dallo stesso stabilito.  Ed e' appena il caso di aggiungere
 che, se si ragionasse diversamente,  pur  prescindendo  dal  caso  in
 esame, non si potrebbe mai portare all'esame della Corte alcun dubbio
 relativo  alla  osservanza  di quanto disposto da una legge delega in
 tema di sanzioni.
   Considerato quindi che, per le argomentazioni  sopra  esposte,  non
 sembra  manifestamente infondato il sospetto che l'art. 52, commi 1 e
 2, del decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997 sia in contrasto
 con gli artt. 76 e 77, 10 e 11 della Costituzione, nella parte in cui
 prevede sanzioni amministrative  per  le  violazioni  degli  obblighi
 relativi  alla  comunicazione  annuale  ed  al  registro  di carico e
 scarico dei rifiuti pericolosi, prodotti, recuperati o smaltiti.
   Considerato  che,  quindi,  la  predetta  norma   potrebbe   essere
 dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, con le conseguenze
 di legge.
   Considerato   che,  per  quanto  premesso,  il  presente  giudizio,
 relativo, appunto a rifiuti pericolosi, non puo' essere deciso  senza
 la risoluzione preliminare della questione proposta.