IL TRIBUNALE
   Visti  gli  atti  del  processo  contro  Paoletti Giuliano + altri,
 imputato dei reati di cui agli artt. 110 c.p., 216, commi 1 e 2,  219
 commi 1 e 2, n. 1, 233 commi 1 e 2, n. 1, l.f.;
   Premesso  che  in  data  9  giugno  1997  il  tribunale di Prato ha
 respinto la richiesta di revoca della misura della custodia cautelare
 in carcere avanzata  dal  difensore  di  Sartori  Giuseppe  e  si  e'
 riservato  di  trattare  la  richiesta  di declaratoria di estinzione
 della misura sotto il profilo di cui all'art. 302 c.p.p.  per  essere
 decorso  inutilmente  il  termine  previsto  dall'art. 294 c.p.p. per
 l'interrogatorio della persona colpita da custodia cautelare.
                                osserva
   La misura in atto e' stata disposta dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari  ed e' stata eseguita, dopo un lungo periodo di latitanza
 dell'imputato, nella fase degli atti preliminari al dibattimento.  La
 misura data 9 maggio 1995, e' stata eseguita in data 4 marzo 1997; il
 decreto che dispone il giudizio  e'  stato  pronunziato  in  data  17
 ottobre  1995  fissandosi  l'udienza  dibattimentale  per il 25 marzo
 1997.  Non  si  e'  dato  corso  all'interrogatorio  in  forza  della
 specifica  previsione  contenuta  nell'art.  294  c.p.p.  che  limita
 l'obbligo in questione alla fase precedente  l'esercizio  dell'azione
 penale,  e  sul quale risulta formatosi l'indirizzo di giurisprudenza
 rappresentato da sez. unite 18 giugno 1993 Dell'Omo secondo cui  tale
 norma  non  si applica neppure nell'ipotesi in cui il soggetto contro
 il quale e' stato emesso il  provvedimento  di  custodia  in  carcere
 nella fase delle indagini preliminari venga catturato successivamente
 alla conclusione di tale fase.
   E' il caso dell'odierno imputato.
   Ebbene  in  forza  del  citato  indirizzo,  oltretutto  fondato sul
 significato  del  tutto  univoco  degli  articoli  in  questione,  si
 dovrebbe   respingere   anche  la  seconda  richiesta  della  difesa,
 senonche' emergono considerazioni che consentono di  formulare  delle
 riserve  sulla  legittimita'  costituzionale  degli  artt.  294 e 302
 c.p.p.
   Ricorre la condizione prevista dall'art. 23.2 della legge 11  marzo
 1953,  n.  87  poiche' la fase incidentale de libertate relativa alla
 questione sollevata dalla difesa  in  ordine  alla  estinzione  della
 misura  custodiale  non  puo' essere definita indipendentemente dalla
 risoluzione della  questione  di  legittimita'  costituzionale  delle
 norme citate. Ed infatti ove si dovesse ritenere conforme ai principi
 costituzionale    l'obbligo    per    il    giudice   di   provvedere
 all'interrogatorio di garanzia anche nell'ipotesi che qui  interessa,
 ne  conseguirebbe  la  dichiarazione  di  perdita  di efficacia della
 custodia cautelare per non essere  stato  eseguito  l'interrogatorio,
 mentre la richiesta dovrebbe essere respinta allo stato attuale della
 legislazione.
   Le  ragioni  che inducono il Collegio a dubitare della legittimita'
 costituzionale  della  norma  si  identificano  con   gli   argomenti
 sviluppati  dalla  Corte costituzionale nella sentenza 3 aprile 1997,
 n. 77, che ha dichiarato la illegittimita'  costituzionale  dell'art.
 294.1  c.p.p.    nella  parte  in  cui  non  prevede  che,  fino alla
 trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, il giudice debba
 procedere all'interrogatorio  della  persona  in  stato  di  custodia
 cautelare  in  carcere  immediatamente  e  comunque  non oltre cinque
 giorni dall'inizio di  esecuzione  della  custodia  e  dell'art.  302
 c.p.p.  limitatamente  alle parole "disposta nel corso delle indagini
 preliminari".
   Nel  caso  cosi'  deciso  le  doglianze  dei giudici a quibus erano
 relative alla  mancata  previsione  dell'interrogatorio  nel  periodo
 corrente  tra  la  richiesta  di  rinvio  a giudizio e la conclusione
 dell'udienza preliminare, tanto che la  Corte  ha  premesso  "che  la
 questione   sottoposta  all'esame  della  Corte  resta  rigorosamente
 delimitata alla denunzia degli artt. 294, primo comma, e  302  c.p.p.
 nella  parte  relativa  alla  mancata  previsione, per la fase che va
 dalla richiesta di rinvio a giudizio  alla  conclusione  dell'udienza
 preliminare,    tanto   del   dovere   del   giudice   di   procedere
 all'interrogatorio dell'imputato in stato di  custodia  cautelare  in
 carcere  quanto  dell'effetto  caducatorio  della  misura  in caso di
 mancato espletamento del detto interrogatorio nel termine  di  cinque
 giorni   dalla   esecuzione   della   misura   stessa,   ed  aggiunge
 successivamente che la questione si estende  fino  alla  trasmissione
 degli atti al giudice del dibattimento, e ritiene cosi' delimitato il
 thema decidendum.
   La   decisione   passa   in   rassegna   le   ragioni  poste  dalla
 giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione   a   fondamento   della
 interpretazione  sopra  richiamata e della dichiarazione di manifesta
 infondatezza della questione di legittimita' costituzionale  dell'art
 294 c.p.p. espressa dai giudici di legittimita'.
   Tali  argomenti vengono cosi' individuati: una volta chiusa la fase
 delle indagini preliminari l'indagato, ormai  divenuto  imputato,  ha
 gia' avuto occasione di far conoscere le prove a suo favore nel corso
 dell'udienza   preliminare   o   comunque  il  giudice  ha  avuto  la
 possibilita' di valutare le dette prove, e poi ancora  che,  dopo  la
 richiesta  di  rinvio  a  giudizio,  i  tempi  sono obbligati dovendo
 l'udienza preliminare essere fissata entro un termine non superiore a
 trenta giorni, conseguentemente potendo il controllo  giurisdizionale
 attivarsi  anche  sullo status custodiae dell'imputato che puo' cosi'
 esporre le  proprie  difese,  senza  contare  la  proposizione  della
 richiesta  di riesame a mezzo della quale e' consentito all'imputato,
 nei termini brevi di cui all'art. 309, nono comma, c.p.p.  di  essere
 sentito  e  di  svolgere  ogni  difesa  davanti  al  tribunale  della
 liberta', limitatamente alla legittimita' della misura cautelare.
   La Corte, sul primo motivo, ha dedotto "che il termine tra la  data
 della  richiesta  e  la data dell'udienza, essendo un termine che per
 legge puo' arrivare a trenta giorni, non esclude l'eventualita'  che,
 quanto  meno  per tale periodo di tempo, l'imputato in vinculis possa
 essere sottratto alla prima presa di contatto con il  giudice  avente
 ad  oggetto  esclusivo  la  legittimita'  dello status custodiae"; ha
 ancora sottolineato  "che  detto  termine  e'  da  ritenere  soltanto
 ordinatorio  e dunque non esclude la possibilta' che l'interrogatorio
 possa essere ulteriormente differito,  che  l'interrogatorio  di  cui
 all'art. 421, secondo comma, del c.p.p., secondo periodo - incentrato
 sul  meritum  causae,  salva la possibilita' di richiedere, in quella
 sede,   la   revoca   della   misura   -   differisce   profondamente
 dall'interrogatorio  previsto  dall'art  294  del  c.p.p.,  avente ad
 esclusivo oggetto la verifica da parte del giudice della  sussistenza
 e  del permanere delle condizioni legittimanti la custodia: e cio' in
 un'ottica non sempre  collegata  al  contesto  indiziario  a  carico,
 assumendo  particolare  rilievo le esigenze cautelari che, proprio in
 forza delle dichiarazioni dell'imputato, potrebbero assumere una piu'
 limitata valenza fino a determinare il giudice a rimettere l'imputato
 in  liberta'  ovvero  ad applicare nei suoi confronti una misura meno
 gravosa".
   La Corte giunge quindi ad affermare che "la cognizione  degli  atti
 delle  indagini  preliminari  non  e'  elemento da solo sufficiente a
 differenziare le due situazioni in  misura  da  rendere  esorbitante,
 dopo   la   richiesta   di   rinvio   a   giudizio,   l'effettuazione
 dell'interrogatorio di  garanzia  (e  quel  che  piu'  conta,  a  non
 compromettere  l'esercizio  del  diritto di difesa, inscindibile, per
 questo profilo, dal giudizio sulla conformita' della norma all'art. 3
 della Costituzione)".
   La Corte rileva la diversita' dei momenti procedimentali ma afferma
 che la detta diversita' non risulta in grado di rendere razionalmente
 giustificata nel secondo caso l'omissione dell'interrogatorio di  cui
 all'art. 294 c.p.p.
   In  tal  modo  si  e'  evidenziato l'aspetto delle norme citate che
 contrastano con l'art. 3 della Costituzione, ma  la  sentenza  rileva
 anche un secondo profilo, quello dell'art. 24 della Costituzione.
   Si   priva  infatti  "l'imputato  in  vinculis  del  piu'  efficace
 strumento di difesa avente ad esclusivo oggetto la cautela  disposta;
 di quel colloquio, cioe', con il giudice relativo alle condizioni che
 hanno  legittimato  l'adozione  della  misura  cautelare  e alla loro
 permanenza".
   La Corte richiama  a  questo  punto  sia  il  patto  internazionale
 relativo ai diritti civili e politici del 1966 sia la convenzione per
 la  salvaguardia  dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali
 del 1950 che "chiedono la piu' tempestiva presa di  contatto  con  il
 giudice  della persona arrestata o detenuta, a prescindere dalla fase
 procedimentale in  cui  la  privazione  dello  status  libertatis  e'
 avvenuta.  Il  tutto  con precisi riverberi sul diritto alla liberta'
 personale protetto dall'art.  13  della  Costituzione,  trascurandosi
 altrimenti  che  l'interrogatorio  rappresenta una sorta di controllo
 successivo sulla legittimita' della custodia ...".
   Giunge quindi la Corte alla sua conclusione  secondo  cui  "...  un
 modello  procedimentale  costruito  in  funzione  di  verifica  e  di
 controllo esclude di norma la compatibilita' con il diritto di difesa
 di  limiti  al  dovere  di  procedere   all'interrogatorio   previsto
 dall'art.  294,  primo comma, c.p.p., per motivi collegati unicamente
 alla fase in cui la custodia cautelare abbia il suo inizio".
   La Corte contrasta  poi  la  tesi  della  superabilita'  dei  detti
 parametri  costituzionali  alla luce della facolta' per l'imputato di
 presentare  richiesta  di  riesame  o  di  domandare  la  revoca  del
 provvedimento.    Sul  primo  punto  fondamentale  appare  il rilievo
 secondo cui, mentre l'attivazione della relativa  procedura  ex  art.
 309  c.p.p.  (nell'ambito  della quale si realizza una mera audizione
 dell'interessato, cosa ben diversa da un interrogatorio di  garanzia)
 e'  lasciata all'indagato o al suo difensore, l'interrogatorio di cui
 all'art. 294, primo comma,  c.p.p.  costituisce  preciso  dovere  del
 giudice  da  assolvere,  per  di  piu',  in  un  termine  decisamente
 ristretto. Aggiunge la Corte  che  gli  effetti  caducatori  previsti
 dall'art.  309  c.p.p.  hanno  presupposti  del  tutto  diversi,  non
 ricollegabili al ritardo dell'assunzione dell'interrogatorio.
   Quanto al secondo aspetto la Corte osserva che  il  presupposto  di
 tale  atto  e'  che la richiesta si fondi su elementi nuovi o diversi
 rispetto a quelli gia' valutati.
   Queste  premesse  argomentative  hanno  una  portata ben piu' ampia
 rispetto alla conclusione alla  quale  e'  giunta  la  Corte  la  cui
 statuizione   risente   della   delimitazione  del  thema  decidendum
 demandato al suo esame, cosi' come esplicitamente esposto nei punti 2
 e 3 della sentenza.   Non altro puo'  significare  il  richiamo  alla
 convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
 liberta' che richiede la piu' tempestiva presa  di  contatto  con  il
 giudice  della persona arrestata o detenuta, a prescindere dalla fase
 procedimentale in cui la privazione della liberta' e' avvenuta.
   La fase degli atti preliminari al dibattimento non si  differenzia,
 per  gli  aspetti  che  qui  interessano,  da  quella  precedente che
 costituisce la cornice in cui si colloca la sentenza n. 77/1997 della
 Corte.
   Tutti i rilievi formulati appaiono pertinenti  anche  nel  capo  in
 oggetto.
   Si deve cosi' sollevare la questione di legittimita' costituzionale
 degli  artt. 294, primo comma, c.p.p. e 302 c.p.p. sotto i profili di
 cui agli artt. 3 e 24 della Costituzione,  nella  parte  in  cui  non
 prevede  (l'art.  294,  primo  comma,  c.p.p.)  che  il  giudice  del
 dibattimento debba procedere  all'interrogatorio  di  garanzia  anche
 nella  fase  degli  atti preliminari al giudizio e nella parte in cui
 non prevede (l'art.   302 c.p.p.)  l'estinzione  della  custodia  per
 l'omesso  interrogatorio  in tale fase, poiche' il giudizio attinente
 la  fase  incidentale  de  libertate   non   puo'   essere   definito
 indipendentemente  dalla  risoluzione della detta questione e poiche'
 la medesima non risulta manifestamente infondata.