IL VICEPRETORE ONORARIO
   Ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza  letti  gli  atti  del
 procedimento penale inserito al n. 4407/1995 r.g.p. nei confronti  di
 Ammalky  Moualy  Abdelhadi nato a Douar Charfa (Marocco) il 1 gennaio
 1955, residente in Marocco;
   Premesso:
     che allo stesso in data 3 aprile 1995 fu notificato un decreto di
 citazione per l'udienza del 7 dicembre 1995, con  rinvio  all'udienza
 del giorno 13 marzo 1996;
     che   a   tale   data  il  difensore  rappresentava  l'intenzione
 dell'imputato ad essere presente e partecipare  al  dibattimento,  ma
 che  tale presenza gli era interdetta da un decreto di espulsione dal
 territorio dello Stato;
     che questo vicepretore rinviava all'udienza  9  ottobre  1996  al
 fine  di consentire alla difesa di procurarsi adeguata certificazione
 che potesse essere prodotta all'autorita' diplomatica competente  per
 il rilascio di eventuale visto di ingresso in Italia;
     che  all'udienza  del  9  ottobre  1996  non  vi erano novita' in
 proposito, mentre la difesa dimostrava di  avere  adempiuto  ad  ogni
 incombente,  per cui la trattazione veniva ulteriormente differita al
 13 marzo 1997;
     che in data 3 dicembre 1996  veniva  inviata  comunicazione  alla
 questura  di  Ravenna  per  segnalare  l'inconveniente  che  impediva
 l'utile prosecuzione della trattazione;
     che la questura di Ravenna il 12  dicembre  1996  comunicava  che
 l'istanza del sig. Ammalky era stata respinta;
   Osservato:
     che  la  presenza  al  dibattimento  secondo il c.p.p. e' diritto
 dell'imputato, come si puo' rilevare nel capo II del c.p.p. che vieta
 la celebrazione del processo in presenza  di  legittimo  impedimento,
 alla cui mancanza subordina la declaratoria di contumacia;
     che  la  situazione  dell'imputato  nel  caso  che  ci  occupa e'
 assimilabile al legittimo  impedimento,  per  cui  non  e'  possibile
 procedere perdurando lo stesso a cagione del rifiuto dell'autorita' a
 concedere il visto di ingresso per partecipare al presente processo;
     che  non  puo'  trovare  applicazione  al  caso  di specie l'art.
 7/12-quinquies legge n. 39/1990 per difetto di presupposti di legge;
     che  l'unica  possibilita'  per  l'imputato  di  partecipare   al
 processo  e'  quella  data  dall'art.  151 regio-decreto n. 773/1931,
 affidata alla discrezionalita' del Ministro degli interni;
     che  tale situazione ostacola di  fatto  l'esercizio  dell'azione
 penale,  non  consente al giudice di svolgere il processo e impedisce
 all'imputato di esercitare la difesa in giudizio;
     che la formulazione dell'art. 151 t.u.l.p.s., nella parte in  cui
 non  prevede  il Ministro degli interni abbia l'obbligo di consentire
 il rientro ed il soggiorno per il tempo strettamente necessario  allo
 svolgimento  del  processo,  da'  la  possibilita'  al Ministro degli
 interni di creare un legittimo impedimento permanente e  vanifica  il
 dettato di due articoli della Costituzione:
      a)  l'art.  122  sull'obbligo  al  p.m.  di  esercitare l'azione
 penale, poiche' mette  il  giudice  nella  condizione  di  sospendere
 obbligatoriamente  il  dibattimento  senza che si sospenda il decorso
 della prescrizione, si' che l'azione penale va verso l'impossibilita'
 di esercizio, con lesione, quindi, delle prerogative del p.m.;
      b) l'art. 24, secondo comma sul diritto di difesa in ogni  stato
 e  grado  in  quanto  l'imputato  e'  portatore  di un vero e proprio
 "diritto  al  processo"  ove  la  sua  innocenza,  se  esistente  sia
 proclamata e, in ogni caso, la condotta processuale sia completamente
 libera; nel caso che ci occupa tale diritto viene leso dall'inerzia o
 dal rifiuto del Ministro degli interni;
     Ritenuto  che, pertanto, sussistono tutti gli elementi (contrasto
 di legislazione ordinaria con articoli della Costituzione e rilevante
 interesse per la decisione della causa).