IL PRETORE
   Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al
 n. 1528/1995 r.c.l., avente per oggetto: riliquidazione  pensione  di
 reversibilita'  promosso  da Buttiglieri Francesco, nato a Riesi il 7
 gennaio  1924,  elettivamente  domiciliato  in  Caltanissetta,  corso
 Umberto  n. 179, nello studio dell'avv. Filippo Bennardo dal quale e'
 rappresentato  e  difeso  per   mandato   a   margine   del   ricorso
 introduttivo,  contro  l'Istituto nazionale della previdenza sociale,
 in  persona  del  presidente,   come   tale   legale   rappresentante
 pro-tempore,  con  sede  legale  in  Roma,  via Ciro il Grande n. 21,
 rappresentato e difeso dall'avv. Carmelo Russo, in forza  di  procura
 generale  alle  liti  del  7 ottobre 1993 per atti F. Lupo, notaio in
 Roma, rep. n. 22957, presso quest'ultimo elettivamente domiciliato in
 Caltanissetta,  viale  della  Regina,  strada  privata,  nell'ufficio
 legale dell'INPS.
   Con  ricorso depositato in data 5 agosto 1995 Buttiglieri Francesco
 esponeva di essere titolare di pensione  diretta  e  di  pensione  di
 reversibilita',  quest'ultima  erogata  dall'INPS in misura pari alla
 percentuale disposta dalla legge n. 903/1965 sulla  sola  pensione  a
 calcolo puro spettante al dante causa.
   Cio'  premesso,  dopo aver inutilmente proposto la relativa istanza
 in sede amministrativa, chiedeva il  riconoscimento  del  diritto  ad
 ottenere  la  riliquidazione  della  pensione di reversibilita' nella
 misura del 60% della pensione diretta integrata  al  minimo  gia'  in
 godimento o che sarebbe spettata al coniuge deceduto, in applicazione
 della sentenza n. 495/1993 della Corte costituzionale.
   Instauratosi il contraddittorio, l'INPS eccepiva preliminarmente la
 sopravvenuta decadenza ex art. 4 decreto-legge n. 384/1992 convertito
 in legge n. 438/1992, o, in subordine, ex art. 6 legge n. 166/1991, e
 nel  merito  rilevava la mancanza di prova in ordine alla circostanza
 che il  de  cuius  fosse  effettivamente  titolare  di  una  pensione
 integrata al minimo ovvero che avesse diritto a tale trattamento.
   All'udienza  del  19  giugno  1997  parte  ricorrente  ha sollevato
 eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  commi  181,
 182  e  183  della  legge  23  dicembre  1996,  n.  662, rilevando in
 particolare:
     che la prevista estinzione d'ufficio  dei  giudizi  pendenti  con
 compensazione  delle  spese  tra le parti sarebbe in contrasto con la
 norma contenuta nell'art. 24 della  Costituzione  che  garantisce  il
 diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti;
     che  il  previsto  pagamento  delle  somme  maturare  sino  al 31
 dicembre  1995  dilazionato  in  sei  annualita'  e  l'esclusione  di
 interessi  e  rivalutazione  sugli  importi maturati sino a tale data
 sarebbe in contrasto con  l'art.  3  della  Costituzione,  in  quanto
 determinerebbe  una  disparita' di trattamento in presenza di crediti
 di egual natura (crediti previdenziali e crediti di lavoro), creando,
 altresi', un ingiustificato depauperamento in  danno  di  una  fascia
 economicamente  debole  di  cittadini  in  contrasto  con il disposto
 dell'art. 38 della Costituzione.
   Cio' premesso, osserva il decidente che le sollevate  eccezioni  di
 incostituzionalita'  sono  rilevanti  nel  giudizio  in  esame  e non
 manifestamente infondate per le seguenti considerazioni.
   Preliminarmente   va   rilevato   che  e'  di  dubbia  legittimita'
 costituzionale, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, il
 comma 183 dell'art.   1  della  legge  n.  662/1996  che  prevede  la
 declaratoria  di  estinzione di un giudizio correttamente instaurato,
 con compensazione delle spese tra le parti, senza che la sopravvenuta
 normativa  contempli  l'integrale  accoglimento  della  pretesa   dei
 ricorrenti.
   Ed  invero,  le disposizioni in esame si limitano a disciplinare il
 pagamento  delle  somme  maturate   sui   trattamenti   pensionistici
 dell'INPS  in  conseguenza  delle sentenze della Corte costituzionale
 nn.   495/1993   e   240/1994,   lasciando   irrisolto   il   profilo
 dell'accertamento  del  diritto  dei  singoli pensionati e rimettendo
 alla   insindacabile    determinazione    dello    stesso    Istituto
 previdenziale,  da  assumere  al  di  fuori  di  ogni contenzioso, la
 identificazione dei soggetti aventi diritto alla prestazione stessa.
   Siffatta estinzione del giudizio, a parere del decidente,  e'  tale
 da  comportare  un vulnus al diritto di agire, in quanto impedisce al
 ricorrente di ottenere  l'accertamento  giudiziale  del  diritto  che
 l'ente  gli  nega, senza contestualmente offrirgli alcuna garanzia in
 ordine al successivo inserimento negli  elenchi  riepilogativi  degli
 aventi diritto di cui al comma 181 della legge citata.
   In  proposito, giova rilevare che la Corte costituzionale gia' piu'
 volte ha affermato che, nell'ipotesi  di  previsioni  legislative  di
 estinzione  dei  giudizi, il diritto d'azione non e' violato nel solo
 caso in  cui  la  pretesa  azionata  innanzi  al  giudice  sia  stata
 sostanzialmente  soddisfatta per via legislativa, mentre al contrario
 se lo ius superveniens non sia tale da soddisfare  le  pretese  degli
 interessati  ovvero  si  ponga  in contrasto con la giurisprudenza ad
 essi favorevole, la previsione dell'estinzione d'ufficio dei  giudizi
 pendenti da' luogo ad una vera e propria vanificazione dell'intentata
 via  giudiziaria, con violazione del diritto di agire di cui all'art.
 24 Cost. (vedasi Corte costituzionale 10 aprile 1987,  n.  123  e  31
 marzo 1995, n. 103).
   Del  pari, ad avviso del decidente, si pone in contrasto con l'art.
 24 della Costituzione  anche  il  comma  183,  nella  parte  in  cui,
 prevedendo  la  compensazione delle spese legali, fa ricadere, su chi
 era stato costretto a ricorrere al giudice per far  valere  i  propri
 diritti,  i  costi  di  un giudizio reso necessario dal comportamento
 negativo dell'INPS, proprio nel momento in  cui  viene  riconosciuta,
 sia pure soltanto in astratto, la fondatezza della pretesa azionata.
   Un   ulteriore   profilo  di  incostituzionalita'  della  normativa
 esaminata si ritiene ravvisabile, in riferimento agli artt.  3  e  38
 della  Costituzione,  nella  previsione  del  pagamento  delle  somme
 spettanti mediante dilazione in sei  annualita',  atteso  che  questo
 particolare  sistema di adempimento, dal quale non deriva l'immediata
 ricostituzione del patrimonio del  creditore,  oltre  ad  avere  come
 destinataria la sola categoria dei pensionati appartenenti alle fasce
 sociali  piu'  svantaggiate,  in  assenza  di  qualsiasi  razionale e
 comprensibile giustificazione, viene anche a  comportare  una  deroga
 alle   norme  codicistiche  dettate  in  tema  di  adempimento  delle
 obbligazioni (art. 1181 cod. civ.).
   Infine, il comma 182 dell'art. 1 della legge n. 662/1996 appare  in
 contrasto  con gli artt. 3 e 38 della Costituzione, in quanto prevede
 l'esclusione  dal   rimborso   degli   interessi   legali   e   della
 rivalutazione monetaria in relazione agli importi maturati a tutto il
 dicembre  1995,  giacche',  vigendo  la  regola secondo cui i criteri
 previdenziali e assistenziali producono  il  cumulo  di  interessi  e
 rivalutazione  sino  all'entrata  in  vigore  della legge 30 dicembre
 1991,  n.  412  e,  per  il  periodo  successivo,  danno  luogo  alla
 rivalutazione  solo  per  la  parte eventualmente eccedente la misura
 degli interessi, nel caso  in  esame  per  effetto  dell'applicazione
 della  nuova norma si verrebbe a creare una ingiustificata disparita'
 di trattamento, pur in presenza di crediti di ugual natura.
   Gli esposti profili di incostituzionalita' in  ordine  a  questioni
 dalla   cui   risoluzione   dipende   la   definizione  del  presente
 procedimento,  impongono  la  trasmissione  degli  atti  alla   Corte
 costituzionale.