IL PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza. Premesso: che con ricorso depositato il 2 agosto 1996 Giuseppina Bongiovanni - utilizzata in qualita' di ragioniera nel progetto n. 0715/89 della Cooperativa Europa 2000, progetto finanziato dalla regione Sicilia ai sensi dell'art. 23, legge n. 67/88 e successive proroghe - conveniva in giudizio il Ministero del lavoro, l'Assessorato del lavoro e della previdenza sociale regionale Sicilia, l'Ufficio provinciale del lavoro di Catania. L'Istituto nazionale della previdenza sociale, la cooperativa Europea 2000 a r.l. al fine del riconoscimento del diritto a percepire l'indennita' di maternita' a suo dire spettantile ai sensi della legge n. 1204/71 per essere stata in astensione obbligatoria dal 29 agosto 1995 al 30 dicembre 1995; che in via amministrativa, era stato negato il rivendicato diritto atteso che nella specie, pur avendo la Bongiovanni diritto ad astenersi dall'attivita' progettuale, non poteva esserle riconosciuta l'indennita' richiesta, non sussistendo alcun rapporto di lavoro subordinato (in tal senso la nota dell'Assessorato del lavoro e della previdenza sociale dell'11 ottobre 1995, in atti, n. prot. 5757); che, la materia oggetto del contendere risulta disciplinata dal combinato disposto degli artt. 15 legge n. 1204/71, 23 legge n. 67/88, 18 legge regione siciliana n. 25/93; che con ordinanza del pretore di Catania, sezione distaccata di Giarre, del 3 maggio 1995 era stata sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 7, legge n. 67/88 in riferimento agli artt. 3 e 37 della Costituzione, dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza nel giudizio a quo dalla Corte costituzionale con ordinanza del 12 gennaio 1996, n. 6; che nel giudizio in esame e' rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23 comma 7 legge n. 67 dell'11 marzo 1988 e dell'art. 18, legge regionale siciliana n. 25 del 1 settembre 1993 che ha prorogato la durata massima dei progetti di utilita' collettiva di cui al citato art. 23 fino al gennaio 1996 - nulla esprimendo in ordine alla qualificazione giuridica del rapporto, gia' contenuta invece nel citato comma 7 - nella parte in cui esclusa la sussistenza della subordinazione del rapporto di lavoro dei giovani impiegati in attivita' di utilita' collettiva, non consente di addivenire all'applicazione dell'art. 15 della legge n. 1204 del 30 dicembre 1971, in contrasto con le norme di cui agli artt. 3 e 37 della costituzione; che appare, pertanto, palesemente ed ingiustificatamente disparitario il trattamento riservato alle lavoratrici madri, impiegate nei progetti di utilita' collettiva, trattamento che finisce per non consentire l'adempimento delle essenziali funzioni familiari, alla luce, peraltro, della normativa in vigore che, nel tempo, ha sistematicamente ampliato la tutela delle lavoratrici madri, anche al di fuori dello schema tipologico del rapporto di lavoro subordinato (legge n. 546/87, legge n. 379/90, legge n. 166/91), innovando, appunto, in ultimo anche la disciplina dei sussidi per i lavoratori socialmente utili, limitatamente tuttavia ai rapporti instaurati ai sensi dei decreti legge n. 31/95, 105/95, 232/95, 326/95, 416/95, 515/95 e 39/96, (art. 1 del decreto-legge n. 180 del 2 aprile 1996), con la previsione dell'applicazione delle disposizioni in materia di indennita' di mobilita' e conseguentemente, l'erogazione dell'indennita' di maternita', ma solo con riferimento ai progetti approvati dal 1 gennaio 1996, cui non e' riconducibile la fattispecie in esame. che si ritiene, peraltro, proprio alla stregua degli interventi normativi in materia, che non sia consentita un'interpretazione analogica o estensiva delle disposizioni richiamate, stante l'espressa volonta' del legislatore di ridurne, seppure irrazionalmente, l'ambito di applicazione, da un canto sotto il profilo delle categorie protette, dall'altro sotto il profilo dell'efficacia temporale.