Ricorso per il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato
 e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello Stato e presso la sede di
 questa in Roma, via dei Portoghesi, n. 12 legalmente domiciliato;
   Contro la regione Veneto, in persona del  Presidente  della  Giunta
 regionale   in   carica,   per  la  dichiarazione  di  illegittimita'
 costituzionale della legge regionale approvata in data 11 marzo  1998
 concernente:  "addestramento e allenamento dei falchi per l'esercizio
 venatorio" riapprovata in testo parzialmente modificato a maggioranza
 assoluta il 12 giugno 1998.
                               F a t t o
   Il Consiglio regionale del Veneto aveva approvato, in data 11 marzo
 1998  la legge in epigrafe. La legge non era stata promulgata perche'
 il Governo ne aveva chiesto il riesame, rilevando che la disposizione
 di  cui  all'art.  3,  comma   3,   consentendo   l'addestramento   e
 l'allenamento  dei  falchi per l'esercizio venatorio durante l'intero
 periodo dell'anno, considerato che tale  attivita',  come  desumibile
 dalla   sentenza   della   Corte   costituzionale   n.   578/1990  e'
 qualificabile come  venatoria  in  senso  proprio,  contrasta  con  i
 principi  di  cui all'art. 18, legge 157/1992 che fissa piu' limitati
 periodi di "caccia".
   Il Consiglio regionale in data 12  giugno  1998  ha  riapprovato  a
 maggioranza  assoluta la legge, modificando la norma in questione con
 l'aggiunta della  locuzione  "con  divieto  di  predazione  di  fauna
 selvatica limitatamente ai periodi di caccia chiusa" comunicandola al
 Commissario di Governo il 16 giugno 1998.
   Avverso  l'indicata legge regionale il Presidente del Consiglio dei
 Ministri, previa delibera del Consiglio dei Ministri 26 giugno  1998,
 con   il   presente   ricorso   propone   questione  di  legittimita'
 costituzionale, a norma  dell'art.  127  della  Costituzione,  per  i
 seguenti
                              M o t i v i
   Le  modifiche  apportate  con il nuovo testo legislativo deliberato
 non  consentono  di  superare  i  rilievi  governativi  a  suo  tempo
 formulati, in quanto se l'addestramento e l'allenamento dei falchi va
 considerato,  di  per  se',  come  attivita' venatoria, il divieto di
 predazione della fauna selvatica,  ora  introdotto  limitatamente  ai
 periodi  di  caccia chiusa, non appare sufficiente ad ovviare ai vizi
 di legittimita' rilevati.
   A tacer d'altro, risulta infatti di intuitiva evidenza la  assoluta
 inidoneita'   del  precetto  di  legge  di  "divieto  di  predazione"
 introdotto a produrre qualunque modificazione sul  comportamento  del
 falco  in  volo. La natura di mero "proclama" della modifica adottata
 lascia quindi permanere intatta la sostanziale  violazione  dell'art.
 18   della   legge   11  febbraio  1992  n.  157.  Per  le  suesposte
 argomentazioni, il Presidente del Consiglio dei Ministri.