Ricorso  per  conflitto  di  attribuzione  della regione Puglia, in
 persona del  presidente  della  Giunta  regionale  pro-tempore  prof.
 Salvatore Distaso, ai sensi della deliberazione di Giunta n. 3107 del
 14   luglio   1998,   rappresentata   e   difesa,   congiuntamente  e
 disgiuntamente, dagli avv.ti prof. Beniamino Caravita  di  Toritto  e
 prof.  Aldo  Loiodice  e  presso  lo  studio  del primo elettivamente
 domiciliata in Roma, alla via di Porta Pinciana n. 6, come da procura
 a margine del presente atto;
   Contro il presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore;
   Per l'accertamento della non spettanza allo Stato e, per esso, alla
 Corte dei conti, Collegio regionale di controllo per la Puglia, della
 competenza  a  esaminare  il  rendiconto  della  regione  Puglia   e,
 conseguentemente;
   Per l'annullamento:
     in  parte qua, della Deliberazione n. 1/98 del Collegio regionale
 di controllo per la Puglia della Corte dei conti,  datata  11  maggio
 1998  e  conosciuta  dalla  regione  Puglia  in  data 28 maggio 1998,
 relativamente al punto 1) del programma  annuale  di  controllo,  che
 prevede  "Esame  dei  rendiconti della regione Puglia per l'esercizio
 finanziario 1997,  costituito  dal  conto  finanziario  e  dal  conto
 generale  del patrimonio, con ricostruzione, ai fini di raffronto, di
 sede storiche omogenee riferite agli esercizi finanziari 1995 e 1996.
 Costituiranno oggetto di esame, oltre ai rendiconti dei tre  esercizi
 indicati,  anche  i  corrispondenti  bilanci di previsione, annuali e
 pluriennali, anche allo scopo di verificare gli eventuali scostamenti
 rispetto ad essi del  conto  finanziario  e  di  raffrontare,  con  i
 programmi approvati, i risultati ottenuti" e ove occorra;
     di  ogni  altro  atto presupposto o connesso che attribuisca allo
 Stato e, per esso,  alla  Corte  dei  conti,  collegio  regionale  di
 controllo  per  la  Puglia,  la competenza in esame, alcuni dei quali
 citati  nelle  premesse  della  deliberazione   suddetta,   come   la
 deliberazione  n.  1/1997  del  13  giugno 1997 della sezioni riunite
 della  Corte  dei  conti,  con  la  quale  e'  stato  deliberato   il
 regolamento  per  la  istituzione  e l'organizzazione nelle regioni a
 statuto ordinario di collegi regionali per l'esercizio della funzione
 di controllo successivo sulla gestione  delle  regioni  medesime;  la
 deliberazione n. 1/1997/SR-CONTR del 5 dicembre 1997 - non conosciuta
 - con la quale le sezioni riunite hanno approvato criteri generali ed
 indirizzi   di   coordinamento  per  i  programmi  di  controllo;  la
 determinazione in data 19 novembre 1997 - non  conosciuta  -  con  la
 quale   la   sezione  di  controllo  per  gli  affari  comunitari  ed
 internazionali ha approvato il programma di lavoro per  il  1998;  la
 deliberazione  n.  5/1998 del 18 dicembre 1997 - non conosciuta - con
 la quale l'adunanza plenaria della sezione centrale di  controllo  ha
 stabilito  il programma del controllo successivo sulla gestione delle
 amministrazioni dello Stato per l'anno 1998, con particolare riguardo
 al versante delle spese; la deliberazione n. 19/97  del  19  dicembre
 1997  -  non  conosciuta  -  con  la  quale la sezione enti locali ha
 programmato le indagini per l'esercizio 1998; la deliberazione datata
 22 dicembre 1997 delle  sezioni  riunite  in  sede  referente  -  non
 conosciuta  -  riguardante  il  programma  di  lavoro per l'esame del
 rendiconto generale dello Stato per  il  1997;  la  deliberazione  n.
 16/98  -  non  conosciuta  -  con  la quale l'adunanza plenaria della
 sezione centrale di controllo ha espresso le  proprie  determinazioni
 in ordine al programma annuale di controllo successivo sulla gestione
 per il 1998 per quanto concerne il settore entrate e magazzini.
                               F a t t o
   La  legge  14  gennaio  1994,  n. 20, ha riformato profondamente il
 sistema dei controlli svolti dalla Corte dei conti.
   In particolare, all'art. 3, commi 4 e 5, ha istituito una forma  di
 controllo  di  carattere completamente innovativo, ossia il controllo
 successivo  sulla  gestione,  esteso  a  tutte   le   amministrazioni
 pubbliche,   ivi   comprese   le  amministrazioni  regionali.    Piu'
 precisamente tale controllo successivo  e'  svolto  dalla  Corte  dei
 conti,  a  mente  dell'art.  3,  comma 4, della legge n. 20 del 1994,
 sulla gestione del bilancio e del  patrimonio  delle  amministrazioni
 pubbliche,  nonche'  sulle  gestioni  fuori  bilancio  e sui fondi di
 provenienza comunitaria, verificando la legittimita' e la regolarita'
 delle gestioni, nonche' il  funzionamento  dei  controlli  interni  a
 ciascuna  amministrazione;  la  Corte  dei conti, inoltre, accerta la
 rispondenza  dei   risultati   dell'attivita'   amministrativa   agli
 obiettivi  stabiliti  dalla  legge, valutando comparativamente costi,
 modi e tempi dello svolgimento dell'azione  amministrativa.    Questa
 forma  di  controllo, nei riguardi delle amministrazioni regionali, a
 sensi  del   successivo   comma   5,   concerne   esclusivamente   il
 perseguimento degli obiettivi stabiliti dalle leggi di principio e di
 programma.  Il fine essenziale di questo controllo e' poi esplicitato
 nel  comma  6 dello stesso art. 3 della legge n. 20 del 1994, laddove
 si afferma che la Corte dei conti riferisce, almeno  annualmente,  al
 Parlamento   ed   ai  consigli  regionali  sull'esito  del  controllo
 eseguito.
   Tutto  il  sistema  delineato  da  tali   norme   e'   finalizzato,
 essenzialmente,   all'attribuzione   alla  Corte  dei  conti  di  una
 fondamentale funzione referente, tant'e' che  i  controlli  posti  in
 essere  non  prevedono  alcuna  misura  immediata,  quale puo' essere
 l'annullamento nell'ambito del controllo di legittimita', ma sfociano
 in una relazione da rendere agli organi legislativi.   La  Corte  dei
 conti,  pertanto, riacquista a pieno titolo quel ruolo di longa manus
 del Parlamento e, oggi, anche dei consigli regionali, delineato  anni
 fa  da un'autorevole dottrina.  Infatti, l'obiettivo del controllo e'
 quello di fornire agli organi legislativi un quadro dello svolgimento
 dell'azione  amministrativa  e,  in  particolare,  per  il  consiglio
 regionale,  una  visione  obiettiva  del concreto perseguimento degli
 obiettivi stabiliti dalle leggi di principio  e  di  programma.    Il
 sistema  introdotto  dalla legge n. 20 del 1994 e' stato poi ritenuto
 costituzionalmente    legittimo,    anche    nei    riguardi    delle
 amministrazioni   regionali,  da  codesto  ecc.mo  collegio,  con  la
 sentenza n. 29 del (12 gennaio) 27 gennaio 1995, la  quale  ha  anche
 disegnato con estrema precisione la portata ed i limiti del controllo
 della  Corte  dei conti in esame.  Si puo' leggere, infatti, al punto
 9.2 della decisione che  si  tratta  di  "un  compito  essenzialmente
 collaborativo    posto    al    senvizio    di   esigenze   pubbliche
 costituzionalmente tutelate, e precisamente  volto  a  garantire  che
 ogni  settore  della pubblica amministrazione risponda effettivamente
 al modello ideale tracciato dall'art. 97 Cost., quello di un apparato
 pubblico realmente operante sulla base  dei  principi  di  legalita',
 imparzialita' ed efficienza".
   Successivamente,  al  punto 11.1, e' ulteriormente precisato che il
 controllo in  questione  "consiste  nel  confronto  ex  post  tra  la
 situazione effettivamente realizzata con l'attivita' amministrativa e
 la   situazione   ipotizzata   dal   legislatore  come  obiettivo  da
 realizzare, in modo da verificare,  ai  fini  della  valutazione  del
 conseguimento  dei  risultati,  se le procedure e i mezzi utilizzati,
 esaminati  in  comparazione  con  quelli  apprestati  in   situazioni
 omogenee,  siano  stati  frutto di scelte ottimali dal punto di vista
 dei   costi   economici,   della   speditezza    dell'esecuzione    e
 dell'efficienza  organizzativa,  nonche'  dell'efficacia dal punto di
 vista dei risultati".
   Con piu' specifico riferimento alle amministrazioni  regionali,  la
 sentenza  in esame, al punto 11.3, chiarisce la portata dell'art.  3,
 comma 5, della legge n. 20 del 1994, laddove si afferma: "solo se  si
 interpreta  la  disposizione  contestata  come riferentesi alle leggi
 regionali,   puo'   essere   esclusa   la   lesione    dell'autonomia
 politico-legislativa   costituzionalmente   garantita  alle  regioni,
 essendo in tal caso il controllo successivo  sulla  gestione  diretto
 alla verifica dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi fissati
 dal legislatore regionale.  Questa interpretazione, del resto, appare
 confermata  dal comma successivo dello stesso articolo, che individua
 nei consigli regionali, al pari delle  Camere,  i  destinatari  della
 relazione  della  Corte  dei conti, relazioni attraverso le quali, al
 fine di migliorare la qualita' della legislazione,  si  comunicano  i
 risultati  dei  controlli  sulla  gestione  eseguiti  e  le  relative
 osservazioni".
   Infine, la ratio del controllo sulla gestione  viene  ribadita  nel
 punto  11.1,  nel  quale  si  puntualizza:  "l'esito del controllo di
 gestione, come precisa l'art. 3,  comma  6,  della  legge  impugnata,
 consta  di  relazioni, almeno annuali, che vengono inviate tanto agli
 organi che assumono le decisioni politiche concernenti gli  obiettivi
 e  le prescrizioni da imporre all'amministrazione, quanto alle stesse
 amministrazioni interessate,  al  fine  di  agevolare  l'adozione  di
 soluzioni  legislative  e  amministrative  dirette  al raggiungimento
 dell'economicita'  e  dell'efficienza  nell'azione   degli   apparati
 pubblici, nonche' dell'efficacia dei relativi risultati".  Il sistema
 che  scaturisce  dall'autorevole  lettura, compiuta da codesto ecc.mo
 collegio, delle norme dei commi 4, 5 e 6, dell'art.   3, della  legge
 n.  20  del  1994,  pone  la  Corte  dei  conti  in  una posizione di
 ausiliarieta' nei  confronti  del  consiglio  regionale,  in  quanto,
 dotata  delle  necessarie  competenze  tecniche  e  giuridiche,  puo'
 fornirgli  dettagliate  relazioni   sullo   svolgimento   dell'azione
 amministrativa   e  quindi  sull'effettivo  perseguimento,  da  parte
 dell'amministrazione, degli obiettivi fissati  dal  consiglio  stesso
 nelle  leggi  di  principio  e  di  programma,  fornendo  anche utili
 indicazioni per la successiva legislazione.    Deve  instaurarsi  tra
 Corte  dei  conti  e  consiglio  regionale  un  rapporto  di  stretta
 collaborazione e  di  ausiliarieta'  volto  a  garantire  efficienza,
 efficacia  ed  economicita',  nel  rispetto  del  principio  di  buon
 andamento   dell'amministrazione,   sancito   dall'art.   97    Cost.
 Successivamente, con deliberazione 13 giugno 1997, le sezioni riunite
 della  Corte dei conti istituivano per ognuna delle regioni a statuto
 ordinario, dei  nuovi  organi  giudiziari,  i  collegi  regionali  di
 controllo,  non  previsti  da  alcuna  legge, per lo svolgimento, tra
 l'altro, del controllo successivo sulla gestione delle regioni di cui
 all'art.  3, commi 4 e 5, della legge n. 20  del  1994,  violando  la
 riserva  di  legge  di  cui all'art. 108 Cost.  Il nuovo organo della
 magistratura  contabile,  collegio  regionale  di  controllo  per  la
 regione   Puglia,   si   insediava   in   data  26  gennaio  1998  e,
 successivamente,  con  deliberazione  n.  1/98  dell'11  maggio  1998
 approvava  il  programma  annuale  di controllo, in attuazione di una
 lunga serie di deliberazioni  di  altri  organi  della  giurisdizione
 contabile,   mai   portati  a  conoscenza  della  ricorrente.    Tale
 programma, pervenuto alla regione ricorrente in data 28 maggio  1998,
 contiene,  tra gli oggetti da sottoporre a controllo, al punto 1), il
 seguente: "Esame dei rendiconti della regione Puglia per  l'esercizio
 finanziario  1997,  costituito  dal  conto  finanziario  e  dal conto
 generale del patrimonio, con ricostruzione, ai fini di raffronto,  di
 serie  storiche  omogenee  riferite  agli  esercizi finanziari 1995 e
 1996.  Costituiranno oggetto di esame, oltre ai  rendiconti  dei  tre
 esercizi  indicati,  anche  i  corrispondenti  bilanci di previsione,
 annuali e pluriennali, anche allo scopo di verificare  gli  eventuali
 scostamenti  rispetto ad essi del conto finanziario e di raffrontare,
 con i programmi approvati, i risultati ottenuti".  Questa  decisione,
 che  risulta  lesiva  della  sfera di attribuzione costituzionalmente
 garantita alla Regione, viene impugnata con il rimedio del  conflitto
 di attribuzione per le seguenti ragioni di
                             D i r i t t o
   1.  -  ln  relazione alla sottoposizione a controllo del rendiconto
 della regione Puglia, atto gia' esaminato dal consiglio  regionale  e
 approvato  con  legge regionale; violazione degli artt. 5, 121, 123 e
 127 Cost., violazione dell'art.  71  dello  statuto  regionale  della
 Puglia;  violazione dei principi che devono informare il controllo di
 gestione della Corte dei conti sanciti nella sentenza n. 29 del  1995
 dalla Corte costituzionale.
   La deliberazione del collegio regionale di controllo per la regione
 Puglia  n.  1/98  e  gli atti presupposti, inserendo nel programma di
 controllo  il  rendiconto  della  regione  Puglia   per   l'esercizio
 finanziario 1997, ed estendendo, poi, il proprio esame anche a quelli
 relativi  agli esercizi finanziari 1995 e 1996, invade chiaramente la
 sfera di  attribuzioni  costituzionalmente  garantite  alla  regione,
 sottoponendo  ad  un  controllo statale un atto che di per se' non e'
 assoggettabile  al  controllo  della  Corte  dei  conti,  cosi'  come
 delineato  dalla  legge  n.  20 del 1994 e dalla sentenza della Corte
 costituzionale n. 29 del 1995.
   Come visto in precedenza,  infatti,  tale  forma  di  controllo  va
 esercitata sull'attivita' amministrativa posta in essere dagli organi
 dell'amministrazione  attiva, al mero fine di confrontare i risultati
 raggiunti con gli obiettivi prefissati ed all'unico scopo di riferire
 al consiglio regionale sull'esito del controllo  eseguito.    Orbene,
 tenuto  conto  che,  ai sensi dell'art. 71, primo comma dello statuto
 della regione Puglia (approvato con legge 22 maggio 1971, n. 349), il
 rendiconto della regione Puglia e' approvato con legge regionale,  e'
 assolutamente estraneo alle attribuzioni di controllo della Corte dei
 conti  il  sindacato su tale atto.  Infatti, se il rendiconto e' gia'
 sottoposto all'esame  del  consiglio  regionale  ai  fini  della  sua
 approvazione  con  legge,  risulta  assolutamente priva di senso, non
 solo  di  legittimazione, la richiesta dello Stato e, per esso, della
 Conte dei conti, di  sottoporlo  ad  un  controllo,  in  quanto  tale
 sindacato  sarebbe  esclusivamente  finalizzato al successivo referto
 allo stesso consiglio regionale.   Quindi il consiglio  regionale  si
 troverebbe, in modo del tutto illegittimo, a dover esaminare, per due
 volte,  lo  stesso  atto,  una prima volta, come proposta di legge da
 parte della giunta regionale, accompagnato  dalla  relazione  che  la
 giunta  stessa  deve presentare insieme al conto consuntivo, ai sensi
 del terzo comma dell'art. 71 dello statuto;  una  seconda  volta  nel
 momento  in  cui  la  Corte  dei  conti presenta la propria relazione
 sull'esito del controllo eseguito.  In tal modo la Corte dei conti va
 a ledere in chiaro modo l'autonomia regionale, in quanto  andrebbe  a
 sindacare  un  atto  gia' esaminato e, in quanto approvato con legge,
 fatto proprio dal consiglio regionale.  In tal modo andrebbe, poi, al
 di la' dei limiti posti al controllo sulla gestione dalla legge n. 20
 del 1994 e ribaditi dalla sentenza n. 29 del 1995, sia perche' non e'
 previsto che il controllo possa esercitarsi su atti legislativi,  sia
 perche'  il  controllo  e' finalizzato a verificare l'attivita' degli
 organi  amministrativi,  al  mero  fine  del  referto  al   consiglio
 regionale,  e,  quindi, non e' ammissibile che venga esperto su di un
 atto gia'  controllato  dal  consiglio  regionale,  atto  sul  quale,
 comunque,   non   e'  esercitabile  altro  controllo  se  non  quello
 legislativo, espressione dell'autonomia politica della regione.
   2. - In  relazione  all'assenza  di  parametri  nell'esercizio  del
 controllo sul rendiconto della regione Puglia; violazione dell'art. 5
 Cost.;  violazione dell'art. 3, comma 5, della legge n. 20 del 1994 e
 conseguente violazione dei principi in  materia  di  controllo  sulla
 gestione  sanciti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 29 del
 1995.
   La sottoposizione a controllo del rendiconto della  regione  Puglia
 comporta  un'altra  violazione  dei  limiti  posti al controllo sulla
 gestione esercitato dallo Stato e, per esso, dalla Corte  dei  conti,
 sulle  amministrazioni regionali.  Come gia' illustrato, infatti, nei
 confronti  delle  amministrazioni  regionali  opera  una  particolare
 delimitazione  del  controllo sulla gestione, che, ai sensi del comma
 5, dell'art. 3 della legge n. 20/94, "concerne il perseguimento degli
 obiettivi stabiliti dalle leggi di principio e  di  programma".    La
 ratio  e  la  portata  di  tale  norma sono state chiarite da codesto
 ecc.mo collegio, nella menzionata sentenza n. 29 del  1995,  laddove,
 al punto 11.3 del dispositivo ha affermato: "solo se si interpreta la
 disposizione  contestata  come riferentesi alle leggi regionali, puo'
 essere  esclusa  la   lesione   dell'autonomia   politico-legislativa
 costituzionalmente  garantita  alle  regioni,  essendo in tal caso il
 controllo  successivo  sulla  gestione  diretto  alla  verifica   dei
 risultati  raggiunti  rispetto agli obiettivi fissati dal legislatore
 regionale.  Questa interpretazione, del resto, appare confermata  dal
 comma  successivo  dello  stesso articolo, che individua nei consigli
 regionali, al pari delle Camere, i destinatari della relazione  della
 Corte dei conti, relazioni attraverso le quali, al fine di migliorare
 la  qualita'  della  legislazione,  si  comunicano  i  risultati  dei
 controlli  sulla  gestione  eseguiti  e  le  relative  osservazioni".
 Pertanto     il    rispetto    dell'autonomia    politico-legislativa
 costituzionalmente  garantita  alle  regioni  sussiste  solo  se   il
 controllo   e'   articolato  in  modo  tale  da  avere  come  oggetto
 l'attivita'  amministrativa  e  come  parametro  di  riferimento  gli
 obiettivi fissati nelle leggi regionali, tenuto conto del  fatto  che
 destinatario delle relazioni susseguenti al controllo e' il consiglio
 regionale,   nei   cui   confronti   la  Corte  assume  una  funzione
 collaborativa ed ausiliaria.
   Pertanto  il  controllo  sul  rendiconto  esorbita  i  limiti   del
 controllo  sanciti  dalla  Corte  costituzionale,  in quanto la legge
 regionale non e' assunta come parametro di valutazione nell'esercizio
 del controllo sull'attivita' amministrativa, ma diviene  essa  stessa
 oggetto  di controllo.  In tal modo, sottoponendo a controllo un atto
 approvato con legge  regionale,  si  ingenera  un  controllo  statale
 completamente  sprovvisto  di  parametro di riferimento e slegato dal
 fine istituzionale del controllo stesso che e' quello di  relazionare
 a  consiglio regionale.   E' evidente che un controllo siffatto e' in
 aperto contrasto con l'interpretazione dell'art. 3,  comma  5,  della
 legge  n.  20  del  1994,  fornita  dalla Corte costituzionale, unica
 interpretazione  che  possa  escludere  la   lesione   dell'autonomia
 politico-legislativa costituzionalmente garantita alle regioni.
   Pertanto  tale  contrasto  concreta  un'evidente  lesione  di  tale
 autonomia e, quindi, la lesione di tutte le norme costituzionali  che
 la garantiscono.
   3.  -  ln  relazione alla completa assenza di collaborazione tra la
 Corte dei conti ed il consiglio regionale; violazione della legge  n.
 20  del  1994  e  conseguente  violazione  dei principi in materia di
 controllo sulla gestione sanciti  dalla  Corte  costituzionale  nella
 sentenza  n. 29 del 1995.  La legge n. 20 del 1994, all'art. 3, comma
 6, delinea con chiarezza il fine del controllo sulla  gestione  della
 Corte  dei  conti  sulle  amministrazioni regionali, che e' quello di
 riferire, almeno annualmente, ai consigli  regionali  sull'esito  del
 controllo  eseguito.  Pertanto a funzione della Corte dei conti, come
 ribadito piu' volte anche nella sentenza di codesto  ecc.mo  collegio
 n.  29  del  1995,  e'  di  carattere essenzialmente collaborativo ed
 ausiliario.    Pertanto,  affinche'  tale   collaborazione   e   tale
 ausiliarieta'  non  siano delle mere enunciazioni di principio, prive
 di riscontro al momento della pratica esplicazione dell'attivita'  di
 controllo,  e'  assolutamente  necessario  che il consiglio regionale
 venga  ascoltato  e  le   sue   indicazioni   tenute   nella   debita
 considerazione,  nel  momento  in  cui  viene  delineato il programma
 annuale  di  controllo.    La  deliberazione  n.  1/98  del  collegio
 regionale  di  controllo  per  la  Puglia, approvando il programma di
 controllo senza aver esperito alcun tipo di contatto o  di  audizione
 nei  riguardi  dell'Organo nei cui confronti deve svolgere la propria
 funzione collaborativa e ausiliaria, ossia  il  consiglio  regionale,
 ha,  di fatto, leso i principi fondamentali cui si ispira la legge n.
 20 del 1994, sanciti dalla Corte costituzionale.  La sentenza  n.  29
 del  1995,  ha sottolineando la necessita' del rapporto collaborativo
 tra Corte dei conti e regione,  perche'  solo  in  presenza  di  tale
 rapporto  le  disposizioni  della  legge  n.  20  del 1994, risultano
 costituzionalmente legittime, in  quanto  non  lesive  dell'autonomia
 regionale.     L'assenza  di  qualsiasi  rapporto  di  collaborazione
 comporta  una  piena  lesione  dei  principi  sanciti   dalla   Corte
 costituzionale  e, quindi, una lesione delle norme costituzionali che
 garantiscono l'autonomia regionale.   La totale inerzia  della  Corte
 dei   conti   nella   ricerca   del   rapporto   collaborativo,  che,
 conformemente  ai  principi costituzionali, era tenuta ad instaurare,
 e' ulteriormente testimoniata dalla  completa  assenza  di  qualsiasi
 comunicazione  sull'avvenuta adozione di altre deliberazioni da parte
 di organi centrali della magistratura contabile, concernenti  criteri
 generali  e  indirizzi di coordinamento del controllo, delle quali si
 e'  avuto  conoscenza  solo  perche'  citati  nelle  premesse   della
 deliberazione n. 1/98 del collegio regionale.
   4.  -  In  relazione  alla  legittimazione  della Corte dei conti a
 controllare il rendiconto della  regione  Puglia  e  all'introduzione
 surrettizia   di   un   procedimento  di  carattere  giurisdizionale;
 violazione dell'art.  24, secondo comma Cost.;  violazione  dell'art.
 25,  primo  comma  Cost.;  violazione  degli  artt.  5  e  125  della
 Costituzione; violazione della legge n. 20  del  1994  e  conseguente
 violazione  dei  principi  in  materia  di  controllo  sulla gestione
 sanciti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 29 del 1995.
   Con la richiesta di esaminare il rendiconto generale della  regione
 Puglia  lo  Stato  e,  per esso, la Corte dei conti, ha introdotto un
 nuovo procedimento giurisdizionale, senza  ricorrere  allo  strumento
 della  legge  previsto  dall'art. 25, primo comma della Costituzione.
 Infatti e' stato istituito, con atto amministrativo, un  procedimento
 analogo a quello previsto dagli artt. 38-43, del r.d. 12 luglio 1934,
 n.  1214,  per  il  giudizio  di  parificazione  svolto dalle sezioni
 riunite della Corte dei conti sul rendiconto generale dello Stato o a
 quello previsto dagli artt. 2, n. 2 e 6, comma 3, del d.lgs. 6 maggio
 1948, n. 655, per il giudizio svolto dalle sezioni riunite presso  la
 regione  siciliana  sul  rendiconto generale della regione siciliana.
 Si tratta di giudizi, tendenti ad operare una verifica sul rendiconto
 generale, che  hanno  un  evidente  carattere  giurisdizionale,  come
 risulta  chiaro dalle disposizioni legislative e da svariate pronunce
 di codesta ecc.ma Corte costitutuzionale.  Infatti, a norma dell'art.
 40, del r.d. n. 1214 del  1934,  la  Corte  delibera  sul  rendiconto
 generale  dello Stato a sezioni riunite e con le formalita' della sua
 giurisdizione contenziosa; la pronuncia viene, pertanto, adottata  in
 udienza  pubblica  con a partecipazione del pocuratore generale ed in
 contraddittorio con i rappresentanti dell'amministrazione.
   Tale carattere giurisdizionale del procedimento, gia' sancito dalla
 legge, e' stato poi ulteriormente confermato da un cospicuo numero di
 pronunce  di  codesto  ecc.mo  collegio,   nelle   quali   e'   stato
 riconosciuto  alla  Corte  dei conti, in tale sede, proprio in virtu'
 della natura giurisdizionale del procedimento, il potere di sollevare
 questioni di legittimita' costituzionale.
   Vanno rammentate all'uopo le sentenze 19 dicembre 1963, n. 165;  19
 dicembre  1966, n. 121; 30 dicembre 1968, n. 142 e 143.  In virtu' di
 tali considerazioni e' fin troppo evidente che la  previsione  di  un
 tale  tipo  di verifica sul rendiconto generale vada fatta con legge,
 affinche' possa essere con chiarezza individuato quale sia il giudice
 cui il legislatore, in ragione della riserva prevista  dall'art.  25,
 primo  comma,  della  Costituzione,  abbia  attribuito  tale funzione
 giurisdizionale.    Infatti  quando  un'analoga  funzione  e'   stata
 riconosciuta  alla  Corte  dei  conti  nei riguardi del rendiconto di
 determinate regioni a statuto speciale, tale attribuzione di funzioni
 e' avvenuta con legge o atto avente forza di  legge.    Pertanto,  il
 d.lgs.  6 maggio 1948, n. 655, attribuisce alle sezioni riunite della
 Corte  dei  conti  presso  la  regione  siciliana  il  giudizio   sul
 rendiconto   della  regione  siciliana;  l'art.  79  delle  norme  di
 attuazione dello statuto dalla regione Trentino-Alto Adige, approvate
 con d.P.R. 30 giugno 1951, n. 574, attribuisce alle  sezioni  riunite
 della  Corte dei conti il giudizio di parificazione sul rendiconto di
 quella regione.   Pertanto la instaurazione di  un  giudizio  di  tal
 genere  con un atto amministrativo, quale e' la deliberazione n. 1/98
 del collegio regionale di controllo per la Puglia, risulta essere  in
 contrasto con l'art.  25, primo comma della Costituzione.
   Inoltre  risulta  essere  violato  anche  l'art. 24, secondo comma,
 della Costituzione, che garantisce il diritto di difesa in ogni stato
 e  grado   del   procedimento,   in   quanto   se   il   procedimento
 giurisdizionale  previsto  per  la parificazione del rendiconto dello
 Stato   avviene   in    contraddittorio    con    i    rappresentanti
 dell'amministrazione,  altrettanto non puo' dirsi per il procedimento
 di verifica del  rendiconto  della  regione  Puglia,  previsto  dalla
 deliberazione n. 1/1998, laddove non e' previsto alcun intervento dei
 rappresentanti  dell'amministrazione regionale.   Ne' puo' sostenersi
 che tale attribuzione sia stata conferita allo  Stato  e,  per  esso,
 alla Corte dei conti, dalla legge n. 20 del 1994.  Infatti, posto che
 nella  legge  suddetta  non e' fatta alcuna menzione esplicita di una
 verifica sul rendiconto delle regioni, non si puo'  neppure  ritenere
 che  tale  previsione  sia  implicitamente  contenuta nella norma che
 sancisce  l'obbligo  di  riferire  almeno  annualmente  al  consiglio
 regionale sull'esito del controllo.  Infatti tale relazione, prevista
 anche  nei  confronti  del Parlamento per il controllo eseguito sulle
 amministrazioni dello Stato ai sensi dell'art. 3,  comma  6,  e'  ben
 altra cosa rispetto alla relazione che l'art. 41 del r.d. n. 1214 del
 1934, ha previsto debba essere presentata al Parlamento dalle sezioni
 riunite insieme alla deliberazione sul rendiconto generale.  Pertanto
 la relazione al Parlamento relativa al controllo sulla gestione va ad
 aggiungersi  a  quella  relativa  alla  deliberazione  sul rendiconto
 generale, non va ad integrarla, anche per la loro diversa funzione  e
 natura.
   Quindi non si puo' ritenere che l'attribuzione alla Corte dei conti
 della  funzione di referto al consiglio regionale, limitatamente agli
 esiti del controllo sulla gestione, abbia inteso attribuire anche una
 piu' ampia e  generalizzata  funzione  di  referto,  comprendente  la
 relazione  sul  rendiconto  generale,  successiva  alla  verifica del
 rendiconto stesso.
   Argomentando diversamente non si puo' non pervenire ad  una  palese
 violazione  della  legge  n.  20  del  1994 e dei principi per la sua
 applicazione ribaditi nella sentenza  n.  29  del  1995  della  Corte
 costituzionale,  con  la  seguente lesione delle norme costituzionali
 che garantiscono l'autonomia regionale.