IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunziato la seguente ordinanza. In data 9 aprile 1997 il p.m. chiedeva il rinvio a giudizio nei confronti degli imputati sopra generalizzati per i reati di abuso, turbativa d'asta aggravata e corruzione, descritti in imputazione, come a ciascuno rispettivamente ascritti. Alla udienza preliminare del 23 ottobre 1997 il p.m. chiedeva l'esame con incidente probatorio di: Agnello Vincenzo, Arcodia Amedeo, Gumina Biagio, Mangano Salvatore, Maniaci Cono, Mollica Domenico, Nocifora Amata Vincenzo, Ricciardello Antonino, Ricciardello Vincenzo, Versaci Antonino, imputati, nonche' di Caliri Carmelo, Caliri Salvatore, Manasseri Benedetto, Scurria Antonino, imputati di reato connesso. Ammesso l'incidente probatorio consentivano all'esame Ricciardello Antonino, Versaci Antonino, Caliri Salvatore. Il p.m., prima della chiusura dell'incidente probatorio, chiedeva l'acquisizione delle dichiarazioni rese al p.m., alla p.g. su delega del p.m. o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, dagli imputati il cui esame non aveva avuto corso al fine di utilizzarle anche nei confronti degli altri imputati, nonche' dai coimputati che non avevano consentito all'esame ritenendo possibile una interpretazione estensiva del comma 5, dell'art. 6, legge n. 267/1997, o, in subordine, che fosse sollevata la questione di legittimita' costituzionale della disciplina transitoria nella parte in cui limita l'efficacia probatoria delle dichiarazioni anzidette acquisite nel corso delle indagini preliminari o all'udienza preliminare al solo caso di dichiarazioni di persona gia' sentita in fase dibattimentale avvalendosi della facolta' di non rispondere e comunque non sottoponendosi all'esame e non anche nel caso previsto dal primo comma o dal secondo comma, prima parte, dell'art. 6. Questo giudice con ordinanza in data 19 gennaio 1998 osservava che la questione relativa alla utilizzabilita' delle dichiarazioni rese dagli imputati che si sono rifiutati di sottoporsi all'esame ovvero che non si sono presentati riguarda la fase della decisione cosi' come, peraltro, quella della utilizzabilita' delle dichiarazioni rese dagli imputati di reato connesso rilevando sia pure incidenter tantum che: "non si puo' sostenere che nei processi penali in corso relativamente ai quali non si fosse al momento dell'entrata in vigore della legge 7 agosto 1997, n. 267 nelle situazioni previste dai commi 2, 3 e 4 dell'art. 6 della legge citata possa trovare applicazione il comma 5, della disposizione predetta; che infatti la inequivocabile formulazione letterale dell'art. 6 che parla espressamente della valenza probatoria (al fine di escluderla) anche come elemento di riscontro delle dichiarazioni di cui sia stata data lettura ai sensi dell'art. 513 c.p.p., nella formulazione previgente, induce ad escludere la diversa interpretazione della norma sostenuta dal p.m.". Questo giudice ha quindi sempre, incidenter tantum, osservato che la questione di legittimita' costituzionale sollevata irritualmente dal p.m. sembrava comunque manifestamente infondata avendo il legislatore disciplinato in maniera diversa situazioni processuali diverse. La questione va in questa fase approfondita e riconsiderata. Come da piu' parti si osserva il legislatore con la novella dell'agosto 1997 se da un lato ha recepito le precise indicazioni provenienti dalle convenzioni internazionali ed in particolare dall'art. 6 della convenzione europea dei diritti dell'uomo e dall'art. 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici che non potevano non rendere inaccettabile l'automatico utilizzo erga omnes delle dichiarazioni dei chiamanti in correita'; dall'altra non ha mostrato di aderire alle indicazioni provenienti dalla Corte cost. (vedi sent. n. 254/1992) relative alla necessita' di evitare la dispersione di fondamentali elementi di prova o meglio, per quel che ci riguarda, lo ha fatto limitatamente ai processi che al momento dell'entrata in vigore della novella si trovavano nelle situazioni processuali previste dal commi 2, 3 e 4, dell'art. 6, citato. Ora, se e' in dubbio che formalmente le situazioni disciplinate dalle anzidette disposizioni sono diverse da quella in cui ci si trova nell'ordierno processo non si puo' non rilevare che a tutte e' comune la fondamentale circostanza che al momento dell'entrata in vigore della nuova normativa era gia' stata chiusa la fase delle indagini preliminari con l'esercizio dell'azione penale. Il cambiamento delle regole del giuoco ad indagini gia' chiuse ha comportato uno squilibrio a favore della difesa che non puo' essere considerato bilanciato dal limitato potere del p.m. di richiedere l'incidente probatorio entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge, potere peraltro gia' previsto dall'art. 392 c.p.p., come modificato dalla sentenza Corte cost. n. 77/1994, ne' dai limitati poteri di indagine suppletiva. E, d'altra parte, il prevedibile mutamento di rotta di imputati e coimputati che nel corso delle indagini preliminari avevano reso dichiarazioni accusatorie avrebbe dovuto indurre il legislatore a porsi il problema di estendere l'efficacia probatoria limitata prevista dal comma 5, dell'art. 6, a tutti i casi in cui al momento dell'entrata in vigore della legge fosse stata esercitata l'azione penale e l'imputato e il coimputato, in incidente probatorio, si siano avvalsi della facolta' di non rispondere. Evidente appare la rilevanza della questione nell'odierno procedimento dovendo il giudice dell'udienza preliminare decidere se rinviare a giudizio o prosciogliere tenendo conto del materiale probatorio utilizzabile e del prevedibile sviluppo del dibattimento,