IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza; Nella controversia civile iscritta al n. 597/93 r.g. degli affari contenziosi civili promossa da S.n.c. Maglificio Chierichetti e Gallazzi, in persona del suo amministratore unico, elettivamente domiciliato in Busto Arsizio, via 1 Maggio n. 10/B presso lo studio dell'avv.to Patrizia Castiglioni che la rappresenta e difende, unitamente all'avv.to Aldo Cenderelli del foro di Milano per mandato a margine dell'atto di citazione, attore; Contro comune di Busto Arsizio, in persona del sindaco, elettivamente domiciliato in Busto Arsizio, via Libia n. 2 presso lo studio dell'avv.to Pier Antonio Introini che lo rappresenta e difende per mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta, convenuto; Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato in data 19 marzo 1993 il Maglificio Chierichetti e Gallazzi S.n.c., in persona del suo rappresentante legale, conveniva in giudizio, innanzi a questo tribunale, il comune di Busto Arsizio e premesso che la societa' attrice era proprietaria di un terreno sito in Busto Arsizio meglio contraddistinto al catasto terreni al foglio n. 5, mappale 7135; che con delibere n. 220 del 9 maggio 1983 e 239 del 16 maggio 1993 il comune di Busto Arsizio aveva deciso di dar corso ad un intervento di edilizia economico popolare all'interno del PEEP e, all'uopo, aveva notificato al legale rappresentante della societa' attrice la propria volonta' di procedere ad occupazione d'urgenza di una parte dell'area predetta; che, previa emissione delle ordinanze n. 17515 e 17516 del 14 luglio 1993, il comune vi aveva disposto l'occupazione delle aree materialmente immettendovisi; che da allora il procedimento di occupazione si e' protratto senza corresponsione all'attrice di alcunche' a titolo di ristoro dell'ingente danno patrimoniale sofferto; che il comune espropriante ha in piu' occasione offerto importi, peraltro mai adeguati al fine di una composizione della vicenda; che peraltro, dopo alcuni anni dall'inizio della procedura, il comune ha realizzato sull'area una serie di edifici multipiani, ora ultimati, per i quali si e' gia' dato corso alla materiale assegnazione agli inquilini; che, pertanto, e' indubbio che la fattispecie descritta integri l'ipotesi di acquisizione della proprieta' per "accessione invertita", a seguito dell'irreversibile trasformazione dell'area a seguito dell'occupazione, chiedeva che venisse accertato l'ammontare del credito alla stessa spettante, con condanna del comune convenuto al pagamento dello stesso. Con propria comparsa si costituiva il comune di Busto Arsizio il quale chiedeva che la determinazione dell'importo dovuto alla societa' attrice venisse determinato considerando le possibilita' legali ed effettive di edificazione esistenti al tempo dell'occupazione delle aree. Espletata l'attivita' istruttoria nel corso della quale veniva disposta CTU al fine di determinare il valore dell'area e precisate dalle parti le conclusioni, la causa veniva rimessa al collegio che la poneva in decisione all'udienza del 9 gennaio 1998. Motivi della decisione Conformemente alla richiesta articolata dalla societa' attrice nei propri scritti, ritiene il collegio di non poter addivenire ad una decisione nel merito della determinazione dell'indennita' spettante al Maglificio Chierichetti e Gallazzi S.n.c. a seguito dell'accessione invertita operata dal comune di Busto Arsizio risultando rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale delle norme in concreto da applicarsi per l'emananda decisione. Non sussiste dubbio alcuno in ordine alla qualificazione della fattispecie in esame sotto quella - di creazione per lo piu' giurisprudenziale - della accessione invertita (c.d. occupazione acquisitiva), essendo indubbio che il comune di Busto Arsizio ha provveduto all'occupazione in via di urgenza, di un'area di proprieta' dell'attrice sulla quale ha altresi' costruito edifici di edilizia popolare senza, peraltro, emettere, nella relativa procedura espropriativa, il decreto di esproprio. Dovendo, quindi, il collegio provvedere alla determinazione la somma da attribuirsi all'attrice a titolo di risarcimento del danno diviene applicabile l'art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, con la quale e' stato aggiunto il comma 7-bis all'art. 5 della legge n. 359/1992, gia' in precedenza modificato dall'art. 1, comma 65, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. Tale disposizione - la quale si trova inserita nella legge di accompagnamento alla finanziaria per il 1997 applica, alle espropriazioni illecite intervenute anteriormente al 30 settembre 1996 i criteri di determinazione dell'indennita' individuati dall'art. 5-bis, comma 60, legge n. 359/1992 (gia' in precedenza modificato dall'art. 1, comma 65, della legge n. 549/1995) con esclusione della riduzione del 40% e con aumento del 10% dell'importo, prevedendo altresi' l'applicabilita' dei predetti criteri a tutti i giudizi in corso non ancora definiti con sentenza passata in giudicato. La normativa richiamata da ultimo, peraltro, e' successiva alla pronuncia della Corte costituzionale n. 369 del 2 novembre 1996 con la quale e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale del comma 6 del richiamato art. 5-bis, cosi' come sostituito dall'art. 1, comma 65 della legge n. 549/1995, nella parte in cui applicava - ai fini della determinazione del danno - i criteri stabiliti per il "prezzo/l'entita' dell'indennizzo" in tal modo indebitamente uniformando gli effetti patrimoniali di due fattispecie ontologicamente differenti quali appunto l'espropriazione legittima e l'occupazione c.d. acquisitiva. Ritiene, peraltro, il Tribunale che neppure la successiva disposizione normativa, ossia l'art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sia immune da ragionevoli dubbi di legittimita' costituzionale, tali comunque da rendere necessario una nuova valutazione della Corte. Sotto il primo profilo, non puo' non rilevarsi come la richiamata disposizione normativa riproponga, surrettiziamente, lo stesso meccanismo di determinazione del danno previsto dalla normativa gia' dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte, riproponendo le stesse ragioni di perplessita' che ne avevano determinato la censura. Ed invero, la misura del risarcimento del danno da espropriazione illecita, viene fissata in misura eguale all'indennizzo che sarebbe spettato al proprietario ai sensi e per gli effetti dell'art. 5-bis e maggiorato del 10%, senza la riduzione del 40% prevista in caso di mancato accordo tra ente espropriante e proprietario. Sebbene, infatti, l'intento del legislatore sia stato quello di adeguarsi ai principi enunciati dalla Corte costituzionale nella menzionata pronuncia, evitando l'equiparazione tra indennita' di esproprio e risarcimento attraverso l'aggiunta di quel di piu' (10%), considerato in tal modo sufficiente a colmare lo squilibrio economico delle posizioni in conflitto, ritiene questo tribunale che la disciplina, in tal modo novellata, sia ancora in contrasto con alcuni tra i principi fondamentali del dettato costituzionale. In particolare, la richiamata disposizione appare in contrasto: 1) con l'art. 3 della Costituzione laddove la stessa determina una ingiustificata equiparazione tra situazioni soggettive differenti, di fatto parificando i proprietari dei beni che vengono espropriati all'esito di un procedimento di espropriazione legittimo a quelli i cui beni vengono illecitamente ablati dall'ente espropriante per effetto di accessione invertita, non potendosi ritenere che l'esigua differenza, pari al 10%, individuata dall'art. 5-bis, comma 7-bis della legge n. 662/1996, possa realizzare una adeguato ristoro per il privato; 2) Con l'art. 42, secondo comma della Costituzione, essendo evidente che la norma oggetto di esame non sia idonea ad apprestare una adeguata tutela al diritto di proprieta' che viene sacrificato. I suddetti motivi rappresentano, a giudizio del tribunale, i principali motivi per rilevare d'ufficio la non manifesta infondatezza della eccezione di costituzionalita' dell'art. 5-bis, comma 7-bis della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in relazione agli artt. 3 e 42, secondo comma della Costituzione, conformemente a quanto gia' rilevato da altre autorita' giudiziarie e dallo stesso tribunale di Busto Arsizio. Deve, di conseguenza, essere disposta la sospensione del processo con emissione degli ulteriori provvedimenti di cui alla parte dispositiva.