IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella camera di consiglio del 20 marzo 1998 sul ricorso proposto dalla Gesteco S.p.a. e dalla Prefir S.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore rappresentate e difese dagli avv.ti Bruno Barel e Giuseppe Sbisa', con domicilio eletto nello studio del secondo in Trieste, via S. Francesco, 11, come da mandato a margine del ricorso; Contro la provincia di Udine, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Pecile, con domicilio eletto presso la segreteria del t.a.r., come da mandato a margine dell'atto di costituzione; la regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del presidente in carica della Giunta regionale, rappresentata e difesa dall'avv. Renato Fusco, con domicilio eletto presso l'ufficio legislativo e legale regionale in Trieste, via Milano, 1, come da mandato a margine dell'atto di costituzione; Per l'annullamento - previa sospensione dell'esecuzione - del decreto dell'assessore delegato all'ambiente e al territorio della provincia di Udine prot. n. 28429/1996 del 15 novembre 1996, nella parte in cui ha vietato alle ricorrenti di smaltire nelle discariche da esse gestite rifiuti prodotti al di fuori dell'ambito territoriale della regione Friuli-Venezia Giulia e della presupposta circolare n. 7 dell'8 luglio 1996 della presidenza della Giunta regionale; Visti gli atti e documenti depositati col ricorso; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate; Vista l'ordinanza della Corte costituzionale n. 22 del 18 febbraio 1998; Udito il relatore, consigliere Enzo Di Sciascio ed uditi, altresi', i procuratori delle parti costituite; Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue: F a t t o Dev'essere premesso che, in ordine alla domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, questo tribunale amministrativo, ritenutane la riIevanza, in quanto si verte su disposizioni che indubbiamente incidono sulla legittimita' degli atti, oggetto di gravame, e la non manifesta infondatezza, ha ritenuto, con ordinanza n. 44 dell'8 febbraio 1997, resa nella camera di consiglio del 13 dicembre 1996, di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 4, della l.r. 28 novembre 1988, n. 65, sostitutivo del testo dell'art. 15, comma 6, della l.r. 7 settembre 1987, n. 30, cosi' come autenticamente interpretato dall'art. 29, della l.r. 14 giugno 1996, n. 22, che nel loro combinato disposto vietano, nella sostanza, di stoccare e trattare nelle discariche site nel territorio regionale, rifiuti provenienti da altre regioni, con la conseguenza che ne sono state in tal senso modificate, con il decreto oggetto di gravame, anche le autorizzazioni, rilasciate alle ricorrenti dalla provincia di Udine, con l'introduzione del predetto divieto. Di conseguenza il giudizio cautelare e' stato sospeso e gli atti relativi sono stati rimessi alla Corte costituzionale. Con ordinanza n. 432, resa nella stessa camera di consiglio, il decreto assessorile in questione, ritenuto produttivo di danno grave ed irreparabile per la sua incidenza e' stato provvisoriamente sospeso, fino alla restituzione degli atti da parte del giudice delle leggi, restando impregiudicata la definizione del giudizio cautelare, che verra' risolto dopo che, a sua volta, sara' definito l'incidente di costituzionalita'. La questione e' stata ritenuta non manifestamente infondata sotto i seguenti profili: 1) la regione Friuli-Venezia Giulia, stabilendo, con le citate disposizioni normative, che lo spazio disponibile nelle discariche, situate nel suo territorio, deve essere commisurato alle necessita' del solo ambito regionale e che non puo' venir autorizzata l'attivita' di smaltimento dei rifiuti di provenienza non regionale nelle discariche predette, viola l'art. 1 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, rendendo impossibile il perseguimento delle finalita', da detta norma previste, di evitare danni e pericoli per la salute nonche' inquinamenti di ogni tipo e di salvaguardare l'ambiente e il paesaggio che costituiscono, in base alla disposizione predetta, principi generali della materia. Le norme sospettate di incostituzionalita' infatti rendono indisponibile il territorio della regione alle iniziative (catasto nazionale dei rifiuti e individuazione del fabbisogno di nuovi impianti, programma nazionale che individui un sistema integrato di aree di stoccaggio e pretrattamento, di impianti di smaltimento e di discariche sul territorio nazionale, in modo da garantire la copertura delle esigenze programmate e fronteggiare le emergenze) che lo Stato, a mezzo del Ministero dell'ambiente, a norma degli artt. 3 e 5 del d.-l. 9 settembre 1988, n. 397, convertito nella legge 9 novembre 1988, n. 475, deve apprestare, per garantire anche a livello nazionale il conseguimento delle finalita' predette. Infatti viene ostacolato il funzionamento di una organizzazione a livello nazionale dello smaltimento che permetta anche alle regioni la cui produzione di rifiuti ecceda le capacita' di smaltimento di collocarli in discariche controllate e non abusive in altra regione, senza pericoli per la salute pubblica, che si esprime attraverso i poteri statali di coordinamento interregionale, di cui agli artt. 4, lett. h) e 6, lett. b) del d.P.R. n. 915/1982, non condizionati dai meccanismi consensuali in dette norme previsti nel caso d'urgenza (v. art. 12, secondo comma del d.P.R. n. 915/1982). Le controverse disposizioni di legge regionale violerebbero pertanto, nella materia dell'igiene e della sanita', i limiti del rispetto dei principi della materia, stabiliti dalle leggi dello Stato e, in particolare, dall'art. 1 del d.P.R. n. 915/1982, il raggiungimento dei cui obbiettivi e' garantito, a livello ultraregionale, dalla normativa statale sopra indicata, violando l'art. 5 dello statuto e, di conseguenza, per quanto qui rileva, anche l'art. 6; 2) Per le stesse ragioni appena indicate le disposizioni regionali de quibus violano l'ulteriore limite, posto in ogni caso alla legislazione regionale, del rispetto di interessi nazionali, che debbono essere perseguiti unitariamente, dovendosi avvalere l'attivita' di smaltimento dei rifiuti, per raggiungere le sue finalita', non solo di un servizio, organizzato su base regionale, ma anche di poteri e strutture, dirette da organi statali. Dato che non corrispondono fra loro l'ampiezza del territorio di ogni regione, il numero dei siti in esso identificabili come idonei al trattamento dei rifiuti e la produzione degli stessi, che dipendono da caratteristiche rispettivamente fisiche e socio-economiche, ne deriva il recapito di rifiuti in discariche, situate in ambito regionale diverso da quello, in cui sono stati prodotti, che costituisce in determinati casi una ineludibile necessita', la quale va essere soddisfatta in via d'emergenza, almeno quando siano in pericolo interessi pubblici irrinunciabili e tale fenomeno, interessando piu' ambiti regionali, non e' governabile da nessuna regione da sola, ma unicamente dallo Stato, in base ai poteri di indirizzo e coordinamento di cui all'art. 4, lett. a) del d.P.R. n. 915/1982, e alle disposizioni legislative indicate al precedente punto 1), volte a garantire una organizzazione in grado di affrontare anche problemi di carattere sovraregionale, che in particolare derivano dalla non coincidenza tra capacita' di produzione e smaltimento dei rifiuti. Non possono percio' ritenersi costituzionalmente legittime le norme regionali, quali quelle in discussione, che tendono a far coincidere l'ambito territoriale, in cui i rifiuti sono prodotti, con quello, in cui sono smaltiti, in quanto si pongono in contrasto con il complessivo funzionamento del sistema di smaltimento su tutto il territorio nazionale, che e' interesse nazionale, espresso attraverso le norme statali sopra menzionate, da perseguirsi unitariamente a mezzo dei summenzionati poteri statali di indirizzo e coordinamento, volto a fronteggiare esigenze di smaltimento verificatesi in una regione, che non possono essere soddisfatte nel suo territorio, violando cosi' i limiti della potesta' legislativa regionale, posti dall'art. 4 dello statuto alla potesta' primaria e necessariamente estesi alle potesta' concorrente e integrativa, di cui agli artt. 5 e 6; 3) Le norme regionali in questione violano i limiti della potesta' regionale, esplicitamente previsti dall'art. 4 dello Statuto, ma che di necessita' si estendono agli artt. 5 e 6, del rispetto della Costituzione, in quanto discriminano, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, gli imprenditori che esercitano l'attivita' di trattamento nell'ambito regionale, vietando a loro il conferimento nelle discariche dei rifiuti provenienti da fuori regione, divieto che non trova riscontro per gli altri produttori nazionali, a cui e' anzi consentito trattare anche rifiuti del Friuli-Venezia Giulia, loro conferiti dai produttori, in modo che i primi sono posti in condizione di evidente infe-riorita' nel mercato della raccolta dei rifiuti, imponendo una ridotta utilizzazione degli impianti e una conseguente maggior incidenza dei costi fissi, con minore capacita' concorrenziale e perdita di quote di mercato. Tale condizione di inferiorita', incidendo sulla stessa sopravvivenza delle aziende, condannate presto o tardi alla chiusura, comporterebbe la violazione altresi' dell'art. 41 della Costituzione, che, anche quando sia presente una legittima causa di utilita' sociale, potrebbe comprimere ma non estinguere del tutto le capacita' economiche di un'azienda. Sarebbe altresi' violato l'art. 120 della Costituzione, per l'illegittima imposizione di ostacoli e limitazioni, da parte di una regione, alla libera circolazione di cose e all'esercizio della professione. Con ordinanza n. 22 del 18 dicembre 1998 la Corte costituzionale adita ha disposto la restituzione degli atti a questo t.a.r. per una nuova delibazione della rilevanza della proposta questione di costituzionalita', alla luce della sopravvenienza, nelle more del giudizio incidentale, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, cosi' come modificato ed integrato dal d.lgs. 8 novembre 1997, n. 389, che hanno ridefinito la disciplina della materia dello smaltimento dei rifiuti ed innovato il quadro normativo, su cui si fonda l'ordinanza di rimessione "anche in riferimento all'individuazione dei principi della legislazione statale in materia". Con ordinanza resa nella camera di consiglio del 20 marzo 1998 questo tribunale, constatata l'avvenuta restituzione degli atti e il conseguente venir meno della sospensione provvisoria del provvedimento impugnato gia' a suo tempo disposta, riconosciuta la permanenza del danno grave ed irreparabile, ha ritenuto che sussista tuttora la rilevanza, per i motivi che verranno esposti con successiva ordinanza, della questione di legittimita' costituzionale proposta con la precedente ordinanza n. 44, dell'8 febbraio 1997, ed ha stabilito, rimanendo sospeso il giudizio cautelare, di rimettere nuovamente gli atti alla Corte costituzionale e di sospendere ulteriormente, l'impugnato decreto assessorile nelle more della decisione definitiva e della successiva restituzione degli stessi da parte del giudice delle leggi, cui seguira' la decisione sull'istanza cautelare. D i r i t t o Ogni valutazione in ordine al permanere o meno della rilevanza della proposta questione di costituzionalita' va condotta con riferimento al provvedimento, di cui si chiede l'annullamento e, in via incidentale, la sospensione interinale, con l'istanza, in ordine alla decisione della quale detta questione e' stata sollevata. Deve essere, in altri termini, verificato se la mutazione del quadro normativo, intervenuta nelle more e citata nelle premesse, si rifletta o meno sulla sussistenza del fumus boni juris in ordine alle censure, mosse nel giudizio a quo nei confronti dell'atto impugnato, per ottenere che ne siano sospesi gli effetti fino alla decisione di merito. A tale proposito il collegio ritiene che la modifica normativa di cui si e' fatto cenno non si rifletta nella rilevanza costituzionale in argomento. Con il decreto assessorile prot. n. 28429/1996 del 15 novembre 1996 la provincia di Udine ha provveduto a integrare il contenuto delle autorizzazioni delle ricorrenti, come di altre imprese, introducendovi la limitazione allo smaltimento di rifiuti prodotti nell'ambito territoriale della regione Friuli-Venezia Giulia, per effetto della sopravvenienza dell'art. 29 della l.r. 14 giugno 1996, n. 22, che interpreta autenticamente l'art. 15, comma 6, della l.r. 7 settembre 1987, n. 30, nel testo introdotto con l'art. 16 della l.r. 28 novembre 1988, n. 65, nel senso che gli spazi di deposito, oggetto di autorizzazione, vanno rapportati alla quantita' di rifiuti da smaltire, di provenienza esclusivamente regionale. Questa legislazione e' ora, a partire dall'entrata in vigore dei decreti legislativi, di cui alla citata ordinanza della Corte, cui non e' seguita alcuna norma regionale di adeguamento, del tutto abrogata, dimodoche' le future autorizzazioni, fin quando non intervenga la nuova legislazione regionale attuativa, possono essere assentite solo in base alla menzionata sopravvenuta normativa statale. Cosi' non e', invece, per le autorizzazioni rilasciate alle ricorrenti, dove la limitazione introdotta in base alla norma regionale, ora abrogata, di interpretazione autentica e a quella interpretata, che piu' sopra si sono illustrate, continua a rimanere in vigore in virtu' dell'atto provinciale impugnato, emanato in base alla normativa previgente, la cui sospensione o annullamento e' possibile soltanto in esito all'eventuale accoglimento della questione di costituzionalita', non incidendo sulla fattispecie il d.lgs. n. 22/1997 e successive modificazioni, che non ha efficacia retroattiva. Di detta normativa bisognera' pertanto fare applicazione per la decisione della proposta istanza cautelare, per cui la questione di costituzionalita' proposta continua ad essere rilevante. La rilevanza permane, ad avviso del collegio, non soltanto per le citate ragioni di carattere formale, di per se' esaustive, ma anche perche' la legge delegata sopravvenuta non ha inciso sui termini fondamentali della questione, sottoposta al giudice delle leggi. In particolare l'art. 5, comma 5, d.lgs. n. 22/1997, che secondo la difesa dell'intervenuta regione avrebbe stabilito un divieto a smaltire rifiuti in regioni diverse da quelle, in cui sono stati prodotti, analogo a quello stabilito dalle leggi regionali contestate, concerne i soli rifiuti urbani, oggetto di privativa comunale (art. 21), mentre nel giudizio a quo si controverte, come risulta dalle premesse in fatto dell'ordinanza n. 44/1997 di questo t.a.r., dello smaltimento di rifiuti speciali, affidato ad imprenditori privati. Del resto il terzo comma del citato art. 5 riconferma la necessita' del ricorso ad una "rete integrata" di smaltimento dei rifiuti, onde realizzare fra l'altro la possibilita' di smaltirli "in uno degli impianti appropriati piu' vicini", obbiettivi che non sembrano diversi da quelli previsti dagli artt. 3 e 5 del d.-l. 9 settembre 1988, e ricordati nella citata ordinanza (individuare un sistema integrato di aree di stoccaggio e pretrattamento) da raggiungersi attraverso il catasto nazionale dei rifiuti, che anche i decreti legislativi n. 22/1997 e n. 389/1997 prevedono e di cui dispongono la riorganizzazione (art. 11) e la tenuta ad opera dello Stato (art. 18, secondo comma, lett. h)). Del pari vengono confermate le funzioni statali di indirizzo e coordinamento nella materia (art. 18, primo comma, lett. a)) e quelle di intervento in via d'urgenza, sia pure limitate al caso di inerzia della regione (art. 13, comma 2). Non pare pertanto al collegio che vi siano, in ordine alle questioni sottoposte, significative modificazioni dei principi fondamentali della legislazione statale nella materia per effetto delle indicate norme sopravvenute. Deve pertanto confermarsi la permanente rilevanza della questione di costituzionalita', proposta con ordinanza n. 44, dell'8 febbraio 1997, da questo t.a.r. e, non essendovi materia per rimettere in discussione la riscontrata non manifesta infondatezza, la questione stessa va nuovamente rimessa alla Corte costituzionale negli stessi termini, di cui alla citata ordinanza.