IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sui ricorsi nn. 6067 e 6068
 del 1997  r.g.  proposti  da  Sottile  Sebastiano  e  Battiato  Maria
 rappresentati  e  difesi  dall'avv. Antonio Galasso nel cui studio e'
 elettivamente domiciliato in Catania, via Crociferi n. 60;
   Contro  la  soprintendenza  ai  beni  culturali  ed  ambientali  di
 Catania,  rappresentati  e  difesi dall'Avvocatura distrettuale dello
 Stato di Catania domiciliataria (quanto al ricorso n. 6067 del 1997);
   Il  comune  di  Mascali,  in  persona   del   sindaco   pro-tempore
 rappresentato  e  difeso dall'avv. Giuseppe Tamburello nel cui studio
 e' elettivamente domiciliato in via Ventimiglia  n.  145  (quanto  al
 ricorso  n.  6068  del  1997);  e  con  l'intervento (in relazione ad
 entrambi i ricorsi) della Ravi costruzioni S.n.c. di Giuseppe  Raciti
 e  Santo  Villani,  in  persona del legale rappresentante pro-tempore
 rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore Trimboli, nel  cui  studio
 e'  elettivamente  docimiciliato  in Catania, via V. Giuffrida n. 37,
 per l'annullamento:
     a)  quanto  al  ricorso  n.  6067  del  1997,  della  nota  della
 Soprintendenza  del 3 ottobre 1997, n. 14311 di revoca del precedente
 nulla osta del 3 giugno 1997, n. 2230/II, rilasciato ex art. 7  della
 legge  n.  1497 del 1939 per la edificazione di un complesso edilizio
 in territorio del comune di Mascali, frazione di Fondachello;
     b) quanto al ricorso n. 6068 del 1997, della nota  sindacale  del
 13  ottobre  1997,  n.  22389  con  la  quale  il comune ha negato il
 rilascio della concessione edilizia  (prat.  5444)  presentata  dalla
 parte  ricorrente  per  la  realizzazione di un complesso edilizio in
 Mascali, frazione Fondachello;
   Visti i ricorsi con i relativi allegati;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Udito alla pubblica udienza del giorno 9 dicembre 1998 il  relatore
 consigliere Vincenzo Salamone;
   Uditi  per  la  parte  ricorrente  l'avv.  Antonino Galasso, per la
 Soprintendenza  ai  beni  culturali  l'avvocato  dello  Stato  Angela
 Palazzo, per il comune di Mascali l'avv. Giuseppe Tamburello e per la
 soc. Ravi costruzioni l'avv. Salvatore Trimboli;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
                               F a t t o
   Con  il  gravame n. 6067 del 1997 si espone che la parte ricorrente
 e' proprietaria di un terreno sito nel comune di Mascali, frazione di
 Fondachello, fg. 28 partt. 103, 309, 461 e 464, ricadente in  ZTO  B2
 ed inserito nel tessuto urbano di detta frazione.
   Per  detta  area il ricorrente ha presentato domanda di concessione
 edilizia al comune di Mascali (prat. 5444), per la  realizzazione  di
 un  edificio,  ed  ha  ottenuto i pareri favorevoli della Commissione
 edilizia e della Soprintendenza ai beni culturali  ed  ambientali  in
 data 3 giugno 1997 con nota n. 2230/II.
   Con la nota della Soprintendenza del 3 ottobre 1997, n. 14311 si e'
 proceduto alla revoca del precedente nulla osta del 3 giugno 1997, n.
 2230/II,  rilasciato  ex  art.  7 della legge n. 1497 del 1939 per la
 edificazione del complesso edilizio in questione,  avendo  verificato
 che  l'area  sulla quale avrebbe dovuto sorgere il complesso edilizio
 ricade nella fascia di rispetto boschiva ed inedificabile,  ai  sensi
 dell'art. 10, comma 1 della l.r. n. 16 del 1996.
   All'atto impugnato vengono mosse le seguenti censure:
     1) violazione degli artt. 8 e ss. della legge reg. n. 10 del 1991
 e difetto di giusto procedimento;
     2) violazione dei principi in materia di autoannullamento e della
 circolare 31 marzo 1992, n. 5000 e difetto di motivazione;
     3)    violazione di giudicato che si sarebbe formato sull'obbligo
 di provvedere in ordine alla domanda di  rilascio  della  concessione
 edilizia;
     4) falsa applicazione dell'art. 10 della legge regionale 6 aprile
 1996, n. 16 e violazione dell'art. 15, lett. e) della legge regionale
 12 giugno 1976, n. 78 sotto il profilo del travisamento, in quanto le
 aree  con  le  caratteristiche  o  con destinazione a ZZ.TT.OO. A e B
 dovrebbero  ritenersi  sottratte  alla   applicazione   del   vincolo
 predetto;
     5) violazione degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione in quanto
 la normativa di cui agli artt. 4, e 10 della legge regionale 6 aprile
 1996,  n. 16, violerebbe  precetti costituzionali, quali il principio
 di uguaglianza ed il diritto di proprieta';
     6) violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 5  e  10  della
 legge  regionale  6  aprile  1996,  n.  16, errore sul presupposto ed
 incompetenza, in  quanto  l'imposizione  del  vincolo  presupporrebbe
 l'inclusione  dell'area negli elenchi che l'Amministrazione forestale
 e' tenuta a compilare ed in quanto l'area in questione non avrebbe le
 caratteristiche per la qualificazione come boschiva.
   Con il gravame n. 6068 del 1998 viene impugnata la  nota  sindacale
 del  13  ottobre  1997,  n. 22389 con la quale il comune ha negato il
 rilascio della concessione edilizia (prat. 5444).
   All'atto impugnato si muovono le seguenti censure:
     1) violazione dell'art. 2 della legge reg.  31  maggio  1994,  n.
 17,  in  quanto  in  ipotesi di formazione del silenzio assenso sulla
 richiesta   di   concessione   edilizia   il   potere   che   residua
 all'Ammnistrazione  e'  quello  dell'autoannullamento in presenza dei
 relativi presupposti normativi;
     2)  elusione  di giudicato che si sarebbe formato sull'obbligo di
 provvedere in ordine  alla  domanda  di  rilascio  della  concessione
 edilizia;
     3)   vizi   derivati   dalla   revoca   del   nulla   osta  della
 Soprintendenza, impugnato con il precedente gravame.
   La Soprintendenza ai beni culturali di Catania, nel costituirsi  in
 giudizio, ha chiesto il rigetto del gravame n. 6067 del 1997.
   Il  comune  di  Mascali, nel costituirsi in giudizio, ha chiesto il
 rigetto del gravame n. 6068 del 1997.
   La Ravi costruzioni S.n.c. e' intervenuta  nel  giudizio  spiegando
 intervento  adesivo ad entrambi i ricorsi.  Alla pubblica udienza del
 9 dicembre 1998 la causa e'  passata  in  decisione.    Con  sentenza
 parziale  deliberata  alla camera di consiglio del 9 dicembre 1998 il
 Collegio, previa riunione, ha rigettato i ricorsi di cui in  epigrafe
 con  eccezione  del  motivo  di  censura  che  attiene  al profilo di
 incostituzionalita'  della  normativa  ed  ha,  quindi,  disposto  la
 sospensione  del  giudizio  per remissione alla Corte costituzionale,
 con  separata  ordinanza,  della   questione   di   costituzionalita'
 relativa.
   Il   Collegio   ha  ritenuto,  in  particolare,  che  non  meritano
 accoglimento i primi tre motivi di censura del ricorso  n.  6067  del
 1997 con i quali rispettivamente si lamenta:
     violazione  degli artt. 8 e ss. della legge reg. n. 10 del 1991 e
 difetto di giusto procedimento;
     violazione dei principi in materia di  autoannullamento  e  della
 circolare 31 marzo 1992, n. 5000 e difetto di motivazione;
     violazione  di  giudicato  che si sarebbe formato sull'obbligo di
 provvedere in ordine  alla  domanda  di  rilascio  della  concessione
 edilizia.
   Osserva  il Collegio che la nota della Soprintendenza del 3 ottobre
 1997, n. 14311, di revoca del precedente  nulla  osta  del  3  giugno
 1997,  n.  2230/II, rilasciato ex art. 7 della legge n. 1497 del 1939
 per la edificazione di un complesso edilizio in territorio del comune
 di Mascali, frazione di Fondachello, e' stato adottato in  condizioni
 di  urgenza  a  provvedere,  al  fine  di  impedire una modificazione
 irreversibile del territorio, incompatibile con l'esigenza di  tutela
 dei  beni ambientali.   Le condizioni di urgenza esimono dal rispetto
 delle norme sulla partecipazione al procedimento.   La  brevita'  del
 lasso di tempo intercorrente dalla data di adozione dell'atto rimosso
 in  autotutela  e  la  circostanza  che non aveva ancora avuto inizio
 l'attivita' edilizia, esimevano la  Soprintendenza  dal  motivare  in
 ordine   alla   esistenza  di  un  interesse  pubblico  all'esercizio
 dell'autotutela; interesse pubblico prevalente, peraltro, in re  ipsa
 nella  fattispecie in relazione all'esigenza di salvaguardia dei beni
 ambientali.   Nessuna violazione del  giudicato  si  configura  nella
 fattispecie in quanto la sentenza di questo Tribunale amministrativo,
 sez. int.  2, del 29 settembre 1995, n. 2233 riguarda la declaratoria
 della  illegittimita'  del  silenzio  rifiuto de comune di Mascali in
 ordine al rilascio della concessione  edilizia.    Il  giudicato  sul
 silenzio  rifiuto  non  si  riferisce,  pertanto,  alla  procedura di
 rilascio del nulla osta ambientale di competenza  di  Amministrazione
 diversa  da  quella  parte  nel  precedente giudizio e, comunque, non
 pregiudica il potere legislativo di imporre vincoli generalizzati sul
 territorio.
     4)  infondato  e'  il  quarto  motivo  di gravame con il quale si
 lamenta falsa applicazione  dell'art.  10  della  legge  regionale  6
 aprile  1996,  n.  16 e violazione dell'art. 15, lett. e) della legge
 regionale 12 giugno 1976, n. 78, sotto il profilo  del  travisamento,
 in  quanto  le  aree  con  le  caratteristiche  o  con destinazione a
 ZZ.TT.OO. A e B dovrebbero ritenersi sottratte alla applicazione  del
 vincolo  predetto.    Il  Collegio  e'  dell'avviso che al divieto di
 edificazione di cui all'art. 10, comma 1 della l.r. n.  16  del  1996
 debba   riconoscersi   portata   autnoma   rispetto   al  vincolo  di
 inedificabilita' previsto dall'art. 15 della l.r. 12 giugno 1976,  n.
 78;  cio'  in  considerazione,  sia  della  coincidenza solo parziale
 dell'ambito di operativita' delle norme, sia del  carattere  speciale
 della  disciplina contenuta nella legge n. 16 del 1996.  Va rilevato,
 inoltre,  che  le  previsioni  del  citato  art.  10  comprendono  ed
 assorbono integralmente l'ambito di efficacia precedentemente coperto
 dalla  lettera  e)  dell'art.  15  della l.r. n. 78/76 (ad accezione,
 ovviamente, di quanto concerne la tutela  dei  parchi  archeologici),
 deve,   pertanto,  ritenersi  che  la  sopravvenuta  regolamentazione
 dell'intera materia ha determinato effetti abrogativi  rispetto  alla
 ricordata  corrispondente  parte  della lettera e) dell'art. 15 della
 l.r. n.  78/1976, anche se quest'ultima disposizione non e'  compresa
 fra  quelle  espressamente  abrogate  dalla  l.r.  n.  16 del 1996 ed
 elencatevi  all'art.    86.    In  conseguenza  di  cio',  i  divieti
 edificatori  posti dal citato art. 10 operano anche per le zone "A" e
 "B"  dei  vigenti  strumenti  urbanistici  interessati.     Meritano,
 pertanto,  di  essere  condivise  le  conclusioni  cui sono pervenuti
 l'ufficio legislativo e legale della  Presidenza  della  regione  con
 nota n. 5970 del 26 marzo 1997, l'Avvocatura distrettuale dello Stato
 di Palermo con parere n. 30539 del 2 dicembre 1997 ed il Consiglio di
 giustizia amministrativa con parere n. 144/1998 del 21 aprile 1998.
     5)  non  merita  accoglimento  il  sesto motivo di censura con il
 quale si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 4,  5
 e  10  della  legge  regionale  6  aprile  1996,  n.  16,  errore sul
 presupposto ed incompetenza,  in  quanto  l'imposizione  del  vincolo
 presupporrebbe    l'inclusione    dell'area    negli    elenchi   che
 l'Amministrazione forestale e' tenuta a compilare ed in quanto l'area
 in questione non avrebbe le  caratteristiche  per  la  qualificazione
 come boschiva.
   La  censura  attiene  all'esecutivita'  delle  prescrizioni  di cui
 all'art.  10 anzidetto, in assenza di esplicita disposizione  analoga
 a  quella  effettuata  dell'art.  2,  comma  3  della  citata l.r. n.
 15/1991, che ha reso "direttamente ed immediatamente  efficaci  anche
 nei  confronti dei privati" i vincoli di arretramento di cui all'art.
 15, della l.r. n. 78/1976  con  la  prevalenza  degli  stessi  "sulle
 disposizioni degli strumenti urbanistici generali".
   La  parte  ricorrente prospetta l'ipotesi che detta efficacia debba
 farsi  coincidere  con  la   formazione   dell'inventario   forestale
 regionale, previsto dall'art. 5 della citata l.r. n. 16/1996, ovvero,
 in  via  subordinata, dall'approvazione del piano regolatore generale
 contenente lo studio agricolo-forestale ex art.  3,  comma  11  della
 citata  l.r.    n.  15/1991,  adeguato  alle prescrizioni discendenti
 dall'applicazione degli artt. 4 e 10 della medesima legge n.  16/1996
 (nonostante  detto  art.  3  faccia  riferimento  alle  "prescrizioni
 dell'art. 15, lett.  e), della legge regionale  12  giugno  1976,  n.
 78").    Al  riguardo  il  Collegio ritiene che la ratio e la lettera
 della  disposizione  normativa  di cui ai commi 1 e 2 del gia' citato
 art.  10 depongono univocamente nel senso di dover ritenere  efficace
 ope  legis il vincolo di inedificabilita' in esame, prevalendo quindi
 sulle  previsioni  contenute  negli  strumenti  urbanistici  comunali
 generali  ed  attuativi,  analogamente  a quanto disposto dal comma 3
 dell'art.    2  della  citata  l.r.  n.  15/1991  (secondo  cui   "le
 disposizioni  di  cui  all'art. 15, primo comma, lettere a), d) ed e)
 della legge regionale  12  giugno  1976,  n.  78,  devono  intendersi
 direttamente  ed  immediatamente  efficaci  anche  nei  confronti dei
 privati. Esse prevalgono, infatti, sulle disposizioni degli strumenti
 urbanistici  generali  e  dei  regolamenti  edilizi").    Il  divieto
 edificatorio,  infatti,  non  e'  condizionato  ad  alcun adempimento
 preliminare e l'eventuale deroga allo stesso divieto  viene  riferita
 ai  "piani regolatori dei comuni", siano essi esistenti che ancora da
 approvare.  La inedificabilita' quindi, e' operativa anche in assenza
 di  apposito  provvedimento  amministrativo  di  visualizzazione  del
 relativo  vincolo  su elaborati grafici del P.R.G., e cio' nonostante
 che,  a  differenza  di  altri  vincoli  (cimiteriale,   ferroviario,
 stradale,  dei parchi archeologici ecc.), per i quali risulta agevole
 individuare  le  relative  fasce   di   rispetto,   richiede   invece
 un'apposita  valutazione  sulla  effettiva natura delle aree boscate,
 come definite dall'art. 4 della  menzionata  legge  n.  16/1996,  che
 costituisce  appunto  il  contenuto  dello studio forestale del piano
 regolatore generale prescritto dall'art.   3  della  citata  l.r.  n.
 15/1991.  Detta  valutazione  -  che in attesa dello studio forestale
 potrebbe  essere  effettuata  di  volta  in  volta   dall'Ispettorato
 ripartimentale   delle   foreste  o  da  professionista  abilitato  a
 iniziativa dei privati - non avrebbe, quindi,  effetto  "costitutivo"
 del  vincolo  boschivo,  bensi' "dichiarativo", in quanto assumerebbe
 una funzione "ricognitoria" della presenza di aree boscate aventi  le
 caratteristiche di bosco, come definite dall'art. 4 della legge 16 in
 argomento.    Osserva  purtuttavia il Collegio che, per gli strumenti
 urbanisti (adottati  o  approvati)  i  cui  studi  agricolo-forestali
 risultino  redatti  prima  della  entrata  in vigore della piu' volte
 citata l.r. n. 16/1996,  si  presenta  sempre  la  necessita'  di  un
 riesame o di una semplice "verifica" degli stessi in ragione dei loro
 contenuti,   al  fine  di  pervenire  eventualmente  all'adozione  di
 un'apposita variante al piano regolatore generale, e cio', non  tanto
 per  dare  operativita'  ai vincoli di inedificabilita' in argomento,
 che agiscono, come gia' rilevato, ope legis, ma al  fine  di  rendere
 facilmente  riconoscibili  i  limiti  dello  jus  aedificandi  ed  in
 relazione alla grave compromissione che si determina sul  diritto  di
 proprieta'.    Detta  variante, infatti, seppur non abbia i caratteri
 tipici di quella "urbanistica",  in  quanto  non  connessa  a  scelte
 discrezionali, attiene comunque alle funzioni del P.R.G., stante che,
 ai  sensi  dell'art.    7  della legge 17 agosto 1942, n. 1150, detto
 piano  deve  necessariamente  indicare  i  "vincoli"   presenti   nel
 territorio  comunale.    Quanto alla presenza nell'area di proprieta'
 della  parte  ricorrente  dei  requisiti  che  rendono  operativa  la
 applicazione del divieto di edificazione, osserva il Collegio che, da
 adeguata  istruttoria,  e'  stato  posto in rilievo come la stessa si
 trovi nella fascia di  rispetto  di  un'area  boschiva  impiantata  a
 seguito  di  intervento  della publica amministrazione e che possiede
 caratteristiche di superficie e di copertura ben maggiore  di  quelle
 richieste  dall'art.  4  della  l.r.   n. 16 del 1996.  Alla medesima
 funzione,  meramente  dichiarativa  e  non  costitutiva,  assolve  la
 formazione  e  l'aggiornamento  dell'inventario  forestale  regionale
 previsto dall'art. 5 della l.r. n. 16 del 1996; nessuna  disposizione
 del  successivo  art. 10, infatti, riconnette alla relativa redazione
 la imposizione del vincolo.
     6) con riguardo al quinto motivo  di  censura  con  il  quale  si
 lamenta  la  violazione degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione, in
 quanto la normativa di cui agli artt. 4, e 10 della legge regionale 6
 aprile 1996, n.  16,  violerebbe  precetti  costituzionali  quali  il
 principio  di  uguaglianza  ed il diritto di proprieta', il Collegio,
 ritenendo sussistere la  rilevanza  ai  fini  della  decisione  della
 controversia  e  la  non  manifesta  infondatezza,  con  la  presente
 ordinanza solleva incidente  di  costituzionalita',  riservando  alla
 sentenza  definitiva  la  pronuncia  in ordine a spese ed onorari del
 giudizio.
     7) infondato in parte e' il ricorso n. 6068 del 1997.
   Non merita accoglimento il primo motivo di gravame, con il quale si
 lamenta la violazione dell'art. 2 della l.r. 31 maggio 1994, n.   17,
 in  quanto  in  ipotesi  di  formazione  del  silenzio  assenso sulla
 richiesta  di  concessione  edilizia  il  potere   che   residuerebbe
 all'Amministrazione  e'  quello dell'autoannullamento in presenza dei
 relativi presupposti normativi;  La  censura  muove  dal  presupposto
 fattuale che antecedentemente all'adozione dell'atto impugnato si sia
 formata  la fattispecie del silenzio assenso sull'istanza di rilascio
 della concessione edilizia.   L'iter procedimentale per  il  rilascio
 della  concessione  edilizia in questione e' antecedente al mutamento
 della destinazione urbanistica dell'area, avvenuto ope legis ai sensi
 dell'art. 10 della  legge  regionale  n.  16  del  1996,  che  ne  ha
 determinato  l'inedificabilita'  assoluta.   Ancora in data 16 luglio
 1997  la  parte  ricorrente  integrava  la   documentazione   tecnica
 necessaria  al  rilascio  della  concessione  edilizia  ed  in data 1
 settembre 1997 gli uffici tecnici del comune  palesavano  l'esistenza
 di   ragioni   ostative   al  rilascio  della  concessione  edilizia,
 evidenziate e fatte proprie dalla Commissione  edilizia  in  sede  di
 parere  reso  nelle sedute del 4 e 19 settembre 1997.  Infine in data
 14 ottobre 1997 il comune, con l'atto impugnato, denegava il rilascio
 della concessione edilizia anche sulla scorta del  diniego  di  nulla
 osta  della  Soprintendenza  oggetto  del precedente gravame.   Dalla
 ricostruzione delle fasi procedimentali seguenti  alla  richiesta  di
 concessione edilizia e' agevole desumere che nella fattispecie non si
 e'  determinata  la formazione della fattispecie di silenzio assenso,
 ostandovi  peraltro  il  difetto  di  un  adempimento  procedimentale
 essenziale  che  incombeva alla parte ricorrente, quale la produzione
 di  perizia  giurata  di  un  tecnico   attestante   la   conformita'
 urbanistica delle opere edilizie da realizzare.
     8)  infondato  e'  il  secondo  motivo di censura con il quale si
 lamenta la elusione di giudicato che si sarebbe formato  sull'obbligo
 di  provvedere  in  ordine alla domanda di rilascio della concessione
 edilizia.
   Si deduce la elusione del giudicato,  in  reone  alla  sentenza  di
 questo  T.A.R.  n.  2233/95,  sez.  2,  con  cui  e' stato dichiarato
 illegittimo il silenzio rifiuto formatosi su  precedente  istanza  di
 concessione edilizia; ritengono, in particolare, i ricorrenti che nei
 loro  confronti non puo' trovare applicazione la l.r. n. 16/1996, che
 impone il vincolo di inedificabilita' nelle zone  di  rispetto  delle
 fasce   forestali,   dovendosi   avere  riferimento  alla  disciplina
 antecedente all'entrata in  vigore  della  legge  in  questione,  per
 effetto della suddetta sentenza.
   Nel caso, pero', non si configura elusione del giudicato in quanto,
 in  primo  luogo  la  sentenza  n.  2233/95 non risulta notificata al
 comune; conseguentemente essa e'  passata  in  giudicato  un  anno  e
 quarantacinque  giorni  dopo  la  data  della  sua  pubblicazione (29
 settembre 1995), e cioe' ben oltre la data di entrata in vigore della
 l.r. n. 16/1996 (12 aprile 96). Le disposizioni della suddetta legge,
 pertanto, trovano applicazione anche nel caso in specie.
   Secondo  un  costante  indirizzo   giurisprudenziale   il   momento
 rilevante  ai  fini  dell'individuazione della disciplina applicabile
 all'istanza  di  concessione  e'  quello  della  notificazione  della
 pronuncia  di annullamento del silenzio rifiuto o del diniego (tra le
 tante, espressamente, la stessa adunanza plenaria  del  Consiglio  di
 Stato  8  gennaio  1986, n. 1, Cons. Stato IV, 14 gennaio 1997, n. 5;
 T.A.R. Catania, sez.  2, 8 marzo 1997, n. 381).
   In  ogni  caso  giova  precisare  che  non  puo'   essere   opposta
 all'interessato   la   diversa  e  deteriore  disciplina  urbanistica
 sopravvenuta alla notificazione della sentenza  di  annullamento  del
 diniego  (o  del silenzio rifiuto), allorche' la stessa consegue alle
 variazioni derivanti da atti che rientrano nella  disponibilita'  del
 comune  (P.R.G.  e  regolamento  edilizio,  piani  particolareggiati,
 localizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico,  ecc.);  e
 non  anche alle variazioni conseguenti all'entrata in vigore di nuove
 disposizioni di legge  e,  in  genere,  ad  atti  che  esulano  dalla
 competenza  e  disponibilita' del comune (come nel caso della l.r. n.
 16/1996). Soltanto nel  primo  caso,  infatti,  la  notificazione  al
 comune  della  sentenza  con cui si annulla il diniego (o il silenzio
 rigetto),  puo'  assumere  valore   inibitorio   dell'emanazione   di
 eventuali atti capaci di vanificare le aspettative degli interessati.
   E'  questa la ratio di tutte le decisioni in materia; significativa
 e' in  proposito  la  pronuncia  del  Consiglio  di  Stato,  adunanza
 plenaria  n.  1 del 1986, sulla quale in sostanza si fondano tutte le
 successive pronunce, in cui si rileva espressamente che "... riguardo
 a tutti i riferimenti normativi diversi dalla disciplina  urbanistica
 ....    appare pacificamente accolto il principio che le disposizioni
 sopravvenute dopo la richiesta  di  concessione  non  possono  essere
 ignorate  ne'  eluse  nel  momento  in  cui  l'autorita' si accinge a
 provvedere in concreto.  Cio' si dice, ad esempio, delle prescrizioni
 sanitarie,  di  quelle  antisismiche,  dei  vincoli  a  tutela  delle
 bellezze  naturali  e dei beni d'interesse storico o artistico, e via
 dicendo. In tutti questi casi non pare dubbio  che  si  debba  tenere
 conto  della  disciplina sopravvenuta ..." "(Sent. cit., punto 5); ed
 ancora,  occupandosi  del  "temperamento   spesso   apportato   dalla
 giurisprudenza   al   principio   recepito  da  questo  Collegio  ...
 temperamento  grazie  al  quale  si  dice  che  restano  inopponibili
 all'interessato    le    variazioni   dello   strumento   urbanistico
 sopravvenute dopo la notificazione della sentenza di accoglimento del
 ricorso contro il diniego o  contro  il  silenzio  rifiuto  ...",  il
 Consiglio   ha   rilevato   che   "questo  temperamento  puo'  essere
 confermato,  con la seguente precisazione: che la notificazione della
 sentenza deve intendersi fatta non solo e non tanto al sindaco  quale
 titolare  del potere di rilasciare concessioni edilizie in attuazione
 degli strumenti urbanistici, quanto al sindaco  anche  quale  capo  e
 legale   rappresentante   dell'amministrazione   comunale,  titolare,
 quest'ultima,   dell'iniziativa   in   materia   di    pianificazione
 urbanistica. Alla notifica ... della sentenza si puo' riconoscere, in
 tale  ipotesi, il valore ed il significato implicito di diffida a non
 operare, ove ne abbia ancora la competenza, variazioni allo strumento
 urbanistico, che si riflettano sulla situazione cosi'  come  definita
 al  momento della sentenza" (pronuncia cit., punto 8). Tale principio
 e'  stato,  poi  confermato  e  ribadito  da  tutta   la   successiva
 giurisprudenza,  secondo  cui "non sono opponibili all'interessato le
 variazioni  dello  strumento   urbanistico   sopravvenute   dopo   la
 notificazione  della  sentenza  di accoglimento del ricorso contro il
 precedente atto  o  comportamento  negativo"  (Cons.  Stato,  IV,  14
 gennaio 1997, n. 5).
   Nel    caso   in   specie   la   variazione   che   ha   comportato
 l'inedificabilita' del suolo, non soltanto e' intervenuta  prima  del
 passaggio  in  giudicato  della  sentenza di accoglimento del ricorso
 contro  il  precedente  comportamento   negativo,   ma   consegue   a
 disposizioni  di  legge  e non ad eventuali modifiche dello strumento
 urbanistico poste in essere dal comune.
     9)  sono  ugualmente  infondate  le  censure  con  le  quali   si
 denunciano   vizi   derivati   dalla  revoca  del  nulla  osta  della
 Soprintendenza, impugnato con il precedente gravame, con  l'eccezione
 della   censura  con  la  quale  si  lamenta  la  incostituzionalita'
 dell'art. 10 della l.r. n. 16 del 1997 ed in relazione alla quale con
 la presente ordinanza si solleva l'incidente di costituzionalita'.
                             D i r i t t o
   Con riguardo al quinto motivo di censura del ricorso  n.  6067  del
 1997  (e dedotto in via derivata con il ricorso n. 6068 del 1997) con
 il quale si lamenta la violazione  degli  artt.  3,  41  e  42  della
 Costituzione,  in quanto la normativa di cui agli artt. 4, e 10 della
 legge  regionale  6  aprile   1996,   n.   16   violerebbe   precetti
 costituzionali,  quali  il  principio di uguaglianza ed il diritto di
 proprieta', il Collegio, ritiene  sussistere  la  rilevanza  ai  fini
 della decisione della controversia (essendo stati rigettati gli altri
 autonomi  motivi  con  coeva  sentenza  parziale)  e la non manifesta
 infondatezza, e solleva incidente di costituzionalita'.
   La legge regionale siciliana 6 aprile 1996, n.  16  contiene  norme
 sul  "riordino  della  legislazione  in materia forestale e di tutela
 della vegetazione). Al titolo 1  la  predetta  legge  contiene  norme
 sulla  forestazione ed all'art. 1 dispone che "la regione promuove la
 valorizzazione delle risorse  del  settore  agro-silvo-pastorale,  il
 miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni di montagna,
 l'incremento  della  superficie  boscata,  della selvicoltura e delle
 attivita' connesse a questa, la prevenzione delle cause  di  dissesto
 idrogeologico, la tutela degli ambienti naturali, la ricostituzione e
 il  miglioramento  della copertura vegetale dei terreni marginali, la
 fruizione sociale dei boschi anche a fini ricreativi".
   All'art. 3 la legge regionale predetta dispone che "per quanto  non
 diversamente disposto, si applicano, nel territorio della regione, le
 norme  del  regio  d.-l.  30  dicembre  1923,  n.  3267  e successive
 modifiche ed integrazioni e le successive leggi  statali  rignardanti
 la materia forestale".
   L'art.  4  contiene  la  definizione di bosco per cui "si definisce
 bosco a tutti gli effetti di  legge  una  superficie  di  terreno  di
 estensione  non  inferiore  a  5.000  mq  in cui sono presenti piante
 forestali, arboree e/o arbustive, destinate a formazioni stabili,  in
 qualsiasi stadio di sviluppo, che determinano una copertura del suolo
 non  inferiore  al  50  per  cento.  Si  considerano altresi' boschi,
 semprehe' di dimensioni non inferiori a quelle di cui al comma 1,  le
 formazioni   rupestri   e   ripariali,   la  bassa  ed  alta  macchia
 mediterranea, nonche'  i  castagneti  anche  da  frutto  e  le  fasce
 forestali  di  larghezza  media  non  inferiore  a  25  metri. Non si
 considerano in ogni caso  boschi  i  giardini  pubblici  e  i  parchi
 urbani,  i  giardini  e  i parchi privati, le colture specializzate a
 rapido accrescimento per la produzione del legno, anche se costituite
 da specie forestali, nonche' gli impianti  destinati  prevalentemente
 alla  produzione  del  frutto".    L'art.  10  definisce le attivita'
 edilizie consentite nelle zone boschive e prescrive:
     "1) sono vietate nuove costruzioni all'interno dei boschi e delle
 fasce forestali ed entro una zona di rispetto di duecento  metri  dal
 limite esterno dei medesimi.
     2)  in  deroga  a quanto disposto dal comma 1, i piani regolatori
 dei comuni possono prevedere l'inserimento di nuove costruzioni nelle
 zone di rispetto dei boschi e delle fasce forestali per una  densita'
 edilizia territoriale massima di 0,30 mc/mq. Il comparto territoriale
 di  riferimento  per  il  calcolo  di  tale  densita'  e'  costituito
 esclusivamente dalla zona di rispetto;
     3) la  deroga  di  cui  al  comma  2  e'  subordinata  al  parere
 favorevole  della  Sovrintendenza  ai  beni  culturali  e  ambientali
 competente   per   territorio,   sentito   altresi'    il    Comitato
 tecnico-amministrativo   dell'AFDRS  per  i  profili  attinenti  alla
 qualita' del bosco e alla difesa idrogeologica;
     4) i pareri  della  Sovrintendenza,  di  cui  al  comma  3,  sono
 espressi in base a direttive formulate dall'assessore regionale per i
 beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione, sentito il
 Consiglio regionale per i beni culturali e ambientali;
     5)  all'intemo  dei  parchi  naturali  la  deroga  al  divieto di
 costruzione nelle zone di rispetto dei boschi e delle fasce forestali
 resta consentita nei soli limiti e con le procedure di  cui  all'art.
 25 della legge regionale 9 agosto 1988, n. 14.
     6) all'interno delle riserve naturali non e' consentita la deroga
 al divieto di cui al comma 1;
     7)  il  divieto di cui al comma 1 non opera per la costruzione di
 infrastrutture necessarie allo svolgimento  delle  attivita'  proprie
 dell'Amministrazione forestale;
     8)   in  deroga  al  divieto  di  cui  al  comma  1  nei  terreni
 artificialmente rimboschiti e nelle relative zone di  rispetto  resta
 salva  la  facolta'  di edificare nei limiti previsti dalla normativa
 vigente per le zone territoriali omogenee agricole;
     9) con riferimento ai  boschi  compresi  entro  i  perimetri  dei
 parchi  suburbani  ed alle relative fasce di rispetto, ferma restando
 la soggezione a vincolo paesaggistico, ai sensi della legge 8  agosto
 1985, n. 431, non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.
 L'edificazione all'interno di tali boschi e' tuttavia consentita solo
 per le costruzioni finalizzate alla fruizione pubblica del parco;
      10)  le  zone  di  rispetto  di cui al comma 1 sono in ogni caso
 sottoposte di diritto al vincolo paesaggistico ai sensi  della  legge
 29 giugno 1939, n. 1497".
   Il  vincolo  di  immodificabilita'  assoluta per i terreni boschivi
 (introdotto antecedentemente con l'art. 15, lett. e), della l.r.   n.
 78  del  1976)  e'  proprio  della  legislazione regionale siciliana,
 mentre, come e' noto, in ambito nazionale  vige  il  vincolo  imposto
 dalla  legge  n.  431 del 1985, che pone l'onere del preventivo nulla
 osta ex legge n. 1497 del 1939. Ebbene, anche l'art. 1 della legge n.
 431 del 1985, prevede espressamente  che  "il  vincolo  ....  non  si
 applica  alle  zone  A  e  B". Giova precisare che le zone A e B (sia
 nella normativa regionale, che in quella nazionale) sono esenti,  non
 solo  dai  vincoli derivanti dalle zone di rispetto dei boschi, ma da
 qualunque vincolo derivante da zone di rispetto dal mare, da laghi  e
 fiumi,  da  aree  archeologiche,  ecc.,  nessuno  escluso.  In  altri
 termini, nessuna  norma  (nazionale  o  regionale)  ha  mai  previsto
 vincoli  naturalistico-ambientali  che comportino la inedificabilita'
 assoluta con riguardo alle zone A e B, nei cui confronti -  viceversa
 - sono possibili vincoli storici, artistici, ecc.
   Riguardo alla ratio dell'esclusione dal vincolo nelle Z.T.O. A e B,
 la  giurisprudenza  ha  chiarito  che  il  legislatore  ha inteso non
 compromettere le utilizzazioni  edilizie  ed  urbanistiche  da  tempo
 consolidatesi nei centri edificati (cfr. C.d.S. VI 19 maggio 1994, n.
 794).
   La  giurisprudenza costituzionale, sin dalla nota sentenza n. 5 del
 1980, ha chiarito che lo jus aedificandi e'  insito  nel  diritto  di
 proprieta';  e cio', vale tanto piu' per le aree ricadenti nelle zone
 A e B del territorio comunale, atteso che rispetto ad esse si e' gia'
 creata una rilevante aspettativa da parte dei  proprietari  circa  le
 potenzialita' edificatorie dei propri terreni.
   A  conferma di cio' e della rilevata ratio, in forza della quale le
 zone A e B sono escluse dai vincoli ex l.r. n.  78/1976  e  legge  n.
 431/1985,  la  giurisprudenza  ha  gia'  chiarito che l'esclusione da
 vincoli delle zone A e B non determina disparita' di trattamento  fra
 i   cittadini  delle  varie  zone,  "giacche'  essa  tiene  conto  di
 un'oggettiva diversita' di situazioni" (cfr. C.G.A. 5 maggio 1993, n.
 158).
   Al contempo si e' precisato che, in forza della propria  competenza
 esclusiva ex art. 14 dello statuto, la regione siciliana puo' dettare
 deroghe  rispetto  alle leggi Statali, sempreche' tale diversita' non
 sia  arbitraria  o  irrazionale,  ma  risponda  alla  necessita'   di
 adattamento  della  disciplina  generale  alle  particolari  esigenze
 locali" (cfr.  T.A.R. Palermo II, 21 luglio 1994, n. 809).
   Cio' posto si osserva che la Corte costituzionale ha precisato  che
 le  disposizioni  della  legge  n.  431/1985 costituiscono disciplina
 qualificabile come norme fondamentali di  riforma  economico-sociale,
 pertanto ha dichiarato illegittime quelle disposizioni delle regioni,
 anche    a  statuto  sociale, che si discostavano ingiustificatamente
 dalle disposizioni nazionali, e cio' sia quando esse erano dirette in
 senso ampliativo (cfr. Corte costituzionale 31 marzo 1994, n.  110  e
 9  dicembre  1991, n. 437), sia - per lidentita' di ratio - quando la
 normativa regionale si  dirigeva  in  senso  restrittivo  rispetto  a
 quella  nazionale,  incidendo  e  comprimendo  ingiustificatamente ed
 irrazionalmente    il    diritto   di   proprieta'   privata   (Corte
 costituzionale 29 dicembre 1995, n. 529).
   In altri termini:  il  diritto  di  proprieta'  (costituzionalmente
 garantito  ed  implicante  anche  lo jus aedificandi) puo' ben essere
 degradato dal legislatore mediante espropriazioni e/o apposizione  di
 vincoli  espropriativi  o  generalizzati,  ma  in  tutti  i  casi  la
 compressione  del  diritto  di  proprieta'  deve  rispondere  ad   un
 interesse  pubblico  chiaro  ed  evidente  (cfr.  T.A.R.  Lazio I, 20
 dicembre 1986, n. 2317) o, come si esprime  testualmente  l'art.  42,
 comma  3,  della Costituzione, "per motivi di interesse generale"; ma
 nel caso delle zone A e B non vi puo' essere alcun interesse pubblico
 a comprimere il diritto di proprieta', fino ad  escludere  lo  stesso
 jus   aedificandi   per   tutelare   un   interesse  paesaggistico  o
 naturalistico  in  pieno  abitato  (e  peraltro  senza   nemmeno   la
 mediazione  del  potere  di  valutazione  degli  organi preposti alla
 salvaguardia dei vincoli paesaggistici); al che si aggiunge la palese
 disparita' di trattamento con il resto del territorio nazionale e con
 i proprietari di aree ricadenti sempre in zone A e  B,  ma  limitrofi
 non a boschi, bensi' a laghi, fiumi, mare, ecc.
   Le  Z.T.O.  A e B (cosi' come definite nel d.m. n. 1444/1968) sono,
 infatti, zone gia' fortemente urbanizzate ed antropizzate,  pertanto,
 l'imposizione  di un vincolo di immodificabilita' assoluta su aree di
 tal fatta sarebbe del tutto illogico, poiche' non ha  senso  impedire
 di  edificare  (entro  certi  limiti  compatibili con la vicinanza ad
 un'area vincolata) in un area gia' edificata.
   Dal che l'illegittimita' costituzionale di  un  sacrificio  imposto
 alla  proprieta'  privata senza che vi sia alcun interesse pubblico a
 giustificarlo.
   In  questa  ottica  giova  evidenziare  i  deleteri  effetti  della
 predetta  normativa,  dato  che nella fattispecie la zona di rispetto
 verrebbe a ricomprendere ampie aree degli  abitati  di  tanti  comuni
 delle  pendici dell'Etna, dei Nebrodi, delle Madonie, dei Peloritani,
 degli Iblei (si vedano, ad  esempio,  le  situazioni  dei  comuni  di
 Floresta, Ucria, S. Domenica Vittoria sui Nebrodi, di Milo, S. Alfio,
 Nicolosi  sull'Etna)  i  cui centri urbani sono da sempre limitrofi a
 boschi.
   Una rigorosa applicazione della predetta  normativa  determinerebbe
 un  grave pregiudizio a questi (come ad altri) centri urbani, poiche'
 ad ogni edificio demolito non potra' mai piu'  essere  sostituito  un
 altro  (casa o chiesa o caserma o municipio od ospedale ecc.), per la
 sussistenza del vincolo di inedificabilita' che non consentirebbe mai
 di garantire la sopravvivenza del centro urbano, che  inevitabilmente
 verrebbe via via diradato ed eliminato.
   La  conclusione  non  cambia  neppure se in sede di nuovo strumento
 urbanistico si consentisse l'edificabilita' con l'indice  dello  0,30
 mc/mq  (art.  10, comma 2); sia perche' questa scelta e' frutto di un
 potere discrezionale  e  non  un  obbligo  dell'Amministrazione,  sia
 perche'  con  un  tale  indice (estremamente ridotto) non si potrebbe
 certamente garanti re la sopravvivenza dell'abitato i cui  indici  di
 cubatura siano attualmente di gran lunga maggiori.
   In questi comuni l'applicazione della normativa di cui all'art.  10
 della  l.r.  n.  16  del  1996  comporterebbe  un grave degrado ed un
 pregiudizio  allo  sviluppo  di   antichi   agglomerati   urbani,   e
 l'impossibilita' di realizzare anche solo opere pubbliche all'interno
 dell'abitato  esistente  che  dovranno,  pertanto,  essere realizzati
 all'esterno dell'abitato.
   Sussistono, pertanto, i presupposti per ritenere la  non  manifesta
 infondatezza  di  illegittimita' costituzionale di una normativa che,
 contrariamente a quanto avviene in  tutto  il  resto  del  territorio
 nazionale  e  a quanto e' previsto per tutti gli altri vincoli, ha la
 potenzialita' per determinare il degrado dei centri  abitati  per  la
 tutela  aree  boschive  (spesso  di formazione successiva), garantita
 gia' dall'ordinamento con misure  limitative  dello  jus  aedificandi
 meno  penalizzanti  e, certamente, piu' compatibili nel bilanciamento
 di interessi di pari valenza costituzionale.
   Tali preoccupazioni,  peraltro,  sono  state  pienamente  condivise
 dall'Avvocatura  distrettuale dello Stato di Palermo con il parere n.
 30539 del 2 dicembre 1997 e dall'Assessorato territorio ed  ambiente,
 il  quale, con la nota 26 febbraio 1998, n. 65, ha aggiunto ulteriori
 gravi e rilevanti considerazioni, che conducono anch'esse, per  altre
 vie, all'incostituzionalita' delle norme predette.
   Se  lo  scopo  della  norma e' quello di creare una ampia fascia di
 rispetto come argine alle nuove ipotesi edificatorie degli  strumenti
 urbanistici,  tale  scopo  e'  adattabile  alle  zone  di  espansione
 dell'abitato e non gia' a quelle gia' edificate, quali sono le zone A
 e B, dato che nessun apprezzabile vantaggio alla  tutela  dei  boschi
 puo'   infatti   comportare   l'inedificabilita'   di  ambiti  urbani
 storicamente edificati.
   Il Collegio, pertanto, ai sensi dell'art. 23 della legge  11  marzo
 1953,  n.  87,  ritiene rilevante e non manifestamente infondata, nei
 termini di cui in  motivazione,  la  questione  di  costituzionalita'
 dell'art.  10,  commi 1 e 2, della legge regionale siciliana 6 aprile
 1996, n. 16 per violazione degli artt. 3, 41 e 42 della  Costituzione
 nella  parte  in  cui trova applicazione anche alle zone A e B (o con
 caratteristiche equiparabili) dei piani regolatori generali.