ha pronunciato la seguente
  Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 5-bis, comma 4,
 del  d.-l.  11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento
 della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 8
 agosto 1992, n. 359, promosso con ordinanza emessa il 3 ottobre  1997
 dalla  Corte  d'appello  di  Cagliari nei procedimenti civili riuniti
 vertenti tra Perino Giulio e il comune  di  Monteleone  Rocca  Doria,
 iscritta  al  n.  869  del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 - prima  serie  speciale  -
 dell'anno 1997;
   Visto  l'atto di costituzione del comune di Monteleone Rocca Doria,
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 24 febbraio 1999 il giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
   Ritenuto  che,  nel  corso di un procedimento civile concernente la
 opposizione alla determinazione della indennita' di occupazione e  di
 esproprio,  la  Corte  d'appello di Cagliari, con ordinanza emessa in
 data 3 ottobre 1997 (r.o. n. 869 del 1997), ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale dell'art.5-bis comma  4,  della  legge  8
 agosto  1992, n. 359, recte: del d.-l. 11 luglio 1992, n. 333 (Misure
 urgenti per il risanamento della finanza pubblica),  convertito,  con
 modificazioni, nella legge n. 359 del 1992;
     che il Collegio rimettente, premesso che gli accertamenti tecnici
 hanno  confermato  la dedotta potenzialita' estrattiva del terreno in
 questione, qualificato come "cava per l'estrazione di cantoni tufacei
 per l'edilizia", sospetta che la predetta norma, nella parte  in  cui
 equipara,  ai  fini della determinazione della indennita', ai terreni
 agricoli quelli che hanno un valore venale di gran lunga superiore ai
 primi  per   le   loro   intrinseche   caratteristiche   e   naturale
 destinazione, violi gli artt. 3 e 42 della Costituzione, sottoponendo
 ad  identico  trattamento,  senza alcuna ragionevole giustificazione,
 situazioni intrinsecamente differenti,  e  privando  il  proprietario
 espropriato,  nelle  ipotesi  considerate,  di  un ristoro adeguato e
 congruo;
     che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri,  che  ha  concluso  per la infondatezza della questione, in
 quanto gia' decisa in tal senso dalla  Corte  costituzionale  con  la
 sentenza n. 261 del 1997;
     che si e' altresi' costituita la parte privata del giudizio a quo
 deducendo  la  irrilevanza  della  questione  sollevata, in quanto la
 normativa applicabile nella specie sarebbe quella di cui  alla  legge
 25  giugno  1865,  n.  2359,  trattandosi  non di area edificabile, e
 neppure agricola, bensi' di tratto  di  terreno,  sia  pure  in  zona
 agricola, nel quale il valore prevalente sarebbe caratterizzato dalla
 presenza di una cava.
   Considerato  preliminarmente  che  la eccezione dedotta dalla parte
 privata e' priva di fondamento, in quanto la ordinanza di  rimessione
 contiene  una  motivazione  non  implausibile  sulla  rilevanza della
 questione, incentrata,  tra  l'altro,  sulla  considerazione  che  il
 Collegio  rimettente  deve  fare applicazione della norma denunciata,
 essendosi svolta la procedura espropriativa di cui si tratta  secondo
 il modello procedimentale delineato dalla legge n. 865 del 1971;
     che  identica  questione  di  legittimita' costituzionale e' gia'
 stata rimessa alla Corte, e dichiarata non fondata con la sentenza n.
 261 del 1997;
     che non sono stati addotti motivi nuovi  e  diversi  che  possano
 indurre la Corte a modificare il proprio orientamento.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.