IL TRIBUNALE DEI MINORENNI Nel procedimento relativo alla minore sedicente S. O., alias A. nata a Zagabria nel 1982; Indagata per il reato p. e p. agli artt. 56, 110, 624 e 625 n. 1 c.p. perche' in concorso con la minore non imputabile S. M. si introduceva nell'appartamento di Lucia Forlani utilizzando la chiave della porta d'ingresso che la proprietaria aveva occultato nei pressi della finestra compiendo atti idonei diretti in modo non equivoco ad impossessarsi al fine di trarne profitto di beni ivi custoditi, evento non verificatosi per cause indipendenti dalla sua volonta' consistite nel fatto che la proprietaria accorgendosi del fatto che qualcuno si era introdotto nella casa provvedeva a chiudere la porta impedendo alle ragazze di uscire e chiamava i C.C., con l'aggravante di aver commesso il fatto introducendosi in luogo di privata abitazione; Fatto commesso in Inveruno il 21 settembre 1998; Ha pronunciato la seguente ordinanza; Premesso che: in data 21 settembre 1998 i Carabinieri di Cuggiono provvedevano all'arresto della S. per il reato indicato; in data 23 settembre 1998 il p.m. presso questo tribunale chiedeva al giudice per le indagini preliminari la convalida dell'arresto della minore e l'applicazione nei suoi confronti della misura della custodia cautelare in carcere, con riferimento all'art. 274, lett. C) c.p.p.; con provvedimento in data 25 settembre 1998 il giudice per le indagim preliminari convalidava l'arresto dell'indagata ed ordinava l'mmediata liberazione della stessa ritenendo non sussistenti i presupposti di legge per l'applicabilita' della custodia in carcere, richiesta dal p.m., in considerazione dell'espresso divieto contenuto nell'art. 274, lett. C) di custodia cautelare per i delitti per i quali e' prevista la pena della reclusione inferiore a quattro anni; con ricorso per cassazione in data 12 ottobre 1998 il p.m. impugnava il provvedimento del giudice per le indagini preliminari rappresentando come, nel caso di imputato minorenne, non era applicabile l'ultimo comma dell'art. 274 c.p.p., cosi' come modificato dalla legge 8 agosto 1995, n. 332, ma doveva farsi riferimento all'art. 23, del d.P.R. n, 448/1998, che prevedeva una disciplina speciale della custodia cautelare per imputati minorenni e che conteneva, per il tipo di reato contestato alla S., il divieto di tale misura in caso di delitti per i quali e' prevista una pena inferiore ai quattro anni; con sentenza n. 7132/1998 la Suprema Corte di cassazione, sez. V penale, qualificata l'impugnazione del p.m. come appello, ai sensi dell' art. 568, comma 5, c.p.p., ordinava la trasmissione degli atti a questo tribunale per minorenni per l'ulteriore corso; R i l e v a t o L'art. 1 del d.P.R. n. 448/1988 dispone che nel processo minorile debbano essere osservate le disposizioni contenute in quel decreto e, per quanto in esso non previsto, quelle del codice di procedura penale. L'art. 23 del d.P.R. citato contiene una regolamentazione del tutto autonoma e speciale della misura cautelare della custodia in carcere. Per un verso, in tale norma, il legislatore ha ritenuto di individuare i tipi di reato per i quali il giudice puo' applicare tale misura restrittiva, limitandoli ai casi in cui si proceda per delitti non colposi per i quali la legge stabilisca la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a nove anni, ovvero quando si proceda per uno dei delitti, consumati o tentati, previsti dall'art. 380, comma 2, lett. e), f), g), h) c.p.p., nonche' in ogni caso di violenza carnale. Per altro verso, nella medesima norma, il legislatore ha chiaramente ed espressamente individuato le esigenze cautelari che facultizzano il giudice all'applicazione della misura cauterale piu' afflittiva. Dette esigenze non sono state richiamate per relationem ma sono state espressamente indicate, con il risultato di una ripetizione delle esigenze cautelari indicate all'art. 274 c.p.p., riviste sotto il profilo del principio educativo a cui e' improntato il processo minorile. E' palese, pertanto, l'intento del legislatore di svincolare i presupposti della custodia cautelare in carcere per l'imputato minorenne rispetto alle regole generali fissate nel codice di procedura penale. Ne risulta che l'art. 23 c.p.p.m. e' una norma speciale e completa nella sua interezza con cui il legislatore ha voluto regolare con maggiore favore la custodia cautelare dell'imputato minorenne. Ulteriore argomentazione a favore di tale conclusione viene da un'interpretazione sistematica delle norme sulle misure cautelari stabilite nel d.P.R. n. 448/1988 e precisamente dall'art 19, comma 2, ove vengono richiamati espressamente i criteri di cui all'art. 275 c.p.p., sottolineando l'esigenza di non interrompere i processi educativi in atto ed escludendo l'applicabilita' dell'art. 275, comma 3, secondo periodo, c.p.p. Un analogo richiamo all'art. 274 c.p.p. non viene contenuto nell'art. 23 citato, nonostante detta norma riporti quasi testualmente le esigenze cautelari indicate nell'art. 274 c.p.p. Deve, dunque, trarsi che l'art. 23 regolamenti in modo esaustivo e nella sua interezza tutti i presupposti di applicabilita' della custodia cautelare per il minorenne. L'art. 274, pertanto, non e' applicabile all'imputato minorenne perche' sulla stessa materia gia' dispone il citato art. 23 c.p.p.m. che, peraltro, non richiama la suddetta norma del codice di procedura penale. Se questa interpretazione delle norme citate e' esatta, l'art. 274 c.p.p. ultima parte, cosi' come modificato dalla legge 8 agosto 1995, n. 332 (consentendo la misura cautelare della custodia in carcere nel caso vi sia pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede solo se tali delitti sono puniti con pena non inferiore nel massimo a quattro anni di reclusione), non e' applicabile all'imputato minorenne. Conseguentemente, nel caso, quale quello sottoposto a questo tribunale, di minore che sia imputato di tentato furto monoaggravato ai sensi degli artt. 624 e 625 n. 1 c.p. (rientrante, pertanto, in una delle ipotesi delittuose richiamate all'art. 23, comma 1, c.p.p.m., con riferimento all'art. 380, comma 2 lett. e), nonostante la pena da infliggere sia certamente inferiore ai quattro anni di reclusione (in considerazione dell'art. 56 c.p. e della diminuente di cui all'art. 98 c.p.), si verifica una disparita' di trattamento rispetto all'imputato maggiorenne per il quale, in presenza di una pena inferiore a quattro anni, non sarebbe consentita l'applicazione della custodia cautelare in carcere. Ad avviso di questo tribunale, quindi l'art. 274 lett. C) ultima parte, cosi' come integrato dall'art. 3 della legge 8 agosto 1995, n. 332 e l'art. 23 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 violano gli artt. 3, 13, 27 e 31 della Costituzione nella parte in cui non prevedono che anche all'imputato minorenne non sia applicabile la misura cautelare qualora, pur sussistendo il pericolo della reiterazione di fatti delittuosi dello stesso tipo di quelli per cui si procede, tale delitto sia punito con pena inferiore nel massimo a quattro anni. Si impone, pertanto, ai sensi dell'art. 134 della Costituzione e degli artt 23 e ss., legge 11 marzo 1953, n. 87, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per quanto di competenza, previa sospensione del presente procedimento.