IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sul ricorso n. 8214 del 1994
 proposto da Marcon Alessandro, Di Cioccio Antonio e Pulchino Massimo,
 rappresentati e difesi dall'avv. Luciano Arganelli  presso  il  quale
 hanno eletto domicilio in Roma, via Pascal n. 10;
   Contro  il Ministero per i beni culturali ambientali in persona del
 Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale
 dello  Stato,  presso  la  quale  e'   domiciliato   ex   lege;   per
 l'annullamento  dei  decreti  11,  15  e 19 aprile 1994 relativi alla
 posizione giuridica ed economica dei ricorrenti, nella parte  in  cui
 non  vengono  riconosciuti  i periodi e le retribuzioni percepite dal
 1978 e viene erroneamente applicata la maggiorazione di cui  all'art.
 9  punti  4  e  5  del  d.P.R.  n. 44/90; e per il riconoscimento del
 diritto al pagamento di interessi  e  rivalutazione  monetaria  sulle
 somme  tardivamente  corrisposte per l'inquadramento nelle qualifiche
 funzionali ai sensi dell'art. 4, ottavo comma della legge  11  luglio
 1980, n. 312;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'Amministrazione
 intimata;
   Viste le memorie prodotte dalle parti;
   Visti gli atti tutti di causa, relatore alla pubblica udienza del 7
 aprile 1999 il consigliere Carlo Taglienti;
   Uditi alla stessa udienza gli avv.ti Arganelli per i  ricorrenti  e
 Salvatorelli per l'Amministrazione resistente;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Con  ricorso  notificato  il  13  maggio  1994  e  depositato il 25
 successivo, i ricorrenti Marcon, Di Cioccio  e  Pulchino,  dipendenti
 del  Ministero dei beni culturali ed ambientali con qualifica di capo
 tecnico, livello settimo, assunti ai sensi  della  legge  n.  285/77,
 hanno  impugnato  i provvedimenti con i quali e' stata determinata la
 loro posizione giuridica ed economica, nella  parte  in  cui  non  e'
 stata  riconosciuta  l'anzianita'  decorrente  dal  1978  ed e' stata
 attribuita  erroneamente,  e  cioe'  non   in   misura   doppia,   la
 maggiorazione  di  cui  all'art.  9  punti 4 e 5 del d.P.R. n. 44/90;
 lamentano altresi' il mancato pagamento di interessi e  rivalutazione
 monetaria    sulle   somme   tardivamente   corrisposte   a   seguito
 dell'inquadramento ex art. 4, ottavo  comma  della  legge  11  luglio
 1989, n. 312.
   Deducono:
     1)  violazione  dell'art.  30 della legge n. 312/80: l'anzianita'
 preruolo deve essere computata per gli aumenti  periodici  e  per  il
 trattamento di quiescenza, dal 1978 al 30 maggio 1985;
     2) eccesso di potere per erronea attribuzione della maggiorazione
 ex  art.  9  punti  4 e 5 del d.P.R. n. 44/90: includendo il servizio
 preruolo  la  maggiorazione  doveva  essere  raddoppiata  perche'  si
 raggiungono con essa i dieci anni di servizio previsti dalla norma;
     3)  sulle somme corrisposte tardivamente a titolo di retribuzione
 per l'inquadramento ai sensi dell'art. 4, ottavo comma della legge n.
 312/80 devono essere  calcolati  gli  interessi  e  la  rivalutazione
 monetaria.
   Costituitasi,     l'Amministrazione     intimata    ha    sostenuto
 l'infondatezza del ricorso, con particolare  riguardo  ai  due  primi
 capi  di  domanda,  invocando  su  tali  questioni  la giurisprudenza
 dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
   Con separata sentenza di pari data questa  sezione  ha  respinto  i
 primi  due capi di domanda ed ha sospeso il giudizio per la decisione
 relativa al terzo capo di domanda, avendo ritenuto  rilevante  e  non
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 26 comma 4 della legge 23 dicembre  1998,  n.  448,  per  i
 motivi esplicitati nell'ordinanza di rimessione degli atti alla Corte
 costituzionale.
                             D i r i t t o
   Il  collegio  valuta  rilevante  e  non manifestamente infondata la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 4  della
 legge  23  dicembre  1998, n. 448, nella parte in cui afferma che "le
 somme corrisposte al personale del  comparto  ministeri  per  effetto
 dell'inquadramento  definitivo  nelle  qualifiche funzionali ai sensi
 dell'art. 4, ottavo comma, della legge 11 luglio  1980,  n.  312  ...
 non danno luogo ad interessi ne' a rivalutazione monetaria".
   Rilevante,    in   quanto   i   ricorrenti   risultano   inquadrati
 definitivamente ai sensi del citato art. 4, ottavo comma della  legge
 n.  312/80  e  richiedono  con il ricorso in epigrafe il pagamento di
 interessi e  rivalutazione  monetaria  sulle  differenze  stipendiali
 corrisposte  tardivamente,  che la costante giurisprudenza ha fino ad
 oggi riconosciuto con decorrenza novembre 1988.
   Non manifestamente infondata, per contrasto con gli artt. 3,  primo
 comma e 36, primo comma della Costituzione.
   Infatti  gli  unici  emolumenti  arretrati per tardivo pagamento di
 retribuzioni che non possono beneficiare del criterio, universalmente
 riconosciuto nell'ordinamento, dell'attualizzazione  del  credito  di
 lavoro,  risultano essere quelli relativi alle differenze retributive
 conseguenti  all'inquadramento  definitivo  dei dipendenti statali ai
 sensi del citato art. 4, ottavo  comma  della  legge  n.  312/80:  In
 qualsiasi altro caso d'inquadramento con tardiva corresponsione delle
 differenze   retributive,  anche  nell'ambito  dello  stesso  impiego
 statale, rimarra' valido il principio dell'adeguamento nel tempo  del
 valore della retribuzione.
   Ne'  si  comprende  in base a quale ratio legis sia stata posta una
 discriminante cosi' drastica per uno specifico credito di lavoro, del
 tutto  identico,  quanto  a  natura  giuridica,  agli  altri  crediti
 retributivi,  talche'  la  norma  appare  palesemente  illogica ed in
 contrasto con i principi vigenti in materia nell'ordinamento, sia per
 l'impiego pubblico che per quello privato.
   Inoltre l'impossibilita' di operare l'attualizzazione  del  credito
 ai   valori  esistenti  all'atto  del  pagamento  delle  retribuzioni
 arretrate, una irrimediabilmente con l'art. 36 della Costituzione, in
 quanto impedisce, nella sostanza,  che  la  retribuzione  corrisposta
 tardivamente  risulti  proporzionata  alla  quantita'  e qualita' del
 lavoro svolto, essendo intuitivo come,  specie  in  periodi  di  alta
 inflazione,   la   corrispondenza   temporale   tra   prestazione   e
 corrispettivo e' elemento essenziale per valutare l'adeguatezza e  la
 proporzionalita' del compenso al lavoro.