IL PRETORE Sciogliendo la riserva che precede: Osserva in fatto Con ricorso depositato in data 10 agosto 1996 Russo Domenico esponeva di essere stato assunto con contratto a tempo determinato dal 9 agosto 1995 al 6 novembre 1995 dall'Ente Poste Italiane. Cio' premesso in fatto e ritenuto in diritto che difettavano nel caso di specie i presupposti di validita' del contratto a tempo determinato previsti dalla normativa vigente (art. 8 CCNL applicabile e legge n. 230/1962), in particolare quello relativo alla ricorrenza delle "punte di piu' intensa attivita' stagionale", chiedeva il ricorrente: che fosse dichiarata la conversione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato; che fosse dichiarata inefficace la risoluzione del rapporto; che l'Ente fosse condannato a reintegrarlo nel posto di lavoro ex art. 18 della legge n. 300/1970 con corresponsione delle retribuzioni maturate dal licenziamento alla reintegra con assolvimento degli oneri previdenziali ed assistenziali. Si costituiva l'Ente rilevando l'infondatezza della domanda con riferimento al disposto dell'art. 9, comma 21 del d.-l. 1 ottobre 1996, n. 510, convertito in legge 29 novembre 1996, n. 608, che testualmente prevede: "Le assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo determinato effettuate dall'Ente Poste Italiane, a decorrere dalla data della sua costituzione e comunque non oltre il 30 giugno 1997, non possono dar luogo a rapporti di lavoro a tempo indeterminato e decadono allo scadere del termine finale di ciascun contratto". In diritto Giova premettere: l'art. 13, comma 2 della legge n. 498/1992, sostituito dall'art. 6-bis del d.-l. n. 9 del 1993, convertito in legge n. 67 del 1993, stabilisce che "Le province, i comuni, le comunita' montane e i loro consorzi e le istituzioni pubbliche di beneficenza ed assistenza non sono soggetti, relativamente ai contratti d'opera o per prestazioni professionali a carattere individuale da essi stipulati, all'adempimento di tutti gli obblighi derivanti dalle leggi in materia di assistenza e previdenza, non ponendo in essere, i contratti stessi, rapporti di subordinazione"; chiamata a decidere in ordine alla prospettata questione di incostituzionalita' di tale norma con riferimento, tra l'altro, agli artt. 101 e 104 della Costituzione, codesta Corte dichiarava (23-31 marzo 1994) non fondata, "nei sensi di cui in motivazione", la questione stessa; ritenuto fuori discussione, come rilevato nelle ordinanze di rimessione, il principio della soggezione del giudice alla legge e ad essa soltanto, e quello dell'indipendente esercizio della funzione giurisdizionale (artt. 101 e 104 della Costituzione), nel senso che non puo' essere sottratto al giudice il potere di interpretare autonomamente non gia' le disposizioni di legge, ma gli stessi fatti rilevanti per la qualificazione del rapporto, nella predetta decisione ("interpretativa di rigetto") veniva sottolineato che "La norma si limita ad escludere che ai contratti d'opera e di prestazione professionale da essa considerati siano estensibili gli obblighi previdenziali ed assistenziali previsti per il lavoro subordinato. Ma da cio' non e' dato inferire che tale esclusione trovi applicazione anche alle ipotesi in cui il rapporto, in contrasto con il titolo contrattuale, abbia di fatto assunto contenuti e modalita' di svolgimento propri del rapporto di lavoro subordinato; tanto meno e' dato inferire un piu' generale precetto (che stravolgerebbe gli stessi fondamenti del diritto del lavoro) secondo cui il rapporto descritto nel contratto come rapporto d'opera o di prestazione professionale non sia mai suscettibile di una diversa qualificazione neppure in caso di contrasto tra il contratto e le risultanze del rapporto svoltosi tra le parti. Disattesa in questi sensi l'interpretazione presupposta dai giudici remittenti, la questione da essi proposta deve essere dichiarata non fondata". Cio' premesso si ritiene che: l'art. 9, comma 21 del d.-l. 1 ottobre 1996, n. 510, convertito in legge 29 novembre 1996, n. 608, richiamato nella comparsa di costituzione dal convenuto Ente Poste Italiane, violi il principio costituzionale dell'indipendente esercizio della funzione giurisdizionale (artt. 101 e 104 della Costituzione) da parte del giudice ordinario (principio gia' affermato da codesta Corte con decisione 121 del 1993) sottraendogli il potere di interpretare autonomamente non gia' le disposizioni di legge, ma gli stessi fatti rilevanti per la qualificazione del rapporto (caso di specie: valutazione dei fatti giustificanti, alla luce della normativa contrattualistica collettiva e legislativa vigente nella specifica materia, la conversione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato); che la disposizione in questione, diversamente da quella esaminata nella richiamata decisione "interpretativa di rigetto", non consente una lettura tale da non doversi ritenere necessaria una rimessione a codesta Corte della prospettata questione.