IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1509 del  1995,
 proposto  da Pinna Franco, Ferri Angelo, Cipolla Paolino, Santaniello
 Aniello, Astemio  Luigino,  Barile  Luigi,  Deiana  Cristian,  Bianco
 Giuseppe,  Carboni Antonio, Papa Francesco, De Pascalis Pietro, Fiume
 Antonio, Bernardo  Rosario,  Ricciarelli  Osvaldo,  Celentano  Luigi,
 Piccinno  Carmelo, Palermo Paolo, Di Guglielmo Angelo, Licari Giacomo
 Ferdinando,  Vincenti  Fabio,  Perrone  Oronzio,  Capozio  Francesco,
 Congiu  Paolo,  Barone  Pietro,  Vietto  Massimo,  Rosalia  Giovanni,
 Graditi  Antonino,  Piombo  Romualdo,  Casciaro Giovanni, Pietrafitta
 Giuseppe,  Pantano  Giovanni,  Cappai  Emanuele,   Alletto   Massimo,
 rappresentati   e   difesi   dall'avv.to   Maria   Ughetta   Bini  ed
 elettivamente domiciliati presso lo studio della stessa, in  Brescia,
 via Ferramola n. 14;
   Contro   il   Ministero  della  difesa,  in  persona  del  Ministro
 pro-tempore il Ministero della  funzione  pubblica,  in  persona  del
 Ministro   pro-tempore,   in   persona   del   Ministro  pro-tempore,
 costituitisi in  giudizio,  rappresentati  e  difesi  dall'Avvocatura
 distrettuale  dello  Stato  ed  ex lege domiciliati presso gli uffici
 della stessa, in Brescia, via S. Caterina  n.  6,  per  l'annulamento
 "degli  atti  del  nuovo  inquadramento  in  ruolo  disposti ai sensi
 dell'art. 34 del d.lgs. 12 marzo 1995, n. 1996 ... con i quali:
     a) i ricorrenti Perrone, Bianco, Carboni, Astemio,  De  Pascalis,
 Pinna,  Di  Guglielmo,  Barile,  Piccinno,  Fiume,  Rosalia, Graditi,
 Santiniello, Casciaro, Ferri, Cipolla, gia' marescialli ordinari sono
 stati iscritti nel ruolo dei marescialli con il grado di  maresciallo
 ordinario;
     b)  il  ricorrente  Licari,  gia' sergente maggiore, inserito nei
 giudizi di avanzamento ma non promosso e' stato inquadrato nel  ruolo
 dei  marescialli con il grado di maresciallo ordinario con anzianita'
 31 agosto 1993;
     c)  i  ricorrenti  Capozio,  Barone,  Papa,   Bernardo,   Vietto,
 Ricciarelli,  De  Iana, Palermo, Vincenti, gia' sergenti maggiori con
 piu' di quattro anni nel grado sono  stati  iscritti  nel  ruolo  dei
 marescialli con il grado di maresciallo;
     d)  i ricorrenti Congiu, Celentano, Pietrafitta, Pantano, Cappai,
 Alletto, sono stati iscritti nel ruolo dei sergenti con il  grado  di
 sergente maggiore;
     e)  il ricorrente Piombo e' stato immesso nel servizio permanente
 e iscritto nel ruolo sergenti", nonche'  per  il  riconoscimento  del
 diritto   "ad   ottenere   ai  fini  dell'inquadramento  il  medesimo
 trattamento attribuito con il d.lgs.  n.  198/1995  ai  sottufficiali
 pari   grado   appartenenti   all'Arma   dei   Carabinieri"   (cosi',
 testualmente l'epigrafe del ricorso).
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di   costituzione   in   giudizio   delle   intimate
 Amministrazioni;
   Viste  le  memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 domande e difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Data per letta,  alla  pubblica  udienza  del  9  luglio  1999,  la
 relazione del ref. dott. Salvatore Cacace;
   Uditi,  alla  stessa  udienza,  l'avv.  Maria  Ughetta  Bini  per i
 ricorrenti  e  l'avv.  dello  Stato   Alessandro   Maddalo   per   le
 Amministrazioni resistenti;
   Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   1.  - "Con d.lgs. n. 196 del 19 maggio 1995", si espone in ricorso,
 "si e' provveduto al riordino dei ruoli, alla modifica delle norme di
 reclutamento ed allo stato d'avanzamento del personale non  direttivo
 delle  Forze  armate,  Esercito, Marina, ed Aeronautica, ad eccezione
 dell'Arma  dei  Carabinieri  il  cui  riordino  dei  ruoli  e'  stato
 disciplinato con d.lgs. n. 198 sempre del 12 maggio 1995".
   1.1   -   All'inquadramento   degli   odierni   ricorrenti   (tutti
 sottufficiali dell'Esercito in  forza  al  2  reggimento  Bersaglieri
 compagnia  genio  Gua  "Legnano"),  sulla  scorta  di quanto disposto
 dall'art. 34 del citato d.lgs. n.  196,  si  e'  poi  provveduto  con
 decreti   ministeriali,   dei  quali  s'e'  data  comunicazione  agli
 interessati, con note individuali, tutte datate tra il 25 settembre e
 il 18 ottobre 1995.
   In particolare, prosegue il ricorso:
     "i signori Perrone, Bianco, Carboni, Astemio, De Pascalis, Pinna,
 Di Guglielmo, Barile, Piccinno, Fiume, Rosalia, Graditi, Santiniello,
 Casciaro,  Ferri,  Cipolla,  gia'  marescialli  ordinari  sono  stati
 inquadrati  nel  grado di maresciallo ordinario ed iscritti nel ruolo
 marescialli;
     il signor Licari, gia' sergente maggiore inserito nei  quadri  di
 avanzamento  ma  non  promosso  e'  stato  inquadrato  nel  ruolo  di
 marescialli con il grado di maresciallo  ordinario  senza  conservare
 l'anzianita';
     i  signori  Capozio, Barone, Papa, Bernardo, Vietto, Ricciarelli,
 De Iana, Palermo,  Vincenti,  gia'  sergenti  maggiori  con  piu'  di
 quattro  anni  di  anzianita'  nel grado alla data del 31 agosto 1995
 sono stati promossi al grado di maresciallo ed inquadrati  nel  ruolo
 dei marescialli;
   i signori Congiu, Celentano, Pietrafitta, Pantano, Cappai, Alletto,
 sono  stati  iscritti nel ruolo dei sergenti con il grado di sergenti
 maggiori;
     il signor Piombo e'  stato  immesso  nel  servizio  permanente  e
 iscritto nel ruolo sergenti".
   2. - Avverso i decreti ministeriali di inquadramento, effettuato ai
 sensi  del  citato  d.lgs.  n.  196/1995,  hanno  proposto  ricorso i
 predetti sottufficiali, deducendone la  illegittimita'  derivata  per
 "illegittimita'  costituzionale    dell'art. 34, comma 1, lettera c),
 commi 3, 4, 5, 7 e 8 del d.lgs. n.  196/195  per  contrasto  con  gli
 artt. 3, 36  e 97 Cost.".
   Le   determinazioni   ministeriali   di   inquadramento   sarebbero
 illegittime, in quanto applicano  il  d.lgs.  n.  196/1995  (attuando
 l'inquadramento  del  personale in servizio alla data del 1 settembre
 1995, sulla base della norma transitoria di cui all'art. 34), che, si
 afferma in ricorso, "e' penalizzante rispetto a quello disposto per i
 parigrado nell'Arma dei Carabinieri, in forza del d.lgs.  n.198/1995.
 Cio'", si prosegue, "in netto contrasto con lo spirito della legge n.
 216/1992   che   ha  demandato  al  Governo  l'emissione  di  decreti
 legislativi contenenti le necessarie modifiche agli  ordinamenti  del
 personale  (...)  per il riordino delle carriere delle attribuzioni e
 dei trattamenti economici allo scopo  di  conseguire  una  disciplina
 omogenea fermi restando i rispettivi compiti istituzionali".
   I  ricorrenti  si  vedrebbero,  insomma, "riservato dalla normativa
 transitoria un trattamento diverso e penalizzante rispetto  a  quello
 riservato ai Sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri. Infatti:
     a)  i  marescialli ordinari delle Forze Armate esclusi dai quadri
 di avanzamento formati alla  data  del  31  agosto  1995  sono  stati
 inquadrati  nel  ruolo  dei  marescialli  con il grado di maresciallo
 ordinario mentre i marescialli  ordinari  dell'Arma  dei  Carabinieri
 sono  stati  inquadrati  nel  ruolo  degli  Ispettori con il grado di
 maresciallo capo (cfr.   art. 34,  comma  1,  lettera  c,  d.lgs.  n.
 196/1995  in  rapporto  all'art.    46, comma 1, lettera b, d.lgs. n.
 198/1995);
     b) i sergenti maggiori delle Forze Armate utilmente inseriti  nei
 quadri  di  avanzamento  alla  data  del  31  agosto  1995 sono stati
 inquadrati  nel  ruolo  dei  marescialli  con  il  grado  maresciallo
 ordinario con due anni di anzianita' mentre i brgadieri dell'Arma dei
 Carabinieri  utilmente  iscritti  al  fine della promozione dal grado
 superiore nei quadri di avanzamento sono inquadrati nel  ruolo  degli
 ispettori  con  il grado di maresciallo capo  (cfr. art. 34, comma 1,
 lettera c, d.lgs n.  196/1995  in  rapporto  all'art.  46,  comma  1,
 lettera b, d.lgs.  n. 198/1995);
     c) i sergenti maggiori gia' iscritti nei quadri di avanzamento ma
 non promossi sono stati inquadrati nel ruolo dei marescialli al grado
 di  maresciallo  ordinario  con  anzianita'  di  grado 31 agosto 1993
 mentre i brigadieri dei Carabinieri sono  stati  promossi  in  quanto
 inquadrati nel ruolo degli ispettori con il grado di maresciallo capo
 (cfr.  art. 34, comma 3, d.lgs. n. 196/1995 in rapporto all'art.  49,
 comma 2, d.lgs. n. 198/1995);
     d) i sergenti maggiori delle Forze Armate con almeno quattro anni
 di  anzianita'  nel  grado  alla  data  del  1  settembre  1995  sono
 inquadrati  nel  grado  di  maresciallo  ad anzianita' zero, mentre i
 sergenti maggiori delle Forze Armate con  meno  di  quattro  anni  di
 anzianita'  a detta data verranno inquadrati nel grado di maresciallo
 ad anzianita' zero a far data dal 1 settembre 1996.
   I brigadieri tutti e i  vicebrigadieri  dell'Arma  dei  Carabinieri
 (quest'ultimi  utilmente  iscritti nei quadri di avanzamento al grado
 superiore) sono inquadrati alla data del 1 settembre 1995  nel  ruolo
 degli ispettori con il grado di maresciallo ordinario (cfr. art.  34,
 comma  5  e  6,  d.lgs. n. 196/1995 in rapporto all'art. 46, comma 1,
 lettera c, d.lgs. n. 198/1995);
     e) i sergenti dell'esercito nel nuovo inquadramento  restano  nel
 ruolo  dei  sergenti con il grado di sergenti mentre i vicebrigadieri
 dell'Arma  dei  Carabinieri  vengono  inquadrati  nel   ruolo   degli
 ispettori  con il grado di maresciallo (cfr. art. 34, comma 8, d.lgs.
 n. 196/1995 in rapporto all'art. 46, comma 1, lettera  d,  d.lgs.  n.
 198/1995)":  v. pagg. 7 e 8 ric.
   "In  sintesi",  conclude  l'esposizione di gravame,  "si assiste ad
 una sostanziale promozione di tutti  i  sottufficiali  dell'Arma  dei
 Carabinieri  (e  anche di coloro che non sono sottufficiali) mentre i
 sottufficiali dell'esercito (che prima  del  decreto  legislativo  in
 esame  erano  parigrado,  e  con anzianita' anche superiore nel grado
 medesimo   rispetto   ai   colleghi   sottufficiali   dell'Arma   dei
 Carabinieri),  non  beneficiano del medesimo trattamento: si verifica
 un inammissibile scavalcamento soprattutto  ai  fini  gerarchici  tra
 sottufficiali appartenenti alla medesima "Forza Armata".
   L'art.  34, del d.lgs. n. 196/1995, nel prevedere "un inquadramento
 dei citati sottufficiali  dell'esercito inferiore rispetto  a  quello
 attribuito   ai  pari  grado  dell'Arma  dei  Carabinieri",  sarebbe,
 pertanto, costituzionalmente illegittimo:
     "per irragionevole discriminazione tra  appartenenti  alle  Forze
 Armate  per  i  quali vi e' sempre stata una corrispondenza dei gradi
 sulla  scorta  della   omogeneita'   di   funzioni",   nonche'   "per
 irragionevole    equiparazione    (violazione    del   principio   di
 ragionevolezza) dei sottufficiali di grado inferiore, addirittura non
 sottufficiali, appartenenti all'Arma dei Carabinieri ai sottufficiali
 di  grado superiore delle Forze Armate" (e cio' in evidente contrasto
 con l'art. 3 della Costituzione Repubblicana);
     per violazione dell'art. 36 Cost., la denunciata diversita' degli
 inquadramenti riflettendosi "pure sul  trattamento  retributivo,  con
 penalizzazione  dei sottufficiali delle Forze Armate, e con vantaggio
 ingiustificato a favore dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri";
     per violazione dell'art. 97 Cost., che,  si  afferma,  "fissa  il
 principio  di  imparzialita'  della  pubblica  amministrazione,    in
 relazione al potere-dovere di adottare i  medesimi  inquadramenti  di
 fronte  a  situazioni equiparate in forza di precedenti inquadramenti
 effettuati  dall'amministrazione  medesima  sulla   base   di   norme
 preesistenti   e   sulla   base  di  norme  attuali  che  ribadiscono
 l'equiparazione tra ruoli e profili professionali"  (pagg.  10  e  11
 ric.).      Gli   istanti   chiedono   cosi',   in   definitiva,  che
 l'amministrazione sia condannata alla corresponsione, in loro favore,
 delle differenze retributive tra l'inquadramento operato ai sensi del
 citato d.lgs.    n.  196/1995  e  quello  superiore  riconosciuto  ai
 sottufficiali  dell'Arma  dei  Carabinieri  in  forza  del  d.lgs. n.
 198/1995.
   3. - Si sono costituite in giudizio, con atto formale, le  intimate
 amministrazioni  statali,  che  hanno  chiesto,  con  formule di mero
 stile, il rigetto del ricorso.  Con memoria depositata nell'imminenza
 della udienza (ma fuori del termine di  10  giorni  liberi  anteriori
 alla  data  fissata per l'udienza, di cui all'art. 23, comma 4, legge
 t.a.r.),  la  difesa  delle  resistenti  amministrazioni,  ripercorso
 l'iter  che  ha  portato  alla  emanazione del d.lgs. n. 196/1995, ha
 affermato "che i decreti legislativi n.    196  e  n.  198  non  sono
 affatto   disomogenei,  in  quanto  la  normativa  a  regime  prevede
 un'identica progressione in carriera", illustrando, inoltre, come non
 appaia  illegittima  "nemmeno  la   normativa   transitoria   dettata
 dall'art.  34  del  d.lgs. n. 196/1995, in quanto il legislatore, nel
 procedere alla c.d. omogeneizzazione, non poteva non tenere  presenti
 le  differenze  esistenti  tra  le Forze Armate, differenze dovute ai
 relativi ordinamenti di settore, alle norme  fondamentali  di  stato,
 nonche' alle attribuzioni delle autorita' di pubblica sicurezza".
   3.1  -  Anche  i  ricorrenti  (peraltro nei termini di legge) hanno
 ribadito le loro argomentazioni,  con  memoria  presentata  in  vista
 della  udienza  di trattazione, nella quale, in particolare, ribadita
 "la disomogeneita' delle disposizioni previste dall'art. 34, comma 1,
 lettera c, commi 3, 4, 5, 7 e  8  del  d.gls.  n.  196/1995  rispetto
 all'art.  46  del  d.lgs.  n. 198/1995 relativo all'inquadramento dei
 carabinieri", si sottolinea il "contrasto con lo spirito della  legge
 n.  216/1992  ove  all'art.  3 si demanda il governo all'emissione di
 decreti  legislativi  per   il   riordino   delle   carriere,   delle
 attribuzioni  e  dei  trattamenti economici, allo scopo di conseguire
 una  disciplina  omogenea  fermi  restando   i   rispettivi   compiti
 istituzionali"  e,  dunque,  la  violazione  del disposto dell'art. 3
 della  legge  6  marzo  1992,  n.   216,   nonche'   la   conseguente
 "discriminazione  tra  i  sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri che
 vengono  (rectius  sono  stati  promossi),  mentre  i   sottufficiali
 dell'esercito  non  beneficiando  dello stesso trattamento, subiscono
 una perdita patrimoniale mentre ai fini gerarchici sono scavalcati da
 parigrado o addirittura di grado inferiore (non  va  dimenticato  che
 l'Arma dei Carabinieri fa parte dell'esercito)".
   3.3  -  Alla  pubblica udienza del 9 luglio 1999, uditi i difensori
 presenti per le parti costituite, la causa e' passata in decisione.
                             D i r i t t o
   1. - Devesi, preliminarmente, dichiarare la inammissibilita'  della
 memoria  prodotta dalla avvocatura dello Stato in data 2 luglio 1999,
 in quanto effettuata in violazione del termine di  cui  all'art.  23,
 comma  4,  legge  t.a.r.,  posto  a presidio del diritto di difesa di
 controparte e dell'interesse del giudice a conoscere  tempestivamente
 e compiutamente la materia del contendere.
   2.  -  Quanto  all'azione  di  cui trattasi, v'e' da rilevare che i
 ricorrenti  propongono,  quali   pubblici   dipendenti,   azione   di
 accertamento   di   un   diritto   patrimoniale,   nell'ambito  della
 giurisdizione amministrativa esclusiva; essi, peraltro, hanno  a  tal
 fine  impugnato  nei termini di decadenza gli atti dell'inquadramento
 effettuato dall'amministrazione della difesa  in  applicazione  della
 normativa  in  questione  (art. 34 del decreto legislativo n. 196 del
 1995, emanato in attuazione dell'art.   3  della  legge  n.  216  del
 1992).    L'oggetto  di  tale  decreto  legislativo  (concernente  il
 riordino dei ruoli e la modifica alle norme di reclutamento, stato ed
 avanzamento del personale  non  direttivo  delle  Forze  Armate)  non
 consente  di  ritenere  che  il  trattamento  economico e le norme di
 inquadramento ivi previste per detto personale siano, per cosi' dire,
 "disapplicabili" (non essendo attribuito nel nostro ordinamento,  ne'
 alla   amministrazione,  ne'  al  sistema  giurisdizionale,  un  tale
 potere),  per  estendere,  invece,  ai  sottufficiali  dell'esercito,
 conformemente  alla pretesa avanzata dagli istanti, le corrispondenti
 norme dettate dal d.lgs. n. 198 del 1995 per il  personale  dell'Arma
 dei Carabinieri che si trovi nelle stesse condizioni.
   Cio' in quanto il legislatore, in attuazione della delega contenuta
 nell'art. 3 della legge n. 216 del 1992, ha partitamente identificato
 e  disciplinato,  con vari decreti, i diversi ordinamenti delle varie
 Forze di Polizia e delle Forze Armate, cosicche' in ciascuno di  essi
 sono,  pertanto,  rinvenibili le disposizioni relative al trattamento
 economico ed alle carriere, da applicarsi allo specifico ordinamento,
 di cui di volta in volta si tratti (nella fattispecie,  quello  delle
 Forze Armate).  La domanda di accertamento del diritto dei ricorrenti
 ai   benefici   in   questione   e,   cioe',   ad  ottenere  ai  fini
 dell'inquadramento, il medesimo trattamento attribuito, con il d.lgs.
 n. 198/1995, ai sottufficiali di pari grado appartenenti all'Arma dei
 Carabinieri, si appalesa, cosi', priva  di  supporto  normativo,  non
 potendosi  in  ogni  caso  far luogo ad una interpretazione estensiva
 delle  invocate  norme  del  d.lgs.     n.  198/1995   e/o   ad   una
 "disapplicazione"   (non   consentita   a   questo   giudice)   delle
 corrispondenti prescrizioni del d.lgs. n. 196/1995 (considerata anche
 la mancanza di qualsiasi  a'mbito  di  indeterminatezza  delle  norme
 recate  dai  decreti  delegati in argomento).  Il Collegio, pertanto,
 non puo' esaminare ed apprezzare adeguatamente le ragioni prospettate
 dai ricorrenti, se non  previa  declaratoria  di  incostituzionalita'
 delle  citate  norme  (se ed ove adeguatamente sussistano i necessari
 presupposti del giudizio costituzionale in via incidentale: rilevanza
 e non manifesta infondatezza della questione).
   3.  -  Il  thema  decidendum  della  presente controversia concerne
 dunque, in  sostanza,  non  tanto  la  legittimita'  dei  decreti  di
 inquadramento  dei ricorrenti, tutti sottufficiali dell'esercito, che
 risultano aver fatto diretta e corretta applicazione  del  d.lgs.  n.
 196/1995,   quanto,  piuttosto,  l'asserita  incostituzionalita'  (in
 quanto a cio' si riduce, in definitiva, l'unico, articolato motivo di
 censura dedotto) del citato decreto legislativo, che,  con  la  norma
 transitoria di cui all'art. 34 (dedicata all'"inquadramento nel ruolo
 dei  marescialli"), avrebbe operato, secondo le tesi poste a base del
 ricorso,  una  irragionevole  discriminazione  tra  i   sottufficiali
 dell'esercito (e delle Forze Armate in genere) e quelli dell'Arma dei
 Carabinieri (le norme transitorie del cui inquadramento sono dettate,
 invece, negli artt. da 46 a 50 del d.lgs. n. 198/1995).
   Una  discriminazione,  si  sottolinea  nell'atto  introduttivo  del
 giudizio, che "colpisce  unicamente  i  sottufficiali  che  rientrano
 nella  applicazione  della norma transitoria di cui al citato art. 34
 d.lgs. n. 196/1995,  in  quanto  per  coloro  che  beneficiano  della
 normativa  ordinaria  introdotta  con il decreto legislativo in esame
 non subiscono penalizzazioni rispetto ai sottufficali  dell'Arma  dei
 Carabinieri,   rispetto   ai   quali  non  possono  lamentare  alcuna
 disparita': in proposito si rinvia all'esame delle  tabelle  allegate
 ai decreti legislativi....".
   3.1.  -  L'esame  della  prospettata questione di costituzionalita'
 necessita di un preliminare inquadramento.
   Lo stato giuridico dei  sottufficiali  delle  Forze  Armate,  nelle
 quali  e'  a  tutti  gli  effetti da intendersi ricompresa l'Arma dei
 Carabinieri, ha sempre avuto  una  disciplina  uniforme  e  del  pari
 uniforme e' stato, dal r.d. n. 2395 del 1923 e dal d.P.R. n. 1079 del
 1970  alla  legge  n.  312  del  1980,  il  trattamento economico dei
 sottufficiali delle varie armi rispetto  ai  sottufficiali  dell'Arma
 dei  Carabineri  (con  la  sola eccezione delle indennita' accessorie
 collegate alle diverse situazioni di impiego derivanti dal servizio).
 Cio' sino alla  entrata  in  vigore  della  legge  n.  34  del  1984,
 allorche',   a   seguito   della   riforma  della  Polizia  del  1981
 (caratterizzata, tra  l'altro,  dall'inizio  della  unificazione  del
 trattamento  economico  delle  Forze di Polizia), tale uniformita' e'
 stata  infranta  unicamente  per  effetto  del  meccanismo,  ritenuto
 prioritario,  della equiparazione tra le varie "Forze di Polizia" (il
 sedicesimo comma dell'art. 43 della legge n. 121 del  1981  stabiliva
 che  il trattamento economico previsto per il personale della polizia
 di Stato "e' esteso all'Arma dei Carabinieri ed ai corpi previsti  al
 primo  e  secondo comma dell'art.  16", a sua volta, l'art. 2, quinto
 comma, della legge n. 34 del 1984 ha disposto che,  in  relazione  al
 suddetto art. 43. "e' esteso il trattamento economico per stipendio e
 per  indennita'  mensili  previsto  per il personale della Polizia di
 Stato all'Arma dei carabinieri e ai Corpi della Guardia  di  finanza,
 degli  Agenti  di  custodia  e forestale dello Stato").  L'evoluzione
 legslativa successiva ha avuto un significativo approdo  nella  legge
 n.  216 del 1992.  Con essa il legisatore non solo ha proceduto sulla
 strada della perequazione (semplicemente) economica  delle  forze  di
 polizia,   ma   ha,   con  il  conferimento  di  una  duplice  delega
 legislativa, avviato successive  fasi  dirette  ad  una  ulteriore  e
 sostanziale  omogeneizzazione:    la  prima  delega (art. 2, comma 1,
 della legge n. 216 del 1992), nella preoccupazione  di  non  alterare
 gli  equilibri tra i vari ordinamenti militari, da esercitarsi con un
 unico  decreto  legislativo, su proposta del Ministro dell'interno di
 concerto con gli altri ministri interessati,  aveva  per  oggetto  la
 definizione  "in  maniera omogenea, nel rispetto dei principi fissati
 dai relativi ordinamenti di settore, stabiliti dalle leggi  vigenti",
 delle  procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego
 delle forze di polizia anche ad ordinamento militare, ai sensi  della
 legge  1  aprile  1981,  n.  121,  nonche'  del personale delle Forze
 Armate, ad esclusione dei dirigenti civili e militari e del personale
 di leva (v. Corte cost., Ord. n. 152 del  26-30  aprile  1999).    La
 seconda  delega  (art.  3,  della  legge  n.  216  del 1992), poi, da
 esercitarsi con piu' decreti legislativi sulla base di unici  criteri
 direttivi  (diversi  da  quelli  di  cui  all'art. 2), riguardava, in
 particolare,  "le  necessarie   modifiche   degli   ordinamenti   del
 personale"  delle  forze  di  polizia  e  delle Forze Armate, esclusi
 dirigenti  e  direttivi,  "per  il  riordino  delle  carriere,  delle
 attribuzioni  e  dei  trattamenti economici, allo scopo di conseguire
 una  disciplina  omogenea,  fermi  restando  i   rispettivi   compiti
 istituzionali,   le   norme   fondamentali   di   Stato,  nonche'  le
 attribuzioni delle autorita' di pubblica  sicurezza,  previsti  dalle
 vigenti  disposizioni  di legge"; inoltre per le anzidette finalita',
 era espressamente contemplato che  i  decreti  legislativi  potessero
 "prevedere  che  la  sostanziale  equiordinazione  dei  compiti e dei
 connessi trattamenti economici sia conseguita attraverso la revisione
 di ruoli, gradi e  qualifiche  e,  ove  occorra,  anche  mediante  la
 soppressione  di  qualifiche, gradi, ovvero mediante l'istituzione di
 nuovi ruoli, qualifiche e gradi  con  determinazione  delle  relative
 dotazioni   organiche,   ferme   restando   le   dotazioni  organiche
 complessivamente   previste",   con   le   occorrenti    disposizioni
 transitorie (art. 3, comma 3, della legge n. 216 del 1992).
   L'esercizio  di tale seconda delega era previsto avvenisse con piu'
 decreti  legislativi,  da   emanarsi   su   proposta   dei   Ministri
 rispettivamente  interessati  e,  per  le  Forze  di  Polizia, con la
 concertazione  del  Ministro  dell'interno,  attesi  i  suoi  compiti
 istituzionali, confermati nella legge n. 121, del 1981. I principi ed
 i   criteri   direttivi   relativi   sono   fissati   con  specifiche
 disposizioni,   che   prevedono   anche   la   necessaria   copertura
 finanziaria.
   La  legge  n.  216  del  1992  ha, cosi', un duplice contenuto, con
 diversa natura ed autonomia: l'uno (art. 1), di conversione del d.-l.
 7 gennaio 1992, n. 5 "con le modificazioni riportate in allegato alla
 legge", adottato in base alla previsione dell'art. 77,  terzo  comma,
 della  Costituzione  (ivi  disponendo la perequazione del trattamento
 economico dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri a seguito della
 sentenza della Corte cost. n. 277 del 1991, ricomprendendo, peraltro,
 anche le corrispondenti posizioni delle altre Forze  di  Polizia  che
 erano  state mantenute al di fuori dell'oggetto della pronuncia della
 Corte); l'altro (artt. 2 e 3), di legge di delega, ai sensi dell'art.
 76 della Costituzione, di  tal  guisa  avviando  le  successive  fasi
 dirette  ad  una  ulteriore  e  sostanziale  omogeneizzazione, con il
 conferimento della detta, duplice, delega, differenziata  per  fonte,
 oggetto, proponenti, principi direttivi e criteri di delega.
   La  prima  delega e' stata esercitata con il d.lgs. 12 maggio 1995,
 n. 195, che richiama anche la legge 29  aprile  1995,  n.  130.    La
 seconda  delega, prevista, come si e' detto, nell'art. 3 della citata
 legge n. 216 del 1992, e'  stata  esercitata,  tra  l'altro,  con  il
 d.lgs.   12   maggio   1995,   n.   196   (denunciato,   quanto  alla
 costituzionalita' del suo art. 34, dai ricorrenti) e  col  d.lgs.  12
 maggio  1995,  n.    198, che, riguardando il personale dell'Arma dei
 Carabinieri,  viene  assunto  dai  ricorrenti  stessi  quale  tertium
 comparationis  della  dedotta  discriminazione retributiva e di stato
 giuridico.   La delega di cui  all'art.  3,  ha  osservato  la  Corte
 costituzionale  (sent. n. 63 del 1998), prevedeva tutte la necessarie
 modifiche degli ordinamenti per il  riordino  delle  carriere,  delle
 attribuzioni  e  dei  trattamenti economici, allo scopo di conseguire
 una disciplina omogenea, si noti, con riguardo ad una vasta gamma  di
 ordinamenti  comprendenti  Forze  di  polizia  e Forze Armate.   E le
 variazioni     dell'assetto     organizzatorio     della     pubblica
 amministrazione,   che   dal  plurimo  esercizio  della  delega  sono
 scaturite, si inseriscono, ha proseguito  la  Corte,  in  un  disegno
 dichiarato  di  politica normativa tendente alla razionalizzazione ed
 alla omogeneizzazione di  situazioni  di  ordinamenti,  quali  quelli
 delle  Forze di polizia o delle Forze Armate, che, in una valutazione
 politica  dello  stesso  legislatore  (certamente   non   palesemente
 arbitraria   o   manifestamente   irragionevole),   dovevano   essere
 ricondotte  ad  effettivo  equilibrio  di  trattamenti  normativi  ed
 economici,    evitando   alterazioni   settoriali   e   rincorse   di
 rivendicazioni (v. anche Corte cost., sent. n. 65 del 1997).
   Le esigenze (di notevole  rilievo,  secondo  l'apprezzamento  dello
 stesso  legislatore)  di equilibrio di interi settori di polizia e di
 Forze Armate hanno portato, con i citati  decreti  legislativi  (dopo
 che gia' con il d.-l. 4 dicembre 1992, n. 469, convertito nella legge
 2  febbraio 1993, n. 23, i miglioramenti economici, gia' in godimento
 dei   sottufficiali   dell'Arma   dei   Carabinieri    e    personale
 corrispondente  della polizia di Stato, venivano attribuiti in favore
 dei  sottufficiali  delle  Forze   Armate),   al   ripristino   della
 equiparazione  giuridica,  consolidata  nel  tempo, tra sottufficiali
 delle Forze Armate e sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri.   Senza
 abbandonare,  cosi',  il  principio, ormai pacifico, secondo il quale
 l'assetto dei dipendenti  civili  dello  Stato  (cui  anche  i  nuovi
 ordinamenti  delle  Forze  di  polizia  e delle Forze Armate sembrano
 uniformarsi), a partire dalla  legge  11  luglio  1980,  n.  312,  si
 suddivide  in  qualifiche, caratterizzate dal tipo di funzioni che le
 contraddistinguono (in attuazione del canone,  ritenuto  in  generale
 consono   all'art.      36   della   Costituzione,   di   tendenziale
 corrispondenza  del  trattamento  economico  al  tipo   di   funzioni
 esercitate,  in  base  al criterio funzionale:  v. Corte cost., 3 -12
 giugno 1991, n. 277), lo status del  personale  non  direttivo  delle
 Forze  Armate  e  quello  del personale non direttivo e non dirigente
 dell'Arma  dei  Carabinieri  e'   stato   individuato   nel   "grado"
 (all'interno  del  rispettivo  "ruolo"):  v.,  per il personale delle
 Forze Armate, artt. 2, 3 e  4  d.lgs.  n.  196/1995,  e,  per  quello
 dell'Arma dei Carabinieri, artt. 2 e 12, d.lgs. n. 198/1995.
   La  posizione  di  sostanziale, tradizionale, uguaglianza dell'Arma
 dei  Carabinieri  con  le  altre   Armi   dell'esercito   (salvo   il
 sostanziale,   diverso,  contenuto  dei  suoi  compiti  di  ordine  e
 sicurezza pubblica), poi, e' stata ribadita, nei decreti  legislativi
 all'esame, sotto vari aspetti e profili:
     all'art.  12 del d.lgs. n. 196, prevedendo "la corrispondenza dei
 gradi nei rispettivi ruoli del personale di cui al  presente  decreto
 legislativo  con  i  gradi  ed  i  ruoli  del personale dell'Arma dei
 Carabineri" (secondo le tabelle A/1 ed A/2 allegate al decreto):
      all'art.  31,  comma  1  (ed  alla  corrispondente   tabella   D
 allegata),  del  d.lgs.  n.  196  ed  all'art.  54,  comma 2 (ed alla
 corrispondente tabella F, allegata al decreto), del  d.lgs.  n.  198,
 ove  il  trattamento  economico  stipendiale e' attribuito correlando
 ciascun grado ad un livello, cosicche' risulta evidente  che,  tenuto
 conto della corrispondenza dei gradi di cui si e' detto, a parita' di
 grado (tra Forze Armate e Carabinieri) risulta una parita' di livello
 (e  dunque  di  trattamento economico stipendiale), nonche' di scatti
 aggiuntivi gerarchici (salva  l'indennita'  pensionabile  di  cui  al
 terzo  comma dell'art. 43 della legge 1 aprile 1981, n. 121, prevista
 per  i  soli  Carabinieri,  in  quanto  correlata  ai  compiti   loro
 attribuiti di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica);
     all'art.  14  (ed alle corrispondenti tabelle B/1, B/2 e B/3) del
 d.lgs. n. 196 ed agli artt. 31 e 32 (ed alle  corrispondenti  tabelle
 B,  C/1  e  C/2)  del  d.lgs. n. 198, ove, sempre tenendo conto della
 disegnata corrispondenza tra i gradi, viene divisato  un  sistema  di
 avanzamento  da  un  grado all'altro, all'interno dello stesso ruolo,
 del tutto identico per il personale delle Forze Armate e  per  quello
 dell'Arma  dei  Carabinieri:  sia  quanto a forme di avanzamento, sia
 quanto a requisiti (o periodi minimi di permanenza nel grado).    Con
 le sopra riportate norme sembra, dunque, essersi voluto ricondurre ad
 armonia (essendosi verificata, nell'arco degli ultimi tre lustri, per
 effetti  indotti  alla introduzione della contrattazione collettiva e
 dalle connesse spinte particolaristiche, una lesione  del  principio,
 consolidato  nel  tempo,  e quindi non eliminablie ad arbitrio, della
 uniformita' del trattamento economico tra i vari gradi dell'esercito)
 i trattamenti retributivi (salva la possibilita' di  attribuire  voci
 retributive  od  indennita' particolari) ed ordinamentali delle Forze
 di polizia (ed, in particolare, dei Carabinieri) e delle Forze Armate
 (con  particolare  riguardo  all'esercito,  del  quale   l'Arma   dei
 Carabinieri  pur  sempre  fa parte) e cio' in perfetta attuazione sia
 dello scopo fissato nel conferimento della delega (quello, cioe',  di
 conseguire  una  disciplina  omogenea  di  carriere,  attribuzioni  e
 trattamento economico),  sia  del  principio,  conforme  ad  esigenze
 costituzionalmente  rilevanti,  di  garanzia e proporzionalita' della
 retribuzione tra coloro che appartengono alla stessa  amministrazione
 (ch'e'  quella  della  Difesa),  sono  chiamati  a svolgere le stesse
 mansioni (pur nella giusta valorizzazione delle specificita', con  il
 sistema  del  trattamento  integrativo  ed  accessorio), sono assunti
 sulla base dei medesimi sistemi concorsuali e  progrediscono  secondo
 una identica carriera.
   3.2.  - La veduta omogeneizzazione delle situazioni ordinamentali e
 dei trattamenti economici non appare, tuttavia, completa, nel disegno
 offerto dal legislatore delegato.
   In  sede  di  regime  transitorio,  la  equiparazione   tra   gradi
 (corrispondenti)  delle  Forze Armate e dell'Arma dei Carabinieri non
 viene garantita:  l'art.  34 del d.lgs. n. 196/1995, inserito  com'e'
 nel  Capo  VII  (dedicato, appunto, alle "norme transitorie"), detta,
 infatti,  norme  per  l'inquadramento  nel  ruolo  dei   marescialli,
 prescrivendo, per quanto qui piu' specificamente interessa:
     (comma 1) "I sottufficiali, in servizio alla data del 1 settembre
 1995,  sono inquadrati in ordine di ruolo, mantenendo l'anzianita' di
 servizio posseduta e l'anzianita' di  grado  maturata  nel  grado  di
 provenienza, nei seguenti gradi del ruolo dei marescialli:
      a)  nel  grado  di  aiutante,  i  marescialli  maggiori  o gradi
 corrispondenti, compresi quelli con  qualifica  di  "aiutante"  o  di
 "scelto", nonche' i marescialli capi e gradi corrispondenti utilmente
 inseriti nei quadri d'avanzamento formati entro la data del 31 agosto
 1995;
      b)  nel  grado  di  maresciallo  capo  e gradi corrispondenti, i
 marescialli  capi,   nonche'   i   marescialli   ordinari   e   gradi
 corrispondenti  inseriti  nei  quadri  d'avanzamento formati entro la
 data del 31 agosto 1995;
      c) nel grado di maresciallo ordinario e gradi corrispondenti,  i
 marescialli   ordinari,   nonche'   i   sergenti   maggiori  e  gradi
 corrispondenti utilmente inseriti nei  quadri  d'avanzamento  formati
 entro la data del 31 agosto 1995";
     (comma  3) "I marescialli capi e i sergenti maggiori, iscritti ai
 quadri d'avanzamento ordinari e straordinari relativi agli anni  1994
 e  1995  ma non promossi, sono inquadrati, rispettivamente, nei gradi
 di aiutante e di maresciallo ordinario corrispondenti con  decorrenza
 31  agosto 1995, prendendo posto nel ruolo dopo l'ultimo promosso dei
 quadri ordinari e straordinari";
     (comma 5) "I sottufficiali, che alla data del  1  settembre  1995
 rivestano  il  grado  di sergente maggiore e gradi corrispondenti con
 almeno quattro anni di anzianita'  di  grado,  sono  inquadrati  alla
 medesima  data  nel  grado  di maresciallo e gradi corrispondenti, in
 ordine di ruolo senza mantenere l'anzianita' di  grado  maturata  nel
 grado di provenienza";
     (comma  6)  "I  sottufficiali, che alla data del 1 settembre 1995
 rivestano il grado di sergente maggiore e  gradi  corrispondenti  con
 meno  di  quattro  anni  di anzianita' di grado, sono inquadrati alla
 data  del  1  settembre  1996  nel  grado  di  maresciallo  e   gradi
 corrispondenti,  in  ordine  di ruolo senza mantenere l'anzianita' di
 grado maturata nel grado di provenienza";
     (comma 8) "I sottufficiali, che alla data del  1  settembre  1995
 rivestano il grado di sergente e gradi corrispondenti, gia' arruolati
 ai  sensi della legge 10 maggio 1983, n. 212, sono alla predetta data
 immessi nel servizio permanente con il grado posseduto...".
   Tali   norme   transitorie,   dettate   per   l'inquadramento   dei
 sottufficiali  delle Forze Armate trovano corrispondenza, nell'ambito
 delle  norme  previste  nel  d.lgs.  n.  198/1995  per  il  personale
 dell'Arma dei Carabinieri:
     nell'art.  46,  comma  1:  "Il  personale  appartenente  al ruolo
 sottufficiali, comunque in servizio alla data del 1  settembre  1995,
 e'  inquadrato,  mantenendo  l'anzianita'  di  servizio  e  di  grado
 maturato, nei seguenti gradi del ruolo ispettori:
      a) nel grado di  maresciallo  aiutante  sostituto  ufficiale  di
 pubblica   sicurezza,   i  sottufficiali  che,  alla  predetta  data,
 rivestono il grado  di  maresciallo  maggiore,  compresi  quelli  con
 qualifica  di  "aiutante"  e "carica speciale", nonche' i marescialli
 capi utilmente iscritti, ai fini della promozione di grado superiore,
 nei quadri di avanzamento formati alla suddetta data, ai sensi  della
 legge 10 maggio 1983, n. 212:
      b)  nel  grado  di  maresciallo  capo, i sottufficiali che, alla
 predetta  data,  rivestono  il  grado  di  maresciallo  capo   e   di
 maresciallo  ordinario,  nonche'  i  brigadieri utilmente iscritti ai
 fini della promozione ai gradi superiore, nei quadri  di  avanzamento
 formati  alla  suddetta data, ai sensi della legge 10 maggio 1983, n.
 212;
      c) nel grado di maresciallo ordinario, i sottufficiali che, alla
 predetta  data,  rivestono  il  grado  di   brigadiere,   nonche'   i
 vicebrigadieri  utilmente  iscritti ai fini della promozione al grado
 superiore, nei quadri di avanzamento formati alla suddetta  data,  ai
 sensi della legge 10 maggio 1983, n. 212;
      d) nel grado di maresciallo, i vicebrigadieri";
     art.  49,  comma  2:  "Alla  stessa  data  i marescialli capi e i
 brigadieri gia' valutati, giudicati idonei, iscritti in quadro ma non
 promossi perche' non compresi nel primo terzo  o  nella  prima  meta'
 delle  rispettive  aliquote,  sono  inquadrati,  a  decorrere  dal  1
 settembre 1995, nel ruolo degli  ispettori,  rispettivamente  con  il
 grado  di  maresciallo  aiutante s.U.P.S. e maresciallo capo, secondo
 l'ordine del ruolo  di  provenienza,  previo  giudizio  di  idoneita'
 espresso  dalla  commissione  di avanzamento di cui all'art. 31 della
 legge 10 maggio 1983, n.  212".  Orbene, una lettura comparata  delle
 norme  appena  riportate  fa risaltare evidenti differenze, derivanti
 dalla sola appartenenza alle Forze Armate piuttosto che all'Arma  dei
 Carabinieri,  nell'inquadramento previsto per personale di pari grado
 (in forza di corrispondenza dichiarata ex lege), a  tutto  detrimento
 dei  sottufficiali  delle  Forze Armate mentre i marescialli ordinari
 dell'esercito (per restare all'Arma ed al caso  che  qui  ne  occupa)
 sono inquadrati nel grado di maresciallo ordinario (art. 34, comma 1.
 lett.  c  del  d.lgs.  n.  196/1995),  i  loro omologhi dell'Arma dei
 Cabinieri sono inquadrati nel grado di  maresciallo  capo  (art.  46,
 comma  1,  lett. b del d.lgs. n. 198/1995) mentre, ancora, i sergenti
 maggiori dell'esercito, iscritti ai quadri di avanzamento ordinari  e
 straordinari  relativi  agli  anni  1994 e 1995 ma non promossi, sono
 inquadrati nel grado di maresciallo ordinario (art. 34, comma 3,  del
 d.lgs.  n.  196/1995),  i  loro corrispondenti colleghi dell'Arma dei
 Carabinieri sono inquadrati nel grado di maresciallo capo (art.   49,
 comma  2,  del  d.lgs.  n.  198/1995).    I  sergenti  maggiori  sono
 inquadrati nel grado di maresciallo alla data del 1 settembre 1995 se
 in possesso di almeno quattro anni di anzianita' di grado alla stessa
 data (art. 34, comma 5, del d.lgs.  n.196/1995), ovvero alla data del
 1 settembre 1996 se non raggiungano la detta anzianita'  alla  stessa
 data del 1 settembre 1995 (art. 34, comma 6, del d.lgs. n. 196/1995),
 mentre  i  sottufficiali  dell'Arma  dei  Carabinieri in possesso del
 grado corrispondente di brigadiere si vedono tutti inquadrati, per di
 piu' a prescindere dalla anzianita' maturata, nel superiore grado  di
 maresciallo  ordinario  (art.  46,  comma 1, lettera c, del d.lgs. n.
 198/1995); per finire, i sergenti vengono immessi, alla  data  del  1
 settembre  1995, nel servizio permanente con il grado posseduto (art.
 34, comma 8,  del  d.lgs.  n.  196/1995),  laddove  i  loro  colleghi
 dell'Arma dei carabinieri (vice brigadieri) sono inquadrati nel grado
 di  maresciallo,  se  non,  addirittura,  in  quello  di  maresciallo
 ordinario (art. 46, comma 1, lettere c e d, del d.lgs. n. 198/1995).
   4. - Tutto cio' premesso, la dedotta questione di costituzionalita'
 riguarda, appunto, le norme da ultimo citate del d.lgs. n.  196/1995:
 l'art.  34,  comma  1. lettera c) e l'art. 34, comma 3, 5, 6 e 8, dei
 quali   l'amministrazione   ha    fatto    applicazione    ai    fini
 dell'inquadramento, rispettivamente, e nell'ordine:
    dei ricorrenti gia' marescialli ordinari;
    del  ricorrente  gia'  sergente  maggiore  in  servizio permanente
 dell'esercito, iscritto nei quadri di avanzamento;
     dei ricorrenti gia'  sergenti  maggiori  in  servizio  permanente
 dell'esercito,  con  almeno  quattro anni di anzianita' di grado alla
 data del 1 settembre 1995;
     dei ricorrenti gia'  sergenti  maggiori  in  servizio  permanente
 dell'esercito,  con  meno di quattro anni di anzianita' di grado alla
 data del 1 settembre 1995;
     del ricorrente che riverstiva il grado di sergente alla data  del
 1 settembre 1995.
   La  questione  appare di decisiva rilevanza ai fini della decisione
 giurisdizionale richiesta dalle parti a questo  giudice,  atteso  che
 solo  l'eventuale, invocata declaratoria di incostituzionalita' delle
 norme predette  (sulla  cui  corretta  applicazione  da  parte  della
 amministrazione  intimata  non  si  controverte),  con sentenza ad un
 tempo cassatoria ed additiva della Corte (cfr. Corte cost.  sent.  n.
 248  del  1989),  che  dichiari  l'applicabilita',  ai  sottufficiali
 dell'esercito e delle altre Forze Armate, delle norme transitorie  di
 inquadramento  dettate  per  i  pari grado dell'Arma dei Carabinieri,
 determinerebbe, una volta eliminato l'ostacolo delle censurate  norme
 del  d.lgs.  n.  196  (sulla  base delle quali, si ripete, sono stati
 effettuati  gli  impugnati  inquadramenti),  un  esito  del  giudizio
 pienamente  favorevole  ai ricorrenti, con il riconoscimento del loro
 (preteso)  diritto  a  vedersi  inquadrati  (con  il   corrispondente
 trattamento   economico)   sulla  base  delle  suddette  disposizioni
 riguardanti l'Arma dei Carabinieri.
   Inammissibile,  invece,  per  difetto  di  rilevanza,   appare   la
 questione  di  costituzionalita',  pure  sollevata  dagli istanti, di
 altre disposizioni dell'art. 34 cit., non direttamente riguardanti la
 fattispecie all'esame.
   4.1. - Superato positivamente l'esame preliminare di ammissibilita'
 e rilevanza della proposta eccezione di illegittimita' costituzionale
 (quanto, si precisa, all'art. 34, comma 1, lettera c, e commi 3, 5, 6
 e 8 del  d.lgs.  n.  196  del  1995),  occorre,  ora,  accertarne  il
 carattere di non manifesta infondatezza.
   Osserva,  al  riguardo, il Collegio di non poter considerare, prima
 facie,  infondata  la   dedotta   questione   di   costituzionalita',
 sussistendo un ragionevole dubbio sulla conformita' di tali norme con
 l'art.  3 della Costituzione e coi principi di ragionevolezza e buona
 amministrazione,  nella  misura  in  cui esse non stabiliscono, per i
 sottufficiali  delle  Forze   Armate,   precetti   di   inquadramento
 transitorio  (del  personale  in  servizio  alla data del 1 settembre
 1995) analoghi a quelli applicabili, ai sensi del d.lgs. n. 198/1995,
 ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri.
   Appare, in proposito, evidente che, pur nell'innegabile ampiezza di
 interventi sugli ordinamenti previsti dalla legge di delega (art.   3
 della  legge  n.  216  del 1992: si noti, non investita da censure di
 incostuzionalita' dai ricorrenti, ne', d'ufficio, da questo  giudice)
 - allo scopo di conseguire una disciplina "omogenea" e di raggiungere
 una  "equiordinazione" di compiti e connessi, trattamenti economici -
 per il riordino delle carriere, delle attribuzioni e dei  trattamenti
 economici,  con previsione espressa della revisione di ruoli, gradi e
 qualifiche (v. Corte cost., ord. n. 189 del 13-25  maggio  1999),  il
 decreto  delegato  in  esame  (n. 196 del 1995) disegna, tuttavia, un
 sistema transitorio di primo inquadramento  dei  sottufficiali  delle
 Forze  Armate  del  tutto  disomogeneo  e deteriore rispetto a quello
 stabilito per il personale corrispondente dell'Arma  dei  Carabinieri
 (agli artt. 46 e 49 del d.lgs. n. 198/1995), che non pare sorretto da
 valide   ed   univoche   ragioni   sostanziali,   giungendo  anzi  ad
 ingiustificate distorsioni rispetto alla normativa prevista a  regime
 per  l'inquadramento  e  le  forme  di  avanzamento dei sottufficiali
 stessi; normativa che, nella disciplina recata dalle tabelle allegate
 ai due decreti delegati in considerazione, appare del tutto similare,
 quanto alle forme di avanzamento ed ai periodi minimi  di  permanenza
 nel grado.
   Ne'  la  differenza  di  inquadramento di cui si tratta (cosi' come
 quella di trattamento economico, alla prima conseguente)  pare  poter
 trovare una sua giustificazione logica e razionale nella tesi secondo
 la  quale,  in  relazione  alle mansioni in concreto svolte dalle due
 categorie di dipendenti poste a raffronto - ed, in particolare,  alla
 gravosita'  ed  al  pericolo, propri dei compiti d'istituto dell'Arma
 dei Carabinieri, insiti nella lotta al terrorismo ed alla delinquenza
 organizzata  -  non  sarebbe  configurabile   quella   identita'   di
 situazioni oggettive e soggettive, che, in presenza di un trattamento
 viceversa  differenziato,  comporterebbe  violazione del principio di
 uguaglianza (v. Corte costituzionale, 12 aprile 1990, n. 191).
   Il collegio non puo' infatti nascondersi che la ragionevolezza e la
 conformita' al principio di uguaglianza del sistema di  cui  trattasi
 entrano  in crisi proprio perche' il (pur legittimo) raffronto di cui
 trattasi  resterebbe  limitato  alla  sola  fase   dell'inquadramento
 transitorio in discussione.
   L'intero   sistema  disegnato  dal  legislatore  delegato  (con  la
 fissazione di una corrispondenza dei gradi delle  diverse  Armi,  con
 l'inserimento  dei  gradi  dichiarati  corrispondenti  in  uno stesso
 livello retributivo, con l'indicazione di un percorso di carriera  in
 tutto  simile  per  i  gradi  corrispondenti  delle diverse Armi, ivi
 compresa l'Arma dei Carabinieri) appare, invero, chiaramente volto ad
 escludere, piuttosto che ad esaltare le differenze tra  sottufficiali
 di  pari  grado  ed anzianita' dell'esercito (non facenti parte delle
 "Forze di polizia") e sottufficiali dei Carabinieri (ricompresi dalla
 legge tra le Forze di polizia, che, come e' noto, svolgono prevalenti
 compiti di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica).
   Una posizione di sostanziale uguaglianza tra  le  varie  Armi  (non
 fosse per le dissonanti disposizioni qui denunciate), il legislatore,
 col  quadro  normativo  sopra  precisato,  pare indubitabilmente aver
 perseguito, dando cosi' minor rilevanza che in un recente passato (ma
 cio' rientra nella  discrezionalita'  legislativa,  fermo  il  limite
 generale,  per  ogni intervento normativo, della ragionevolezza, come
 svolgimento  dell'art.  3  della  Costituzione),  ai  fini  che   qui
 interessano, alla specificita' delle attivita' che siano richieste ai
 dipendenti  pubblici  per  la  difesa  della  nazione  e  dell'ordine
 pubblico. a quelle specificita', cioe', che  avevano  consentito.  in
 virtu'  del  quinto  comma dell'art. 2 della legge n. 34 del 1984, la
 estensione del trattamento economico previsto per il personale  della
 polizia  di  Stato  agli  ufficiali  e  sottufficiali  facenti  parte
 dell'Arma  dei  Carabinieri (ma non a quelli dell'esercito. ne' delle
 altre Armi).
   A questo punto viene meno ogni  possibile  presupposto,  sul  quale
 possa  poggiare  la tesi della conformita' ai principi costituzionali
 della normativa in questione, poiche' se tali  specificita'  appaiono
 venute  meno  nell'intero, coordinato, corpus  legislativo costituito
 dai decreti legislativi  in  argomento  (se  si  esclude,  come  gia'
 rilevato,    la   valorizzazione   dell'istituto   della   indennita'
 pensionabile attribuita alle Forze di polizia,  del  resto  in  piena
 coerenza  con il quadro complessivo tracciato), non si comprende come
 e perche' le stesse possano e  debbano  sorreggere  le  differenziate
 scelte  effettuate dal legislatore delegato in tema di inquadramento,
 nel regime transitorio, dei sottufficiali in servizio.
   Pare, in definitiva, molto arduo  riconoscere  la  ratio  del  piu'
 favorevole  regime  di  inquadramento  riservato ai sottufficiali dei
 Carabinieri nella loro attivita'  di  lotta  al  terrorismo  ed  alla
 criminalita'  organizzata  e, piu' in generale, di difesa dell'ordine
 pubblico.
   Oltretutto,   l'anzidetta,    diversificata,    disciplina    degli
 inquadramenti  dei  sottufficiali delle Forze Armate in servizio alla
 data del 1  settembre  1995  (rispetto  a  quella  introdotta  per  i
 sottufficiali  dei  Carabinieri)  non  trova  giustificazioni nemmeno
 (come  pur  potrebbesi  legittimamente  ipotizzare,  trattandosi   di
 inquadramento  di  personale  in  servizio) in differenze sostanziali
 rinvenibili nell'ordinamento precedente, tali da  provocare  riflessi
 sostanziali   (derivanti   dalle   diverse,   pregresse,   forme   di
 progressione nelle qualifiche e nei gradi) in sede di adeguamento dei
 moduli ordinamentali stessi.
   Anteriormente alla entrata in vigore  del  d.lgs.  n.  196/1995  in
 argomento.  infatti,  la  corrispondenza  dei  gradi dei sottufficali
 delle varie Armi si rinveniva all'art. 25 della legge 10 maggio 1983,
 n. 212 (ed alla tabella "A" allegata alla legge),  cosi' come la c.d.
 inclusione nelle aliquote di  valutazione,  per  la  progressione  in
 carriera, era recata dagli artt. 27 e 29 della stessa legge n.  212 e
 dalle  tabelle  "B/1",  "B/2",  "B/3",  "B/4"  e  "C", pure allegate.
 Orbene, nessuna apprezzabile differenza in tali  superati  meccanismi
 (per effetto della abrogazione di norme di cui all'art. 40 del d.lgs.
 n.  196/1995)  e' rinvenibile fra le varie Armi delle Forze Armate da
 un lato e quella  dei  Carabinieri  dall'altro.    Soltanto,  i  vice
 brigadieri  dei  CC. (corrispondenti, tanto nel vecchio che nel nuovo
 ordinamento,  ai  sergenti  dell'esercito   e   delle   altre   armi)
 conseguivano  la promozione a brigadieri (corrispondenti, nel vecchio
 e nel nuovo ordinamento al grado di sergente maggiore) per anzianita'
 (invece che per concorso, come era prescritto per i sergenti) e  dopo
 un  anno e sei mesi di permanenza nel grado (invece che dopo 2 anni e
 6 mesi).  Ma una tale differenza di  carriera  (annullata  nel  nuovo
 ordinamento),   nel  passaggio  dal  grado  iniziale  del  ruolo  dei
 sottufficiali a quello immediatamente  superiore,  non  pare  affatto
 poter  giustificare  di  per  se'  l'intero, massiccio, meccanismo di
 promozioni  messo  in  piedi  dalle  norme  che  ne  occupano  per  i
 sottufficiali  dei  carabinieri  in  sede  di  primo inquadramento ex
 d.lgs. n. 198/1995 e non, invece, per  i  sottufficiali  delle  altre
 Armi,  ad  opera  dei  decreti attuativi della legge n. 216 del 1992;
 potendo, anzi, costituire, in un ipotetico, ma pur sempre  necessario
 raffronto  tra  la  carriera dei sottufficiali dell'esercito e quella
 dei pari grado dell'Arma  dei  Carabinieri.    elemento  di  "favore"
 (nell'ambito    dell'effettivo,    perseguito,   riequilibrio   della
 disciplina,  che   presuppone   la   eliminazione   di   preesistenti
 differenze)  per il personale dell'esercito il fatto che il pregresso
 meccanismo di progressione (che,  per  il  passaggio  da  sergente  a
 sergente  maggiore,  prevedeva  l'avanzamento per concorso, piuttosto
 che per  mera  anzianita')  fosse  caratterizzato  da  meccanismi  di
 selezione   e   valutazione   assenti,   almeno  in  tale  fase,  nel
 corrispondente ordinamento dei Carabinieri.
   4.2. - Se, dunque, il principio di uguaglianza esprime un  giudizio
 di relazione, che impone il trattamento identico di situazioni uguali
 e, viceversa, il trattamento differenziato di situazioni fra loro non
 del  tutto corrispondenti (v. Corte costituzionale, n. 183 del 1997 e
 nn.  89  e  386  del   1996),   appare   chiara,   nella   disciplina
 dell'inquadramento dei sottufficiali di cui alle norme transitorie in
 discussione,  la  operata disparita' di trattamento tra soggetti (gli
 uni dell'esercito e delle  altre  Armi  e  gli  altri  dell'Arma  dei
 Carabinieri)  gia'  iscritti  nello  stesso  ruolo, in possesso dello
 stesso grado (per "corrispondenza" stabilita dal legislatore  stesso)
 ed  incaricati  di  espletare  funzioni,  che, se non identiche, sono
 state (e gia' erano precedentemente) comunque dal legislatore  stesso
 ritenute  equivalenti  nel  dettare  la  disciplina  a  regime  delle
 carriere  di  cui  si  tratta;  disparita',  che  crea  discrasie   e
 differenze  gravi,  nel momento in cui, all'esito della operazione di
 inquadramento, i detti soggetti si vedono attribuiti gradi e  vengono
 a  collocarsi  in livelli retributivi irragionevolmente differenziati
 (a parita' di posizione di partenza) a tutto ed  esclusivo  vantaggio
 dei  sottufficiali  dei  Carabinieri.    Questa  operazione meramente
 meccanica di rapida  progressione  di  carriera,  riservata  al  solo
 personale  dell'Arma  dei  Carabinieri in sede dell'inquadramento del
 personale in servizio alla data dell'inquadramento di cui alle  norme
 transitorie  in esame. risulta, poi, tanto piu' arbitraria, in quanto
 effettuata nel momento stesso in cui, con il  complesso  dei  decreti
 legislativi  attuativi  della  legge n. 216, si crea senza dubbio una
 disciplina  omogenea  di  riordino  delle  carriere,   caratterizzata
 dall'identico,  ordinato, dispiegarsi, in tutte le Armi, di posizioni
 dal  legislatore  stesso  identificate  come  corrispondenti.      Le
 denunciate  norme,  cosi',  appaiono anche porsi in palese violazione
 del principio di buon andamento della  pubblica  amministrazione,  di
 cui  all'art.  97 della Costituzione, come costantemente interpretato
 dalla Corte costituzionale e, cioe', come un criterio di congruenza e
 di non arbitrarieta' della disciplina posta in essere in relazione al
 fine che si vuol perseguire (v. sentenze n. 10 del 1980 e n. 331  del
 1988).    La contraddittorieta' tra le scelte operate dal legislatore
 all'interno dello stesso corpus  normativo  ed  in  attuazione  della
 medesima  norma  di delega (laddove, dopo aver dettato una disciplina
 ordinamentale del personale delle Forze Armate e di quello  dell'Arma
 dei   Carabinieri   sostanzialmente,   a   regime,  omogenea,  cotale
 omogeneita' il legislatore stesso poi contrasta  e  snatura),  lungi,
 poi,  dal  tendere  alla  ottimizzazione  organizzativa  della stessa
 pubblica amministrazione  (in  modo  tale  da  poter  soddisfare  gli
 interessi  pubblici  nel migliore dei modi), finisce con lo svilire e
 disconoscere situazioni sostanzialmente  espressione  della  medesima
 capacita'  professionale in capo ai singoli funzionari (capacita' che
 pure i decreti medesimi mostrano di valutare, in sede di  definizione
 dell'ordinamento   di   regime,  ai  fini  della  attribuzione  delle
 qualifiche  dell'ordinamento  del  personale   delle   Forze   Armate
 complessivamente  intese,  in  misura  eguale) e che, tanto a fini di
 eguaglianza sostanziale (rispetto della parita' delle  posizioni  dei
 dipendenti  da  inquadrare),  quanto a fini di massima valorizzazione
 delle professionalita' possedute dai militari in  servizio  (che  non
 puo'     non     considerarsi    incidente    su    buon    andamento
 dell'amministrazione), possono concretamente emergere  ed  affermarsi
 solo   con   l'apprestamento  di  strumenti  congrui,  adeguati,  non
 distorsivi, in una parola uniformi, di inquadramento (perche'  se  e'
 vero  che,  come  ha  ritenuto  il  giudice delle leggi con l'ord. n.
 151/1999 citato, non si puo' ravvisare  lesione  dell'art.  97  della
 Costituzione   per   il   fatto   che  siano  intervenute  variazioni
 dell'assetto organizzatorio della pubblica amministrazione,  che  non
 sono  di per se' indice di peggioramento allorche' siano accompagnate
 da minori accrescimenti di posizioni economiche e di  svolgimento  di
 carriera  di  singoli  o  di gruppi di dipendenti, e' pur vero che le
 variazioni devono pur sempre inserirsi  in  un  disegno  coerente  di
 politica   normativa  ed  in  scelte  non  palesemente  arbitrarie  e
 manifestamente irragionevoli; il che, per le ragioni sopra ampiamente
 illustrate, non pare di poter affermare  con  riguardo  alle  patenti
 alterazioni   dell'equilibrio   ordinamentale,  qui  rilevate).    La
 prospettata  diversita'  di  trattamento  non  appare,   soprattutto,
 sorretta da una ragionevole giustificazione, si che le relative norme
 paiono  piuttosto  riconducibili ad una ipotesi di uso manifestamente
 irrazionale del potere legislativo. in  buona  sostanza,  sembra  con
 cio'  inciso  il  limite  della ragionevolezza, che rende la relativa
 questione prospettabile quale incidente di incostituzionalita'.
   Le differenze retributive, infine, che le impugnate  norme  causano
 quale   effetto   distorsivo  del  diversificato  reinquadramento  di
 soggetti appartenenti allo stesso livello retributivo, rendono  anche
 apprezzabile la violazione dell'art. 36 della Costituzione, in quanto
 gli  inquadramenti  stessi,  comportando alterazioni alla omogeneita'
 della disciplina e dei connessi trattamenti economici, si  appalesano
 in  contrasto  con  il principio di proporzionalita' e di adeguatezza
 retributiva, ivi statuito.
   5.  -  Per  quanto  sopra  esposto,  il  collegio   considera   non
 manifestamente  infondata  la  eccezione di incostituzionalita' delle
 disposizioni di legge suindicate e, conseguentemente, ritiene che  la
 indicata  questione,  nei termini e nei limiti sopra delineati, debba
 essere rimessa all'esame della stessa Corte, in relazione agli  artt.
 3, 36 e 97 della Costituzione.