IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1505 del  1995,
 proposto  da Sanna Antonio, Abatianni Vito, Andriulo Pietro, Balletta
 Francesco,  Balletta  Franco,  Barbera  Salvatore,  Cacucci   Felice,
 Canonico Emanuele, Carnevale Umberto, Castriota G.Battista, D'Abrosca
 Giovanni,  Filosa  Domenico,  Galdino  Pasquale,  Ludicelli Vincenzo,
 Lamberti Enzo, Lorizio Paolo, Mura Paolo, Vigliotti  Vincenzo,  Velon
 Nicola,   Valenti  Angelo,  Trano  Michele,  Tintoni  Carlo,  Stefani
 Rolando, Stefanelli Michele, Sozzo Stefano,  Schipa  Walter,  Savasta
 Fabio,  Santonastaso  Carmine,  Pacella  Enrico,  Pagliara  Giuseppe,
 Paloscia Paolo, Pandolfo  Andrea,  Parillo  Carlo,  Pastore  Antonio,
 Perino   Giangavino   e  Pezzino  Antonino,  rappresentati  e  difesi
 dall'avv. Maria Ughetta Bini, ed elettivamente domiciliati presso  lo
 studio della stessa, in Brescia, via Ferramola n. 14;
   Contro   il   Ministero  della  difesa,  in  persona  del  Ministro
 pro-tempore, il Ministero della funzione  pubblica,  in  persona  del
 Ministro  pro-tempore,  il  Ministero  del  tesoro,  in  persona  del
 Ministro  pro-tempore,  costituitisi  in  giudizio,  rappresentati  e
 difesi   dall'avvocatura   distrettuale   dello   Stato  ed  ex  lege
 domiciliati presso gli  uffici  della  stessa,  in  Brescia,  via  S.
 Caterina  n. 6, per l'annullamento degli atti del nuovo inquadramento
 in ruolo disposti ai sensi dell'art. 34 del d.lgs.  12 marzo 1995, n.
 196, con i quali:
     a) i ricorrenti Balletta,  Valenti,  Iudicelli,  Sanna,  Parillo,
 Filosa,  Savasta,  Stefanelli, Lorizio, Cacucci, D'Ambrosca, Perino e
 Canonico, sono stati inquadrati nel grado di maresciallo ordinario;
     b) i ricorrenti Pagliara, Velon, Mura e  Pezzino,  gia'  sergenti
 maggiori  in  valutazione,  ma  non promossi, sono stati iscritti nel
 ruolo  dei  marescialli,  con  promozione  al  grado  di  maresciallo
 ordinario:
     c) i ricorrenti Paloscia, Tintoni, Carnevale, Balletta, Lamberti,
 Pastore,  Vigliotti  e  Trano,  gia'  sergenti  maggiori  con piu' di
 quattro anni nel grado sono stati iscritti nel ruolo dei  marescialli
 con il grado di maresciallo;
     d)  i  ricorrenti  Santonastaso,  Pandolfo,  Castriotta, Pacella,
 Sozzo, Abatianni e Schipa, gia' sergenti maggiori con meno di quattro
 anni di anzianita' nel grado,  sono  stati  iscritti  nel  ruolo  dei
 sergenti con il grado di sergente maggiore;
     e) ed infine, i ricorrenti Galdino e Barbera, gia' sergenti, sono
 iscritti nel ruolo dei sergenti con il grado di sergenti; nonche' per
 il    riconoscimento    del    diritto    ad    ottenere,   ai   fini
 dell'inquadramento, il medesimo trattamento attribuito con il  d.lgs.
 n.  198/1995  ai  sottufficiali  pari grado appartenenti all'Arma dei
 Carabinieri; nonche' per la conseguente condanna dell'amministrazione
 intimata  alla  corresponsione  delle  differenze   retributive   tra
 l'inquadramento  operato ai sensi del d.lgs. n. 196 del 1995 e quello
 superiore riconosciuto ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri, in
 forza del d.lgs. n. 198 del 1995, con rivalutazione  ed  interessi  e
 con  il  riconoscimento,  infine, dell'equiparazione predetta a tutti
 gli effetti a decorrere dal 1 settembre 1995;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di   costituzione   in   giudizio   delle   intimate
 amministrazioni;
   Viste  le  memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 domande e difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Data per letta,  alla  pubblica  udienza  del  9  luglio  1999,  la
 relazione del consigliere A. Ingrassia;
   Uditi,  alla  stessa  udienza,  l'avv.  Maria  Ughetta  Bini  per i
 ricorrenti  e  l'avv.  dello  Stato   Alessandro   Maddalo   per   le
 amministrazioni resistenti;
   Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Viene  premesso  che i ricorrenti sono sottufficiali dell'Esercito,
 in forza al 4 Rgt. Artiglieria Contraerei di Mantova.
   Come gia' evidenziato, alcuni di loro  risultano  inquadrati  quali
 marescialli ordinari e gli altri quali sergenti maggiori.
   Con  d.lgs.  n. 196 del 19 maggio 1995, si espone in ricorso, si e'
 provveduto al riordino  dei  ruoli,  alla  modifica  delle  norme  di
 reclutamento  ed allo stato d'avanzamento del personale non direttivo
 delle Forze Armate, Esercito, Marina, ed  Aeronautica,  ad  eccezione
 dell'Arma  dei  Carabinieri  il  cui  riordino  dei  ruoli  e'  stato
 disciplinato con d.lgs. n. 198 sempre del 12 maggio 1995.
   All'inquadramento degli odierni ricorrenti, sulla scorta di  quanto
 disposto  dall'art. 34 del citato d.lgs. n. 196, si e' poi provveduto
 con decreti ministeriali, dei  quali  s'e'  data  comunicazione  agli
 interessati,  con  note  individuali, tutte datate tra il 13 ed il 20
 settembre 1995 ed il 9 ottobre 1995.
   In particolare, prosegue il ricorso:
     1) gli esponenti Balletta, Valenti,  Iudicelli,  Sanna,  Parillo,
 Filosa,  Savasta,  Stefanelli, Lorizio, Cacucci, D'Ambrosca, Perino e
 Canonico, gia' marescialli ordinari, sono stati inquadrati nel  grado
 di maresciallo ordinario ed iscritti nel ruolo dei marescialli;
     2) i sigg. Pagliara, Vela, Mura e Pezzino, gia' sergenti maggiori
 ed inseriti nei quadri di avanzamento formati alla data del 31 agosto
 1995,  sono  stati  promossi  al  grado  di  maresciallo ordinario ed
 inquadrati nel ruolo dei marescialli;
     3) i ricorrenti Paloscia, Tintoni,  Carnevale,  Balletta  Franco,
 Lamberti,  Pastore,  Vigliotti  e  Trano, gia' sergenti maggiori, con
 piu' di quattro anni di anzianita' nel grado, sono stati iscritti nel
 ruolo dei marescialli con il grado di maresciallo;
     4) mentre i sigg. Santonastaso,  Pandolfo,  Castriotta,  Pacella,
 Sozzo,  Abatianni  e  Schipa,  gia'  sergenti  maggiori,  con meno di
 quattro anni di anzianita' nel grado, sono  stati,  invece,  iscritti
 nei ruoli dei sergenti mantenendo il grado di sergente maggiore;
     5)  ed, infine, i sigg. Galdino e Barbera sono stati iscritti nel
 ruolo dei sergenti con il grado di sergenti.
   Avverso i decreti  ministeriali  di  inquadramento,  effettuato  ai
 sensi  del  citato  d.lgs.  n.  196/1995,  hanno  proposto  ricorso i
 predetti sottufficiali deducendone la "illegittimita' derivata" degli
 atti di inquadramento, per "illegittimita'  costituzionale  dell'art.
 34,  comma 1, lettera c), commi 3, 4, 5, 7 e 8 del d.lgs. n. 196/1995
 per contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 Cost.".
   Le   determinazioni   ministeriali   di   inquadramento   sarebbero
 illegittime,  in  quanto  applicano  il  d.lgs. n. 196/1995 (attuando
 l'inquadramento del personale in servizio alla data del  1  settembre
 1995, sulla base della norma transitoria di cui all'art. 34), che, si
 afferma  in ricorso, e' penalizzante rispetto a quello disposto per i
 parigrado nell'Arma dei Carabinieri, in forza del d.lgs. n. 198/1995.
 Cio', si prosegue, in netto contrasto con lo spirito della  legge  n.
 216/1992   che   ha  demandato  al  governo  l'emissione  di  decreti
 legislativi contenenti le necessarie modifiche agli  ordinamenti  del
 personale...  per il riordino delle carriere delle attribuzioni e dei
 trattamenti  economici  allo  scopo  di  conseguire  una   disciplina
 omogenea fermi restando i rispettivi compiti istituzionali.
   l  ricorrenti  si  vedrebbero,  insomma,  riservato dalla normativa
 transitoria un trattamento diverso e penalizzante rispetto  a  quello
 riservato ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri. Infatti:
     a)  i marescialli ordinari delle Forze Armate, esclusi dai quadri
 di avanzamento formati alla data  del  31  agosto  1995,  sono  stati
 inquadrati  nel  ruolo  dei  marescialli  con il grado di maresciallo
 ordinario, mentre i marescialli ordinari  dell'Arma  dei  Carabinieri
 sono  stati  inquadrati  nel  ruolo  degli  ispettori con il grado di
 maresciallo capo (cfr  art.  34,  comma  1,  lettera  c),  d.lgs.  n.
 196/1995  in  rapporto all'art. 46, comma 1, lettera b), &d d.lgs. n.
 198/1995;
     b) i sergenti maggiori delle Forze Armate, utilmente inseriti nei
 quadri di avanzamento alla  data  del  31  agosto  1995,  sono  stati
 inquadrati  nel  ruolo  dei  marescialli  con il grado di maresciallo
 ordinario con due anni di anzianita', mentre i  brigadieri  dell'Arma
 dei Carabinieri utilmente iscritti al fine della promozione dal grado
 superiore  nei  quadri di avanzamento sono inquadrati nel ruolo degli
 ispettori con il grado di maresciallo capo (cfr. art.  34,  comma  1,
 lettera  c),  d.lgs.  n.  196/1995, in rapporto all'art. 46, comma 1,
 lettera b), d.lgs. n. 198/1995);
     c) i sergenti maggiori gia' iscritti nei quadri di avanzamento ma
 non promossi sono stati inquadrati nel ruolo dei marescialli al grado
 di maresciallo ordinario con anzianita'  di  grado  31  agosto  1993,
 mentre  i  brigadieri  dei  Carabinieri sono stati promossi in quanto
 inquadrati nel ruolo degli ispettori con il grado di maresciallo capo
 (cfr. art. 34, comma 3, d.lgs. n. 196/1995, in rapporto all'art.  49,
 comma 2, d.lgs. n. 198/1995;
     d) i sergenti maggiori delle Forze Armate con almeno quattro anni
 di anzianita' nel grado, alla data del 1 settembre 1995,  sono  stati
 inquadrati nel grado di maresciallo ad anzianita' zero;
     e)  ancora:  i  sergenti maggiori delle Forze Armate, con meno di
 quattro anni di anzianita' a  detta  data,  verranno  inquadrati  nel
 grado  di  maresciallo  ad anzianita' zero a far data dal 1 settembre
 1996,  mentre  i  brigadieri  e  vice  brigadieri   dei   Carabinieri
 (quest'ultimi  utilmente  iscritti nei quadri di avanzamento al grado
 superiore) sono inquadrati, alla data del 1 settembre 1995, nel ruolo
 degli ispettori con il grado di maresciallo ordinario  (v.  art.  34,
 commi  5  e 6, d.lgs. n. 196 del 1995, in rapporto all'art. 46, comma
 1, lettere c) e d), del d.lgs. n. 198 del 1995);
     f) addirittura  gli  appuntati  dei  Carabinieri,  che  non  sono
 sottufficiali,  ma  graduati  di  truppa,  sono  promossi brigadieri,
 scavalcando il sergente che, alla data del 1 settembre 1995, continua
 a permanere nel grado posseduto, e raggiunge il sergente maggiore con
 meno di quattro anni di anzianita' nel grado;
     g) i sergenti dell'Esercito nel nuovo inquadramento  restano  nel
 ruolo dei sergenti con il grado di sergenti, mentre i vice brigadieri
 dei  Carabinieri  vengono  inquadrati nel ruolo degli ispettori con i
 gradi di maresciallo (art. 34, comma 8, d.lgs. n. 196  del  1995,  in
 rapporto all'art. 46, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 198 del 1995);
     h)  infine,  l'appuntato  dei  Carabinieri con piu' di 29 anni di
 servizio viene inquadrato nel grado  di  brigadiere  capo,  superando
 perfino  il  sergente maggiore. Evidente appare la sperequazione, sol
 che si consideri che il sergente maggiore ed il sergente hanno dovuto
 superare un concorso teso ad accertare i titoli posseduti ed il grado
 di preparazione culturale, ed, in seguito, hanno dovuto frequentare i
 relativi corsi presso la Scuola allievi  sottufficiali  e  presso  la
 Scuola  dell'Arma;  ed  ancora:  hanno  dovuto superare il successivo
 concorso per l'immissione in servizio  permanente,  mentre  requisiti
 siffatti  non  vengono  richiesti agli appuntati dei Carabinieri, che
 sottufficiali non sono.
   "In sintesi", conclude l'esposizione di gravame, "si assiste ad una
 sostanziale   promozione  di  tutti  i  sottufficiali  dell'Arma  dei
 Carabinieri (e anche di coloro che non sono sottufficiali)  mentre  i
 sottufficiali  dell'Esercito  (che  prima  del decreto legislativo in
 esame erano parigrado, e con anzianita'  anche  superiore  nel  grado
 medesimo   rispetto   ai   colleghi   sottufficiali   dell'Arma   dei
 Carabinieri), non beneficiano del medesimo trattamento:  si  verifica
 un  inammissibile  scavalcamento  soprattutto  ai fini gerarchici tra
 sottufficiali  appartenenti  alla  medesima  Forza  Armata".    Viene
 evidenziato   che   tale   discriminazione   colpisce   unicamente  i
 sottufficiali che rientrano nell'applicazione della norma transitoria
 di cui all'art. 34 del citato d.lgs.  n.  196  del  1995,  in  quanto
 coloro  che  beneficiano  della  normativa  a  regime  non  subiscono
 penalizzazioni rispetto ai sottufficiali dell'Arma  dei  Carabinieri.
 Ed e' percio' che l'art. 34 del d.lgs. n. 196/1995, nel prevedere "un
 inquadramento   dei   citati  sottufficiali  dell'Esercito  inferiore
 rispetto  a  quello  attribuito   ai   pari   grado   dell'Arma   dei
 Carabinieri", sarebbe costituzionalmente illegittimo:
     "per  irragionevole  discriminazione  tra appartenenti alle Forze
 Armate per i quali vi e' sempre stata una  corrispondenza  dei  gradi
 sulla   scorta   della   omogeneita'   di   funzioni",  nonche'  "per
 irragionevole   equiparazione   (violazione    del    principio    di
 ragionevolezza) dei sottufficiali di grado inferiore, addirittura non
 sottufficiali, appartenenti all'Arma dei Carabinieri ai sottufficiali
 di  grado superiore delle Forze Armate" (e cio' in evidente contrasto
 con l'art. 3 della Costituzione repubblicana);
     per violazione dell'art. 36 Cost.: la denunciata diversita' degli
 inquadramenti riflettendosi "pure sul  trattamento  retributivo,  con
 penalizzazione  dei sottufficiali delle Forze Armate, e con vantaggio
 ingiustificato a favore dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri";
     per violazione dell'art. 97 Cost., che,  si  afferma,  "fissa  il
 principio   di   imparzialita'  della  pubblica  amministrazione,  in
 relazione al potere-dovere di adottare i  medesimi  inquadramenti  di
 fronte  a  situazioni equiparate in forza di precedenti inquadramenti
 effettuati  dall'amministrazione  medesima  sulla   base   di   norme
 preesistenti   e   sulla   base  di  norme  attuali  che  ribadiscono
 l'equiparazione tra ruoli e profili professionali".
   Gli istanti chiedono cosi', in  definitiva,  che  l'amministrazione
 sia  condannata alla corresponsione, in loro favore, delle differenze
 retributive tra l'inquadramento operato ai sensi  del  citato  d.lgs.
 n.   196/1995   e  quello  superiore  riconosciuto  ai  sottufficiali
 dell'Arma dei Carabinieri in forza del d.lgs. n. 198/1995.
   3. - Si sono costituite in giudizio, con atto formale, le  intimate
 amministrazioni  statali,  che  hanno  chiesto,  con  formule di mero
 stile, il rigetto del ricorso.  Con memoria depositata nell'imminenza
 della udienza (ma fuori del termine di dieci giorni liberi  anteriori
 alla  data  fissata per l'udienza, di cui all'art. 23, comma 4, legge
 t.a.r.),  la  difesa  delle  resistenti  amministrazioni,  ripercorso
 l'iter  che  ha  portato  alla  emanazione del d.lgs. n. 196/1995, ha
 affermato "che i decreti legislativi nn.  196 e 198 non sono  affatto
 disomogenei,  in  quanto  la  normativa  a regime prevede un'identica
 progressione in carriera",  illustrando,  inoltre,  come  non  appaia
 illegittima  "nemmeno  la  normativa transitoria dettata dall'art. 34
 del d.lgs. n. 196/1995, in quanto il legislatore, nel procedere  alla
 c.d.  omogeneizzazione,  non poteva non tenere presenti le differenze
 esistenti  tra  le  Forze  Armate,  differenze  dovute  ai   relativi
 ordinamenti  di  settore,  alle  norme fondamentali di stato, nonche'
 alle attribuzioni delle autorita' di pubblica sicurezza".    Anche  i
 ricorrenti  (peraltro  nei  termini  di legge) hanno ribadito le loro
 argomentazioni, con memoria presentata  in  vista  della  udienza  di
 trattazione, nella quale, in particolare, ribadita "la disomogeneita'
 delle  disposizioni  previste dall'art. 34, comma 1, lettera c, commi
 3, 4, 5, 7 e 8 del d.lgs. n. 196/1995 rispetto all'art. 46 del d.lgs.
 n.  198/1995  relativo   all'inquadramento   dei   carabinieri",   si
 sottolinea il "contrasto con lo spirito della legge n. 216/1992, ove,
 all'art.  3, si demanda al governo l'emissione di decreti legislativi
 per  il riordino delle carriere, delle attribuzioni e dei trattamenti
 economici, allo scopo di conseguire una  disciplina  omogenea,  fermi
 restando i rispettivi compiti istituzionali" e, dunque, la violazione
 del disposto dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, nonche' la
 conseguente   "discriminazione  tra  i  sottufficiali  dell'Arma  dei
 Carabinieri che vengono  (rectius  sono  stati  promossi),  mentre  i
 sottufficiali    dell'Esercito,   non   beneficiando   dello   stesso
 trattamento,  subiscono  una  perdita  patrimoniale,  sono,  ai  fini
 gerarchici,  scavalcati da parigrado o addirittura di grado inferiore
 (non  va  dimenticato   che   l'Arma   dei   Carabinieri   fa   parte
 dell'Esercito)".    Alla  pubblica udienza del 9 luglio 1999, uditi i
 difensori presenti  per  le  parti  costituite,  la  causa  e'  stata
 trattenuta in decisione.
                             D i r i t t o
   Devesi,   preliminarmente,  dichiarare  la  inammissibilita'  della
 memoria prodotta dalla avvocatura dello Stato in data 2 luglio  1999,
 in  quanto  effettuata  in violazione del termine di cui all'art. 23,
 comma 4, legge t.a.r., posto a presidio  del  diritto  di  difesa  di
 controparte  e dell'interesse del giudice a conoscere tempestivamente
 e compiutamente la materia del contendere.   Quanto, poi,  all'azione
 di cui trattasi, vi e' da rilevare che i ricorrenti propongono, quali
 pubblici   dipendenti,   azione   di   accertamento   di  un  diritto
 patrimoniale,   nell'ambito   della   giurisdizione    amministrativa
 esclusiva;  essi, peraltro, hanno a tal fine impugnato nei termini di
 decadenza gli atti dell'inquadramento effettuato dall'amministrazione
 della Difesa in applicazione della normativa in  questione  (art.  34
 del  d.lgs.  n. 196 del 1995, emanato in attuazione dell'art. 3 della
 legge n. 216 del  1992).    L'oggetto  di  tale  decreto  legislativo
 (concernente  il  riordino  dei  ruoli  e  la  modifica alle norme di
 reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo  delle
 Forze Armate) non consente di ritenere che il trattamento economico e
 le norme di inquadramento ivi previste per detto personale siano, per
 cosi'  dire,  "disapplicabili"  (non  essendo  attribuito  nel nostro
 ordinamento,   ne'   alla    amministrazione,    ne'    al    sistema
 giurisdizionale,  un  tale  potere),  per  estendere ai sottufficiali
 dell'esercito, conformemente alla pretesa avanzata dagli istanti,  le
 corrispondenti  norme  dettate  dal  d.lgs.  n.  198  del 1995 per il
 personale  dell'Arma  dei  Carabinieri  che  si  trovi  nelle  stesse
 condizioni.
   Cio' in quanto il legislatore, in attuazione della delega contenuta
 nell'art. 3 della legge n. 216 del 1992, ha partitamente identificato
 e  disciplinato,  con vari decreti, i diversi ordinamenti delle varie
 Forze di Polizia e delle Forze Armate, cosicche' in ciascuno di  essi
 sono,  pertanto,  rinvenibili le disposizioni relative al trattamento
 economico ed alle carriere, da applicarsi allo specifico ordinamento,
 di cui di volta in volta si tratti (nella fattispecie,  quello  delle
 Forze Armate).
   La  domanda  di accertamento del diritto dei ricorrenti ai benefici
 in questione e, cioe', ad ottenere, ai  fini  dell'inquadramento,  il
 medesimo  trattamento  attribuito,  con  il  d.lgs.  n.  198/1995, ai
 sottufficiali di pari grado appartenenti all'Arma dei Carabinieri, si
 appalesa, cosi', priva di supporto normativo, non potendosi  in  ogni
 caso  far luogo ad una interpretazione estensiva delle invocate norme
 del d.lgs.  n. 198/1995 e/o ad una "disapplicazione" (non  consentita
 a  questo  giudice)  delle  corrispondenti prescrizioni del d.lgs. n.
 196/1995 (considerata  anche  la  mancanza  di  qualsiasi  ambito  di
 indeterminatezza   delle   norme   recate  dai  decreti  delegati  in
 argomento).  Il collegio, pertanto, non puo' esaminare ed  apprezzare
 adeguatamente  le  ragioni  prospettate dai ricorrenti, se non previa
 declaratoria di incostituzionalita' delle citate  norme  (se  ed  ove
 adeguatamente   sussistano   i  necessari  presupposti  del  giudizio
 costituzionale  in  via  incidentale:  rilevanza  e   non   manifesta
 infondatezza  della  questione).   Cio' premesso, il thema decidendum
 della presente controversia concerne, dunque, in sostanza, non  tanto
 la  legittimita'  dei  decreti di inquadramento dei ricorrenti, tutti
 sottufficiali dell'esercito,  che  risultano  aver  fatto  diretta  e
 corretta  applicazione  del  d.lgs.   n. 196/1995, quanto, piuttosto,
 l'asserita incostituzionalita'  (in  quanto  a  cio'  si  riduce,  in
 definitiva, l'unico, articolato motivo di censura dedotto) del citato
 d.lgs.,  che,  con  la norma transitoria di cui all'art. 34 (dedicata
 all'"inquadramento nel  ruolo  dei  marescialli"),  avrebbe  operato,
 secondo   le  tesi  poste  a  base  del  ricorso,  una  irragionevole
 discriminazione tra i  sottufficiali  dell'esercito  (e  delle  Forze
 Armate  in  genere)  e  quelli  dell'Arma  dei  Carabinieri (le norme
 transitorie del cui inquadramento sono dettate, invece,  negli  artt.
 da 46 a 50 del d.lgs. n. 198/1995).
   Una  discriminazione,  si  sottolinea  nell'atto  introduttivo  del
 giudizio, che "colpisce  unicamente  i  sottufficiali  che  rientrano
 nella  applicazione  della norma transitoria di cui al citato art. 34
 d.lgs. n. 196/1995,  in  quanto  per  coloro  che  beneficiano  della
 normativa  ordinaria  introdotta  con il decreto legislativo in esame
 non subiscono penalizzazioni rispetto ai sottufficiali dell'Arma  dei
 Carabinieri,   rispetto   ai   quali  non  possono  lamentare  alcuna
 disparita': in proposito si rinvia all'esame delle  tabelle  allegate
 ai  decreti legislativi...".   L'esame della prospettata questione di
 costituzionalita' necessita di  un  preliminare  inquadramento.    Lo
 stato  giuridico  dei  sottufficiali  delle  FF.AA., nelle quali e' a
 tutti gli effetti da intendersi ricompresa l'Arma dei Carabinieri, ha
 sempre avuto una disciplina uniforme e del pari  uniforme  e'  stato,
 dal regio decreto n. 2395 del 1923 e dal d.P.R. n. 1079 del 1970 alla
 legge  n.  312  del  1980, il trattamento economico dei sottufficiali
 delle varie Armi rispetto ai sottufficiali dell'Arma dei  Carabinieri
 (con  la  sola  eccezione  delle indennita' accessorie collegate alle
 diverse situazioni di impiego derivanti dal servizio). Cio' sino alla
 entrata in vigore della legge n. 34 del 1984,  allorche',  a  seguito
 della  riforma  della  Polizia del 1981 (caratterizzata, tra l'altro,
 dall'inizio  della unificazione del trattamento economico delle Forze
 di Polizia),  tale  uniformita'  e'  stata  infranta  unicamente  per
 effetto del meccanismo, ritenuto prioritario, della equiparazione tra
 le  varie  "forze di polizia" (il sedicesimo comma dell'art. 43 della
 legge n. 121 del 1981 stabiliva che il trattamento economico previsto
 per il personale della Polizia  di  Stato  "e'  esteso  all'Arma  dei
 Carabinieri  ed  ai Corpi previsti al primo e secondo comma dell'art.
 16", a sua volta, l'art. 2, quinto comma, della legge n. 34 del  1984
 ha  disposto  che,  in  relazione  al suddetto art. 43, "e' esteso il
 trattamento economico per stipendio e per indennita' mensili previsto
 per il personale della polizia di Stato all'Arma dei Carabinieri e ai
 Corpi della guardia di finanza, degli agenti di custodia e  forestale
 dello Stato".
   L'evoluzione  legislativa  successiva  ha  avuto  un  significativo
 approdo nella legge n. 216 del 1992.
   Con essa il legislatore non solo ha proceduto  sulla  strada  della
 perequazione (semplicemente) economica delle Forze di Polizia, ma ha,
 con  il  conferimento  di  una  duplice  delega  legislativa, avviato
 successive   fasi   dirette   ad   una   ulteriore   e    sostanziale
 omogeneizzazione:    la  prima delega (art. 2 comma 1, della legge n.
 216 del 1992), nella preoccupazione di non alterare gli equilibri tra
 i vari ordinamenti militari, da  esercitarsi  con  un  unico  decreto
 legislativo,  su  proposta  del Ministro dell'interno di concerto con
 gli altri Ministri interessati, aveva per oggetto la definizione  "in
 maniera  omogenea,  nel  rispetto  dei  principi fissati dai relativi
 ordinamenti  di  settore,  stabiliti  dalle  leggi  vigenti",   delle
 procedure  per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego delle
 Forze di Polizia anche ad ordinamento militare, ai sensi della  legge
 1  aprile  1981, n. 121, nonche' del personale delle Forze Armate, ad
 esclusione dei dirigenti civili e militari e del  personale  di  leva
 (v. Corte cost., ord. n. 152 del
  26-30 aprile 1999).
   La  seconda  delega  (art.  3 della legge n. 216 del 1992), poi, da
 esercitarsi con piu' decreti legislativi sulla base di unici  criteri
 direttivi  (diversi  da  quelli  di  cui  all'art. 2), riguardava, in
 particolare,  "le  necessarie   modifiche   degli   ordinamenti   del
 personale"  delle  forze  di  polizia  e  delle forze armate, esclusi
 dirigenti  e  direttivi,  "per  il  riordino  delle  carriere,  delle
 attribuzioni  e  dei  trattamenti economici, allo scopo di conseguire
 una  disciplina  omogenea,  fermi  restando  i   rispettivi   compiti
 istituzionali,   le   norme   fondamentali   di   stato,  nonche'  le
 attribuzioni delle autorita' di pubblica  sicurezza,  previsti  dalle
 vigenti  disposizioni di legge", inoltre, per le anzidette finalita',
 era espressamente contemplato che  i  decreti  legislativi  potessero
 "prevedere  che  la  sostanziale  equiordinazione  dei  compiti e dei
 connessi trattamenti economici sia conseguita attraverso la revisione
 di ruoli, gradi e  qualifiche  e,  ove  occorra,  anche  mediante  la
 soppressione  di  qualifiche, gradi, ovvero mediante l'istituzione di
 nuovi ruoli, qualifiche e gradi  con  determinazione  delle  relative
 dotazioni   organiche,   ferme   restando   le   dotazioni  organiche
 complessivamente   previste",   con   le   occorrenti    disposizioni
 transitorie (art. 3, comma 3, della legge n. 216 del 1992).
   L'esercizio  di tale seconda delega era previsto avvenisse con piu'
 decreti  legislativi,  da   emanarsi   su   proposta   dei   Ministri
 rispettivamente  interessati  e,  per  le  Forze  di  Polizia, con la
 concertazione  del  Ministro  dell'interno,  attesi  i  suoi  compiti
 istituzionali,  confermati nella legge n. 121 del 1981. l principi ed
 i  criteri   direttivi   relativi   sono   fissati   con   specifiche
 disposizioni,   che   prevedono   anche   la   necessaria   copertura
 finanziaria.
   La legge n. 216 del 1992  ha,  cosi',  un  duplice  contenuto,  con
 diversa  natura  ed  autonomia:  l'uno  (art.  1), di conversione del
 decreto-legge 7 gennaio 1992, n. 5 "con le modificazioni riportate in
 allegato alla legge", adottato in base alla previsione dell'art.  77,
 terzo  comma,  della Costituzione (ivi disponendo la perequazione del
 trattamento economico dei sottufficiali dell'Arma dei  Carabinieri  a
 seguito  della  sentenza  della Corte costituzionale n. 277 del 1991,
 ricomprendendo, peraltro, anche  le  corrispondenti  posizioni  delle
 altre  Forze  di  Polizia,  che  erano  state  mantenute  al di fuori
 dell'oggetto della pronuncia della Corte); l'altro (artt. 2 e 3),  di
 legge  di  delega,  ai  sensi dell'art. 76 della Costituzione, di tal
 guisa  avviando  le  successive  fasi  dirette  ad  una  ulteriore  e
 sostanziale   omogeneizzazione,  con  il  conferimento  della  detta,
 duplice,  delega,  differenziata  per  fonte,  oggetto,   proponenti,
 principi  direttivi  e  criteri di delega.   La prima delega e' stata
 esercitata con il d.lgs. 12 maggio 1995, n. 195, che  richiama  anche
 la  legge  29 aprile 1995, n. 130.  La seconda delega, prevista, come
 si e' detto, nell'art. 3 della citata legge n. 216 del 1992, e' stata
 esercitata, tra l'altro,  con  il  d.lgs.  12  maggio  1995,  n.  196
 (denunciato,  quanto  alla  costituzionalita'  del  suo  art. 34, dai
 ricorrenti) e col d.lgs. 12 maggio 1995, n.  198, che, riguardando il
 personale dell'Arma dei Carabinieri,  viene  assunto  dai  ricorrenti
 stessi  quale  tertium  comparationis  della  dedotta discriminazione
 retributiva e di stato giuridico.
   La delega di cui all'art. 3,, ha osservato la Corte  costituzionale
 (sentenza  n.  63  del 1998), prevedeva tutte la necessarie modifiche
 degli ordinamenti per il riordino delle carriere, delle  attribuzioni
 e  dei trattamenti economici, allo scopo di conseguire una disciplina
 omogenea, si noti, con riguardo ad una  vasta  gamma  di  ordinamenti
 comprendenti  Forze  di  Polizia  e  Forze  Armate.   E le variazioni
 dell'assetto organizzatorio della pubblica amministrazione,  che  dal
 plurimo  esercizio  della  delega  sono scaturite, si inseriscono, ha
 proseguito la Corte, in un disegno dichiarato di  politica  normativa
 tendente   alla   razionalizzazione   ed   alla  omogeneizzazione  di
 situazioni, di ordinamenti, quali quelli delle  Forze  di  Polizia  o
 delle  Forze  Armate,  che,  in una valutazione politica dello stesso
 legislatore (certamente non palesemente arbitraria  o  manifestamente
 irragionevole), dovevano essere ricondotte ad effettivo equilibrio di
 trattamenti normativi ed economici, evitando alterazioni settoriali e
 rincorse  di  rivendicazioni (v. anche Corte costituzionale, sentenza
 n.  65  del  1997).    Le  esigenze  (di  notevole  rilievo,  secondo
 l'apprezzamento  dello  stesso  legislatore)  di equilibrio di interi
 settori di Polizia e di Forze Armate  hanno  portato,  con  i  citati
 decreti  legislativi  (dopo che gia' con il d.-l. 4 dicembre 1992, n.
 469, convertito nella legge 2 febbraio 1993, n. 23,  i  miglioramenti
 economici,   gia'   in  godimento  dei  sottufficiali  dell'Arma  dei
 Carabinieri e del personale corrispondente della  Polizia  di  Stato,
 venivano  attribuiti in favore dei sottufficiali delle Forze Armate),
 al ripristino della equiparazione giuridica, consolidata  nel  tempo,
 tra  sottufficiali  delle  Forze Armate e sottufficiali dell'Arma dei
 Carabinieri.  Senza abbandonare, cosi', il principio, ormai pacifico,
 secondo il quale l'assetto dei dipendenti  civili  dello  Stato  (cui
 anche i nuovi ordinamenti delle Forze di Polizia e delle Forze Armate
 sembrano  uniformarsi), a partire dalla legge 11 luglio 1980, n. 312,
 si suddivide in qualifiche, caratterizzate dal tipo di  funzioni  che
 le contraddistinguono (in attuazione del canone, ritenuto in generale
 consono   all'art.      36   della   Costituzione,   di   tendenziale
 corrispondenza  del  trattamento  economico  al  tipo   di   funzioni
 esercitate,   in   base   al   criterio   funzionale:     vedi  Corte
 costituzionale, 3-12 giugno 1991, n. 277), lo  status  del  personale
 non direttivo delle Forze Armate e quello del personale non direttivo
 e  non  dirigente  dell'Arma dei Carabinieri e' stato individuato nel
 "grado" (all'interno del rispettivo "ruolo"): vedi, per il  personale
 delle  Forze  Armate, artt. 2, 3 e 4 d.lgs. n. 196/1995 e, per quello
 dell'Arma dei Carabinieri, artt. 2 e 12  d.lgs. n.  198/1995.
   La posizione di sostanziale,  tradizionale,  uguaglianza  dell'Arma
 dei   Carabinieri   con   le   altre  Armi  dell'Esercito  (salvo  il
 sostanziale, diverso contenuto dei suoi compiti di ordine e sicurezza
 pubblica), poi, e' stata ribadita, nei decreti legislativi all'esame,
 sotto vari aspetti e profili:
     all'art. 12 del d.lgs. n. 196, prevedendo "la corrispondenza  dei
 gradi  nei  rispettivi ruoli del personale di cui al presente decreto
 legislativo con i gradi  ed  i  ruoli  del  personale  dell'Arma  dei
 Carabinieri"   (secondo  le  tabelle  "A/1"  ed  "A/2",  allegate  al
 decreto);
     all'art.  31,  comma  1  (ed  alla  corrispondente  tabella   "D"
 allegata),  del  d.lgs.  n.  196  ed  all'art.  54,  comma 2 (ed alla
 corrispondente tabella "F", allegata al decreto), del d.lgs. n.  198,
 ove  il  trattamento  economico  stipendiale e' attribuito correlando
 ciascun grado ad un livello, cosicche' risulta evidente  che,  tenuto
 conto della corrispondenza dei gradi di cui si e' detto, a parita' di
 grado (tra Forze Armate e Carabinieri) risulta una parita' di livello
 (e  dunque  di  trattamento economico stipendiale), nonche' di scatti
 aggiuntivi gerarchici (salva  l'indennita'  pensionabile  di  cui  al
 terzo  comma dell'art. 43 della legge 1 aprile 1981, n. 121, prevista
 per  i  soli  Carabinieri,  in  quanto  correlata  ai  compiti   loro
 attribuiti di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica);
     all'art. 14 (ed alle corrispondenti tabelle "B/1", "B/2" e "B/3",
 del  d.lgs.  n.  196  ed  agli  artt. 31 e 32 (ed alle corrispondenti
 tabelle "B", "C/1" e "C/2") del d.lgs. n. 198,  ove,  sempre  tenendo
 conto  della  disegnata corrispondenza tra i gradi, viene divisato un
 sistema di avanzamento  da  un  grado  all'altro,  all'interno  dello
 stesso  ruolo, del tutto identico per il personale delle Forze Armate
 e per quello  dell'Arma  dei  Carabinieri:  sia  quanto  a  forme  di
 avanzamento,  sia  quanto a requisiti (o periodi minimi di permanenza
 nel grado).
   Con  le  sopra  riportate  norme  sembra,  dunque,  essersi  voluto
 ricondurre  ad  armonia (essendosi verificata, nell'arco degli ultimi
 tre  lustri,   per   effetti   indotti   dalla   introduzione   della
 contrattazione  collettiva e dalle connesse spinte particolaristiche,
 una lesione del  principio,  consolidato  nel  tempo,  e  quindi  non
 eliminabile  ad arbitrio, della uniformita' del trattamento economico
 tra i vari gradi dell'esercito) i trattamenti retributivi  (salva  la
 possibilita'   di   attribuire   voci   retributive   od   indennita'
 particolari)  ed  ordinamentali  delle  forze  di  polizia  (ed,   in
 particolare,  dei  Carabinieri) e delle Forze Armate (con particolare
 riguardo all'esercito, del quale l'Arma dei Carabinieri pur sempre fa
 parte) e cio' in perfetta attuazione  sia  dello  scopo  fissato  nel
 conferimento   della   delega   (quello,  cioe',  di  conseguire  una
 disciplina  omogenea  di   carriere,   attribuzioni   e   trattamento
 economico),    sia    del    principio,    conforme    ad    esigenze
 costituzionalmente rilevanti, di garanzia  e  proporzionalita'  della
 retribuzione  tra coloro che appartengono alla stessa amministrazione
 (ch'e' quella della Difesa),  sono  chiamati  a  svolgere  le  stesse
 mansioni  (pur nella giusta valorizzazione delle specificita', con il
 sistema del trattamento  integrativo  ed  accessorio),  sono  assunti
 sulla  base  dei medesimi sistemi concorsuali e progrediscono secondo
 una identica carriera.  La veduta omogeneizzazione  delle  situazioni
 ordinamentali  e  dei  trattamenti  economici  non  appare, tuttavia,
 completa, nel disegno offerto dal legislatore delegato.
   In  sede  di  regime  transitorio,  la  equiparazione   tra   gradi
 (corrispondenti)  delle  Forze Armate e dell'Arma dei Carabinieri non
 viene garantita:  l'art. 34 del d.lgs. n. 196/1995,  inserito  com'e'
 nel  Capo  VII  (dedicato, appunto, alle "norme transitorie"), detta,
 infatti,  norme  per  l'inquadramento  nel  ruolo  dei   marescialli,
 prescrivendo, per quanto qui piu' specificamente interessa:
     (comma 1) "I sottufficiali, in servizio alla data del 1 settembre
 1995,  sono inquadrati in ordine di ruolo, mantenendo l'anzianita' di
 servizio posseduta e l'anzianita' di  grado  maturata  nel  grado  di
 provenienza, nei seguenti gradi del ruolo dei marescialli:
      a)  nel  grado  di  aiutante,  i  marescialli  maggiori  o gradi
 corrispondenti, compresi quelli con  qualifica  di  "aiutante"  o  di
 "scelto", nonche' i marescialli capi e gradi corrispondenti utilmente
 inseriti nei quadri d'avanzamento formati entro la data del 31 agosto
 1995;
      b)  nel  grado  di  maresciallo  capo  e gradi corrispondenti, i
 marescialli  capi,   nonche'   i   marescialli   ordinari   e   gradi
 corrispondenti  inseriti  nei  quadri  d'avanzamento formati entro la
 data del 31 agosto 1995;
      c) nel grado di maresciallo ordinario e gradi corrispondenti,  i
 marescialli   ordinari,   nonche'   i   sergenti   maggiori  e  gradi
 corrispondenti utilmente inseriti nei  quadri  d'avanzamento  formati
 entro la data del 31 agosto 1995";
     (comma  3) "I marescialli capi e i sergenti maggiori, iscritti ai
 quadri d'avanzamento ordinari e straordinari relativi agli anni  1994
 e  1995  ma non promossi, sono inquadrati, rispettivamente, nei gradi
 di aiutante e di maresciallo ordinario corrispondenti con  decorrenza
 31  agosto 1995, prendendo posto nel ruolo dopo l'ultimo promosso dei
 quadri ordinari e straordinari".
   Tali   norme   transitorie,   dettate   per   l'inquadramento   dei
 sottufficiali delle Forze Armate, trovano corrispondenza, nell'ambito
 delle  norme  previste  nel  d.lgs.  n.  198/1995  per  il  personale
 dell'Arma dei Carabinieri:
     nell'art.  46,  comma  1:  "Il  personale  appartenente  al ruolo
 sottufficiali, comunque in servizio alla data del 1  settembre  1995,
 e'  inquadrato,  mantenendo  l'anzianita'  di  servizio  e  di  grado
 maturato, nei seguenti gradi del ruolo ispettori:
      a) nel grado di  maresciallo  aiutante  sostituto  ufficiale  di
 P.S.,  i  sottufficiali che alla predetta data, rivestono il grado di
 maresciallo maggiore, compresi quelli con qualifica di  "aiutante"  e
 "carica  speciale", nonche' i marescialli capi utilmente iscritti, ai
 fini della promozione di grado superiore, nei quadri  di  avanzamento
 formati  alla  suddetta data, ai sensi della legge 10 maggio 1983, n.
 212;
      b) nel grado di maresciallo  capo,  i  sottufficiali  che,  alla
 predetta   data,   rivestono  il  grado  di  maresciallo  capo  e  di
 maresciallo ordinario, nonche' i  brigadieri  utilmente  iscritti  ai
 fini  della  promozione al grado superiore, nei quadri di avanzamento
 formati alla suddetta data, ai sensi della legge 10 maggio  1983,  n.
 212;
      c) nel grado di maresciallo ordinario, i sottufficiali che, alla
 predetta   data,   rivestono   il  grado  di  brigadiere,  nonche'  i
 vicebrigadieri utilmente iscritti, ai fini della promozione al  grado
 superiore,  nei  quadri di avanzamento formati alla suddetta data, ai
 sensi della legge 10 maggio 1983, n. 212;
      d) nel grado di maresciallo, i vicebrigadieri";
     art. 49, comma 2: "Alla  stessa  data  i  marescialli  capi  e  i
 brigadieri gia' valutati, giudicati idonei, iscritti in quadro ma non
 promossi  perche'  non  compresi  nel primo terzo o nella prima meta'
 delle  rispettive  aliquote,  sono  inquadrati,  a  decorrere  dal  1
 settembre  1995,  nel  ruolo  degli ispettori, rispettivamente con il
 grado di maresciallo aiutante S.U.P.S.  e  maresciallo  capo  secondo
 l'ordine  del  ruolo  di  provenienza,  previo  giudizio di idoneita'
 espresso dalla commissione di avanzamento di cui  all'art.  31  della
 legge  10 maggio 1983, n.  212".  Orbene, una lettura comparata delle
 norme appena riportate fa risaltare  evidenti  differenze,  derivanti
 dalla  sola appartenenza alle Forze Armate piuttosto che all'Arma dei
 Carabinieri, nell'inquadramento previsto per personale di pari  grado
 (in  forza  di corrispondenza dichiarata ex lege), a tutto detrimento
 dei sottufficiali delle Forze Armate: mentre i  marescialli  ordinari
 dell'esercito  (per  restare  all'arma  ed al caso che qui ne occupa)
 sono inquadrati nel grado di maresciallo ordinario (art. 34, comma 1,
 lett. c) del d.lgs. n.   196/1995), i  loro  omologhi  dell'Arma  dei
 Carabinieri  sono  inquadrati nel grado di maresciallo capo (art. 46,
 comma 1, lett. b)  del  d.lgs.    n.  198/1995);  mentre,  ancora,  i
 sergenti  maggiori  dell'esercito,  iscritti ai quadri di avanzamento
 ordinari e straordinari  relativi  agli  anni  1994  e  1995  ma  non
 promossi,  sono  inquadrati  nel grado di maresciallo ordinario (art.
 34, comma 3, del d.lgs. n. 196/1995), i loro corrispondenti  colleghi
 dell'Arma  dei  Carabinieri  sono inquadrati nel grado di maresciallo
 capo (art. 49, comma 2, del d.lgs. n. 198/1995).
   Tutto cio' premesso,  la  dedotta  questione  di  costituzionalita'
 riguarda,  appunto, le norme da ultimo citate del  d.lgs. n.196/1995:
 l'art. 34, comma 1, lettera c)  e  l'art.  34,  comma  3,  dei  quali
 l'amministrazione  ha  fatto applicazione ai fini dell'inquadramento,
 rispettivamente; dei  ricorrenti  gia'  marescialli  ordinari  e  dei
 ricorrenti    gia'   sergenti   maggiori   in   servizio   permanente
 dell'Esercito, iscritti nei quadri di avanzamento.
   La  questione  appare di decisiva rilevanza ai fini della decisione
 giurisdizionale richiesta dalle parti a questo  giudice,  atteso  che
 solo  l'eventuale, invocata declaratoria di incostituzionalita' delle
 norme predette  (sulla  cui  corretta  applicazione  da  parte  della
 amministrazione  intimata  non  si  controverte),  con sentenza ad un
 tempo cassatoria ed additiva della Corte (cfr. Corte  costituzionale,
 sentenza   n.  248  del  1989),  che  dichiari  l'applicabilita',  ai
 sottufficiali dell'Esercito e delle altre Forze Armate,  delle  norme
 transitorie  di  inquadramento dettate per i pari grado dell'Arma dei
 Carabinieri, determinerebbe, una  volta  eliminato  l'ostacolo  delle
 censurate  norme  del  d.lgs.  n.    196  (sulla base delle quali, si
 ripete, sono stati effettuati gli impugnati inquadramenti), un  esito
 del   giudizio   pienamente   favorevole   ai   ricorrenti,   con  il
 riconoscimento del loro (preteso) diritto a vedersi  inquadrati  (con
 il  corrispondente  trattamento  economico) sulla base delle suddette
 disposizioni riguardanti l'Arma dei Carabinieri.
   Superato positivamente  l'esame  preliminare  di  ammissibilita'  e
 rilevanza  della  proposta eccezione di illegittimita' costituzionale
 (quanto, si precisa, all'art. 34, comma 1, lettera c), e commi 2,  3,
 4, 5, 6 e 7, del d.lgs. n. 196 del 1995), occorre, ora, accertarne il
 carattere  di  non manifesta infondatezza.   Osserva, al riguardo, il
 collegio di non poter considerare, prima facie, infondata la  dedotta
 questione  di  costituzionalita',  sussistendo  un ragionevole dubbio
 sulla conformita' di tali norme con l'art.   3 della  Costituzione  e
 coi  principi di ragionevolezza e buona amministrazione, nella misura
 in cui esse non stabiliscono, per i sottufficiali delle Forze Armate,
 precetti di inquadramento transitorio (del personale in servizio alla
 data del 1 settembre 1995) analoghi a quelli  applicabili,  ai  sensi
 del d.lgs. n. 198/1995, ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri.
   Appare, in proposito, evidente che, pur nell'innegabile ampiezza di
 interventi  sugli ordinamenti previsti dalla legge di delega (art.  3
 della legge n. 216 del 1992: si noti, non  investita  da  censure  di
 incostituzionalita'   dai   ricorrenti,  ne',  d'ufficio,  da  questo
 giudice) - allo scopo di conseguire una disciplina  "omogenea"  e  di
 raggiungere  una  "equiordinazione" di compiti e connessi trattamenti
 economici - per il riordino delle carriere, delle attribuzioni e  dei
 trattamenti  economici,  con  previsione  espressa della revisione di
 ruoli, gradi e qualifiche (v. Corte costituzionale, ordinanza n.  189
 del  13-25  maggio  1999),  il  decreto delegato in esame (n. 196 del
 1995)  disegna,   tuttavia,   un   sistema   transitorio   di   primo
 inquadramento   dei   sottufficiali  delle  forze  armate  del  tutto
 disomogeneo e deteriore rispetto a quello stabilito per il  personale
 corrispondente  dell'Arma  dei  Carabinieri  (agli  artt. 46 e 49 del
 d.lgs. n. 198/1995), che non pare  sorretto  da  valide  ed  univoche
 ragioni  sostanziali,  giungendo  anzi  ad ingiustificate distorsioni
 rispetto alla normativa prevista a regime per  l'inquadramento  e  le
 forme  di  avanzamento dei sottufficiali stessi; normativa che, nella
 disciplina recata dalle tabelle allegate ai due decreti  delegati  in
 considerazione,  appare  del  tutto  similare,  quanto  alle forme di
 avanzamento ed ai periodi minimi di permanenza nel grado.
   Ne' la differenza di inquadramento di cui  si  tratta  (cosi'  come
 quella  di  trattamento economico, alla prima conseguente) pare poter
 trovare una  sua  giustificazione  logica  e  razionale  nella  tesi,
 secondo la quale, in relazione alle mansioni in concreto svolte dalle
 due  categorie  di dipendenti poste a raffronto - ed, in particolare,
 alla  gravosita'  ed  al  pericolo,  propri  dei  compiti  d'istituto
 dell'Arma  dei  Carabinieri, insiti nella lotta al terrorismo ed alla
 delinquenza organizzata - non sarebbe configurabile quella  identita'
 di  situazioni  oggettive  e  soggettive,  che,  in  presenza  di  un
 trattamento viceversa  differenziato,  comporterebbe  violazione  del
 principio di uguaglianza (v. Corte costituzionale, 12 aprile 1990, n.
 191).
   Il  collegio non puo', infatti, nascondersi che la ragionevolezza e
 la conformita'  al  principio  di  uguaglianza  del  sistema  di  cui
 trattasi   entrano  in  crisi  proprio  perche'  il  (pur  legittimo)
 raffronto  di  cui  trattasi  resterebbe  limitato  alla  sola   fase
 dell'inquadramento transitorio in discussione.
   L'intero   sistema  disegnato  dal  legislatore  delegato  (con  la
 fissazione di una corrispondenza dei gradi delle  diverse  Armi,  con
 l'inserimento  dei  gradi  dichiarati  corrispondenti  in  uno stesso
 livello retributivo, con l'indicazione di un percorso di carriera  in
 tutto  simile  per  i  gradi  corrispondenti  delle diverse Armi, ivi
 compresa l'Arma dei Carabinieri) appare, invero, chiaramente volto ad
 escludere, piuttosto che ad esaltare le differenze tra  sottufficiali
 di  pari  grado  ed anzianita' dell'Esercito (non facenti parte delle
 "Forze di Polizia") e sottufficiali dei Carabinieri (ricompresi dalla
 legge tra le Forze di Polizia, che, come e' noto, svolgono prevalenti
 compiti di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica).
   Una posizione di sostanziale uguaglianza tra  le  varie  Armi  (non
 fosse per le dissonanti disposizioni qui denunciate), il legislatore,
 col  quadro  normativo  sopra  precisato,  pare indubitabilmente aver
 perseguito, dando cosi' minor rilevanza che in un recente passato (ma
 cio' rientra nella  discrezionalita'  legislativa,  fermo  il  limite
 generale,  per  ogni intervento normativo, della ragionevolezza, come
 svolgimento  dell'art.  3  della  Costituzione),  ai  fini  che   qui
 interessano, alla specificita' delle attivita' che siano richieste ai
 dipendenti  pubblici  per  la  difesa  della  nazione  e  dell'ordine
 pubblico, a quelle specificita', cioe', che  avevano  consentito,  in
 virtu'  del  quinto  comma dell'art. 2 della legge n. 34 del 1984, la
 estensione del trattamento economico previsto per il personale  della
 polizia  di  Stato  agli  ufficiali  e  sottufficiali  facenti  parte
 dell'Arma dei Carabinieri (ma non a quelli dell'esercito,  ne'  delle
 altre armi.)
   A  questo  punto  viene  meno ogni possibile presupposto, sul quale
 possa poggiare la tesi della conformita' ai  principi  costituzionali
 della  normativa  in questione, poiche' se tali specificita' appaiono
 venute meno nell'intero, coordinato,  corpus  legislativo  costituito
 dai  decreti  legislativi  in  argomento  (se  si  esclude, come gia'
 rilevato,   la   valorizzazione   dell'istituto   della    indennita'
 pensionabile  attribuita  alle  forze  di polizia, del resto in piena
 coerenza con il quadro complessivo tracciato), non si comprende  come
 e  perche'  le  stesse  possano o debbano sorreggere le differenziate
 scelte effettuate dal legislatore delegato in tema di  inquadramento,
 nel regime transitorio, dei sottufficiali in servizio.
   Pare,  in  definitiva,  molto  arduo  riconoscere la ratio del piu'
 favorevole regime di inquadramento  riservato  ai  sottufficiali  dei
 Carabinieri  nella  loro  attivita'  di  lotta  al terrorismo ed alla
 criminalita' organizzata e, piu' in generale, di  difesa  dell'ordine
 pubblico.
   Oltretutto,    l'anzidetta,    diversificata,    disciplina   degli
 inquadramenti dei sottufficiali delle Forze Armate in  servizio  alla
 data  del  1  settembre  1995  (rispetto  a  quella  introdotta per i
 sottufficiali dei  Carabinieri)  non  trova  giustificazioni  nemmeno
 (come  pur  si  potrebbe  legittimamente  ipotizzare,  trattandosi di
 inquadramento di personale in  servizio)  in  differenze  sostanziali
 rinvenibili  nell'ordinamento  precedente, tali da provocare riflessi
 sostanziali   (derivanti   dalle   diverse,   pregresse,   forme   di
 progressione nelle qualifiche e nei gradi) in sede di adeguamento dei
 moduli ordinamentali stessi.
   Anteriormente  alla  entrata  in  vigore  del d.lgs. n. 196/1995 in
 argomento, infatti, la corrispondenza  dei  gradi  dei  sottufficiali
 delle varie Armi si rinveniva all'art. 25 della legge 10 maggio 1983,
 n.  212 (ed alla tabella "A" allegata alla legge), cosi' come la c.d.
 inclusione nelle aliquote di  valutazione,  per  la  progressione  in
 carriera,  era recata dagli artt. 27 e 29 della stessa legge n. 212 e
 dalle tabelle "B/1", "B/2", "B/3", "B/4" e "C", pure allegate.
   Orbene, nessuna apprezzabile differenza in tali superati meccanismi
 (per effetto della abrogazione di norme di cui all'art. 40 del d.lgs.
 n. 196/1995 e' rinvenibile fra le varie Armi delle Forze Armate da un
 lato e quella dei Carabinieri dall'altro.
   Soltanto, i vice brigadieri  dei  CC.  (corrispondenti,  tanto  nel
 vecchio  che nel nuovo ordinamento, ai sergenti dell'Esercito e delle
 altre Armi) conseguivano la promozione a brigadieri  (corrispondenti,
 nel  vecchio  e  nel nuovo ordinamento al grado di sergente maggiore)
 per anzianita' (invece che per concorso, come era  prescritto  per  i
 sergenti),  e dopo un anno e sei mesi di permanenza nel grado (invece
 che dopo 2 anni e 6 mesi).
   Ma  una  tale  differenza  di   carriera   (annullata   nel   nuovo
 ordinamento),   nel  passaggio  dal  grado  iniziale  del  ruolo  dei
 sottufficiali a quello immediatamente  superiore,  non  pare  affatto
 poter  giustificare  di  per  se'  l'intero, massiccio, meccanismo di
 promozioni  messo  in  piedi  dalle  norme  che  ne  occupano  per  i
 sottufficiali  dei  Carabinieri  in  sede  di  primo inquadramento ex
 d.lgs. n. 198/1995 e non, invece, per  i  sottufficiali  delle  altre
 Armi,  ad  opera  dei  decreti attuativi della legge n. 216 del 1992;
 potendo, anzi, costituire, in un ipotetico, ma pur sempre  necessario
 raffronto  tra  la  carriera dei sottufficiali dell'Esercito e quella
 dei pari  grado  dell'Arma  dei  Carabinieri,  elemento  di  "favore"
 (nell'ambito    dell'effettivo,    perseguito,   riequilibrio   della
 disciplina,  che   presuppone   la   eliminazione   di   preesistenti
 differenze)  per il personale dell'Esercito il fatto che il pregresso
 meccanismo di progressione (che,  per  il  passaggio  da  sergente  a
 sergente  maggiore,  prevedeva  l'avanzamento per concorso, piuttosto
 che per  mera  anzianita')  fosse  caratterizzato  da  meccanismi  di
 selezione   e   valutazione   assenti,   almeno  in  tale  fase,  nel
 corrispondente ordinamento dei Carabinieri.
   Se, dunque, il principio di  uguaglianza  esprime  un  giudizio  di
 relazione, che impone il trattamento identico di situazioni uguali e,
 viceversa,  il  trattamento  differenziato di situazioni fra loro non
 del tutto corrispondenti (v. Corte costituzionale, n. 183 del 1997  e
 nn.   89   e   386   del   1996),  appare  chiara,  nella  disciplina
 dell'inquadramento dei sottufficiali di cui alle norme transitorie in
 discussione,  la  operata disparita' di trattamento tra soggetti (gli
 uni dell'Esercito o delle  altre  Armi  e  gli  altri  dell'Arma  dei
 Carabinieri)  gia'  iscritti  nello  stesso  ruolo, in possesso dello
 stesso grado (per "corrispondenza" stabilita dal legislatore  stesso)
 ed  incaricati  di  espletare  funzioni,  che, se non identiche, sono
 state (e gia' erano precedentemente) comunque dal legislatore  stesso
 ritenute  equivalenti  nel  dettare  la  disciplina  a  regime  delle
 carriere  di  cui  si  tratta;  disparita',  che  crea  discrasie   e
 differenze  gravi,  nel momento in cui, all'esito della operazione di
 inquadramento, i detti soggetti si vedono attribuiti gradi e  vengono
 a  collocarsi  in livelli retributivi irragionevolmente differenziati
 (a parita' di posizione di partenza) a tutto ed  esclusivo  vantaggio
 dei sottufficiali dei Carabinieri.
   Questa  operazione  meramente  meccanica  di rapida progressione di
 carriera, riservata al solo personale dell'Arma  dei  Carabinieri  in
 sede   dell'inquadramento   del   personale  in  servizio  alla  data
 dell'inquadramento di cui alle norme transitorie  in  esame,  appare,
 poi,  poco  ragionevole,  in  quanto effettuata nel momento stesso in
 cui, con il complesso dei decreti legislativi attuativi  della  legge
 n.  216,  si  crea  senza  dubbio una disciplina omogenea di riordino
 delle carriere, caratterizzata dall'identico, ordinato,  dispiegarsi,
 in  tutte  le  armi, di posizioni dal legislatore stesso identificate
 come corrispondenti.
   Le  denunciate  norme,  cosi',  appaiono  anche  porsi  in   palese
 violazione   del   principio   di   buon   andamento  della  pubblica
 amministrazione,  di  cui  all'art.  97  della   Costituzione,   come
 costantemente  interpretato dalla Corte costituzionale e, cioe', come
 un criterio di congruenza e di  non  arbitrarieta'  della  disciplina
 posta  in  essere  in  relazione  al  fine che si vuol perseguire (v.
 sentenze n. 10 del 1980 e n. 331 del 1988).
   La  contraddittorieta'  tra  le  scelte  operate  dal   legislatore
 all'interno  dello  stesso  corpus  normativo  ed in attuazione della
 medesima norma di delega (laddove, dopo aver dettato  una  disciplina
 ordinamentale  del personale delle Forze Armate e di quello dell'Arma
 dei  Carabinieri  sostanzialmente,   a   regime,   omogenea,   cotale
 omogeneita'  il  legislatore  stesso poi contrasta e snatura), lungi,
 poi, dal  tendere  alla  ottimizzazione  organizzativa  della  stessa
 pubblica  amministrazione  (in  modo  tale  da  poter  soddisfare gli
 interessi pubblici nel migliore dei modi), finisce con lo  svilire  e
 disconoscere  situazioni  sostanzialmente  espressione della medesima
 capacita' professionale in capo ai singoli funzionari (capacita'  che
 pure  i decreti medesimi mostrano di valutare, in sede di definizione
 dell'ordinamento  di  regime,  ai  fini  della   attribuzione   delle
 qualifiche   dell'ordinamento   del   personale  delle  Forze  Armate
 complessivamente intese, in misura eguale) e che,  tanto  a  fini  di
 eguaglianza  sostanziale  (rispetto della parita' delle posizioni dei
 dipendenti da inquadrare quanto  a  fini  di  massima  valorizzazione
 delle  professionalita'  possedute  dai militari in servizio (che non
 puo'    non    considerarsi    incidente    sul    buon     andamento
 dell'amministrazione),  possono  concretamente emergere ed affermarsi
 solo  con  l'apprestamento  di  strumenti  congrui,   adeguati,   non
 distorsivi,  in  una parola uniformi, di inquadramento (perche' se e'
 vero che, come ha ritenuto il giudice delle leggi con l'ordinanza  n.
 151/1999  citata,  non  si  puo' ravvisare lesione dell'art. 97 della
 Costituzione  per  il  fatto   che   siano   intervenute   variazioni
 dell'assetto  organizzatorio  della pubblica amministrazione, che non
 sono di per se' indice di peggioramento allorche' siano  accompagnate
 da  minori  accrescimenti di posizioni economiche o di svolgimento di
 carriera di singoli o di gruppi di dipendenti, e'  pur  vero  che  le
 variazioni  devono  pur  sempre  inserirsi  in un disegno coerente di
 politica  normativa  ed  in  scelte  non  palesemente  arbitrarie   e
 manifestamente irragionevoli; il che, per le ragioni sopra ampiamente
 illustrate,  non  pare  di  poter affermare con riguardo alle patenti
 alterazioni dell'equilibrio ordinamentale, qui rilevate).
   La prospettata diversita' di trattamento non  appare,  soprattutto,
 sorretta  da  una  ragionevole  giustificazione,  si' che le relative
 norme  paiono  piuttosto  riconducibili  ad  una   ipotesi   di   uso
 manifestamente irrazionale del potere legislativo: in buona sostanza,
 sembra  con  cio' inciso il limite della ragionevolezza, che rende la
 relativa    questione    prospettabile     quale     incidente     di
 incostituzionalita'.
   Le  differenze  retributive, infine, che le impugnate norme causano
 quale  effetto  distorsivo  del  diversificato   reinquadramento   di
 soggetti  appartenenti allo stesso livello retributivo, rendono anche
 apprezzabile la violazione dell'art. 36 della Costituzione, in quanto
 gli inquadramenti stessi, comportando  alterazioni  alla  omogeneita'
 della  disciplina e dei connessi trattamenti economici, si appalesano
 in contrasto con il principio di proporzionalita'  e  di  adeguatezza
 retributiva, ivi statuito.
   Per  quanto sopra esposto, il collegio considera non manifestamente
 infondata la eccezione di incostituzionalita' delle  disposizioni  di
 legge   suindicate  e,  conseguentemente,  ritiene  che  la  indicata
 questione, nei termini e nei limiti  sopra  delineati,  debba  essere
 rimessa all'esame della stessa Corte, in relazione agli artt. 3, 36 e
 97 della Costituzione.