IL TRIBUNALE Con ricorso per apposizione dei sigilli, di cui agli artt. 752 e seguenti c.p.c., presentato a questo giudice il 22 luglio 1999, Pinottini Mauro, nominato erede legittimo in testamento pubblico della di lui madre, morta a Torino il 26 giugno 1999, la quale nel contempo aveva nominato nello stesso testamento il di lui fratello Elio Pinottini, erede universale, ha chiesto che si procedesse all'apposizione dei sigilli, in alcuni locali, ove egli presume che si trovino opere d'arte (non meglio specificate), che egli sospetta possano essere sottratte dal fratello all'asse ereditario. Questo giudice, assegnatario della causa, prima di procedere ritiene di emettere, d'ufficio, la presente ordinanza di rimessione della presente questione incidentale degli artt. 752, 755, 757, 759, nella parte in cui prevedono che sia il pretore, oggi giudice unico a procedere all'apposizione dei sigilli e alle relative operazioni. Osservato in diritto Nella sentenza Corte costituzionale 24 aprile 1996 n. 131, sia pur riferita all'art. 34 c.p.p., il giudice delle leggi si e' cosi' pronunciato in termini estremamente ampi e generalizzati, riferiti al concetto stesso di giurisdizione sulla garanzia di rilevanza costituzionale della terzieta' del giudice: "il giusto processo, formula in cui si compendiano i principi che la Costituzione detta in ordine tanto ai caratteri della giurisdizione sotto il profilo soggettivo ed oggettivo, quanto ai diritti di azione e difesa in giudizio, comprende l'esigenza di imparzialita' del giudice, imparzialita' che non e' che un aspetto del carattere di terzieta', che connota nell'essenziale tanto la funzione giurisdizionale quanto la posizione del giudice, distinguendola da quella di tutti gli altri soggetti pubblici e condiziona l'effettivita' del diritto di azione e difesa in giudizio". Nel procedimento di apposizione dei sigilli il giudice unico non ha alcun connotato della terzieta', in quanto deve procedere, senza che gli venga riservata alcuna preventiva valutazione sul fumus boni juris e sul periculun in mora. E sulla base di una semplice istanza di parte (art. 753 c.p.c.) o d'ufficio (art. 754 c.p.c.) il giudice diventa l'esecutore materiale di un sospetto di una parte nella ricerca di beni mobili - e cio' potrebbe avvenire anche con il morto in casa - senza che sia prevista alcun cautela per il rispetto dei diritti della personalita' (art. 2 della Costituzione) di chi, colpito dal dolore della morte di un congiunto o di un proprio caro, debba subire anche l'attivita' sequestrataria dell'autorita' giudiziaria. In effetti questo istituto e' solo il retaggio di antiche concezioni, che tenevano in non cale i diritti della personalita' di fronte a pretesi diritti ereditari su beni, di cui non si e' nemmeno sicuri della loro esistenza. Inoltre la procedura non prevede alcuna possibilita' di difesa da parte di chi deve subire l'apposizione dei sigilli nel suo domicilio e cio' in dispregio dell'art. 24 Cost. Si pensi poi che gli stessi effetti della procedura degli artt. 752 e seguenti c.p.c. possono essere realizzati con il ricorso ai procedimenti cautelari degli artt. 670, 671 e 703 c.p.c. e con le garanzie processuali previste dal procedimento cautelare unico degli artt. 669 e seguenti c.p.c. Inoltre il d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (sull'istituzione del giudice unico) ha sostituito, all'art. 233, la competenza del pretore nell'apposizione dei sigilli, prevista dalla legge sul notariato 16 febbraio 1913, n. 89 con quella del capo dell'archivio notarile del distretto; per cui la legislazione delegata piu' recente ha implicitamente riconosciuta l'attivita' quasi meramente esecutoria del procedente. Per cui in situazioni legali omogenee e' previsto che nella prima procede l'autorita' giudiziaria e nella seconda l'autorita' amministrativa.