ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione  sorto  a seguito del
 decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari  e  forestali
 del  27  febbraio  1997,  recante determinazione e assegnazione delle
 quote in quintali di zucchero e  isoglucosio,  promosso  con  ricorso
 della  Regione  Lombardia, notificato il 7 maggio 1997, depositato in
 cancelleria il 26 successivo  ed  iscritto  al  n.  32  del  registro
 conflitti 1997.
   Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente  del Consiglio dei
 Ministri, e l'atto di intervento della Societa' Fondiaria Industriale
 Romagnola S.p.a. (S.F.I.R. S.p.a.);
   Udito nell'udienza pubblica del 22 giugno 1999 il giudice  relatore
 Carlo Mezzanotte;
   Uditi   l'avvocato  Giuseppe  Ferrari  per  la  Regione  Lombardia,
 l'avvocato dello  Stato  Ivo  M.  Braguglia  per  il  Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri  e l'avvocato Vincenzo Cerulli Irelli per la
 Societa' Fondiaria Industriale Romagnola S.p.a. (S.F.I.R. S.p.a.).
                           Ritenuto in fatto
   1.1. - Con ricorso notificato il 7 maggio 1997 e depositato  il  26
 successivo,   la   Regione   Lombardia   ha  sollevato  conflitto  di
 attribuzione contro lo Stato in relazione  al  decreto  del  Ministro
 delle  risorse  agricole,  alimentari  e  forestali 27 febbraio 1997,
 concernente  la  determinazione  ed  assegnazione  delle   quote   di
 produzione  di  zucchero  e  di isoglucosio in vigore a partire dalla
 campagna bieticolo-saccarifera 1997-98, per violazione degli articoli
 3, 5, 11, 41, 43, 97, 117 e 118 della Costituzione.
   La ricorrente censura la determinazione delle quote attribuite alle
 societa' operanti nelle Regioni del Nord e, quindi, anche nel proprio
 territorio, e in particolare l'ammontare della quota attribuita  alla
 societa'  Eridania.  Il  decreto  impugnato,  ad avviso della Regione
 Lombardia,  confermando per la campagna 1997-1998 i quantitativi gia'
 decurtati  attribuiti  alla  Eridania  nella   precedente   stagione,
 opererebbe  una  rinnovata  decurtazione a sfavore di tale gruppo, in
 quanto assegnerebbe ad esso una quota complessivamente  inferiore  al
 quantitativo storicamente prodotto.
   1.2.  -  Premesso  che,  in  base  alla  disciplina  comunitaria  e
 nazionale, per l'impresa saccarifera  la  quota  rappresenterebbe  un
 fondamentale  valore  patrimoniale,  in funzione del quale verrebbero
 predisposti gli investimenti  e  che  le  Regioni  subirebbero  ovvie
 conseguenze,  in  termini  diretti ed immediati, da spostamenti delle
 quote da una impresa all'altra, e piu' ancora da una parte  all'altra
 del   territorio   nazionale,   la   ricorrente  censura  il  decreto
 ministeriale  innanzitutto  perche'  esso  non  rispetterebbe  ne'  i
 criteri  ispiratori  della disciplina comunitaria del settore - tra i
 quali figurerebbe in particolare quello  della  concentrazione  della
 coltivazione  della  barbabietola nelle zone piu' idonee - ne' quelli
 posti dalla  normativa  interna,  attuativa  di  quella  comunitaria,
 consistenti sia nella concentrazione della produzione di bietole e di
 saccarosio nei bacini regionali piu' vocati, sia nella concentrazione
 della produzione di zucchero in un numero piu' ristretto di impianti,
 adeguati a garantire una produttivita' vicina alla media europea.
   Il  decreto  impugnato,  adottato,  secondo  la  ricorrente,  senza
 un'adeguata  istruttoria,   non   rispetterebbe   tali   criteri   ma
 penalizzerebbe una eccezionale sottoproduzione delle Regioni del Nord
 dovuta  a fattori climatici e accrediterebbe alle altre Regioni quote
 produttive superiori alla produzione effettiva dell'anno  precedente,
 ponendo  in  essere  "un attentato all'autonomia costituzionale delle
 Regioni  interessate  -  come  la  Lombardia  -   che   hanno   visto
 pregiudicata la loro capacita' di governo del settore".
   Ne  risulterebbe cosi' violato, in riferimento agli articoli 5, 117
 e 118, l'art. 3  della  Costituzione,  sia  sotto  il  profilo  della
 disparita'  di  trattamento  tra  Regioni, sia sotto il profilo della
 irrazionalita', perche' il decreto  impugnato  perseguirebbe  i  fini
 dichiarati  (garanzia di una gestione del settore conforme al diritto
 comunitario; concorrenzialita' del "particolare comparto") impiegando
 criteri decisionali assolutamente  contrastanti,  come  quello  della
 considerazione  di  un'annata  produttiva  particolarmente infelice e
 quello dell'incentivo alla produzione in zone non vocate. Il  decreto
 ministeriale  sarebbe  anche affetto da irragionevolezza perche' esso
 non  perseguirebbe  la  razionalizzazione  della  produzione,  ma  la
 distribuzione  delle  quote  produttive  con finalita' essenzialmente
 assistenziali.
   1.3. - Il decreto si porrebbe in contrasto, poi,  ad  avviso  della
 Regione ricorrente, con l'art. 11 della Costituzione, dal momento che
 l'art.  25  del  regolamento  CEE  n.  1785/1981 del Consiglio del 30
 giugno 1981  (relativo  all'organizzazione  comune  dei  mercati  nel
 settore  dello  zucchero)  impegnerebbe  gli  Stati  ad effettuare la
 redistribuzione delle quote di produzione saccarifera,  sottratte  ad
 alcune  imprese  nell'ambito  dei  progetti di ristrutturazione della
 coltura della barbabietola, in favore  di  imprese  stabilite  "nella
 stessa regione delle imprese cui detti quantitativi sono sottratti".
   Inoltre,  poiche'  il  rispetto  della norma comunitaria da un lato
 sarebbe funzionale alla piu' efficiente amministrazione  del  settore
 saccarifero    (e    quindi   all'attuazione   dell'art.   97   della
 Costituzione), perche' consentirebbe alle Regioni di contare su  dati
 produttivi certi nell'esercizio delle loro attribuzioni, e dall'altro
 consentirebbe alle Regioni (e allo Stato) di indirizzare l'iniziativa
 privata  a  fini  sociali,  in  un quadro generale di programmazione,
 risulterebbero violati anche gli articoli 41 e 43 della Costituzione.
   1.4. - La ricorrente  rileva,  infine,  che,  se  il  provvedimento
 impugnato  potesse essere considerato come atto programmatorio, esso,
 in quanto atto di determinazione dei criteri generali di governo  del
 settore,  avrebbe  dovuto  essere adottato previa consultazione della
 Conferenza Stato-Regioni, il che non sarebbe avvenuto. Se, invece, il
 decreto in questione fosse ritenuto atto "immediatamente  dispositivo
 di  specifiche  situazioni  individuali  di  operatori economici e di
 Regioni", esso avrebbe dovuto essere  adottato  previa  consultazione
 individuale   delle   Regioni  direttamente  interessate,  cosa  che,
 ugualmente, non si sarebbe verificata.
   2. -  Nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  ha  depositato  atto  di
 intervento   la   Societa'  Fondiaria  Industriale  Romagnola  S.p.A.
 (S.F.I.R. S.p.A.), chiedendo che il ricorso della  Regione  Lombardia
 sia dichiarato inammissibile o comunque infondato.
   3.1.  -  Si  e'  costituita in giudizio l'Avvocatura generale dello
 Stato prospettando, in via preliminare, nella memoria  depositata  in
 prossimita'   dell'udienza,  vari  profili  di  inammissibilita'  del
 ricorso.
   In primo luogo, l'Avvocatura  eccepisce  il  difetto  di  interesse
 della  Regione  Lombardia,  in  quanto  le  quote  zucchero farebbero
 riferimento  alle  industrie  saccarifere  e  non  anche  ai  singoli
 produttori  agricoli,  l'interesse  dei  quali riceverebbe una tutela
 soltanto indiretta.
   In secondo luogo, l'Avvocatura rileva che, poiche'  nel  territorio
 della  Regione Lombardia opera un solo stabilimento di proprieta' del
 gruppo Eridania (che puo' contare  su  altri  dieci  stabilimenti  in
 Italia),  la  Regione ricorrente potrebbe avere interesse a lamentare
 l'invasione della sua sfera di attribuzione in materia di agricoltura
 ove fosse dimostrato - ma nel caso concreto non  sarebbe  avvenuto  -
 che  la  diminuzione  della  quota del gruppo, confermata dal decreto
 impugnato, abbia  inciso  sulla  produzione  dell'unico  stabilimento
 ubicato  nel  suo territorio, nel senso che questo stabilimento abbia
 assorbito meno "barbabietole lombarde" di quante ne  assorbiva  prima
 della   riduzione.     In  via  subordinata,  l'Avvocatura  eccepisce
 l'inammissibilita' del ricorso per difetto di notifica ad almeno  una
 Regione controinteressata.
   Infine,  l'Avvocatura contesta che la Regione Lombardia abbia veste
 giuridica per farsi portatrice degli interessi dell'"Italia del Nord"
 o delle "Regioni del Nord".
   3.2. - Nel merito, l'Avvocatura generale dello Stato ritiene  prive
 di  fondamento  le  deduzioni  della  ricorrente  in riferimento alla
 lamentata  violazione  degli  artt.  3,  5,  11,  117  e  118   della
 Costituzione,  per  il  mancato perseguimento degli obiettivi imposti
 dall'Unione Europea della "concentrazione della produzione di bietole
 e  di  saccarosio  nei  bacini  regionali  piu'   vocati"   e   della
 "concentrazione  della  produzione  di  zucchero  in  un  numero piu'
 ristretto di impianti".
   Dopo  aver  premesso  che  tali  deduzioni  integrerebbero piu' una
 critica della politica statale nel settore bieticolo-saccarifero  che
 vere   e  proprie  censure  di  illegittimita'  dell'atto  impugnato,
 l'Avvocatura  rileva  che  l'obiettivo  della  concentrazione   degli
 impianti  sarebbe  stato  perseguito  e  raggiunto  dallo  Stato, dal
 momento che dal 1968  ad  oggi  gli  impianti  di  trasformazione  si
 sarebbero  ridotti  da  79 a 23; contesta poi che le Regioni del Nord
 siano quelle piu' vocate alla produzione bieticola,  ed  osserva  che
 l'unico  stabilimento  di trasformazione gestito dal gruppo Eridania,
 ubicato nel territorio lombardo, malgrado le riduzioni apportate  dai
 decreti   ministeriali,   non   avrebbe   subito   contrazioni  nella
 produzione.
   Del resto, la riduzione della quota Eridania disposta  dal  decreto
 19  febbraio  1996  e  confermata  dal  decreto  impugnato,  prosegue
 l'Avvocatura, sarebbe motivata dalla necessita' di  procedere  ad  un
 riequilibrio  delle  assegnazioni,  avendo diverse imprese presentato
 significativi  divari  nell'utilizzo   delle   quote   assegnate,   e
 dall'esigenza   di   adeguare   le  quote  alla  effettiva  capacita'
 produttiva dell'impresa, allo scopo di utilizzare a pieno le  risorse
 comunitarie.  E  il  gruppo  Eridania  (il  solo  che abbia un legame
 territoriale con la ricorrente)  presenterebbe  da  quattro  campagne
 saccarifere  un significativo minus produttivo in rapporto alle quote
 di  produzione  assegnate,   sicche'   nessuna   irragionevolezza   o
 irrazionalita' sarebbe ravvisabile nell'esercizio del potere statale.
   Quanto al lamentato difetto di istruttoria, l'Avvocatura rileva che
 il  decreto  impugnato  e' basato sulla constatazione degli indirizzi
 produttivi acquisiti e prevedibili,  nonche'  sui  dati  previsionali
 relativi agli investimenti bieticoli della campagna 1997-1998 forniti
 dalle  associazioni  agricole rappresentanti la quasi totalita' della
 produzione bieticola.
   Ne', ad  avviso  dell'Avvocatura,  potrebbe  sostenersi  che  dalla
 normativa  comunitaria  discenda  un obbligo, per lo Stato membro, di
 riassegnare le quote nell'ambito  della  medesima  Regione,  giacche'
 l'art.  25,  paragrafo  3, del regolamento CEE n. 1785/1981, invocato
 dalla ricorrente, rinvia all'art.  24,  paragrafo  2,  nel  quale  il
 termine "regione" non individuerebbe una circoscrizione territoriale,
 ma gli stessi Stati membri.
   Da  ultimo,  l'Avvocatura  osserva che l'atto impugnato non avrebbe
 contenuto  programmatorio  e  che  nessuna  norma  nazionale  vigente
 prevederebbe   in   materia   la   consultazione   della   Conferenza
 Stato-Regioni.
   4. - Anche la Regione Lombardia ha depositato  una  memoria,  nella
 quale  ribadisce  le argomentazioni svolte e le conclusioni formulate
 nell'atto introduttivo del presente  giudizio.    La  ricorrente,  in
 particolare,  rileva  che  il provvedimento impugnato irrazionalmente
 non terrebbe alcun conto  dell'unico  dato  obiettivo,  rappresentato
 dalla   estensione   dei   terreni   destinati   alla  produzione  di
 barbabietole e quindi dalla potenzialita' produttiva,  essendo  esso,
 al   contrario,   ispirato   dalla   considerazione   di  circostanze
 contingenti e temporanee, non controllabili e non prevedibili,  quali
 la ridotta produzione di saccarosio, a parita' di superfici coltivate
 a  barbabietola,  a  causa  delle avverse condizioni meteorologiche e
 climatiche.  Quanto alla dedotta violazione del  principio  di  leale
 collaborazione  tra  Stato  e  Regioni,  la ricorrente osserva che la
 legislazione nazionale si e' orientata nel senso del rafforzamento di
 quel  principio,  avendo  previsto  l'intesa  del  Ministero  per  le
 politiche agricole con la Conferenza permanente per  i  rapporti  tra
 Stato  e  Regioni con riferimento alla elaborazione delle linee guida
 in tema di agricoltura (art.   2 del  decreto  legislativo  4  giugno
 1997,  n.  143,  recante  "Conferimento  alle  Regioni delle funzioni
 amministrative in materia di agricoltura e pesca  e  riorganizzazione
 dell'Amministrazione  centrale").    La  Regione  Lombardia  contesta
 infine la ammissibilita' dell'intervento della S.F.I.R. S.p.A., e, in
 ogni caso, la fondatezza di  tutte  le  eccezioni  prospettate  dalla
 interveniente.
   5.  -  Nella pubblica udienza del 22 giugno 1999, questa Corte, con
 ordinanza, ha differito al merito  la  decisione  sull'ammissibilita'
 dell'intervento della S.F.I.R. S.p.A.
   La Regione Lombardia ha depositato ulteriore documentazione.
                        Considerato in diritto
   1.   -   Il  presente  giudizio  ha  ad  oggetto  il  conflitto  di
 attribuzione sollevato dalla Regione Lombardia  nei  confronti  dello
 Stato  in  relazione  al decreto del Ministro delle risorse agricole,
 alimentari e forestali in  data  27  febbraio  1997,  concernente  la
 determinazione  ed assegnazione delle quote di produzione di zucchero
 e   di   isoglucosio   in   vigore   a   partire    dalla    campagna
 bieticolo-saccarifera 1997-1998.
   Ad  avviso  della  ricorrente,  il decreto impugnato, disponendo la
 "rinnovata decurtazione" delle quote  di  produzione  saccarifera  di
 imprese  dell'Italia  del  Nord  a  favore  di  altre zone del Paese,
 sarebbe illegittimo, per violazione degli articoli 3, 5, 11, 41,  43,
 97,  117  e  118  della  Costituzione,  in  quanto: immotivatamente e
 irragionevolmente  opererebbe  una   evidente   discriminazione   tra
 Regioni;  violerebbe l'art.   25 del regolamento CEE del Consiglio n.
 1785 del 30 giugno 1981, che prevederebbe  la  redistribuzione  delle
 quote  di  produzione  "nella  stessa  Regione"  al  fine di una piu'
 efficiente  amministrazione  del   settore,   tale   da   indirizzare
 l'iniziativa  privata  a    fini  sociali  in  un  quadro generale di
 programmazione; sarebbe stato adottato senza acquisire il parere  ne'
 della  Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni
 e le Province autonome, ne' delle singole Regioni interessate.
   Nel giudizio  e'  intervenuta  la  Societa'  Fondiaria  Industriale
 Romagnola   S.p.a.   (S.F.I.R.  S.p.a.),  eccependo  in  primo  luogo
 l'inammissibilita' del ricorso proposto dalla  Regione  Lombardia,  e
 concludendo nel merito per la reiezione del ricorso stesso.
   2.  -  Sono  inammissibili  sia l'atto di intervento della S.F.I.R.
 S.p.a., sia il ricorso per conflitto di attribuzione  proposto  dalla
 Regione Lombardia.
   E'  risaputo  l'orientamento  della  giurisprudenza  costituzionale
 secondo il quale nel giudizio sul conflitto di attribuzione tra Stato
 e  Regioni  non  possono  intervenire  soggetti  diversi  da   quelli
 legittimati  a  promuovere  il conflitto o a resistervi (sentenze nn.
 375 del 1997; 419 del 1995; 497 e 458 del 1993; 162 del  1990).  Tale
 orientamento,  nei  limiti  in  cui e' inteso a salvaguardare il tono
 costituzionale dei conflitti affidati al giudizio della Corte e a far
 si' che questi non mettano capo a  controversie  di  diritto  comune,
 deve essere tenuto fermo.
   Ragioni non dissimili depongono nel senso dell'inammissibilita' del
 ricorso  tutte  le  volte  in  cui  questo  abbia  ad  oggetto atti a
 destinatari  determinati,  identificabili  come  sicuri  titolari  di
 situazioni  giuridicamente  protette,  e non vi sia coinvolgimento di
 attribuzioni di rango costituzionale. Uno scrutinio attento in  punto
 di  ammissibilita'  e'  imposto, in simili casi, dall'esigenza che il
 ricorso per conflitto,  da  presidio  dell'integrita'  di  competenze
 costituzionali,  non  trasmodi in anomalo strumento di sostegno della
 posizione di alcuno dei destinatari dell'atto impugnato ai  danni  di
 altri.
   3.   -  Il  decreto  in  esame  ha  come  destinatarie  le  imprese
 produttrici  di  zucchero  e  come  oggetto  la   determinazione   ed
 assegnazione  a  ciascuna  di  esse  delle  quote  di  zucchero  e di
 isoglucosio per la campagna bieticolo-saccarifera 1997-1998.
   La  Regione  Lombardia  non  rivendica  come  proprio   il   potere
 esercitato  dal  Ministro  di  determinare  ed assegnare alle diverse
 imprese le quote. Ritiene invece che tale potere,  la  cui  spettanza
 allo  Stato non e' controversa, sia stato esercitato illegittimamente
 ed  abbia  menomato  le  sue  attribuzioni,  giacche'  la  "rinnovata
 decurtazione"  della  quota zucchero del gruppo Eridania (in realta',
 conferma della quota gia' ridotta nel periodo precedente) non sarebbe
 stata bilanciata da una riassegnazione di quote ad  imprese  operanti
 nell'Italia settentrionale.
   Ad   avviso   della   ricorrente,  il  decreto,  avvantaggiando  la
 produzione delle imprese operanti nelle Regioni dell'Italia  centrale
 e  meridionale,  pregiudicherebbe  le  imprese  del Nord e insieme la
 capacita' di programmazione delle Regioni  settentrionali,  e  quindi
 della Lombardia, nel settore bieticolo-saccarifero.
   4.  -  Nell'attuale assetto normativo del comparto della produzione
 bieticolo-saccarifera non esiste un collegamento  cosi'  stretto  tra
 entita'  della  quota  zucchero assegnata alle singole imprese, da un
 lato, e sviluppo agro-industriale della circoscrizione del territorio
 regionale circostante, dall'altro, tale da lasciar  supporre  che  ad
 ogni  variazione  di  una quota faccia riscontro una variazione della
 produzione dello zucchero e della coltura  delle  barbabietole  nella
 Regione  nella quale e' situato un impianto dell'impresa destinataria
 del provvedimento ministeriale.
   Rilevanti fenomeni di concentrazione hanno fatto si'  che  titolari
 delle quote zucchero siano prevalentemente grandi gruppi industriali,
 ciascuno dei quali ha insediato i propri stabilimenti in piu' Regioni
 e  fra  questi  distribuisce  territorialmente  la produzione secondo
 criteri di convenienza economica. Puo' cosi' accadere che, nonostante
 la diminuzione della sua quota, un gruppo industriale  incrementi  la
 produzione  in  uno  stabilimento  situato in una determinata Regione
 approvvigionandosi in quella stessa Regione o in un'altra.
   E' certo vero che al sistema delineato dai  regolamenti  comunitari
 (regolamenti  nn.  1785/1981  del  Consiglio  del  30  giugno  1981 e
 193/1982  del  Consiglio  del   26   gennaio   1982,   e   successive
 modificazioni)  e  dagli atti nazionali di attuazione non e' estranea
 un'istanza di connessione territoriale tra produzione  della  materia
 prima  e  sua  trasformazione.  L'esigenza  che  siano  fornite  eque
 garanzie sia ai fabbricanti che ai produttori bieticoli,  per  quanto
 concerne   la   loro  occupazione  e  il  loro  tenore  di  vita,  e'
 positivamente affermata nel diritto comunitario ed e' anzi  obiettivo
 primario,  esplicitamente enunciato, dello stesso regime delle quote;
 un   regime  che,  se  orienta  l'interesse  nazionale  all'integrale
 utilizzazione dei quantitativi globali assegnati allo Stato  italiano
 (da  qui  l'indubbia competenza statale), legittima l'aspirazione dei
 fabbricanti di zucchero a produrre per intero la quota loro assegnata
 e  insieme  quella  degli  agricoltori   a   collocare   presso   gli
 zuccherifici   la   totalita'   dei   loro   prodotti.     Lo  stesso
 "Aggiornamento"  del   piano   bieticolo-saccarifero   del   Ministro
 dell'agricoltura   e  delle  foreste  del  novembre  1990  si  mostra
 partecipe, come e' stato  osservato  in  dottrina,  dell'esigenza  di
 superare  una  visione  atomistica  del  processo produttivo agricolo
 mediante  interventi  organici  sull'intero  comparto  che   facciano
 riferimento,  piu'  che  a  imprese  o a gruppi di imprese, ad ambiti
 territoriali a vocazione  bieticola,  giungendosi  ad  auspicare  "la
 messa  a  punto"  di  un sistema di accordi locali tra bieticoltori e
 societa'  saccarifere  finalizzato   alla   reciproca   garanzia   di
 collocamento  delle  bietole  e di copertura del fabbisogno aziendale
 (paragrafo 34 del citato Aggiornamento).
   Lo strumento che collega in maniera piu' stretta l'interesse  degli
 zuccherifici  a  quello  degli agricoltori non consiste pero' in atti
 vincolanti della autorita' pubblica mediante i quali venga  addossato
 alle  imprese  l'obbligo  di  utilizzare  la quota zucchero, o un suo
 quantitativo prestabilito, solo in quel determinato  impianto,  o  di
 approvvigionarsi,  per  quella  frazione  di  quota,  solo presso gli
 agricoltori della specifica Regione ove l'impianto e' ubicato. Questo
 collegamento  e'  affidato  ad  atti  di  autonomia   collettiva   ed
 individuale   delle   parti  del  processo  produttivo,  e  trascende
 l'interesse  delle   singole   Regioni.   Nel   quadro   di   accordi
 interprofessionali  a  livello nazionale, interregionale e regionale,
 sono previsti contratti di coltivazione  e  vendita,  promossi  dalle
 medesime organizzazioni sindacali, tra produttori agricoli, singoli o
 associati, e imprese di trasformazione o commercializzazione, singole
 o associate. E' in forza di questi contratti che a carico della parte
 industriale  si  determina  un vincolo a ritirare tutta la produzione
 che la parte agricola si impegna a consegnare  (artt.  7  e  8  della
 legge  16  marzo  1988,  n.  88); ed e' cosi' che bacini bieticoli si
 collegano territorialmente a  determinate  imprese  o  a  determinati
 impianti.
   Senza  un  accordo  tra  le  parti private, non vi e' dunque alcuna
 garanzia ne' alcuna certezza che l'impresa spenda invariabilmente  la
 stessa  frazione  della  quota  di cui e' titolare presso un impianto
 ubicato in una determinata Regione, e per converso non vi  e'  alcuna
 garanzia  che da tale impianto venga assorbita la produzione agricola
 di quella Regione: basti considerare che dal  citato  "Aggiornamento"
 risultano  Regioni  ove  sono  ubicati  bacini  bieticoli  ma  nessun
 impianto industriale di trasformazione.
   Dall'assenza di  un  collegamento,  diverso  da  eventuali  vincoli
 contrattuali  tra  le  parti, che congiunga ambito regionale, coltura
 delle barbabietole e impianti di trasformazione, consegue linearmente
 il difetto di interesse della ricorrente e quindi  l'inammissibilita'
 del  ricorso.    Del resto, la stessa Regione Lombardia, a fondamento
 del proprio ricorso, individua non tanto un proprio interesse  quanto
 un  interesse  del Nord del Paese, contrapposto a quello del Centro e
 del Sud: si vede cioe' quasi costretta a farsi portatrice, in  questa
 sede,  di  una  diversa  e  piu'  ampia  sfera  di  interessi, quella
 dell'intero   Nord  d'Italia,  che,  per  il  carattere  strettamente
 territoriale della rappresentanza politica regionale, non spetta alle
 Regioni tutelare con lo strumento del conflitto di attribuzione.  Una
 volta  esclusa la configurabilita' di un interesse che si puntualizzi
 nella Regione ricorrente, la dimensione degli interessi giustiziabili
 non riguarda,  nella  specie,  attribuzioni  costituzionali  e  resta
 soltanto quella delle situazioni soggettive dei privati coinvolti dal
 provvedimento plurimo.