LA CORTE DI APPELLO
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa  civile  in  primo
 grado  iscritta  a  ruolo  in  data 23 ottobre 1995 al n. 469/95 r.g.
 promossa con atto di citazione in opposizione notificato in  data  16
 ottobre  1995 da Fruet Mario rappresentato e difeso dall'avv. Filippo
 Benanti di Trento, domiciliatario per delega a margine  dell'atto  di
 citazione in opposizione, attore;
   Contro  il  comune  di  Pergine  Valsugana  rappresentato  e difeso
 dall'avv.  Sergio D'Amato ed elettivamente domiciliato presso  l'avv.
 Franco Busana di Trento, convenuto;
   Oggetto: opposizione ad indennita' espropriativa;
   Causa  ritenuta  in  decisione  all'udienza  camerale del 5 ottobre
 1999;
                               F a t t o
   Con citazione notificata il 16 ottobre 1995 Mario  Fruet  proponeva
 opposizione  avverso  il  decreto  di  fissazione  dell'indennita' di
 esproprio del fondo di sua proprieta' determinata in L. 9.000 a metro
 quadrato  assumendo  che  i  valori  stimati  dalla   provincia   non
 rispondevano  assolutamente al valore di mercato dei beni espropriati
 ne' costituivano serio ristoro della perdita della sua proprieta'.
   Si costituiva in  giudizio  il  comune  di  Pergine  Valsugana  che
 precisava  che la indennita' di esproprio era stata calcolata secondo
 i parametri previsti dalla legge provinciale 19 febbraio 1993, n. 6.
   Nel corso della fase istruttoria veniva disposta consulenza tecnica
 accertativa della consistenza e del valore del fondo espropriato.
   All'udienza  del  28  maggio  1999  i   procuratori   delle   parti
 precisavano le conclusioni riportate in epigrafe.
                              Motivazione
   Va   innanzitutto  premesso  che  ai  fini  del  presente  giudizio
 irrilevante  si  appalesa  la  disciplina  introdotta  con  la  legge
 provinciale  di  Trento 27 agosto 1999, n. 3, art 28 che ha riaperto,
 fino  al  30  giugno  2000,  i  termini   per   la   rideterminazione
 dell'indennita'  di  esproprio siccome modificati con l'art. 41 legge
 provinciale di Trento 11 settembre 1998, n. 10.
   Ed infatti, come  correttamente  sottolineato  dalla  difesa  della
 parte opponente, le modifiche al sistema provinciale di esproprio dei
 fondi  destinati  all'esecuzione di opere pubbliche introdotte con la
 legge provinciale 10/1998 hanno  riguardato  esclusivamente  i  fondi
 edificabili e non i fondi agricoli (come nella specie).
   Deriva  da  tale considerazione che appare inutile (ed irrilevante)
 attendere lo spirare dell'indicato termine del 30 giugno 2000  atteso
 che la nuova legge non ha introdotto nuovi parametri alla stregua dei
 quali procedere alla rideterminazione della indennita' di esproprio.
   In  altre  parole  il  Fruet  non  puo'  richiedere  alla  pubblica
 amministrazione la rideterminazione dell'indennita' di esproprio  non
 essendo  stati  in  alcun  modo  variati  i criteri di determinazione
 dell'indennita' per i fondi agricoli.
   Cio' premesso, questa Corte condivide  l'opinione  dell'espropriato
 in   merito  alla  questione  di  legittimita'  costituzionale  delle
 disposizioni della  legge  provinciale  6/1993  relative  al  calcolo
 dell'indennita' di esproprio per i fondi agricoli.
   Si  tratta  infatti  di  un  sistema fondato su un meccanismo tutto
 tabellare (o categoriale).
   Esso vincola il giudice ad un predeterminato iter di ragionamenti e
 restringe  la  sua  cognizione   meritoria   al   solo   interno   di
 predeterminati  classi  legali.  E  cio'  anche in quei casi (come il
 presente) in cui ne derivino  conclusioni  palesemente  avulse  dalla
 realta' oggettiva.
   Le  classificazioni  legali  portano  necessariamente  a giudizi di
 uguaglianza pure nelle diseguaglianze (impossibili da  precatalogare)
 cosa  questa  inammissibile  (art.  3  Cost.)  in  una  materia tanto
 incisiva sui  diritti  del  cittadino  quale  quella  afferente  alle
 espropriazioni (art. 42 Cost.).
   In  particolare  la  legge  provinciale  de  qua  viene a basare il
 calcolo   dell'indennita'   di   espropriazione,   sulla   base    di
 "perimetrazioni"  cartografiche che, in termini economici sul terreno
 non esistono o meglio, che esistono in ben altre e meno rigide e piu'
 variegate forme rispetto a quelle fissate in base ai criteri previsti
 dall'art.  13  legge 6/1993.
   Secondo i criteri fissati dalla  legge  provinciale  (art.  13)  le
 categorie  tengono  in  considerazione  esclusivamente  la  vocazione
 culturale dei fondi  della  zona  nella  quale  si  inserisce  quello
 espropriato secondo parametri medi che naturalmente non tengono conto
 delle peculiarita' delle singole realta'.
   E'  chiaro  che  la  convenzionalita'  e',  nella  logica, l'esatto
 contrario della liberta'. Difatti,  un  conto  e'  mediare  le  stime
 libere  attraverso semisomme dei valori liberi con quelli catastali o
 tabellari, salvaguardando in tal modo la proporzionalita' tra caso  e
 caso  ed  un  conto  e',  invece,  convenzionare  le  stime, mediante
 astrazioni legali.
   Il collegio giudicante ritiene di dover ribadire,  dunque,  che  la
 realta'   delle  stime  immobiliari  non  puo'  essere  racchiusa  in
 categorie legali, ma deve rimanere, secondo la sua propria natura, il
 risultato di  una  improgrammabile  e  ben  piu'  vasta  e  composita
 varieta'  di  fattori, a loro volta interdipendenti fra loro caso per
 caso.
   Vale la pena di osservare che non sarebbe  sufficiente  la  pura  e
 semplice  disapplicazione  degli  atti  amministrativi  di fissazione
 delle tabelle in quanto oggetto  della  censura  proposta  da  questo
 giudice  non  e'  tanto  la  fissazione  dei  valori  medi  da  parte
 dell'autorita' amministrativa quanto il fatto che  tali  valori  medi
 siano   utilizzati   come   unico   parametro   nella  determinazione
 dell'indennita' di esproprio senza considerazione del  valore  venale
 del fondo.
   L'incongruita'   del   sistema   indicato   per  la  determinazione
 dell'indennita' di esproprio per i terreni agricoli appare tanto piu'
 evidente ove si consideri che il nuovo sistema di indennizzo previsto
 dalla riforma del 1998, abbandona il rigido sistema tabellate  per  i
 fondi aventi destinazione edificiale mediandolo proprio con il valore
 venale  del  bene oggetto del provvedimento ablativo. In altre parole
 solo per i  fondi  agricoli  la  legge  rimane  ancorata  al  sistema
 tabellare oramai abbandonato per i fondi destinati all'edilizia.
   Soltanto un sistema, dunque, che direttamente consenta di tenere in
 considerazione  il  valore  venale  del  fondo espropriato (ancorche'
 unitamente ad altri parametri  pure,  in  ipotesi,  tabellari),  puo'
 sottrarsi al sospetto di incostituzionalita'.
   La  questione  oltreche'  non manifestamente infondata e' rilevante
 nel presente giudizio.
   Infatti, secondo il C.T.U. i beni oggetto dell'esproprio hanno  una
 valutazione  di  libero  mercato di L. 75.000 al mq (in ragione della
 vicinanza - anzi limitrofita' alla  zona  edificata  che  si  estende
 dall'altro  lato  della  strada  sulla  quale  si  affaccia  il fondo
 espropriato) anzicche' lire 9.000 al mq  che  costituisce  il  valore
 tabellare.
   Il  C.T.U.  ha  anche  chiarito  che  secondo  la legge n. 865/1971
 l'indennita' di esproprio risulterebbe pari a L. 14.280.000 a  fronte
 di una indennita' liquidata in base alla legge provinciale di sole L.
 3.570.000.
   La grave sperequazione indicata mostra quindi con assoluta evidenza
 la  rilevanza  della  questione  di  costituzionalita'  ai fini della
 definizione del presente giudizio.