IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1511 del 1995, proposto da Di Marco Aldo, Dimiccoli Vincenzo, Lenoci Sabino, Minucci Massimo, Perez Enzo, Acquaviva MicheIe, Bruno Carmine, Furiosi Gianenrico, Risi Giovanni, Marsiglione Lorenzo, Troisi Fernando, Pedone Vito, Paone Alessandro, Tellini Roberto, Indorato Arcangelo, Savarese Ciro, Billella Luigi, Signoretta Salvatore, rappresentati e difesi dall'avv.to Maria Ughetta Bini ed elettivamente domiciliati presso lo studio della stessa, in Brescia, via Ferramola n. 14; Contro il Ministero della difesa, in persona del Ministro pro-tempore; il Ministero della funzione pubblica, in persona del Ministro pro-tempore; il Ministero del tesoro, in persona del Ministro pro-tempore, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall'avvocatura distrettuale dello Stato ed ex lege domiciliati presso gli uffici della stessa, in Brescia, via S. Caterina n. 6, per l'annullamento "degli atti del nuovo inquadramento in ruolo disposti ai sensi dell'art. 34 del d.lgs. 12 marzo 1995, n. 196 ... con i quali tutti i ricorrenti sono stati inquadrati nel grado di maresciallo ordinario, eccetto il ricorrente Marsiglione Lorenzo inquadrato nel grado di maresciallo", nonche' per il riconoscimento del diritto "ad ottenere ai fini dell'inquadramento il medesimo trattamento attribuito con il d.lgs. n. 198/1995 ai sottufficiali pari grado appartenenti all'Arma dei Carabinieri" (cosi', testualmente, l'epigrafe del ricorso). Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio delle intimate Amministrazioni; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive domande e difese; Visti gli atti tutti della causa; Data per letta, alla pubblica udienza del 9 luglio 1999, la relazione del primo rel. dott.ssa Alessandra Farina; Uditi, alla stessa udienza, l'avv. Maria Ughetta Bini per i ricorrenti e l'avv. dello Stato Alessandro Maddalo per le Amministrazioni resistenti; Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue: F a t t o 1. - "Con d.lgs. n. 196 del 19 maggio 1995", si espone in ricorso, "si e' provveduto al riordino dei ruoli, alla modifica delle norme di reclutamento ed allo stato d'avanzamento del personale non direttivo delle Forze Armate, Esercito, Marina, ed Aeronautica, ad eccezione dell'Arma dei Carabinieri il cui riordino dei ruoli e' stato disciplinato con d.lgs. n. 198 sempre del 12 maggio 1995". 1.1. - All'inquadramento degli odierni ricorrenti (tutti sottufficiali dell'Esercito in forza al reparto riparazione rifornimenti missili C/A di Montichiari - Brescia) sulla scorta di quanto disposto dall'art. 34 del citato d.lgs. n. 196, si e' poi provveduto con decreti ministeriali, dei quali s'e' data comunicazione agli interessati, con note individuali, tutte datate tra il 18 ed il 26 settembre 1995; "in particolare", prosegue il ricorso, "i sigg.ri Di Marco, Dimiccoli, Lenoci, Minucci, Perez, Acquaviva, Bruno, Furiosi, Troisi, Pedone, Paone, Pellini, Indorato, Savarese, Bilella, Signoretta, gia' marescialli ordinari sono stati inquadrati nel grado di maresciallo ordinario ed iscritti nel ruolo dei marescialli; il sig. Risi, gia' sergente maggiore ed inserito nei quadri di avanzamento formati alla data del 31 agosto 1995, e' stato promosso al grado di maresciallo ordinario ed inquadrato nel ruolo dei marescialli; il sig. Marsiglione, con piu' di quattro anni di anzianita' nel grado, e' stato iscritto nel ruolo dei marescialli con il grado di maresciallo". 2. - Avverso i decreti ministeriali di inquadramento, effettuato ai sensi del citato d.lgs. n. 196/1995, hanno proposto ricorso i predetti, sottufficiali, deducendone la illegittimita' derivata per "illegittimita' costituzionale dell'art. 34 comma 1, lettera c, commi 3, 4, 5, 7 e 8 del d.lgs. n. 196/1995 per contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 Cost.". Le determinazioni ministeriali di inquadramento sarebbero illegittime, in quanto applicano il decreto legislativo n. 196/1995 (attuando l'inquadramento del personale in servizio alla data del 1 settembre 1995, sulla base della norma transitoria di cui all'art. 34), che, si afferma in ricorso, "e' penalizzante rispetto a quello disposto per i parigrado nell'Arma dei Carabinieri, in forza del decreto legislativo n. 198/1995. Cio'", si prosegue, "in netto contrasto con lo spirito della legge n. 216/1992 che ha demandato al governo l'emissione di decreti legislativi contenenti le necessarie modifiche agli ordinamenti del personale... per il riordino delle carriere delle attribuzioni e dei trattamenti economici allo scopo di conseguire una disciplina omogenea fermi restando i rispettivi compiti istituzionali". I ricorrenti si vedrebbero, insomma, "riservato dalla normativa transitoria un trattamento diverso e penalizzante rispetto a quello riservato ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri. Infatti: a) i marescialli ordinari delle Forze Armate esclusi dai quadri di avanzamento formati alla data del 31 agosto 1995 sono stati inquadrati nel ruolo dei marescialli con il grado di maresciallo ordinario mentre i marescialli ordinari dell'Arma dei Carabinieri sono stati inquadrati nel ruolo degli ispettori con il grado di maresciallo capo (cfr. art. 34, comma 1, lettera c, d.lgs. n. 196/1995 in rapporto all'art. 46, comma 1, lettera b, d.lgs. n. 198/1995); b) i sergenti maggiori delle Forze Armate utilmente inseriti nei quadri di avanzamento alla data del 31 agosto 1995 sono stati inquadrati nel ruolo dei marescialli con il grado di maresciallo ordinario con due anni di anzianita' mentre i brigadieri dell'Arma dei Carabinieri utilmente iscritti al fine della promozione dal grado superiore nei quadri di avanzamento sono inquadrati nel ruolo degli ispettori con il grado di maresciallo capo (cfr. art. 34, comma 1, lettera C, d.lgs. n. 196/1995 in rapporto all'art. 46, comma 1, lettera b, d.lgs. n. 198/1995); c) i sergenti maggiori gia' iscritti nei quadri di avanzamento ma non promossi sono stati inquadrati nel ruolo dei marescialli al grado di maresciallo ordinario con anzianita' di grado 31 agosto 1993 mentre i brigadieri dei Carabinieri sono stati promossi in quanto inquadrati nel ruolo degli ispettori con il grado di maresciallo capo (cfr. art. 34, comma 3, d.lgs. n. 196/1995 in rapporto all'art. 49, comma 2, d.lgs. n. 198/1995... v. pag. 6 ric.). "In sintesi"; conclude l'esposizione di gravame, "si assiste ad una sostanziale promozione di tutti i sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri (e anche di coloro che non sono sottufficiali) mentre i sottufficiali dell'Esercito (che prima del decreto legislativo in esame erano parigrado, e con anzianita' anche superiore nel grado medesimo rispetto ai colleghi sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri), non beneficiano del medesimo trattamento: si verifica un inammissibile scavalcamento soprattutto ai fini gerarchici tra sottufficiali appartenenti alla medesima Forza Armata". L'art. 34 d.lgs. n. 196/1995, nel prevedere "un inquadramento dei citati sottufficiali dell'Esercito inferiore rispetto a quello attribuito ai pari grado dell'Arma dei Carabinieri" sarebbe, pertanto, costituzionalmente illegittimo: "per irragionevole discriminazione tra appartenenti alle Forze Armate per i quali vi e' sempre stata una corrispondenza dei gradi sulla scorta della omogeneita' di funzioni"; nonche' "per irragionevole equiparazione (violazione del principio di ragionevolezza) dei sottufficiali di grado inferiore, addirittura non sottufficiali, appartenenti all'Arma dei Carabinieri ai sottufficiali di grado superiore delle Forze Armate" (e cio' in evidente contrasto con l'art. 3 della Costituzione repubblicana); per violazione dell'art. 36 Cost., la denunciata diversita' degli inquadramenti riflettendosi "pure sul trattamento retributivo, con penalizzazione dei sottufficiali delle Forze Armate, e con vantaggio in giustificato a favore dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri"; per violazione dell'art. 97 Cost., che, si afferma, "fissa il principio di imparzialita' della pubblica amministrazione, in relazione al potere-dovere di adottare i medesimi inquadramenti di fronte a situazioni equiparate in forza di precedenti inquadramenti effettuati dall'Amministrazione medesima sulla base di norme preesistenti e sulla base di norme attuali che ribadiscono l'equiparazione tra ruoli e profili professionali" (pag. 10 ric.). Gli istanti chiedono cosi', in definitiva, che l'Amministrazione sia condannata alla corresponsione, in loro favore, delle differenze retributive tra l'inquadramento operato ai sensi del citato d.lgs. n. 196/1995 e quello superiore riconosciuto ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri in forza del d.lgs. n. 198/1995. 3. - Si sono costituite in giudizio, con atto formale, le intimate Amministrazioni Statali, che hanno chiesto, con formule di mero stile, il rigetto del ricorso. Con memoria depositata nell'imminenza della udienza (ma fuori del termine di 10 giorni liberi anteriori alla data fissata per l'udienza, di cui all'art. 23, quarto comma, legge t.a.r.), la difesa delle resistenti Amministrazioni, ripercorso l'iter che ha portato alla emanazione del d.lgs. n. 196/1995, ha affermato "che i decreti legislativi n. 196 e n. 198 non sono affatto disomogenei, in quanto la normativa a regime prevede un'identica progressione in carriera", illustrando, inoltre, come non appaia illegittima "nemmeno la normativa transitoria dettata dall'art. 34 del d.lgs. n. 196/1995, in quanto il legislatore, nel procedere alla c.d. omogeneizzazione, non poteva non tenere presenti le differenze esistenti tra le Forze Armate, differenze dovute ai relativi ordinamenti di settore, alle norme fondamentali di stato, nonche' alle attribuzioni delle autorita' di pubblica sicurezza". 3.1. - Anche i ricorrenti (peraltro nei termini di legge) hanno ribadito le loro argomentazioni, con memoria presentata in vista della udienza di trattazione nella quale, in particolare, ribadita "la disomogeneita' delle disposizioni previste dall'art. 34, comma 1, lettera c, commi 3, 4, 5, 7 e 8 del d.lgs. n. 196/1995 rispetto all'art. 46 del d.lgs. n. 198/1995 relativo all'inquadramento dei Carabinieri", si sottolinea il "contrasto con lo spirito della legge n. 216/1992 ove all'art. 3 si demanda il governo all'emissione di decreti legislativi per il riordino delle carriere, delle attribuzioni e dei trattamenti economici, allo scopo di conseguire una disciplina omogenea fermi restando i rispettivi compiti istituzionali" e, dunque, la violazione del disposto dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, nonche' la conseguente "discriminazione tra i sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri che vengono (rectius sono stati promossi), mentre i sottufficiali dell'Esercito non beneficiando dello stesso trattamento, subiscono una perdita patrimoniale mentre ai fini gerarchici sono scavalcati da parigrado o addirittura di grado inferiore (non va dimenticato che l'Arma dei Carabinieri fa parte dell'Esercito)". 3.3. - Alla pubblica udienza del 9 luglio 1999, uditi i difensori presenti per le parti costituite, la causa e' passata in decisione. D i r i t t o 1. - Devesi, preliminarmente, dichiarare la inammissibilita' della memoria prodotta dalla Avvocatura dello Stato in data 2 luglio 1999, in quanto effettuata in violazione del termine di cui all'art. 23, quarto comma, legge t.a.r., posto a presidio del diritto di difesa di controparte e dell'interesse del giudice a conoscere tempestivamente e compiutamente la materia del contendere. 2. - Quanto all'azione di cui trattasi, v'e' da rilevare che i ricorrenti propongono, quali pubblici dipendenti, azione di accertamento di un diritto patrimoniale, nell'ambito della giurisdizione amministrativa esclusiva; essi, peraltro, hanno a tal fine impugnato nei termini di decadenza gli atti dell'inquadramento effettuato dall'Amministrazione della Difesa in applicazione della normativa in questione (art. 34 del decreto legislativo n. 196 del 1995, emanato in attuazione dell'art. 3 della legge n. 216 del 1992). L'oggetto di tale decreto legislativo (concernente il riordino dei ruoli e la modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze Armate) non consente di ritenere che il trattamento economico e le norme di inquadramento ivi previste per detto personale siano, per cosi' dire, "disapplicabili" (non essendo attribuito nel nostro ordinamento, ne' alla Amministrazione, ne' al sistema giurisdizionale, un tale potere), per estendere, invece, ai sottufficiali dell'Esercito, conformemente alla pretesa avanzata dagli istanti, le corrispondenti norme dettate dal d.lgs. n. 198 del 1995 per il personale dell'Arma dei Carabinieri che si trovi nelle stesse condizioni. Cio' in quanto il legislatore, in attuazione della delega contenuta nell'art. 3 della legge n. 216 del 1992, ha partitamente identificato e disciplinato, con vari decreti, i diversi ordinamenti delle varie Forze di Polizia e delle Forze Armate, cosicche' in ciascuno di essi sono, pertanto, rinvenibili le disposizioni relative al trattamento economico ed alle carriere, da applicarsi allo specifico ordinamento, di cui di volta in volta si tratti (nella fattispecie, quello delle Forze Armate). La domanda di accertamento del diritto dei ricorrenti ai benefici in questione, cioe', ad ottenere, ai fini dell'inquadramento, il medesimo trattamento attribuito, con il d.lgs. n. 198/1995, ai sottufficiali di pari grado appartenenti all'Arma dei Carabinieri, si appalesa, cosi', priva di supporto normativo, non potendosi in ogni caso far luogo ad una interpretazione estensiva delle invocate norme del d.lgs. n. 198/1995 e/o ad una "disapplicazione" (non consentita a questo giudice) delle corrispondenti prescrizioni del d.lgs. n. 196/1995 (considerata anche la mancanza di qualsiasi a'mbito di indeterminatezza delle norme recate dai decreti delegati in argomento). Il Collegio, pertanto, non puo' esaminare ed apprezzare adeguatamente le ragioni prospettate dai ricorrenti, se non previa declarato'ria di incostituzionalita' delle citate norme (se ed ove adeguatamente sussistano i necessari presupposti del giudizio costituzionale in via incidentale: rilevanza e non manifesta infondatezza della questione). 3. - Il thema decidendum della presente controversia concerne dunque, in sostanza, non tanto la legittimita' dei decreti di inquadramento dei ricorrenti, tutti sottufficiali dell'Esercito, che risultano aver fatto diretta e corretta applicazione del d.lgs. n. 196/1995, quanto, piuttosto, l'asserita incostituzionalita' (in quanto a cio' si riduce, in definitiva, l'unico, articolato motivo di censura dedotto) citato decreto legislativo, che, con la norma transito'ria di cui all'art. 34 (dedicata all'"inquadramento nel ruolo dei marescialli"), avrebbe operato, secondo le ipotesi poste a base del ricorso, una irragionevole discriminazione tra i sottufficiali dell'Esercito' (e delle Forze Armate in genere) e quelli dell'Arma dei Carabinieri (le norme transito'rie del cui inquadramento sono dettate, invece, negli artt. da 46 a 50 del d.lgs. n. 198/1995). Una discriminazione, si sottolinea nell'atto introduttivo del giudizio, che "colpisce unicamente i sottufficiali che rientrano nella applicazione della norma transitoria di cui al citato art. 34, d.lgs. n. 196/1995, in quanto per coloro che beneficiano della normativa ordinaria introdotta con il decreto legislativo in esame non subiscono penalizzazioni rispetto ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri, rispetto ai quali non possono lamentare alcuna disparita': in proposito si rinvia all'esame delle tabelle allegate ai decreti legislativi...". 3.1. - L'esame della prospettata questione di costituzionalita' necessita di un preliminare inquadramento. Lo stato giuridico dei sottufficiali delle Forze Armate, nelle quali e' a tutti gli effetti da intendersi ricompresa l'Arma dei Carabinieri, ha sempre avuto una disciplina uniforme e del pari uniforme e' stato, dal r.d. n. 2395 del 1923 e dal d.P.R. n. 1079 del 1970 alla legge n. 312 del 1980, il trattamento economico dei sottufficiali delle varie Armi rispetto ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri (con la sola eccezione delle indennita' accesso'rie collegate alle diverse situazioni di impiego derivanti dal servizio. Cio' sino alla entrata in vigore della legge n. 34 del 1984, allorche', a se'guito della riforma della Polizia del 1981 (caratterizzata, tra l'altro, dall'inizio della unificazione del trattamento economico delle Forze di Polizia), tale uniformita' e' stata infranta unicamente per effetto del meccanismo, ritenuto prioritario, della equiparazione tra le varie "Forze di Polizia" (il sedicesimo comma dell'art. 43 della legge n. 121 del 1981 stabiliva che il trattamento economico previsto per il personale della Polizia di Stato "e' esteso all'Arma dei Carabinieri ed ai corpi previsti al primo e secondo comma dell'art. 16"; a sua volta, l'art. 2, quinto comma, della legge n. 34 del 1984 ha disposto che, in relazione al suddetto art. 43, "e' esteso il trattamento economico per stipendio e per indennita' mensili previsto per il personale della Polizia di Stato all'Arma dei Carabinieri e ai Corpi della Guardia di Finanza, degli Agenti di Custodia e Forestale dello Stato"). L'evoluzione legislativa successiva ha avuto un significativo approdo nella legge n. 216 del 1992. Con essa il legislatore non solo ha proceduto sulla strada della perequazione (semplicemente) economica delle Forze di Polizia, ma ha, con il conferimento di una duplice delega legislativa, avviato successive fasi dirette ad una ulteriore e sostanziale omogeneizzazione: la prima delega (art. 2, comma 1, della legge n. 216 del 1992), nella preoccupazione di non alterare gli equilibri tra i vari ordinamenti militari, da esercitarsi con un unico decreto legislativo, su proposta del Ministro dell'interno di concerto con gli altri ministri interessati, aveva per oggetto la definizione "in maniera omogenea, nel rispetto dei principi fissati dai relativi ordinamenti di settore, stabiliti dalle leggi vigenti", delle procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego delle Forze di Polizia anche ad ordinamento militare, ai sensi della legge 1 aprile 1981, n. 121, nonche' del personale delle Forze Armate, ad esclusione dei dirigenti civili e militari e del personale di leva (v. Corte cost., ord. n. 152 del 26-30 aprile 1999). La seconda delega (art. 3 della legge n. 216 del 1992), poi, da esercitarsi con piu' decreti legislativi sulla base di unici criteri direttivi (diversi da quelli di cui all'art. 2), riguardava, in particolare, "le necessarie modifiche degli ordinamenti del personale" delle Forze di Polizia e delle Forze Armate, esclusi dirigenti e direttivi, "per il riordino delle carriere, delle attribuzioni e dei trattamenti economici, allo scopo di conseguire una disciplina omogenea, fermi restando i rispettivi compiti istituzionali, le norme fondamentali di stato, nonche' le attribuzioni delle autorita' di pubblica sicurezza, previsti dalle vigenti disposizioni di legge"; inoltre, per le anzidette finalita', era espressamente contemplato che i decreti legislativi potessero "prevedere che la sostanziale equiordinazione dei compiti e dei connessi trattamenti economici sia conseguita attraverso la revisione di ruoli, gradi e qualifiche e, ove occorra, anche mediante la soppressione di qualifiche, gradi, ovvero mediante l'istituzione di nuovi ruoli, qualifiche e gradi con determinazione delle relative dotazioni organiche, ferme restando le dotazioni organiche complessivamente previste", con le occorrenti disposizioni transitorie (art. 3, comma 3, della legge n. 216 del 1992). L'esercizio di tale seconda delega era previsto avvenisse con piu' decreti legislativi, da emanarsi su proposta dei Ministri rispettivamente interessati e, per le Forze di Polizia, con la concertazione del Ministro dell'interno, attesi i suoi compiti istituzionali, confermati nella legge n. 121 del 1981. I principi ed i criteri direttivi relativi sono fissati con specifiche disposizioni, che prevedono anche la necessaria copertura finanziaria. La legge n. 216 del 1992 ha cosi', un duplice contenuto, con diversa natura ed autonomia: l'uno (art. 1), di conversione del d.-l. 7 gennaio 1992, n. 5 "con le modificazioni riportate in allegato alla legge", adottato in base alla previsione dell'art. 77, terzo comma, della Costituzione (ivi disponendo la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri a se'guito della sentenza della Corte della costituzione n. 277 del 1991, ricomprendendo, peraltro, anche le corrispondenti posizioni delle altre Forze di Polizia, che erano state mantenute al di fuori dell'oggetto della pronuncia della Corte); l'altro (artt. 2 e 3), di legge di delega, ai sensi dell'art. 76 della Costituzione, di tal guisa avviando le successive fasi dirette ad una ulteriore e sostanziale omogeneizzazione, con il conferimento della detta, duplice, delega, differenziata per fonte, oggetto, proponenti, principi direttivi e criteri di delega. La prima delega e' stata esercitata con 12 maggio 1995, n. 195, che richiama anche la legge 29 aprile 1995, n. 130. La seconda delega, prevista, come si e' detto nell'art. 3 della citata legge n. 216 del 1992, e' stata esercitata, tra l'altro, con d.lgs. 12 maggio 1995, n. 196 (denunciato, quanto alla costituzionalita' del suo art. 34, dai ricorrenti) e col d.lgs. 12 maggio 1995, n. 198, che, riguardando il personale dell'Arma dei Carabinieri, viene assunto dai ricorrenti stessi quale tertium comparationis della dedotta discriminazione retributiva e di stato giuridico. La delega di cui all'art. 3, ha osservato la Corte costituzionale (sent. n. 63 del 1998), prevedeva tutte la necessarie modifiche degli ordinamenti per il riordino delle carriere, delle attribuzioni e dei trattamenti economici, allo scopo di consegui're una disciplina omogenea, si noti, con riguardo ad una vasta gamma di ordinamenti comprendenti Forze di Polizia e Forze Armate. E le variazioni dell'assetto organizzato'rio della pubblica amministrazione, che dal plurimo esercizio della delega sono scaturite, si inseriscono, ha proseguito la Corte, in un disegno dichiarato di politica normativa tendente alla razionalizzazione ed alla omogeneizzazione di situazioni di ordinamenti, quali quelli delle Forze di Polizia o delle Forze Armate, che, in una valutazione politica dello stesso legislatore (certamente non palesemente arbitraria o manifestamente irragionevole), dovevano essere ricondotte ad effettivo equilibrio di trattamenti normativi ed economici, evitando alterazioni settoriali e rincorse di rivendicazioni (v. anche Corte cost., sent. n. 65 del 1997). Le esigenze (di notevole rilievo, secondo l'apprezzamento dello stesso legislatore) di equilibrio di interi settori di Polizia e di Forze Armate) hanno portato, con i citati decreti legislativi (dopo che gia' con il d.-l. 4 dicembre 1992, n. 469, convertito nella legge 2 febbraio 1993, n. 23, i miglioramenti economici, gia' in godimento dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri e del personale corrispondente della Polizia di Stato, venivano attribuiti in favore dei sottufficiali delle Forze Armate, al ripristino della equiparazione giuridica consolidata nel tempo, tra sottufficiali delle Forze Armate e sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri. Senza abbandonare, cosi', il principio, ormai pacifico, secondo il quale l'assetto dei dipendenti civili dello Stato (cui anche i nuovi ordinamenti delle Forze di Polizia e delle Forze Armate sembrano uniformarsi), a partire dalla legge 11 luglio 1980, n. 312, si suddivide in qualifiche, caratterizzate dal tipo di funzioni che le contraddistinguono (in attuazione del ca'none, ritenuto in generale co'nsono all'art. 36 della Costituzione, di tendenziale corrispondenza del trattamento economico tipo di funzioni esercitate, in base al criterio funzionale: v. Corte cost., 3-12 giugno 1991, n. 277), lo status del personale non direttivo delle Forze Armate e quello del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei Carabinieri e' stato individuato nel "grado" (all'interno del rispettivo "ruolo"): v., per il personale delle Forze Armate, artt. 2, 3 e 4 d.lgs. n. 196/1995 e, per quello dell'Arma dei Carabinieri, artt. 2 e 12 n. 198/1995. La posizione di sostanziale, tradizionale, uguaglianza dell'Arma dei Carabinieri con le altre Armi dell'Esercito (salvo il sostanziale, diverso, contenuto dei suoi co'mpiti di ordine e sicurezza pubblica), poi, e' stata ribadita, nei decreti legislativi all'esame, sotto vari aspetti e profili: all'art. 12 d.lgs. n. 196, prevedendo "la corrispondenza dei gradi nei rispettivi ruoli del personale di cui al presente decreto legislativo con i gradi ed i ruoli del personale dell'Arma dei Carabinieri" (secondo le tabelle "A/1" ed "A/2" allegate al decreto); all'art. 31, comma 1 (ed alla corrispondente tabella "D" allegata), del d.lgs. n. 196 ed all'art. 54, comma 2 (ed alla corrispondente tabella "F", allegata al decreto), del d.lgs.n. 198, ove il trattamento economico stipendiale e' attribuito correlando ciascun grado ad un livello, cosicche' risulta evidente che tenuto conto della corrispondenza dei gradi di cui si e' detto, a parita' di grado (tra Forze Armate e Carabinieri) risulta una parita' di livello (e dunque di trattamento economico stipendiale), nonche' di scatti aggiuntivi gerarchici (salva l'indennita' pensionabile di cui al terzo comma dell'art. 43 della legge 1 aprile 1981, n. 121, prevista per i soli Carabinieri, in quanto correlata ai co'mpiti loro attribuiti di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica); all'art. 14 (ed alle corrispondenti tabelle "B/1", "B/2" e "B/3") del d.lgs. n. 196 ed agli artt. 31 e 32 (ed alle corrispondenti tabelle "B", "C/1" e "C/2") del d.lgs. n. 198, ove, sempre tenendo conto della disegnata corrispondenza tra i gradi, viene divisato un sistema di avanzamento da un grado all'altro, all'interno dello stesso ruolo, del tutto identico per il personale delle Forze Armate e per quello dell'Arma dei Carabinieri: sia quanto a forme di avanzamento, sia quanto a requisiti (o periodi minimi di permanenza nel grado). Con le sopra riportate norme sembra, dunque, essersi voluto ricondurre ad armoni'a (essendosi verificata, nell'arco degli ultimi tre lustri, per effetti indotti dalla introduzione della contrattazione collettiva e dalle connesse spinte particolaristiche, una lesione del principio, consolidato nel tempo, e quindi non eliminabile ad arbitrio, della uniformita' del trattamento economico tra i vari gradi dell'Esercito i trattamenti retributivi (salva la possibilita' di attribuire voci retributive od indennita' particolari) ed ordinamentali delle Forze di Polizia (ed, in particolare, dei Carabinieri) e delle Forze Armate (con particolare riguardo all'Esercito, del quale l'Arma dei Carabinieri pur sempre fa parte) e cio' in perfetta attuazione sia dello scopo fissato nel conferimento della delega (quello, cioe', di conseguire una disciplina omogenea di carriere, attribuzioni e trattamento economico), sia del principio, conforme ad esigenze costituzionalmente rilevanti, di garanzia e proporzionalita' della retribuzione tra coloro che appartengono alla stessa amministrazione (ch'e' quella della Difesa), sono chiamati a svolgere le stesse mansioni (pur nella giusta valorizzazione delle specificita', con il sistema del trattamento integrativo ed accesso'rio), sono assunti sulla base dei medesimi sistemi concorsuali e progrediscono secondo una identica carriera. 3.2. - La veduta omogeneizzazione delle situazioni ordinamentali e dei trattamenti economici non appare, tuttavia, completa, nel disegno offerto dal legislatore delegato. In sede di regime transito'rio, la equiparazione tra gradi (corrispondenti) delle Forze Armate e dell'Arma dei Carabinieri non viene garantita: l'art. 34 del d.lgs. n. 196/1995, inserito com'e' nel Capo VII (dedicato, appunto, alle "norme transitorie"), detta, infatti, norme per l'inquadramento nel ruolo dei marescialli, prescrivendo, per quanto qui piu' specificamente interessa: (comma 1) "i sottufficiali, in servizio alla data del 1 settembre 1995, sono inquadrati in ordine di ruolo, mantenendo l'anzianita' di servizio posseduta e l'anzianita' di grado maturata nel grado di provenienza, nei seguenti gradi del ruolo dei marescialli: a) nel grado di aiutante, i marescialli maggiori o gradi corrispondenti, compresi quelli con qualifica di "aiutante" o di "scelto", nonche' i marescialli capi e gradi corrispondenti utilmente inseriti nei quadri d'avanzamento formati entro la data del 31 agosto 1995; b) nel grado di maresciallo capo e gradi corrispondenti, i marescialli capi, nonche' i marescialli ordinari e gradi corrispondenti inseriti nei quadri d'avanzamento formati entro la data del 31 agosto 1995; c) nel grado di maresciallo ordinario e gradi corrispondenti, i marescialli ordinari, nonche' i sergenti maggiori e gradi corrispondenti utilmente inseriti nei quadri d'avanzamento formati entro la data del 31 agosto 1995"; (comma 3) "i marescialli capi e i sergenti maggiori, iscritti ai quadri d'avanzamento ordinari e straordinari relativi agli anni 1994 e 1995 ma non promossi, sono inquadrati, rispettivamente, nei gradi di aiutante e di maresciallo ordinario corrispondenti con decorrenza 31 agosto 1995, prendendo posto nel ruolo dopo l'ultimo promosso dei quadri ordinari e straordinari". Tali norme transito'rie, dettate per l'inquadramento dei sottufficiali delle Forze Armate, trovano corrispondenza, nell'a'mbito delle norme previste nel d.lgs. n. 198/1995 per il personale dell'Arma dei Carabinieri: nell'art. 46, comma 1: "il personale appartenente al ruolo sottufficiali, comunque in servizio alla data del 1 settembre 1995, e' inquadrato, mantenendo l'anzianita' di servizio e di grado maturato, nei seguenti gradi del ruolo ispettori: a) nel grado di maresciallo aiutante sostituto ufficiale di P.S., i sottufficiali che, alla predetta data, rivestono il grado di maresciallo maggiore, compresi quelli con qualifica di "aiutante" e "carica speciale", nonche' i marescialli capi utilmente iscritti, ai fini della promozione di grado superiore, nei quadri di avanzamento formati alla suddetta data, ai sensi della legge 10 maggio 1983, n. 212; b) nel grado di maresciallo capo, i sottufficiali che, alla predetta data, rivestono il grado di maresciallo capo e di maresciallo ordinario, nonche' i brigadieri utilmente iscritti ai fini della promozione al gradi superiore, nei quadri di avanzamento formati alla suddetta data, ai sensi della legge 10 maggio 1983, n. 212; c) nel grado di maresciallo ordinario, i sottufficiali che, alla predetta data, rivestono il grado di brigadiere, nonche' i vicebrigadieri utilmente iscritti, ai fini della promozione al grado superiore, nei quadri di avanzamento formati alla suddetta data, ai sensi della legge 10 maggio 1983, n. 212; d) nel grado di maresciallo, i vicebrigadieri"; (art. 49, comma 2: "Alla stessa data i marescialli capi e i brigadieri gia' valutati, giudicati idonei, iscritti in quadro ma non promossi perche' non compresi nel primo terzo o nella prima meta' dell rispettive aliquote, sono inquadrati, a decorrere dal l settembre 1995, nel ruolo degli ispettori, rispettivamente con il grado di maresciallo aiutante s.U.P.S. e maresciallo capo, secondo l'ordine del ruolo di provenienza, previo giudizio di idoneita' espresso dalla Commissione di avanzamento di cui all'art. 31 della legge 10 maggio 1983, n. 212". Orbene, una lettura comparata delle norme appena riportate fa risaltare evidenti differenze, derivanti dalla sola appartenenza alle Forze Armate piuttosto che all'Arma dei Carabinieri, nell'inquadramento previsto per personale di pari grado (in forza di corrispondenza dichiarata "ex lege"), a tutto detrimento dei sottufficiali delle Forze Armate: mentre i marescialli ordinari dell'Esercito (per restare all'arma ed al caso che qui ne o'ccupa) sono inquadrati nel grado di maresciallo ordinario (art. 34, comma 1, lettera c del d.lgs. n. 196/1995), i loro omologhi dell'Arma dei Carabinieri sono inquadrati nel grado di maresciallo capo (art. 46, comma 1, lettera b del d.lgs. n. 198/1995), mentre, anco'ra, i sergenti maggiori dell'Esercito, iscritti ai quadri di avanzamento ordinari e straordinari relativi agli anni 1994 e 1995 ma non promossi, sono inquadrati nel grado di maresciallo ordinario (art. 34, comma 3, del d.lgs. n. 196/1995), i loro corrispondenti colleghi dell'Arma dei Carabinieri sono inquadrati nel grado di maresciallo capo (art. 49, comma 2, del d.lgs. n. 198/1995). 4. - Tutto cio' premesso, la dedotta questione di costituzionalita' riguarda, appunto, le norme da ultimo citate del d.lgs. n. 196/1995: l'art. 34, comma 1, lettera c) e l'art. 34, comma 3, dei quali l'Amministrazione ha fatto applicazione ai fini dell'inquadramento, rispettivamente, dei ricorrenti gia' marescialli ordinari e dei ricorrenti gia' sergenti maggiori in servizio permanente dell'Esercito, iscritti nei quadri di avanzamento. La questione appare di decisiva rilevanza ai fini della decisione giurisdizionale richiesta dalle parti a questo giudice, atteso che solo l'eventuale, invocata declarato'ria di incostituzionalita' delle norme predette (sulla cui corretta applicazione da parte della Amministrazione intimata non si controverte), con sentenza ad un tempo cassato'ria ed additiva della Corte (cfr. Corte cost., sent. n. 248 del 1989), che dichiari l'applicabilita', ai sottufficiali dell'Esercito e delle altre Forze Armate, delle norme transito'rie di inquadramento dettate per i pari grado dell'Arma dei Carabinieri, determinerebbe, una volta eliminato l'ostacolo delle censurate norme del d.lgs. n. 196 (sulla base delle quali, si ripete, sono stati effettuati gli impugnati inquadramenti), un esito del giudizio pienamente favorevole ai ricorrenti, con il riconoscimento del loro (preteso) diritto a vedersi inquadrati (con il corrispondente trattamento economico) sulla base delle suddette disposizioni riguardanti l'Arma dei Carabinieri. Inammissibile, invece, per difetto di rilevanza, appare la questione di costituzionalita', pure sollevata dagli istanti, di altre disposizioni dell'art. 34 cit.,non direttamente riguardanti la fattispecie all'esame. 4.1. - Superato positivamente l'esame preliminare di ammissibilita' e rilevanza della proposta eccezione di illegittimita' costituzionale (quanto, si precisa, all'art. 34, comma 1, lettera c e comma 3, del d.lgs. n. 196 del 1995), occorre, ora, accertarne il carattere di non manifesta infondatezza. Osserva, al riguardo, il Collegio di non poter considerare, prima facie, infondata la dedotta questione di costituzionalita', sussistendo un ragionevole dubbio sulla conformita' di tali norme con l'art. 3 della Costituzione e coi princi'pi di ragionevolezza e buona amministrazione, nella misura in cui esse non stabiliscono, per i sottufficiali delle Forze Armate, precetti di inquadramento transito'rio (del personale in servizio alla data del 1 settembre 1995) analoghi a quelli applicabili, ai sensi del d.lgs. n. 198/1995, ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri. Appare, in proposito evidente che, pur nell'innegabile ampiezza di interventi sugli ordinamenti previsti dalla legge di delega (art. 3 della legge n. 216 del 1992: si noti, non investita da censure di incostituzionalita' dai ricorrenti, ne', d'ufficio, da questo giudice) - allo scopo di conseguire una disciplina "omogenea" e di raggiungere una "equiordinazione" di co'mpiti e connessi trattamenti economici - per il riordino delle carriere, delle attribuzioni e dei trattamento economici, con previsione espressa della revisione di ruoli, gradi e qualifiche (v. Corte cost., ord. n. 189 del 13-25 maggio 1999), il decreto delegato in esame (n. 196 del 1995) disegna, tuttavia, un sistema transito'rio di primo inquadramento dei sottufficiali delle Forze Armate del tutto disomogeneo e deteriore rispetto a quello stabilito per il personale corrispondente dell'Arma dei Carabinieri (agli artt. 46 e 49 del d.lgs. n. 198/1995), che non pare sorretto da valide ed univoche ragioni sostanziali, giungendo anzi ad ingiustificate distorsioni rispetto alla normativa prevista a regime per l'inquadramento e le forme di avanzamento dei sottufficiali stessi; normativa che, nella disciplina recata dalle tabelle allegate ai due decreti delegati in considerazione, appare del tutto similare, quanto alle forme di avanzamento ed ai periodi minimi di permanenza nel grado. Ne' la differenza di inquadramento di cui si tratta (cosi' come quella di trattamento economico, alla prima conseguente) pare poter trovare una sua giustificazione logica e razionale nella tesi secondo la quale, in relazione alle mansioni in concreto svolte dalle due categorie di dipendenti poste a raffronto, ed, in particolare, alla gravosita' ed al pericolo, propri dei co'mpiti d'istituto dell'Arma dei Carabinieri, insiti nella lotta al terrorismo ed alla delinquenza organizzata - non sarebbe configurabile quella identita' di situazioni oggettive e soggettive, che, in presenza di un trattamento viceversa differenziato, comporterebbe violazione del principio di uguaglianza (v. Corte cost., 12 aprile 1990, n. 191). Il Collegio non puo', infatti, nascondersi che la ragionevolezza e la conformita' al principio di uguaglianza del sistema di cui trattasi entrano in crisi proprio perche' il (pur legittimo) raffronto di cui trattasi resterebbe limitato alla sola fase dell'inquadramento transito'rio in discussione. L'intero sistema disegnato dal legislatore delegato (con la fissazione di una corrispondenza dei gradi delle diverse Armi, con l'inserimento dei gradi dichiarati corrispondenti in uno stesso livello retributivo, con l'indicazione di un percorso di carriera in tutto simile per i gradi corrispondenti delle diverse Armi, ivi compresa l'Arma dei Carabinieri) appare, invero, chiaramente vo'lto ad escludere, piuttosto che ad esaltare le differenze tra sottufficiali di pari grado ed anzianita' dell'Esercito (non facenti parte delle "Forze di Polizia") e sottufficiali dei Carabinieri (ricompresi dalla legge tra le Forze di Polizia, che, come e' noto, svolgono prevalenti co'mpiti di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica). Una posizione di sostanziale uguaglianza tra le varie armi (non fosse per le dissonanti disposizioni qui denunciate), il legislatore, col quadro normativo sopra precisato, pare indubitabilmente aver perseguito, dando cosi' minor rilevanza che in un recente passato (ma cio' rientra nella discrezionalita' legislativa, fermo il limite generale, per ogni intervento normativo, della ragionevolezza, come svolgimento dell'art. 3 della Costituzione), ai fini che qui interessano, alla specificita' delle attivita' che siano richieste ai dipendenti pubblici per la difesa della nazione e dell'ordine pubblico, a quelle specificita', cioe', che avevano consentito, in virtu' del quinto comma dell'art. 2 della legge n. 34 del 1984, la estensione del trattamento economico previsto per il personale della Polizia di Stato agli ufficiali e sottufficiali facenti parte dell'Arma dei Carabinieri (ma non a quelli dell'Esercito, ne' delle altre Armi). A questo punto viene meno ogni possibile presupposto, sul quale possa poggiare la tesi della conformita' ai principi costituzionali della normativa in questione, poiche' se tali specificita' appaiono venute meno nell'intero, coordinato, corpus legislativo costituito dai decreti legislativi in argomento (se si esclude, come gia' rilevato, la valorizzazione dell'istituto della indennita' pensionabile attribuita alle Forze di Polizia, del resto in piena coerenza con il quadro complessivo tracciato non si comprende come e perche' le stesse possano o debbano sorreggere le differenziate scelte effettuate dal legislatore delegato in tema di inquadramento, nel regime transito'rio, dei sottufficiali in servizio. Pare, in definitiva, molto arduo riconoscere la ratio del piu' favorevole regime di inquadramento riservato ai sottufficiali dei Carabinieri nella loro attivita' di lotta al terrorismo ed alla criminalita' organizzata e, piu' in generale, di difesa dell'ordine pubblico. Oltretutto, l'anzidetta, diversificata, disciplina degli inquadramenti dei sottufficiali delle Forze Armate in servizio alla data del 1 settembre 1995 (rispetto a quella introdotta per i sottufficiali dei Carabinieri non trova giustificazioni nemmeno (come pur potrebbesi legittimamente ipotizzare, trattandosi di inquadramento di personale in servizio) in differenze sostanziali rinvenibili nell'ordinamento precedente, tali da provocare riflessi sostanziali (derivanti dalle diverse, pregresse, forme di progressione nelle qualifiche e nei gradi) in sede di adeguamento dei moduli ordinamentali stessi. Anteriormente alla entrata in vigore del d.lgs. n. 196/1995 in argomento, infatti, la corrispondenza dei gradi dei sottufficiali delle varie Armi si rinveniva all'art. 25 della legge 10 maggio 1983, n. 212 (ed alla tabella "A" allegata alla legge) cosi' come la c.d. inclusione nelle aliquote di valutazione, per la progressione in carriera, era recata dagli artt. 27 e 29 della stessa legge n. 212 e dalle tabelle "B/1", "B/2", "B/3", "B/4" e "C", pure allegate. Orbene, nessuna apprezzabile differenza in tali superati meccanismi (per effetto della abrogazione di norme di cui all'art. 40 del n. 196/1995) e' rinvenibile fra le varie Armi delle Forze Armate da un lato e quella dei Carabinieri dall'altro. Soltanto, i vice brigadieri dei CC. (corrispondenti, tanto nel vecchio che nel nuovo ordinamento, ai sergenti dell'Esercito e delle altre Armi) conseguivano la promozione a brigadieri (corrispondenti, nel vecchio e nel nuovo ordinamento al grado di sergente maggiore) per anzianita' (invece che per concorso, come era prescritto per i sergenti) e dopo un anno e sei mesi di permanenza nel grado (invece che dopo 2 anni e 6 mesi). Ma una tale differenza di carriera (annullata nel nuovo ordinamento), nel passaggio dal grado iniziale del ruolo dei sottufficiali a quello immediatamente superiore, non pare affatto poter giustificare di per se' l'intero, massiccio, meccanismo di promozioni messo in piedi dalle norme che ne o'ccupano per i sottufficiali dei Carabinieri in sede di primo inquadramento ex d.lgs. n. 198/1995 e non, invece, per i sottufficiali delle altre Armi, ad opera dei decreti attuativi della legge n. 216 del 1992; potendo, anzi, costituire, in un ipotetico, ma pur sempre necessario raffronto tra la carriera dei sottufficiali dell'Esercito e quella dei pari grado dell'Arma dei Carabinieri, elemento di "favore" (nell'a'mbito dell'effettivo, perseguito, riequilibrio della disciplina, che presuppone la eliminazione di preesistenti differenze) per il personale dell'Esercito il fatto che il pregresso meccanismo di progressione (che, per il passaggio da sergente a sergente maggiore, prevedeva l'avanzamento per concorso, piuttosto che per mera anzianita') fosse caratterizzato da meccanismi di selezione e valutazione assenti, almeno in tale fase, nel corrispondente ordinamento dei Carabinieri. 4.2. - Sul, dunque, il principio di uguaglianza esprime un giudizio di relazione, che impone il trattamento identico di situazioni uguali e, viceversa, il trattamento differenziato di situazioni fra loro non del tutto corrispondenti (v. Corte cost., n. 183 del 1997 e nn. 89 e 386 del 1996), appare chiara, nella disciplina dell'inquadramento dei sottufficiali di cui alle norme transito'rie in discussione, la operata disparita' di trattamento tra soggetti (gli uni dell'Esercito o delle altre Armi e gli altri dell'Arma dei Carabinieri) gia' iscritti nello stesso ruolo, in possesso dello stesso grado (per "corrispondenza" stabilita dal legislatore stesso) ed incaricati di espletare funzioni, che, se non identiche, sono state (e gia' erano precedentemente) comunque dal legislatore stesso rienute equivalenti nel dettare la disciplina a regime delle carriere di cui si tratta; disparita', che crea discrasie e differenze gravi, nel momento in cui, all'esito della operazione di inquadramento, i detti soggetti si vedono attribuiti gradi e vengono a collocarsi in livelli retributivi irragionevolmente differenziati (a parita' di posizione di partenza) a tutto ed esclusivo vantaggio dei sottufficiali dei Carabinieri. Questa operazione meramente meccanica di rapida progressione di carriera, riservata al solo personale dell'Arma dei Carabinieri in sede dell'inquadramento del personale in servizio alla data dell'inquadramento di cui alle norme transito'rie in esame, risulta, poi, tanto piu' arbitraria, in quanto effettuata nel momento stesso in cui, con il complesso dei decreti legislativi attuativi della legge n. 216, si crea senza dubbio una disciplina omogenea di riordino delle carriere, caratterizzata dall'identico, ordinato, dispiegarsi, in tutte le armi, di posizioni dal legislatore stesso identificate come corrispondenti. Le denunciate norme, cosi', appaiono anche porsi in palese violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, di cui all'art. 97 della Costituzione, come costantemente interpretato dalla Corte costituzionale e, cioe', come un criterio di congruenza e di non arbitrarieta' della disciplina posta in essere in relazione al fine che si vuol perseguire (v. sentt. n. 10 del 1980 e n. 331 del 1988). La contraddittorieta' tra le scelte operate dal legislatore all'interno dello stesso corpus normativo ed in attuazione della medesima norma di delega (laddove, dopo aver dettato una disciplina ordinamentale del personale delle Forze Armate e di quello dell'Arma dei Carabinieri sostanzialmente, a regi'me, omogenea, cotale omogeneita' il legislato're stesso poi contrasta e snatura), lungi, poi, dal tendere alla ottimizzazione organizzativa della stessa pubblica amministrazione (in modo tale da poter soddisfare gli interessi pubblici nel migliore dei modi), finisce con lo svilire e disconoscere situazioni sostanzialmente espressione della medesima capacita' professionale in capo ai singoli funzionari (capacita' che pure i decreti medesimi mostrano di valutare, in sede di definizione dell'ordinamento di regime, ai fini della attribuzione delle qualifiche dell'ordinamento del personale delle Forze Armate complessivamente intese, in misura eguale) e che, tanto a fini di eguaglianza sostanziale (rispetto della parita' delle posizioni dei dipendenti da inquadrare), quanto a fini di massima valorizzazione delle professionalita' possedute dai militari in servizio (che non puo' non considerarsi incidente sul buon andamento dell'amministrazione), possono concretamente emergere ed affermarsi solo con l'apprestamento di strumenti congrui, adeguati, non distorsivi, in una parola uniformi, di inquadramento (perche' se e' vero che, come ha ritenuto il giudice delle leggi con l'ord. n. 151/1999 cit., non si puo' ravvisare lesione dell'art. 97 della Costituzione per il fatto che siano intervenute variazioni dell'assetto organizzato'rio della pubblica amministrazione, che non sono di per se' indice di peggioramento allorche' siano accompagnate da minori accrescimenti di posizioni economiche o di svolgimento di carriera di singoli o di gruppi di dipendenti, e' pur vero che le variazioni devono pur sempre inserirsi in un disegno coerente di politica normativa ed in scelte non palesemente arbitrarie e manifestamente irragionevoli; il che, per le ragioni sopra ampiamente illustrate, non pare di poter affermare con riguardo alle patenti alterazioni dell'equilibrio ordinamentale, qui rilevate). La prospettata diversita' di trattamento non appare, soprattutto, sorretta da una ragionevole giustificazione, si' che le relative norme paiono piuttosto riconducibili ad una ipotesi di uso manifestarente irrazionale del potere legislativo: in buona sostanza, sembra con cio' inciso il limite della ragionevolezza, che rende la relativa questione prospettabile quale incidente di incostituzionalita'. Le differenze retributive, infine, che le impugnate norme causano quale effetto distorsivo del diversificato reinquadramento di soggetti appartenenti allo stesso livello retributivo, rendono anche apprezzabile la violazione dell'art. 36 della Costituzione, in quanto gli inquadramenti stessi, comportando alterazioni alla omogeneita' della disciplina e dei connessi trattamenti economici, si appalesano in contrasto con il principio di proporzionalita' e di adeguatezza reributiva, ivi statuito. 5. - Per quanto sopra esposto, il Collegio considera non manifestamente infondata la eccezione di incostituzionalita' delle disposizioni di legge suindicate e, conseguentemente, ritiene che la indicata questione, nei termini e nei limiti sopra delineati, debba essere rimessa all'esame della stessa Corte, in relazione agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione.