IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1511 del  1995,
 proposto da Di Marco Aldo, Dimiccoli Vincenzo, Lenoci Sabino, Minucci
 Massimo,  Perez  Enzo,  Acquaviva  MicheIe,  Bruno  Carmine,  Furiosi
 Gianenrico, Risi  Giovanni,  Marsiglione  Lorenzo,  Troisi  Fernando,
 Pedone  Vito,  Paone Alessandro, Tellini Roberto, Indorato Arcangelo,
 Savarese  Ciro, Billella Luigi, Signoretta Salvatore, rappresentati e
 difesi dall'avv.to Maria Ughetta Bini  ed  elettivamente  domiciliati
 presso lo studio della stessa, in Brescia, via Ferramola n. 14;
   Contro   il   Ministero  della  difesa,  in  persona  del  Ministro
 pro-tempore; il Ministero della funzione  pubblica,  in  persona  del
 Ministro  pro-tempore;  il  Ministero  del  tesoro,  in  persona  del
 Ministro  pro-tempore,  costituitisi  in  giudizio,  rappresentati  e
 difesi   dall'avvocatura   distrettuale   dello   Stato  ed  ex  lege
 domiciliati presso gli  uffici  della  stessa,  in  Brescia,  via  S.
 Caterina n. 6, per l'annullamento "degli atti del nuovo inquadramento
 in  ruolo disposti ai sensi dell'art. 34 del d.lgs. 12 marzo 1995, n.
 196 ... con i quali tutti i  ricorrenti  sono  stati  inquadrati  nel
 grado  di  maresciallo  ordinario,  eccetto il ricorrente Marsiglione
 Lorenzo  inquadrato  nel  grado  di  maresciallo",  nonche'  per   il
 riconoscimento del diritto "ad ottenere ai fini dell'inquadramento il
 medesimo   trattamento  attribuito  con  il  d.lgs.  n.  198/1995  ai
 sottufficiali  pari  grado  appartenenti  all'Arma  dei  Carabinieri"
 (cosi', testualmente, l'epigrafe del ricorso).
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto   l'atto   di   costituzione   in   giudizio  delle  intimate
 Amministrazioni;
   Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno  delle  rispettive
 domande e difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Data  per  letta,  alla  pubblica  udienza  del  9  luglio 1999, la
 relazione del primo rel. dott.ssa Alessandra Farina;
   Uditi, alla  stessa  udienza,  l'avv.  Maria  Ughetta  Bini  per  i
 ricorrenti   e   l'avv.   dello   Stato  Alessandro  Maddalo  per  le
 Amministrazioni resistenti;
   Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   1. - "Con d.lgs. n. 196 del 19 maggio 1995", si espone in  ricorso,
 "si e' provveduto al riordino dei ruoli, alla modifica delle norme di
 reclutamento  ed allo stato d'avanzamento del personale non direttivo
 delle Forze Armate, Esercito, Marina, ed  Aeronautica,  ad  eccezione
 dell'Arma  dei  Carabinieri  il  cui  riordino  dei  ruoli  e'  stato
 disciplinato con d.lgs. n. 198 sempre del 12 maggio 1995".
   1.1.  -   All'inquadramento   degli   odierni   ricorrenti   (tutti
 sottufficiali   dell'Esercito   in   forza   al  reparto  riparazione
 rifornimenti missili C/A di Montichiari - Brescia)  sulla  scorta  di
 quanto  disposto  dall'art.    34 del citato d.lgs. n. 196, si e' poi
 provveduto  con   decreti   ministeriali,   dei   quali   s'e'   data
 comunicazione  agli  interessati,  con note individuali, tutte datate
 tra il 18 ed il 26 settembre  1995;  "in  particolare",  prosegue  il
 ricorso,  "i  sigg.ri  Di  Marco,  Dimiccoli, Lenoci, Minucci, Perez,
 Acquaviva, Bruno, Furiosi, Troisi, Pedone, Paone, Pellini,  Indorato,
 Savarese,  Bilella,  Signoretta, gia' marescialli ordinari sono stati
 inquadrati nel grado di maresciallo ordinario ed iscritti  nel  ruolo
 dei marescialli; il sig. Risi, gia' sergente maggiore ed inserito nei
 quadri  di avanzamento formati alla data del 31 agosto 1995, e' stato
 promosso al grado di maresciallo ordinario ed  inquadrato  nel  ruolo
 dei  marescialli;  il  sig.  Marsiglione, con piu' di quattro anni di
 anzianita' nel grado, e' stato iscritto nel ruolo dei marescialli con
 il grado di maresciallo".
    2.  -  Avverso i decreti ministeriali di inquadramento, effettuato
 ai sensi del citato d.lgs. n.  196/1995,  hanno  proposto  ricorso  i
 predetti,  sottufficiali,  deducendone la illegittimita' derivata per
 "illegittimita' costituzionale dell'art. 34 comma 1, lettera c, commi
 3, 4, 5, 7 e 8 del d.lgs. n. 196/1995 per contrasto con gli artt.  3,
 36 e 97 Cost.".
   Le   determinazioni   ministeriali   di   inquadramento   sarebbero
 illegittime,  in  quanto applicano il decreto legislativo n. 196/1995
 (attuando l'inquadramento del personale in servizio alla data  del  1
 settembre  1995,  sulla  base della norma transitoria di cui all'art.
 34), che, si afferma in ricorso, "e' penalizzante rispetto  a  quello
 disposto  per  i  parigrado  nell'Arma  dei Carabinieri, in forza del
 decreto legislativo  n.  198/1995.  Cio'",  si  prosegue,  "in  netto
 contrasto  con lo spirito della legge n. 216/1992 che ha demandato al
 governo l'emissione di decreti legislativi contenenti  le  necessarie
 modifiche  agli  ordinamenti  del  personale... per il riordino delle
 carriere delle attribuzioni e dei trattamenti economici allo scopo di
 conseguire  una  disciplina  omogenea  fermi  restando  i  rispettivi
 compiti istituzionali".
   I  ricorrenti  si  vedrebbero,  insomma, "riservato dalla normativa
 transitoria un trattamento diverso e penalizzante rispetto  a  quello
 riservato ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri. Infatti:
     a)  i  marescialli ordinari delle Forze Armate esclusi dai quadri
 di avanzamento formati alla  data  del  31  agosto  1995  sono  stati
 inquadrati  nel  ruolo  dei  marescialli  con il grado di maresciallo
 ordinario mentre i marescialli  ordinari  dell'Arma  dei  Carabinieri
 sono  stati  inquadrati  nel  ruolo  degli  ispettori con il grado di
 maresciallo capo (cfr.   art. 34,  comma  1,  lettera  c,  d.lgs.  n.
 196/1995  in  rapporto  all'art.    46, comma 1, lettera b, d.lgs. n.
 198/1995);
     b) i sergenti maggiori delle Forze Armate utilmente inseriti  nei
 quadri  di  avanzamento  alla  data  del  31  agosto  1995 sono stati
 inquadrati nel ruolo dei marescialli  con  il  grado  di  maresciallo
 ordinario  con  due  anni di anzianita' mentre i brigadieri dell'Arma
 dei Carabinieri utilmente iscritti al fine della promozione dal grado
 superiore nei quadri di avanzamento sono inquadrati nel  ruolo  degli
 ispettori  con  il  grado di maresciallo capo (cfr. art. 34, comma 1,
 lettera C, d.lgs. n. 196/1995  in  rapporto  all'art.  46,  comma  1,
 lettera b, d.lgs. n. 198/1995);
     c) i sergenti maggiori gia' iscritti nei quadri di avanzamento ma
 non promossi sono stati inquadrati nel ruolo dei marescialli al grado
 di  maresciallo  ordinario  con  anzianita'  di  grado 31 agosto 1993
 mentre i brigadieri dei Carabinieri sono  stati  promossi  in  quanto
 inquadrati nel ruolo degli ispettori con il grado di maresciallo capo
 (cfr.  art. 34, comma 3, d.lgs. n. 196/1995 in rapporto all'art.  49,
 comma 2, d.lgs. n. 198/1995... v. pag. 6 ric.).
   "In sintesi"; conclude l'esposizione di gravame, "si assiste ad una
 sostanziale  promozione  di  tutti  i  sottufficiali  dell'Arma   dei
 Carabinieri  (e  anche di coloro che non sono sottufficiali) mentre i
 sottufficiali dell'Esercito (che prima  del  decreto  legislativo  in
 esame  erano  parigrado,  e  con anzianita' anche superiore nel grado
 medesimo   rispetto   ai   colleghi   sottufficiali   dell'Arma   dei
 Carabinieri),  non  beneficiano del medesimo trattamento: si verifica
 un inammissibile scavalcamento soprattutto  ai  fini  gerarchici  tra
 sottufficiali appartenenti alla medesima Forza Armata".
   L'art.  34  d.lgs. n. 196/1995, nel prevedere "un inquadramento dei
 citati  sottufficiali  dell'Esercito  inferiore  rispetto  a   quello
 attribuito   ai   pari  grado  dell'Arma  dei  Carabinieri"  sarebbe,
 pertanto, costituzionalmente illegittimo:
     "per irragionevole discriminazione tra  appartenenti  alle  Forze
 Armate  per  i  quali vi e' sempre stata una corrispondenza dei gradi
 sulla  scorta  della   omogeneita'   di   funzioni";   nonche'   "per
 irragionevole    equiparazione    (violazione    del   principio   di
 ragionevolezza) dei sottufficiali di grado inferiore, addirittura non
 sottufficiali, appartenenti all'Arma dei Carabinieri ai sottufficiali
 di grado superiore delle Forze Armate" (e cio' in evidente  contrasto
 con l'art. 3 della Costituzione repubblicana);
     per violazione dell'art. 36 Cost., la denunciata diversita' degli
 inquadramenti  riflettendosi  "pure  sul trattamento retributivo, con
 penalizzazione dei sottufficiali delle Forze Armate, e con  vantaggio
 in   giustificato   a   favore   dei   sottufficiali   dell'Arma  dei
 Carabinieri";
     per violazione dell'art. 97 Cost., che,  si  afferma,  "fissa  il
 principio   di   imparzialita'  della  pubblica  amministrazione,  in
 relazione al potere-dovere di adottare i  medesimi  inquadramenti  di
 fronte  a  situazioni equiparate in forza di precedenti inquadramenti
 effettuati  dall'Amministrazione  medesima  sulla   base   di   norme
 preesistenti   e   sulla   base  di  norme  attuali  che  ribadiscono
 l'equiparazione tra ruoli e profili professionali"  (pag.  10  ric.).
 Gli  istanti chiedono cosi', in definitiva, che l'Amministrazione sia
 condannata alla corresponsione,  in  loro  favore,  delle  differenze
 retributive  tra  l'inquadramento  operato ai sensi del citato d.lgs.
 n.  196/1995  e  quello  superiore  riconosciuto   ai   sottufficiali
 dell'Arma dei Carabinieri in forza del d.lgs. n. 198/1995.
   3.  - Si sono costituite in giudizio, con atto formale, le intimate
 Amministrazioni Statali, che  hanno  chiesto,  con  formule  di  mero
 stile, il rigetto del ricorso.
   Con  memoria  depositata nell'imminenza della udienza (ma fuori del
 termine  di  10  giorni  liberi  anteriori  alla  data  fissata   per
 l'udienza, di cui all'art. 23, quarto comma, legge t.a.r.), la difesa
 delle  resistenti  Amministrazioni,  ripercorso l'iter che ha portato
 alla emanazione del d.lgs. n. 196/1995, ha affermato "che  i  decreti
 legislativi  n.  196 e n. 198 non sono affatto disomogenei, in quanto
 la normativa a regime prevede un'identica progressione in  carriera",
 illustrando,   inoltre,  come  non  appaia  illegittima  "nemmeno  la
 normativa transitoria dettata dall'art. 34 del d.lgs. n. 196/1995, in
 quanto il legislatore, nel procedere alla c.d. omogeneizzazione,  non
 poteva  non  tenere  presenti  le  differenze  esistenti tra le Forze
 Armate, differenze dovute ai relativi ordinamenti  di  settore,  alle
 norme   fondamentali   di  stato,  nonche'  alle  attribuzioni  delle
 autorita' di pubblica sicurezza".
   3.1. - Anche i ricorrenti (peraltro nei  termini  di  legge)  hanno
 ribadito  le  loro  argomentazioni,  con  memoria presentata in vista
 della udienza di trattazione nella quale,  in  particolare,  ribadita
 "la disomogeneita' delle disposizioni previste dall'art. 34, comma 1,
 lettera  c,  commi  3,  4,  5,  7 e 8 del d.lgs. n. 196/1995 rispetto
 all'art. 46 del d.lgs. n.  198/1995  relativo  all'inquadramento  dei
 Carabinieri",  si sottolinea il "contrasto con lo spirito della legge
 n.  216/1992  ove  all'art.  3 si demanda il governo all'emissione di
 decreti  legislativi  per   il   riordino   delle   carriere,   delle
 attribuzioni  e  dei  trattamenti economici, allo scopo di conseguire
 una  disciplina  omogenea  fermi  restando   i   rispettivi   compiti
 istituzionali"  e,  dunque,  la  violazione  del disposto dell'art. 3
 della  legge  6  marzo  1992,  n.   216,   nonche'   la   conseguente
 "discriminazione  tra  i  sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri che
 vengono  (rectius  sono  stati  promossi),  mentre  i   sottufficiali
 dell'Esercito  non  beneficiando  dello stesso trattamento, subiscono
 una perdita patrimoniale mentre ai fini gerarchici sono scavalcati da
 parigrado o addirittura di grado inferiore (non  va  dimenticato  che
 l'Arma dei Carabinieri fa parte dell'Esercito)".
   3.3.  -  Alla pubblica udienza del 9 luglio 1999, uditi i difensori
 presenti per le parti costituite, la causa e' passata in decisione.
                             D i r i t t o
   1. - Devesi, preliminarmente, dichiarare la inammissibilita'  della
 memoria  prodotta dalla Avvocatura dello Stato in data 2 luglio 1999,
 in quanto effettuata in violazione del termine di  cui  all'art.  23,
 quarto comma, legge t.a.r., posto a presidio del diritto di difesa di
 controparte  e dell'interesse del giudice a conoscere tempestivamente
 e compiutamente la materia del contendere.
   2. - Quanto all'azione di cui trattasi,  v'e'  da  rilevare  che  i
 ricorrenti   propongono,   quali   pubblici   dipendenti,  azione  di
 accertamento  di   un   diritto   patrimoniale,   nell'ambito   della
 giurisdizione  amministrativa  esclusiva; essi, peraltro, hanno a tal
 fine impugnato nei termini di decadenza gli  atti  dell'inquadramento
 effettuato  dall'Amministrazione  della  Difesa in applicazione della
 normativa in questione (art. 34 del decreto legislativo  n.  196  del
 1995,  emanato  in  attuazione  dell'art.    3 della legge n. 216 del
 1992).    L'oggetto  di  tale  decreto  legislativo  (concernente  il
 riordino dei ruoli e la modifica alle norme di reclutamento, stato ed
 avanzamento  del  personale  non  direttivo  delle  Forze Armate) non
 consente di ritenere che il  trattamento  economico  e  le  norme  di
 inquadramento ivi previste per detto personale siano, per cosi' dire,
 "disapplicabili"  (non essendo attribuito nel nostro ordinamento, ne'
 alla  Amministrazione,  ne'  al  sistema  giurisdizionale,  un   tale
 potere),  per  estendere,  invece,  ai  sottufficiali  dell'Esercito,
 conformemente alla pretesa avanzata dagli istanti, le  corrispondenti
 norme  dettate  dal d.lgs. n. 198 del 1995 per il personale dell'Arma
 dei Carabinieri che si trovi nelle stesse condizioni.  Cio' in quanto
 il legislatore, in attuazione  della  delega  contenuta  nell'art.  3
 della   legge  n.  216  del  1992,  ha  partitamente  identificato  e
 disciplinato, con vari decreti, i  diversi  ordinamenti  delle  varie
 Forze  di Polizia e delle Forze Armate, cosicche' in ciascuno di essi
 sono, pertanto, rinvenibili le disposizioni relative  al  trattamento
 economico ed alle carriere, da applicarsi allo specifico ordinamento,
 di  cui  di volta in volta si tratti (nella fattispecie, quello delle
 Forze Armate).  La domanda di accertamento del diritto dei ricorrenti
 ai   benefici   in   questione,   cioe',   ad   ottenere,   ai   fini
 dell'inquadramento, il medesimo trattamento attribuito, con il d.lgs.
 n. 198/1995, ai sottufficiali di pari grado appartenenti all'Arma dei
 Carabinieri,  si  appalesa,  cosi',  priva di supporto normativo, non
 potendosi in ogni caso far luogo  ad  una  interpretazione  estensiva
 delle   invocate   norme   del  d.lgs.     n.  198/1995  e/o  ad  una
 "disapplicazione"   (non   consentita   a   questo   giudice)   delle
 corrispondenti prescrizioni del d.lgs. n. 196/1995 (considerata anche
 la mancanza di qualsiasi  a'mbito  di  indeterminatezza  delle  norme
 recate  dai  decreti  delegati in argomento).  Il Collegio, pertanto,
 non puo' esaminare ed apprezzare adeguatamente le ragioni prospettate
 dai ricorrenti, se non previa  declarato'ria  di  incostituzionalita'
 delle  citate  norme  (se ed ove adeguatamente sussistano i necessari
 presupposti del giudizio costituzionale in via incidentale: rilevanza
 e non manifesta infondatezza della questione).
   3. - Il  thema  decidendum  della  presente  controversia  concerne
 dunque,  in  sostanza,  non  tanto  la  legittimita'  dei  decreti di
 inquadramento dei ricorrenti, tutti sottufficiali dell'Esercito,  che
 risultano  aver  fatto  diretta e corretta applicazione del d.lgs. n.
 196/1995,  quanto,  piuttosto,  l'asserita  incostituzionalita'   (in
 quanto a cio' si riduce, in definitiva, l'unico, articolato motivo di
 censura  dedotto)  citato  decreto  legislativo,  che,  con  la norma
 transito'ria di cui  all'art.  34  (dedicata  all'"inquadramento  nel
 ruolo  dei marescialli"), avrebbe operato, secondo le ipotesi poste a
 base  del  ricorso,   una   irragionevole   discriminazione   tra   i
 sottufficiali  dell'Esercito'  (e  delle  Forze  Armate  in genere) e
 quelli dell'Arma dei  Carabinieri  (le  norme  transito'rie  del  cui
 inquadramento sono dettate, invece, negli artt. da 46 a 50 del d.lgs.
 n.   198/1995).      Una  discriminazione,  si  sottolinea  nell'atto
 introduttivo del giudizio, che "colpisce unicamente  i  sottufficiali
 che  rientrano  nella  applicazione della norma transitoria di cui al
 citato art.  34,  d.lgs.  n.  196/1995,  in  quanto  per  coloro  che
 beneficiano  della  normativa  ordinaria  introdotta  con  il decreto
 legislativo  in  esame  non  subiscono  penalizzazioni  rispetto   ai
 sottufficiali  dell'Arma  dei  Carabinieri,  rispetto  ai  quali  non
 possono lamentare alcuna disparita': in proposito si rinvia all'esame
 delle tabelle allegate ai decreti legislativi...".
   3.1. - L'esame della  prospettata  questione  di  costituzionalita'
 necessita di un preliminare inquadramento.
   Lo  stato  giuridico  dei  sottufficiali  delle Forze Armate, nelle
 quali e' a tutti gli effetti  da  intendersi  ricompresa  l'Arma  dei
 Carabinieri,  ha  sempre  avuto  una  disciplina  uniforme e del pari
 uniforme e' stato, dal r.d. n. 2395 del 1923 e dal d.P.R. n. 1079 del
 1970 alla legge  n.  312  del  1980,  il  trattamento  economico  dei
 sottufficiali  delle  varie  Armi rispetto ai sottufficiali dell'Arma
 dei Carabinieri (con la sola eccezione delle  indennita'  accesso'rie
 collegate  alle diverse situazioni di impiego derivanti dal servizio.
 Cio' sino alla  entrata  in  vigore  della  legge  n.  34  del  1984,
 allorche',   a   se'guito   della  riforma  della  Polizia  del  1981
 (caratterizzata, tra  l'altro,  dall'inizio  della  unificazione  del
 trattamento  economico  delle  Forze di Polizia), tale uniformita' e'
 stata  infranta  unicamente  per  effetto  del  meccanismo,  ritenuto
 prioritario,  della equiparazione tra le varie "Forze di Polizia" (il
 sedicesimo comma dell'art. 43 della legge n. 121 del  1981  stabiliva
 che  il trattamento economico previsto per il personale della Polizia
 di Stato "e' esteso all'Arma dei Carabinieri ed ai corpi previsti  al
 primo  e  secondo comma dell'art.  16"; a sua volta, l'art. 2, quinto
 comma, della legge n. 34 del 1984 ha disposto che,  in  relazione  al
 suddetto art. 43, "e' esteso il trattamento economico per stipendio e
 per  indennita'  mensili  previsto  per il personale della Polizia di
 Stato  all'Arma  dei Carabinieri e ai Corpi della Guardia di Finanza,
 degli Agenti di Custodia e Forestale dello Stato").
   L'evoluzione  legislativa  successiva  ha  avuto  un  significativo
 approdo nella legge n. 216 del 1992.
   Con  essa  il  legislatore non solo ha proceduto sulla strada della
 perequazione (semplicemente) economica delle Forze di Polizia, ma ha,
 con il  conferimento  di  una  duplice  delega  legislativa,  avviato
 successive    fasi   dirette   ad   una   ulteriore   e   sostanziale
 omogeneizzazione:  la prima delega (art. 2, comma 1, della  legge  n.
 216 del 1992), nella preoccupazione di non alterare gli equilibri tra
 i  vari  ordinamenti  militari,  da  esercitarsi con un unico decreto
 legislativo, su proposta del Ministro dell'interno  di  concerto  con
 gli  altri ministri interessati, aveva per oggetto la definizione "in
 maniera omogenea, nel rispetto  dei  principi  fissati  dai  relativi
 ordinamenti   di  settore,  stabiliti  dalle  leggi  vigenti",  delle
 procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego  delle
 Forze  di Polizia anche ad ordinamento militare, ai sensi della legge
 1 aprile 1981, n. 121, nonche' del personale delle Forze  Armate,  ad
 esclusione  dei  dirigenti  civili e militari e del personale di leva
 (v. Corte cost., ord. n. 152 del 26-30 aprile 1999).
   La seconda delega (art. 3 della legge n. 216  del  1992),  poi,  da
 esercitarsi  con piu' decreti legislativi sulla base di unici criteri
 direttivi (diversi da quelli  di  cui  all'art.  2),  riguardava,  in
 particolare,   "le   necessarie   modifiche   degli  ordinamenti  del
 personale" delle Forze di  Polizia  e  delle  Forze  Armate,  esclusi
 dirigenti  e  direttivi,  "per  il  riordino  delle  carriere,  delle
 attribuzioni e dei trattamenti economici, allo  scopo  di  conseguire
 una   disciplina   omogenea,  fermi  restando  i  rispettivi  compiti
 istituzionali,  le  norme   fondamentali   di   stato,   nonche'   le
 attribuzioni  delle  autorita'  di pubblica sicurezza, previsti dalle
 vigenti disposizioni di legge"; inoltre, per le anzidette  finalita',
 era  espressamente  contemplato  che  i decreti legislativi potessero
 "prevedere che la  sostanziale  equiordinazione  dei  compiti  e  dei
 connessi trattamenti economici sia conseguita attraverso la revisione
 di  ruoli,  gradi  e  qualifiche  e,  ove  occorra, anche mediante la
 soppressione di qualifiche, gradi, ovvero mediante  l'istituzione  di
 nuovi  ruoli,  qualifiche  e  gradi con determinazione delle relative
 dotazioni  organiche,   ferme   restando   le   dotazioni   organiche
 complessivamente    previste",   con   le   occorrenti   disposizioni
 transitorie (art. 3, comma 3, della legge n. 216 del 1992).
   L'esercizio di tale seconda delega era previsto avvenisse con  piu'
 decreti   legislativi,   da   emanarsi   su   proposta  dei  Ministri
 rispettivamente interessati e,  per  le  Forze  di  Polizia,  con  la
 concertazione  del  Ministro  dell'interno,  attesi  i  suoi  compiti
 istituzionali, confermati nella legge n. 121 del 1981. I principi  ed
 i   criteri   direttivi   relativi   sono   fissati   con  specifiche
 disposizioni,   che   prevedono   anche   la   necessaria   copertura
 finanziaria.
   La  legge  n.  216  del  1992  ha  cosi', un duplice contenuto, con
 diversa natura ed autonomia: l'uno (art. 1), di conversione del d.-l.
 7 gennaio 1992, n. 5 "con le modificazioni riportate in allegato alla
 legge", adottato in base alla previsione dell'art. 77,  terzo  comma,
 della  Costituzione  (ivi  disponendo la perequazione del trattamento
 economico dei sottufficiali  dell'Arma  dei  Carabinieri  a  se'guito
 della  sentenza  della  Corte  della  costituzione  n.  277 del 1991,
 ricomprendendo, peraltro, anche  le  corrispondenti  posizioni  delle
 altre  Forze  di  Polizia,  che  erano  state  mantenute  al di fuori
 dell'oggetto della pronuncia della Corte); l'altro (artt. 2 e 3),  di
 legge  di  delega,  ai sensi dell'art.  76 della Costituzione, di tal
 guisa  avviando  le  successive  fasi  dirette  ad  una  ulteriore  e
 sostanziale   omogeneizzazione,  con  il  conferimento  della  detta,
 duplice,  delega,  differenziata  per  fonte,  oggetto,   proponenti,
 principi  direttivi  e  criteri di delega.   La prima delega e' stata
 esercitata con 12 maggio 1995, n. 195, che richiama anche la legge 29
 aprile 1995, n. 130.  La seconda delega, prevista, come si  e'  detto
 nell'art.  3 della citata legge n. 216 del 1992, e' stata esercitata,
 tra l'altro, con d.lgs. 12 maggio 1995, n.  196  (denunciato,  quanto
 alla  costituzionalita' del suo art. 34, dai ricorrenti) e col d.lgs.
 12 maggio 1995, n.  198, che, riguardando il personale dell'Arma  dei
 Carabinieri,  viene  assunto  dai  ricorrenti  stessi  quale  tertium
 comparationis della dedotta discriminazione retributiva  e  di  stato
 giuridico.
   La  delega  di cui all'art. 3, ha osservato la Corte costituzionale
 (sent. n. 63 del 1998), prevedeva tutte la necessarie modifiche degli
 ordinamenti per il riordino delle carriere, delle attribuzioni e  dei
 trattamenti  economici,  allo  scopo  di  consegui're  una disciplina
 omogenea, si noti, con riguardo ad una  vasta  gamma  di  ordinamenti
 comprendenti Forze di Polizia e Forze Armate.
   E   le   variazioni  dell'assetto  organizzato'rio  della  pubblica
 amministrazione,  che  dal  plurimo  esercizio  della   delega   sono
 scaturite,  si  inseriscono,  ha  proseguito  la Corte, in un disegno
 dichiarato di politica normativa tendente alla  razionalizzazione  ed
 alla  omogeneizzazione  di  situazioni  di  ordinamenti, quali quelli
 delle Forze di Polizia o delle Forze Armate, che, in una  valutazione
 politica   dello   stesso  legislatore  (certamente  non  palesemente
 arbitraria   o   manifestamente   irragionevole),   dovevano   essere
 ricondotte  ad  effettivo  equilibrio  di  trattamenti  normativi  ed
 economici,   evitando   alterazioni   settoriali   e   rincorse    di
 rivendicazioni (v. anche Corte cost., sent. n. 65 del 1997).
   Le  esigenze  (di  notevole  rilievo, secondo l'apprezzamento dello
 stesso legislatore) di equilibrio di interi settori di Polizia  e  di
 Forze  Armate)  hanno portato, con i citati decreti legislativi (dopo
 che gia' con il d.-l. 4 dicembre 1992, n. 469, convertito nella legge
 2 febbraio 1993, n. 23, i miglioramenti economici, gia' in  godimento
 dei   sottufficiali   dell'Arma   dei  Carabinieri  e  del  personale
 corrispondente della Polizia di Stato, venivano attribuiti in  favore
 dei   sottufficiali   delle   Forze   Armate,   al  ripristino  della
 equiparazione giuridica  consolidata  nel  tempo,  tra  sottufficiali
 delle Forze Armate e sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri.
   Senza  abbandonare, cosi', il principio, ormai pacifico, secondo il
 quale l'assetto dei dipendenti civili dello Stato (cui anche i  nuovi
 ordinamenti  delle  Forze  di  Polizia  e delle Forze Armate sembrano
 uniformarsi), a partire dalla  legge  11  luglio  1980,  n.  312,  si
 suddivide  in  qualifiche, caratterizzate dal tipo di funzioni che le
 contraddistinguono (in attuazione del ca'none, ritenuto  in  generale
 co'nsono   all'art.      36   della   Costituzione,   di  tendenziale
 corrispondenza del trattamento economico tipo di funzioni esercitate,
 in base al criterio funzionale:  v. Corte cost., 3-12 giugno 1991, n.
 277),  lo  status  del  personale  non direttivo delle Forze Armate e
 quello del personale non direttivo  e  non  dirigente  dell'Arma  dei
 Carabinieri   e'  stato  individuato  nel  "grado"  (all'interno  del
 rispettivo "ruolo"): v., per il personale delle Forze  Armate,  artt.
 2,  3 e 4 d.lgs. n. 196/1995 e, per quello dell'Arma dei Carabinieri,
 artt. 2 e 12 n. 198/1995.
   La posizione di sostanziale,  tradizionale,  uguaglianza  dell'Arma
 dei   Carabinieri   con   le   altre  Armi  dell'Esercito  (salvo  il
 sostanziale,  diverso,  contenuto  dei  suoi  co'mpiti  di  ordine  e
 sicurezza  pubblica), poi, e' stata ribadita, nei decreti legislativi
 all'esame, sotto vari aspetti e profili:
     all'art. 12 d.lgs. n.  196,  prevedendo  "la  corrispondenza  dei
 gradi  nei  rispettivi ruoli del personale di cui al presente decreto
 legislativo con i gradi  ed  i  ruoli  del  personale  dell'Arma  dei
 Carabinieri" (secondo le tabelle "A/1" ed "A/2" allegate al decreto);
     all'art.   31,  comma  1  (ed  alla  corrispondente  tabella  "D"
 allegata), del d.lgs. n.  196  ed  all'art.  54,  comma  2  (ed  alla
 corrispondente  tabella  "F", allegata al decreto), del d.lgs.n. 198,
 ove il trattamento economico  stipendiale  e'  attribuito  correlando
 ciascun  grado  ad  un livello, cosicche' risulta evidente che tenuto
 conto della corrispondenza dei gradi di cui si e' detto, a parita' di
 grado (tra Forze Armate e Carabinieri) risulta una parita' di livello
 (e dunque di trattamento economico stipendiale),  nonche'  di  scatti
 aggiuntivi  gerarchici  (salva  l'indennita'  pensionabile  di cui al
 terzo comma dell'art. 43 della legge 1 aprile 1981, n. 121,  prevista
 per  i  soli  Carabinieri,  in  quanto  correlata  ai  co'mpiti  loro
 attribuiti di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica);
     all'art. 14 (ed alle corrispondenti tabelle "B/1", "B/2" e "B/3")
 del d.lgs. n. 196 ed agli artt.  31  e  32  (ed  alle  corrispondenti
 tabelle  "B",  "C/1"  e "C/2") del d.lgs. n. 198, ove, sempre tenendo
 conto della disegnata corrispondenza tra i gradi, viene  divisato  un
 sistema  di  avanzamento  da  un  grado  all'altro, all'interno dello
 stesso ruolo, del tutto identico per il personale delle Forze  Armate
 e  per  quello  dell'Arma  dei  Carabinieri:  sia  quanto  a forme di
 avanzamento, sia quanto a requisiti (o periodi minimi  di  permanenza
 nel grado).
   Con  le  sopra  riportate  norme  sembra,  dunque,  essersi  voluto
 ricondurre ad armoni'a (essendosi verificata, nell'arco degli  ultimi
 tre   lustri,   per   effetti   indotti   dalla   introduzione  della
 contrattazione collettiva e dalle connesse spinte  particolaristiche,
 una  lesione  del  principio,  consolidato  nel  tempo,  e quindi non
 eliminabile ad arbitrio, della uniformita' del trattamento  economico
 tra  i  vari  gradi dell'Esercito i trattamenti retributivi (salva la
 possibilita'   di   attribuire   voci   retributive   od   indennita'
 particolari)   ed  ordinamentali  delle  Forze  di  Polizia  (ed,  in
 particolare, dei Carabinieri) e delle Forze Armate  (con  particolare
 riguardo all'Esercito, del quale l'Arma dei Carabinieri pur sempre fa
 parte)  e  cio'  in  perfetta  attuazione sia dello scopo fissato nel
 conferimento  della  delega  (quello,  cioe',   di   conseguire   una
 disciplina   omogenea   di   carriere,   attribuzioni  e  trattamento
 economico),    sia    del    principio,    conforme    ad    esigenze
 costituzionalmente  rilevanti,  di  garanzia e proporzionalita' della
 retribuzione tra coloro che appartengono alla stessa  amministrazione
 (ch'e'  quella  della  Difesa),  sono  chiamati  a svolgere le stesse
 mansioni  (pur nella giusta valorizzazione delle specificita', con il
 sistema del trattamento integrativo  ed  accesso'rio),  sono  assunti
 sulla  base  dei medesimi sistemi concorsuali e progrediscono secondo
 una identica carriera.
   3.2. - La veduta omogeneizzazione delle situazioni ordinamentali  e
 dei trattamenti economici non appare, tuttavia, completa, nel disegno
 offerto dal legislatore delegato.
   In   sede  di  regime  transito'rio,  la  equiparazione  tra  gradi
 (corrispondenti) delle Forze Armate e dell'Arma dei  Carabinieri  non
 viene  garantita:   l'art. 34 del d.lgs. n. 196/1995, inserito com'e'
 nel Capo VII (dedicato, appunto, alle  "norme  transitorie"),  detta,
 infatti,   norme  per  l'inquadramento  nel  ruolo  dei  marescialli,
 prescrivendo, per quanto qui piu' specificamente interessa:
     (comma 1) "i sottufficiali, in servizio alla data del 1 settembre
 1995, sono inquadrati in ordine di ruolo, mantenendo l'anzianita'  di
 servizio  posseduta  e  l'anzianita'  di  grado maturata nel grado di
 provenienza, nei seguenti gradi del ruolo dei marescialli:
      a) nel  grado  di  aiutante,  i  marescialli  maggiori  o  gradi
 corrispondenti,  compresi  quelli  con  qualifica  di "aiutante" o di
 "scelto", nonche' i marescialli capi e gradi corrispondenti utilmente
 inseriti nei quadri d'avanzamento formati entro la data del 31 agosto
 1995;
      b) nel grado di  maresciallo  capo  e  gradi  corrispondenti,  i
 marescialli   capi,   nonche'   i   marescialli   ordinari   e  gradi
 corrispondenti inseriti nei quadri  d'avanzamento  formati  entro  la
 data del 31 agosto 1995;
      c)  nel grado di maresciallo ordinario e gradi corrispondenti, i
 marescialli  ordinari,  nonche'   i   sergenti   maggiori   e   gradi
 corrispondenti  utilmente  inseriti  nei quadri d'avanzamento formati
 entro la data del 31 agosto 1995";
     (comma 3) "i marescialli capi e i sergenti maggiori, iscritti  ai
 quadri  d'avanzamento ordinari e straordinari relativi agli anni 1994
 e 1995 ma non promossi, sono inquadrati, rispettivamente,  nei  gradi
 di  aiutante e di maresciallo ordinario corrispondenti con decorrenza
 31 agosto 1995, prendendo posto nel ruolo dopo l'ultimo promosso  dei
 quadri ordinari e straordinari".
   Tali   norme   transito'rie,   dettate   per   l'inquadramento  dei
 sottufficiali   delle   Forze   Armate,    trovano    corrispondenza,
 nell'a'mbito  delle  norme  previste  nel  d.lgs.  n. 198/1995 per il
 personale dell'Arma dei Carabinieri:
     nell'art. 46,  comma  1:  "il  personale  appartenente  al  ruolo
 sottufficiali,  comunque  in servizio alla data del 1 settembre 1995,
 e'  inquadrato,  mantenendo  l'anzianita'  di  servizio  e  di  grado
 maturato, nei seguenti gradi del ruolo ispettori:
      a)  nel  grado  di  maresciallo  aiutante sostituto ufficiale di
 P.S., i sottufficiali che, alla predetta data, rivestono il grado  di
 maresciallo  maggiore,  compresi quelli con qualifica di "aiutante" e
 "carica speciale", nonche' i marescialli capi utilmente iscritti,  ai
 fini  della  promozione di grado superiore, nei quadri di avanzamento
 formati alla suddetta data, ai sensi della legge 10 maggio  1983,  n.
 212;
      b)  nel  grado  di  maresciallo  capo, i sottufficiali che, alla
 predetta  data,  rivestono  il  grado  di  maresciallo  capo   e   di
 maresciallo  ordinario,  nonche'  i  brigadieri utilmente iscritti ai
 fini della promozione al gradi superiore, nei quadri  di  avanzamento
 formati  alla  suddetta data, ai sensi della legge 10 maggio 1983, n.
 212;
      c) nel grado di maresciallo ordinario, i sottufficiali che, alla
 predetta  data,  rivestono  il  grado  di   brigadiere,   nonche'   i
 vicebrigadieri  utilmente iscritti, ai fini della promozione al grado
 superiore, nei quadri di avanzamento formati alla suddetta  data,  ai
 sensi della legge 10 maggio 1983, n. 212;
      d) nel grado di maresciallo, i vicebrigadieri";
     (art.  49,  comma  2:  "Alla  stessa  data i marescialli capi e i
 brigadieri gia' valutati, giudicati idonei, iscritti in quadro ma non
 promossi perche' non compresi nel primo terzo  o  nella  prima  meta'
 dell   rispettive  aliquote,  sono  inquadrati,  a  decorrere  dal  l
 settembre 1995, nel ruolo degli  ispettori,  rispettivamente  con  il
 grado  di  maresciallo  aiutante s.U.P.S. e maresciallo capo, secondo
 l'ordine del ruolo  di  provenienza,  previo  giudizio  di  idoneita'
 espresso  dalla  Commissione  di avanzamento di cui all'art. 31 della
 legge 10 maggio 1983, n.  212".  Orbene, una lettura comparata  delle
 norme  appena  riportate  fa risaltare evidenti differenze, derivanti
 dalla sola appartenenza alle Forze Armate piuttosto che all'Arma  dei
 Carabinieri,  nell'inquadramento previsto per personale di pari grado
 (in forza di corrispondenza dichiarata "ex lege"), a tutto detrimento
 dei sottufficiali delle Forze Armate: mentre i  marescialli  ordinari
 dell'Esercito  (per  restare  all'arma ed al caso che qui ne o'ccupa)
 sono inquadrati nel grado di maresciallo ordinario (art. 34, comma 1,
 lettera c del d.lgs.   n. 196/1995), i loro  omologhi  dell'Arma  dei
 Carabinieri  sono  inquadrati nel grado di maresciallo capo (art. 46,
 comma 1, lettera b del d.lgs.    n.  198/1995),  mentre,  anco'ra,  i
 sergenti  maggiori  dell'Esercito,  iscritti ai quadri di avanzamento
 ordinari e straordinari  relativi  agli  anni  1994  e  1995  ma  non
 promossi,  sono  inquadrati  nel grado di maresciallo ordinario (art.
 34, comma 3, del d.lgs. n. 196/1995), i loro corrispondenti  colleghi
 dell'Arma  dei  Carabinieri  sono inquadrati nel grado di maresciallo
 capo (art. 49, comma 2, del d.lgs. n. 198/1995).
   4. - Tutto cio' premesso, la dedotta questione di costituzionalita'
 riguarda, appunto, le norme da ultimo citate del d.lgs. n.  196/1995:
 l'art.  34,  comma  1,  lettera  c)  e  l'art. 34, comma 3, dei quali
 l'Amministrazione ha fatto applicazione ai  fini  dell'inquadramento,
 rispettivamente,  dei  ricorrenti  gia'  marescialli  ordinari  e dei
 ricorrenti   gia'   sergenti   maggiori   in   servizio    permanente
 dell'Esercito, iscritti nei quadri di avanzamento.
   La  questione  appare di decisiva rilevanza ai fini della decisione
 giurisdizionale richiesta dalle parti a questo  giudice,  atteso  che
 solo l'eventuale, invocata declarato'ria di incostituzionalita' delle
 norme  predette  (sulla  cui  corretta  applicazione  da  parte della
 Amministrazione intimata non si  controverte),  con  sentenza  ad  un
 tempo cassato'ria ed additiva della Corte (cfr. Corte cost., sent. n.
 248  del  1989),  che  dichiari  l'applicabilita',  ai  sottufficiali
 dell'Esercito e delle altre Forze Armate, delle norme transito'rie di
 inquadramento dettate per i pari  grado  dell'Arma  dei  Carabinieri,
 determinerebbe,  una volta eliminato l'ostacolo delle censurate norme
 del d.lgs. n. 196 (sulla base delle  quali,  si  ripete,  sono  stati
 effettuati  gli  impugnati  inquadramenti),  un  esito  del  giudizio
 pienamente favorevole ai ricorrenti, con il riconoscimento  del  loro
 (preteso)   diritto  a  vedersi  inquadrati  (con  il  corrispondente
 trattamento  economico)  sulla  base  delle   suddette   disposizioni
 riguardanti l'Arma dei Carabinieri.
   Inammissibile,   invece,   per  difetto  di  rilevanza,  appare  la
 questione di costituzionalita',  pure  sollevata  dagli  istanti,  di
 altre  disposizioni dell'art. 34 cit.,non direttamente riguardanti la
 fattispecie all'esame.
   4.1. - Superato positivamente l'esame preliminare di ammissibilita'
 e rilevanza della proposta eccezione di illegittimita' costituzionale
 (quanto, si precisa, all'art. 34, comma 1, lettera c e comma  3,  del
 d.lgs. n. 196 del 1995), occorre, ora, accertarne il carattere di non
 manifesta infondatezza.
   Osserva,  al  riguardo, il Collegio di non poter considerare, prima
 facie,  infondata  la   dedotta   questione   di   costituzionalita',
 sussistendo un ragionevole dubbio sulla conformita' di tali norme con
 l'art.    3  della  Costituzione  e coi princi'pi di ragionevolezza e
 buona amministrazione, nella misura in cui esse non stabiliscono, per
 i  sottufficiali  delle  Forze  Armate,  precetti  di   inquadramento
 transito'rio  (del  personale  in  servizio alla data del 1 settembre
 1995) analoghi a quelli applicabili, ai sensi del d.lgs. n. 198/1995,
 ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri.
   Appare, in proposito evidente che, pur nell'innegabile ampiezza  di
 interventi  sugli ordinamenti previsti dalla legge di delega (art.  3
 della legge n. 216 del 1992: si noti, non  investita  da  censure  di
 incostituzionalita'   dai   ricorrenti,  ne',  d'ufficio,  da  questo
 giudice) - allo scopo di conseguire una disciplina  "omogenea"  e  di
 raggiungere  una "equiordinazione" di co'mpiti e connessi trattamenti
 economici - per il riordino delle carriere, delle attribuzioni e  dei
 trattamento  economici,  con  previsione  espressa della revisione di
 ruoli, gradi e qualifiche (v. Corte cost.,  ord.  n.  189  del  13-25
 maggio 1999), il decreto delegato in esame (n. 196 del 1995) disegna,
 tuttavia,   un   sistema  transito'rio  di  primo  inquadramento  dei
 sottufficiali delle Forze Armate del tutto  disomogeneo  e  deteriore
 rispetto a quello stabilito per il personale corrispondente dell'Arma
 dei  Carabinieri (agli artt. 46 e 49 del d.lgs. n. 198/1995), che non
 pare sorretto da valide ed univoche  ragioni  sostanziali,  giungendo
 anzi ad ingiustificate distorsioni rispetto alla normativa prevista a
 regime   per   l'inquadramento   e   le   forme  di  avanzamento  dei
 sottufficiali stessi; normativa che, nella  disciplina  recata  dalle
 tabelle  allegate  ai  due decreti delegati in considerazione, appare
 del tutto similare, quanto alle forme di avanzamento  ed  ai  periodi
 minimi di permanenza nel grado.
   Ne'  la  differenza  di  inquadramento di cui si tratta (cosi' come
 quella di trattamento economico, alla prima conseguente)  pare  poter
 trovare una sua giustificazione logica e razionale nella tesi secondo
 la  quale,  in  relazione  alle mansioni in concreto svolte dalle due
 categorie di dipendenti poste a raffronto, ed, in  particolare,  alla
 gravosita'  ed  al pericolo, propri dei co'mpiti d'istituto dell'Arma
 dei Carabinieri, insiti nella lotta al terrorismo ed alla delinquenza
 organizzata  -  non  sarebbe  configurabile   quella   identita'   di
 situazioni oggettive e soggettive, che, in presenza di un trattamento
 viceversa  differenziato,  comporterebbe  violazione del principio di
 uguaglianza (v. Corte cost., 12 aprile 1990, n. 191).
   Il  Collegio non puo', infatti, nascondersi che la ragionevolezza e
 la conformita'  al  principio  di  uguaglianza  del  sistema  di  cui
 trattasi   entrano  in  crisi  proprio  perche'  il  (pur  legittimo)
 raffronto  di  cui  trattasi  resterebbe  limitato  alla  sola   fase
 dell'inquadramento transito'rio in discussione.
   L'intero   sistema  disegnato  dal  legislatore  delegato  (con  la
 fissazione di una corrispondenza dei gradi delle  diverse  Armi,  con
 l'inserimento  dei  gradi  dichiarati  corrispondenti  in  uno stesso
 livello retributivo, con l'indicazione di un percorso di carriera  in
 tutto  simile  per  i  gradi  corrispondenti  delle diverse Armi, ivi
 compresa l'Arma dei Carabinieri) appare, invero,  chiaramente  vo'lto
 ad   escludere,   piuttosto   che   ad  esaltare  le  differenze  tra
 sottufficiali di pari grado ed anzianita' dell'Esercito (non  facenti
 parte  delle  "Forze  di  Polizia")  e  sottufficiali dei Carabinieri
 (ricompresi dalla legge tra le Forze di Polizia, che, come  e'  noto,
 svolgono  prevalenti co'mpiti di tutela dell'ordine e della sicurezza
 pubblica).
   Una posizione di sostanziale uguaglianza tra  le  varie  armi  (non
 fosse per le dissonanti disposizioni qui denunciate), il legislatore,
 col  quadro  normativo  sopra  precisato,  pare indubitabilmente aver
 perseguito, dando cosi' minor rilevanza che in un recente passato (ma
 cio' rientra nella  discrezionalita'  legislativa,  fermo  il  limite
 generale,  per  ogni intervento normativo, della ragionevolezza, come
 svolgimento  dell'art.  3  della  Costituzione),  ai  fini  che   qui
 interessano, alla specificita' delle attivita' che siano richieste ai
 dipendenti  pubblici  per  la  difesa  della  nazione  e  dell'ordine
 pubblico, a quelle specificita', cioe', che  avevano  consentito,  in
 virtu'  del  quinto  comma dell'art. 2 della legge n. 34 del 1984, la
 estensione del trattamento economico previsto per il personale  della
 Polizia  di  Stato  agli  ufficiali  e  sottufficiali  facenti  parte
 dell'Arma dei Carabinieri (ma non a quelli dell'Esercito,  ne'  delle
 altre Armi).
   A  questo  punto  viene  meno ogni possibile presupposto, sul quale
 possa poggiare la tesi della conformita' ai  principi  costituzionali
 della  normativa  in questione, poiche' se tali specificita' appaiono
 venute meno nell'intero, coordinato,  corpus  legislativo  costituito
 dai  decreti  legislativi  in  argomento  (se  si  esclude, come gia'
 rilevato,   la   valorizzazione   dell'istituto   della    indennita'
 pensionabile  attribuita  alle  Forze  di Polizia, del resto in piena
 coerenza con il quadro complessivo tracciato non si comprende come  e
 perche'  le  stesse  possano  o  debbano  sorreggere le differenziate
 scelte effettuate dal legislatore delegato in tema di  inquadramento,
 nel regime transito'rio, dei sottufficiali in servizio.
   Pare,  in  definitiva,  molto  arduo  riconoscere la ratio del piu'
 favorevole regime di inquadramento  riservato  ai  sottufficiali  dei
 Carabinieri  nella  loro  attivita'  di  lotta  al terrorismo ed alla
 criminalita' organizzata e, piu' in generale, di  difesa  dell'ordine
 pubblico.
   Oltretutto,    l'anzidetta,    diversificata,    disciplina   degli
 inquadramenti dei sottufficiali delle Forze Armate in  servizio  alla
 data  del  1  settembre  1995  (rispetto  a  quella  introdotta per i
 sottufficiali dei Carabinieri non trova giustificazioni nemmeno (come
 pur   potrebbesi   legittimamente    ipotizzare,    trattandosi    di
 inquadramento  di  personale  in  servizio) in differenze sostanziali
 rinvenibili nell'ordinamento precedente, tali da  provocare  riflessi
 sostanziali   (derivanti   dalle   diverse,   pregresse,   forme   di
 progressione nelle qualifiche e nei gradi) in sede di adeguamento dei
 moduli ordinamentali stessi.
   Anteriormente alla entrata in vigore  del  d.lgs.  n.  196/1995  in
 argomento,  infatti,  la  corrispondenza  dei gradi dei sottufficiali
 delle varie Armi si rinveniva all'art. 25 della legge 10 maggio 1983,
 n. 212 (ed alla tabella "A" allegata alla legge) cosi' come  la  c.d.
 inclusione  nelle  aliquote  di  valutazione,  per la progressione in
 carriera, era recata dagli artt. 27 e 29 della stessa legge n. 212  e
 dalle tabelle "B/1", "B/2", "B/3", "B/4" e "C", pure allegate.
   Orbene, nessuna apprezzabile differenza in tali superati meccanismi
 (per  effetto  della  abrogazione  di norme di cui all'art. 40 del n.
 196/1995) e' rinvenibile fra le varie Armi delle Forze Armate  da  un
 lato e quella dei Carabinieri dall'altro.
   Soltanto,  i  vice  brigadieri  dei  CC. (corrispondenti, tanto nel
 vecchio che nel nuovo ordinamento, ai sergenti dell'Esercito e  delle
 altre  Armi) conseguivano la promozione a brigadieri (corrispondenti,
 nel vecchio e nel nuovo ordinamento al grado  di  sergente  maggiore)
 per  anzianita'  (invece  che per concorso, come era prescritto per i
 sergenti) e dopo un anno e sei mesi di permanenza nel  grado  (invece
 che dopo 2 anni e 6 mesi).
   Ma   una   tale   differenza   di  carriera  (annullata  nel  nuovo
 ordinamento),  nel  passaggio  dal  grado  iniziale  del  ruolo   dei
 sottufficiali  a  quello  immediatamente  superiore, non pare affatto
 poter giustificare di per  se'  l'intero,  massiccio,  meccanismo  di
 promozioni  messo  in  piedi  dalle  norme  che  ne  o'ccupano  per i
 sottufficiali dei Carabinieri  in  sede  di  primo  inquadramento  ex
 d.lgs.  n.  198/1995  e  non, invece, per i sottufficiali delle altre
 Armi, ad opera dei decreti attuativi della legge  n.  216  del  1992;
 potendo,  anzi, costituire, in un ipotetico, ma pur sempre necessario
 raffronto tra la carriera dei sottufficiali  dell'Esercito  e  quella
 dei  pari  grado  dell'Arma  dei  Carabinieri,  elemento  di "favore"
 (nell'a'mbito   dell'effettivo,   perseguito,   riequilibrio    della
 disciplina,   che   presuppone   la   eliminazione   di  preesistenti
 differenze) per il personale dell'Esercito il fatto che il  pregresso
 meccanismo  di  progressione  (che,  per  il  passaggio da sergente a
 sergente maggiore, prevedeva l'avanzamento  per  concorso,  piuttosto
 che  per  mera  anzianita')  fosse  caratterizzato  da  meccanismi di
 selezione  e  valutazione  assenti,  almeno   in   tale   fase,   nel
 corrispondente ordinamento dei Carabinieri.
   4.2. - Sul, dunque, il principio di uguaglianza esprime un giudizio
 di relazione, che impone il trattamento identico di situazioni uguali
 e, viceversa, il trattamento differenziato di situazioni fra loro non
 del tutto corrispondenti (v. Corte cost., n. 183 del 1997 e nn.  89 e
 386 del 1996), appare chiara, nella disciplina dell'inquadramento dei
 sottufficiali  di  cui  alle  norme  transito'rie  in discussione, la
 operata disparita' di trattamento tra soggetti (gli uni dell'Esercito
 o delle altre Armi  e  gli  altri  dell'Arma  dei  Carabinieri)  gia'
 iscritti  nello  stesso  ruolo,  in  possesso dello stesso grado (per
 "corrispondenza" stabilita dal legislatore stesso) ed  incaricati  di
 espletare  funzioni,  che, se non identiche, sono state (e gia' erano
 precedentemente) comunque dal legislatore stesso rienute  equivalenti
 nel  dettare  la disciplina a regime delle carriere di cui si tratta;
 disparita', che crea discrasie e differenze  gravi,  nel  momento  in
 cui, all'esito della operazione di inquadramento, i detti soggetti si
 vedono attribuiti gradi e vengono a collocarsi in livelli retributivi
 irragionevolmente  differenziati (a parita' di posizione di partenza)
 a tutto ed esclusivo vantaggio dei sottufficiali dei Carabinieri.
   Questa operazione meramente meccanica  di  rapida  progressione  di
 carriera,  riservata  al  solo personale dell'Arma dei Carabinieri in
 sede  dell'inquadramento  del  personale  in   servizio   alla   data
 dell'inquadramento  di cui alle norme transito'rie in esame, risulta,
 poi, tanto piu' arbitraria, in quanto effettuata nel  momento  stesso
 in  cui,  con  il  complesso  dei decreti legislativi attuativi della
 legge n. 216,  si  crea  senza  dubbio  una  disciplina  omogenea  di
 riordino  delle  carriere,  caratterizzata  dall'identico,  ordinato,
 dispiegarsi, in tutte le armi, di posizioni  dal  legislatore  stesso
 identificate come corrispondenti.
   Le   denunciate  norme,  cosi',  appaiono  anche  porsi  in  palese
 violazione  del  principio   di   buon   andamento   della   pubblica
 amministrazione,   di   cui  all'art.  97  della  Costituzione,  come
 costantemente interpretato dalla Corte costituzionale e, cioe',  come
 un  criterio  di  congruenza  e di non arbitrarieta' della disciplina
 posta in essere in relazione al  fine  che  si  vuol  perseguire  (v.
 sentt. n. 10 del 1980 e n. 331 del 1988).
   La   contraddittorieta'  tra  le  scelte  operate  dal  legislatore
 all'interno dello stesso corpus  normativo  ed  in  attuazione  della
 medesima  norma  di delega (laddove, dopo aver dettato una disciplina
 ordinamentale del personale delle Forze Armate e di quello  dell'Arma
 dei   Carabinieri   sostanzialmente,   a  regi'me,  omogenea,  cotale
 omogeneita' il legislato're stesso poi contrasta e  snatura),  lungi,
 poi,  dal  tendere  alla  ottimizzazione  organizzativa  della stessa
 pubblica amministrazione  (in  modo  tale  da  poter  soddisfare  gli
 interessi  pubblici  nel migliore dei modi), finisce con lo svilire e
 disconoscere situazioni sostanzialmente  espressione  della  medesima
 capacita'  professionale in capo ai singoli funzionari (capacita' che
 pure i decreti medesimi mostrano di valutare, in sede di  definizione
 dell'ordinamento   di   regime,  ai  fini  della  attribuzione  delle
 qualifiche  dell'ordinamento  del  personale   delle   Forze   Armate
 complessivamente  intese,  in  misura  eguale) e che, tanto a fini di
 eguaglianza sostanziale (rispetto della parita' delle  posizioni  dei
 dipendenti  da  inquadrare),  quanto a fini di massima valorizzazione
 delle professionalita' possedute dai militari in  servizio  (che  non
 puo'     non    considerarsi    incidente    sul    buon    andamento
 dell'amministrazione), possono concretamente emergere  ed  affermarsi
 solo   con   l'apprestamento  di  strumenti  congrui,  adeguati,  non
 distorsivi, in una parola uniformi, di inquadramento (perche'  se  e'
 vero  che,  come  ha  ritenuto  il  giudice delle leggi con l'ord. n.
 151/1999 cit., non si  puo'  ravvisare  lesione  dell'art.  97  della
 Costituzione   per   il   fatto   che  siano  intervenute  variazioni
 dell'assetto organizzato'rio della pubblica amministrazione, che  non
 sono  di per se' indice di peggioramento allorche' siano accompagnate
 da minori accrescimenti di posizioni economiche o di  svolgimento  di
 carriera  di  singoli  o  di gruppi di dipendenti, e' pur vero che le
 variazioni devono pur sempre inserirsi  in  un  disegno  coerente  di
 politica   normativa  ed  in  scelte  non  palesemente  arbitrarie  e
 manifestamente irragionevoli; il che, per le ragioni sopra ampiamente
 illustrate, non pare di poter affermare  con  riguardo  alle  patenti
 alterazioni dell'equilibrio ordinamentale, qui rilevate).
   La  prospettata  diversita' di trattamento non appare, soprattutto,
 sorretta da una ragionevole  giustificazione,  si'  che  le  relative
 norme   paiono   piuttosto   riconducibili  ad  una  ipotesi  di  uso
 manifestarente irrazionale del potere legislativo: in buona sostanza,
 sembra con cio' inciso il limite della ragionevolezza, che  rende  la
 relativa     questione     prospettabile     quale    incidente    di
 incostituzionalita'.
   Le differenze retributive, infine, che le impugnate  norme  causano
 quale   effetto   distorsivo  del  diversificato  reinquadramento  di
 soggetti appartenenti allo stesso livello retributivo, rendono  anche
 apprezzabile la violazione dell'art. 36 della Costituzione, in quanto
 gli  inquadramenti  stessi,  comportando alterazioni alla omogeneita'
 della disciplina e dei connessi trattamenti economici, si  appalesano
 in  contrasto  con  il principio di proporzionalita' e di adeguatezza
 reributiva, ivi statuito.
   5.  -  Per  quanto  sopra  esposto,  il  Collegio   considera   non
 manifestamente  infondata  la  eccezione di incostituzionalita' delle
 disposizioni di legge suindicate e, conseguentemente, ritiene che  la
 indicata  questione,  nei termini e nei limiti sopra delineati, debba
 essere rimessa all'esame della stessa Corte, in relazione agli  artt.
 3, 36 e 97 della Costituzione.