IL TRIBUNALE Nella causa r.g.l. n. 3328/95 promossa da Santucci Aldo e litisconsorti (avv. P. Naldi); contro I.N.P.S. (avv. M. Lupoli); A scioglimento della riserva ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione di questione di legittimita' costituzionale. Svolgimento del processo 1. - Con ricorso depositato il 13 settembre 1995 i ricorrenti hanno esposto di essere titolari di pensioni di reversibilita' dell'I.N.P.S., che erano state calcolate e liquidate con esclusione della quota spettante a titolo di integrazione al trattamento minimo, di cui avevano goduto o avrebbero potuto usufruire i rispettivi danti causa. I ricorrenti hanno esposto che con sentenza n. 495 del 29 dicembre 1993 la Corte costituzionale aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 22, della legge 21 luglio 1965, n. 903, nella parte in cui non prevede che la pensione di reversibilita' sia calcolata in proporzione alla pensione diretta integrata al trattamento minimo, con riferimento al momento del decesso; che essi avevano presentato domande per ottenere la riliquidazione delle rispettive pensioni di reversibilita', senza ottenerla. Essi hanno formulato domande come alle conclusioni che si trascrivono: 1) dichiararare tenuto e condannare l'I.N.P.S. in persona del presidente pro-tempore, a corrispondere ai ricorrenti le rispettive pensioni di reversibilita' di cui sono titolari, dalle date di decorrenza, calcolate nella percentuale dovuta (60%) sull'intero importo del trattamento erogato al pensionato defunto, o che quest'ultimo avrebbe avuto diritto di percepire, comprensivo dunque dell'integrazione al minimo, con riferimento al momento del decesso; 2) condannare l'I.N.P.S. a corrispondere ai ricorrenti le differenze di pensione maturate e non riscosse con inoltre la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sull'importo rivalutato ex art. 429 c.p.c. Con vittoria di spese, diritti ed onorari da distrarre in favore del sottoscritto procuratore antistatario, oltre I.V.A. e c.p.a. come per legge. 2. - L'I.NP.S. si e' costituito in giudizio nell'udienza successiva a quella nella quale era stato dichiarato ed ed eccepito per tre ricorrenti la inammissibilita' delle domande per avvenuta decadenza; ha eccepito che per la pensione di Silvia Vignoli non risultava provata l'avvenuta integrazione al minimo; ha riconosciuto per gli altri ricorrenti il diritto alla corresponsione delle differenze di pensione, oltre agli interessi legali. In relazione a queste domande ha chiesto che venisse dichiarata cessata la materia del contendere. 3. - La difesa dei ricorrenti ha negato che le eccezioni sollevate dall'I.N.P.S. fossero fondate ed ha insistito nelle domande, anche dopo la emanazione del d.-l. 28 marzo 1996, n. 166 ("Norme in materia previdenziale"), con il quale venne stabilito quanto si riporta: a) che il rimborso delle somme, maturate fino al 31 dicembre 1995, sui trattamenti pensionistici erogati dagli enti previdenziali interessati, in conseguenza dell'applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 495 del 1993 (oltre che di quella n. 240 del 1994), e' effettuato mediante assegnazione agli aventi diritto di titoli di Stato aventi libera circolazione (primo comma); b) che tale rimborso avverra' in sei annualita', sulla base degli elenchi riepilogativi che gli enti provvederanno annualmente ad inviare al Ministero del tesoro (ivi); c) che il diritto al rimborso delle somme arretrate di cui al primo comma spetta ai soli soggetti interessati e ai loro superstiti aventi titolo, alla pensione di reveribilita' alla data di entrata in vigore del decreto (secondo comma); d) che nella determinazione dell'importo maturato al 31 dicembre 1995 non concorrono gli interessi legali e la rivalutazione monetaria (ivi); e) che i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge aventi per oggetto le questioni di cui all'art. 1 sono dichiarati estinti d'ufficio con compensazione delle spese tra le parti, mentre restano privi di effetto i provvedimenti giudiziali non ancora definitivi (terzo comma). La difesa dei ricorrenti ha sollevato eccezione di legittimita' costituzionale nei riguardi di alcune norme di tale decreto-legge. Il decreto-legge venne reiterato con identico contenuto con i decreti-legge n. 295 e 396 del 1996. 4. - A seguito della promulgazione della legge 28 novembre 1996, n. 662 (il cui art. 1, nei commi 181, 182 e 183, riprodusse gran parte del contenuto delle disposizioni dei decreti-legge menzionati, con alcune modificazioni e ribadi' la estinzione dei giudizi pendenti che avessero per oggetto le domande conseguenti alla applicazione delle sentenze nn. 495/1993 e 240/1994 della Corte costituzionale), il difensore dei ricorrenti ha sollevato eccezione di legittimita' nei confronti delle disposizioni della legge, come alla memoria depositata. 5. - Prima della decisione su tali questioni, venne emanato il d.-l. 28 marzo 1997, n. 79, convertito nella legge 28 maggio 1997, n. 40, che apporto' altre disposizioni della legge n. 662/1996, per quanto attiene alla misura e al pagamento degli interessi legali per le somme dovute per le pensioni di reversibilita' da riliquidare con il computo della integrazione al minimo spettante al dante causa. 6. - Poiche' risultava che molti altri giudici, ivi compresa la Corte di cassazione, avevano gia' sollevato e rimesso alla Corte costituzionale anche di ufficio questioni di legittimita' costituzionale sulle stesse norme dei decreti-legge e delle leggi succedutesi nella materia, e poiche' appariva imminente la decisione della Corte costituzionale, la questione non venne sollevata in questa, come nelle altre centinaia di controversie analoghe pendenti di fronte al pretore, e come nel migliaio di analoghe cause pendenti nella pretura di Bologna, in attesa della pronuncia della Corte. 7. - Dopo le decisione interlocutorie emesse dalla Corte costituzionale nel 1997 e nel 1998, venne emanata la legge 23 dicembre 1998, n. 448, il cui art. 36 ha nuovamente e parzialmente modificato le disposizioni dei commi 181 e 182 della legge n. 662 del 1996. 8. - La Corte costituzionale, dopo la discussione del 26 gennaio 1999, ha pronunciato ordinanza in data 8 febbraio 1999, con la quale, in relazione alle disposizioni della legge 23 dicembre 1998, n. 448, artt. 36 e 73, che avevano inciso sulla normativa denunciata nelle questioni sollevate, ha rimesso gli atti ai giudici perche' venga compiuta "una nuova valutazione della rilevanza delle questioni sollevate". 9. - A seguito di tali vicende il giudice ha invitato le parti ad interloquire in proposito. 10. - La difesa dei ricorrenti ha dedotto ed ha precisato conclusioni, quali vengono trascritte: dichiarare rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 182, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, come modificato dal d.-l. 28 marzo 1977, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e come sostituito dall'art. 36 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, nella parte in cui esclude sulle somme maturate al 31 dicembre 1995 la corresponsione di interessi e rivalutazione monetaria (per i ratei anteriori al 31 dicembre 1991) prevedendo il pagamento di una somma sostitutiva, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 38 della Costituzione; dichiarare rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 36, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, per contrasto con l'art. 24 della Costituzione; conseguentemente, previa assunzione dei provvedimenti di rito, ordinare la sospensione del presente giudizio. La rilevanza della questione 11. - Oggetto del giudizio e' l'applicazione delle norme di cui alla sentenza n. 495/1993 della Corte costituzionale, ai fini della riliquidazione delle pensioni di reversibilita' fatta valere dai ricorrenti. Sussiste la rilevanza delle eccezioni di legittimita' costituzionale in relazione alle norme che hanno stabilito la estinzione del processo e la compensazione integrale delle spese di lite ed hanno regolamentato le obbligazioni dell'I.N.P.S. e la misura e la disciplina degli interessi dovuti sulle somme costituenti ratei arretrati di tali pensioni. La rilevanza della questione che si intende sollevare appare evidente, in relazione alla disposizione introdotta fin dal decreto-legge n. 166/1996, che sanci' la estinzione dei processi pendenti e che e' stata sempre riproposta nelle norme che si sono succedute nella materia. La disposizione impedisce ai pensionati di verificare in giudizio in contraddittorio con l'I.N.P.S. il merito delle domande presentate riguardanti le loro pensioni di reversibilita' e lascia cosi' di fatto e di diritto a tale istituto di decidere con incontestabile discrezionalita' sulla esistenza, sul contenuto e sull'adempimento delle obbligazioni che gli fanno capo per le pensioni. La non manifesta infondatezza 12.1. - L'art. 36, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, dispone che "i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, aventi ad oggetto le questioni di cui all'art. 1, commi 181 e 182 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono dichiarati estinti d'ufficio con compensazione delle spese fra le parti". La norma riproduce nella sostanza il contenuto del comma 183 dell'art. 1 della legge n. 662/1996; essa viene sottoposta al giudizio della Corte costituzionale, con riferimento all'art. 24 e anche agli artt. 3 e 38 della Costituzione, per la violazione del diritto di azione riferito a diritti con tutela rafforzata dal richiamo operato nella Costituzione. 12.2. - La giurisprudenza della Corte costituzionale ha avuto modo di definire in piu' casi i limiti dell'intervento del legislatore nel processo, quando di questo venga definito l'esito con una norma che, come nel caso di specie, ne imponga l'estinzione. In pratica la Corte costituzionale in alcuni casi ritenne costituzionalmente legittimo tale intervento quando la legge sopravvenuta aveva soddisfatto, in maniera innovativa e positiva, le ragioni di diritto che erano state fatte valere nei giudizi e che prima non erano definite dalle norme. In taluni casi venne esclusa la illegittimita' costituzionale della norma che aveva disposto la estinzione dei giudizi in corso sulla materia, in quanto la legge venne considerata coerente con il particolare riconoscimento e la tutela espresa ex lege del diritto fatto valere. (Corte costituzionale, sentenza 31 marzo 1995, n. 103). Venne invece ritenuta la violazione dell'art. 24 della Costituzione quando lo ius superveniens aveva modificato sostanzialmente i diritti esistenti posti a fondamento delle domande, con efficacia retroattiva, dirimente delle stesse domande avanzate, e con una sostanziale vanificazione della giurisdizione quale mezzo per l'accertamento e la tutela dei diritti. 12.3. - Nella ipotesi in esame il diritto fatto valere preesisteva all'intervento attuato con le disposizioni emesse dal 1996 e da ultimo con l'art. 36 della legge n. 448/1998. Le norme che vengono impugnate vennero emanate, non tanto per la necessita' di determinare o di precisare la situazione giuridica dei ricorrenti, ma al solo scopo di diminuire la efficacia delle norme che erano state accertate e dichiarate in un precedente giudizio costituzionale, per ridurre gli importi delle obbligazioni dell'I.N.P.S., per diluirne nel tempo i pagamenti, annullare gli accessori del credito ed eliminare le spese dei processi. 12.4. - Va considerato inoltre - con riferimento al caso concreto - che l'I.N.P.S., pur avendo riconosciuto il diritto per alcuni ricorrenti, non ha determinato l'importo degli arretrati e tanto meno ha provveduto, sia pure nei modi previsti. Inoltre per tre dei ricorrenti la difesa dell'I.N.P.S. ha contestato la stessa esistenza del diritto fatto valere e ha contestato il diritto della ricorrente Vignali ad ottenere la riliquidazione della pensione per la mancata prova in giudizio del diritto del dante causa alla integrazione al minimo della pensione di cui era stato titolare. Tali eccezioni sono state contestate nel fondamento della difesa dei ricorrenti. La norma dichiarativa della estinzione preclude al giudice tali accertamenti, doverosi e consueti. 12.5. - Ove si richiami il contenuto dell'art. 24 della Costituzione appare non infondato il dubbio della legittimita' costituzionale di norme che producono l'effetto di impedire ai soggetti di far valere i diritti acquisiti (a maggior ragione in quanto si tratta di redditi da pensione, e percio' da lavoro), in maniera pregiudiziale, generale ed assiomatica, solo in quanto venne ritenuto dal Governo ed e' stato deciso dal Parlamento che ai fini del bilancio dell'I.N.P.S. l'ammontare delle obbligazioni relative fosse e rimanesse eccessivamente oneroso per l'I.N.P.S. e per la finanza pubblica, nonostante la rateizzazione disposta. Va anche rilevato che ora la legge pone a carico dei pensionati che intendono avere gli arretrati l'onere di una nuova domanda, con la sanzione di una decadenza, cosi' da annullare perfino gli effetti delle domande giudiziali proposte. 12.6. - La lesione della norma dell'art. 24 della Costituzione appare rimarchevole - e non solo agli occhi di un giudice - per la sua forte incidenza sul rispetto della legittimita' costituzionale e la razionalita' ai sensi dell'art. 3 delle norme, in uno stato di diritto nel quale si manifestano da tempo generali e gravi problemi di diffusa non osservanza delle leggi, a tutti i livelli, con effetti perniciosi per la vita sociale e per la economia nazionale. Al giudice appaiono rimarchevoli, sotto il profilo istituzionale e sociale, ai fini delle questioni che si sollevano, le molte anomalie che la intera vicenda di cui si tratta ha messo in luce e tuttora mostra; la reiterazione insistita dai primi mesi del 1996 di decreti-legge non convertiti e percio' sicuramente incostituzionali; la non sostenibile pretesa, poi modificata nelle successive norme, di annullare per legge i diritti successori, senza alcuna considerazione della razionalita' e dell'uguaglianza dei principi generali dell'ordinamento in materia di successione, ecc. ecc. Tali anomalie sono state rafforzate dalla alterazione, nella propaganda ufficiale data alle norme (e non solo nelle campagne dell'I.N.P.S.), della sostanza del problema: ad esempio con l'intento di far apparire anche sotto il profilo lessicale nelle norme e nelle dichiarazioni come "rimborsi" quelli che erano e sono pagamenti dovuti a pensionati che usufruivano di trattamenti integrati al minimo, e percio' del piu' basso livello. 12.7. - Il dubbio di costituzionalita' riferito all'art. 24 della Costituzione, riguarda anche la parte della disposizione in cui si dispone la compensazione integrale delle spese nei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della legge. Tale sembra essere la principale ragione del mantenimento da parte del legislatore della norma sulla estinzione dei processi, sia per diminuire i costi del contenzioso determinato dall'INPS, sia per evitare l'"arricchimento" dei legali che hanno prestato opera per far ottenere in giudizio ai pensionati la tutela del loro diritto, altrimenti ignorato e pretermesso dall'I.N.P.S. Tale istituto, per alcuni titoli di credito nei suoi confronti, quali ad esempio il diritto agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria, provvede non sovente al pagamento solo dopo la pronuncia di sentenze passate in giudicato, almeno secondo quella che e' stata l'esperienza del giudice. 13. - Non e' infondata la eccezione sollevata in relazione alle disposizioni che escludono la rivalutazione monetaria e riducono in varia misura l'importo degli interessi legali, per il contrasto con il principio di cui all'art. 3, primo e secondo comma della Costituzione, con riferimento alla tutela e al rilievo di natura costituzionale attribuito dagli artt. 36 e 38 della Costituzione ai diritti derivanti dal lavoro, quali sono quelli delle pensioni di cui si tratta. Le norme restrittive per il calcolo degli interessi legali e la eliminazione del diritto alla rivalutazione riguardano soltanto la categoria dei pensionati dell'I.N.P.S., per giunta di condizioni economicamente svantaggiate, quali sono coloro che hanno titolo alla integrazione al minimo.