IL TRIBUNALE
   Visti gli atti del procedimento di esecuzione in epigrafe indicato,
 nei  confronti  di  Meroni  Angelo,  nato a Gela il 23 dicembre 1966,
 attualmente detenuto  in  Parma;    assistito  e  difeso  di  ufficio
 dall'avv.    Emanuele  Maganuco  del  foro  di  Gela;  condannato con
 sentenza del pretore di Caltagirone 18 gennaio-2  febbraio  1999,  n.
 23,  irrevocabile  il  17  marzo  1999,  alla  pena  di mesi sette di
 reclusione per il reato previsto e punito dall'art. 341 c.p.
   Esaminata  la richiesta del pubblico ministero presentata in data 1
 ottobre 1999, intesa ad ottenere in favore del condannato  la  revoca
 della  sentenza  di  condanna del pretore di Caltagirone 18 gennaio-2
 febbraio 1999, n. 23, irrevocabile il 17 marzo 1999, per sopravvenuta
 abrogazione della norma incriminatrice;
   Esaminata l'istanza del condannato,  allegata  alla  richiesta  del
 pubblico  ministero,  cui  e'  pervenuta  in  data 29 settembre 1999,
 intesa ad ottenere la revoca della citata sentenza di condanna per lo
 stesso motivo;
                             O s s e r v a
   1. - In ordine all'incidente di esecuzione proposto dalle parti.
   Il condannato ed il pubblico Ministero richiedono concordemente  la
 revoca  della  sentenza penale di condanna del pretore di Caltagirone
 18 gennaio-2 febbraio 1999, n. 23, irrevocabile il 17 marzo 1999, che
 ha inflitto la pena di mesi sette  di  reclusione  per  il  reato  di
 oltraggio a pubblico ufficiale, deducendo la sopravvenuta abrogazione
 della  norma  incriminatrice:  l'art. 341 c.p. abrogato dall'art. 18,
 comma 1, della legge 25 giugno 1999, n. 205. Nella propria richiesta,
 peraltro, il pubblico ministero riconosce che  nella  fattispecie  si
 verte in ipotesi di mera abrogazione di norma incriminatrice speciale
 operante  in  concorso  apparente  con  norma incriminatrice generale
 (art. 594 c.p.); precisa tuttavia che l'azione penale sarebbe in ogni
 caso improcedibile per difetto di querela, ancorche' il fatto rimanga
 tuttora previsto dalla legge come reato.
   Nella stessa richiesta il pubblico ministero premette che la revoca
 della citata sentenza e' destinata ad incidere sul  provvedimento  di
 esecuzione di pene concorrenti emesso in data  28 aprile 1999.
   2. - In ordine al difetto di competenza funzionale del tribunale di
 Gela quale giudice dell'esecuzione.
   La  richiesta  delle  parti  appare  manifestamente  infondata  per
 difetto delle condizioni di legge e  dunque  suscettibile  di  essere
 decisa  de  plano con provvedimento presidenziale, senza costituzione
 del  contraddittorio  orale,  ma  sulla  sola  base  del   costituito
 contraddittorio scritto, a norma del comma 2 dell'art. 666 c.p.p.
   Preliminarmente  va  posta  pero'  la  questione  della  competenza
 funzionale di questo tribunale a conoscere del proposto incidente  di
 esecuzione.
   Dalla  richiesta  del  pubblico  ministero  e  dal provvedimenti di
 esecuzione allegati, risulta che la pena inflitta con sentenza penale
 di condanna del pretore di Caltagirone 18 gennaio-2 febbraio 1999, n.
 23 e' gia' cumulata ad altre pene.
   Per giurisprudenza consolidata, in tal caso, ancorche' l'esecuzione
 concerna un singolo provvedimento, la competenza spetta comunque - in
 deroga alla  regola  generale  che  la  riserva  al  giudice  che  ha
 deliberato   il   provvedimento   -  al  giudice  che  ha  emesso  il
 provvedimento  divenuto  irrevocabile  per  ultimo,  in  vista  della
 determinazione necessariamente unitaria della posizione esecutiva del
 condannato (cfr. ex plurimis Cass., Sez., I, 29 settembre-10 novembre
 1992  n, 3638, in C.E.D.  Cass. rv. 192869: "Il principio, dettato in
 via generale, quanto alla competenza del giudice dell'esecuzione,  e'
 quello   del   giudice  che  abbia  deliberato  il  provvedimento  da
 eseguirsi, con deroga a tale criterio nel caso  in  cui  l'esecuzione
 riguardi  una  pluralita' di provvedimenti emessi da giudici diversi.
 Il che, peraltro, si verifica... anche quando  le  conseguenze  della
 decisione  ...  pur  riguardando  questa  un  singolo  provvedimento,
 incidano  sull'esecuzione  di  una  pluralita'  di  provvedimenti  da
 attuarsi  o in corso di attuazione; e cioe' allorche', nella presenza
 del presupposto di cui all'art.   663, primo comma,  c.p.p.,  si  sia
 determinata  la pena da eseguire attraverso il cumulo di tutte quelle
 irrogate con sentenze di  condanna  diverse,  perche'  dall'eventuale
 modificazione anche di una sola di esse ne deriva necessariamente una
 variazione del calcolo complessivo finale").
   Dal  certificato  del  casellario  giudiziale, acquisito agli atti,
 risulta che nei confronti di Meroni Angelo il tribunale  di  Gela  ha
 pronunziato  sentenza  penale  di condanna divenuta irrevocabile il 4
 dicembre 1993;  che  altre  sentenze  penali  di  condanna,  divenute
 irrevocabili  successivamente,  sono state pronunziate dai pretori di
 Trapani, di Siracusa e di Caltagirone; che il provvedimento  divenuto
 irrevocabile  per  ultimo,  in  data 17 marzo 1999, e' la sentenza di
 condanna del pretore di Caltagirone di cui si chiede la revoca.
   Cio  posto,  il  pubblico  Ministero  ritiene  "che  la  competenza
 appartenga al tribunale di Gela, prevalendo il  tribunale sul pretore
 ex  art.    665  c.p.p.,  e pertanto anche in ordine alla sentenza di
 condanna pronunziata dal  pretore di Caltagirone".
   Senonche'  la  disposizione  invocata   dal   pubblico   ministero,
 contenuta  nel  secondo  periodo del previgente comma 4 dell'art. 665
 c.p.p. ("Tuttavia, se i provvedimenti sono emessi dal  pretore  e  da
 altro  giudice  ordinario,  e'  competente in ogni caso quest'ultimo;
 ..."), non e' piu' in vigore perche' e' stata abrogata  e  sostituita
 dall'art.  206 del d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (recante: "Norme in
 materia di istituzione del giudice unico di primo grado"), entrato in
 vigore in data 20 marzo 1998 e divenuto efficace  in  data  2  giugno
 1999, come previsto dall'art.  247 dello stesso decreto legislativo.
   In  forza  del  citato art. 206, il testo del comma 4 dell'art. 665
 c.p.p.  e'  stato  interamente  riformulato  stabilendosi   che   "se
 l'esecuzione  concerne  piu' provvedimenti emessi da giudici diversi,
 e' competente il giudice che  ha  emesso  il  provvedimento  divenuto
 irrevocabile  per  ultimo.  Tuttavia  se  i  provvedimenti sono stati
 emessi da giudici ordinari e giudici speciali, e' competente in  ogni
 caso il giudice ordinario".
   Lo  stesso art. 206 introduce inoltre un successivo comma 4-bis, al
 fine di regolare la attribuzione degli incidenti  di  esecuzione  nel
 caso di pluralita' di titoli esecutivi emessi dallo stesso tribunale,
 stabilendo  che:  "se l'esecuzione concerne piu' provvedimenti emessi
 dal tribunale in composizione monocratica e collegiale,  l'esecuzione
 e' attribuita in ogni caso al collegio".
   Va  soggiunto  pure  che per effetto del citato decreto legislativo
 l'ufficio giudiziario del pretore e' stato soppresso  e  le  relative
 funzioni  sono  state  attribuite  al  tribunale (artt. 1, 34 e 244);
 sicche'  le  sentenze  di  condanna  irrevocabili   pronunziate   dal
 soppresso  ufficio  giudiziario  vanno  ora riferite al tribunale cui
 esso apparteneva.
   Cosi', nella fattispecie, la sentenza di condanna  del  pretore  di
 Caltagirone  di  cui  si chiede la revoca va riferita al tribunale di
 Caltagirone (argomenta ex artt.  222,  comma  1,  e  244  del  citato
 decreto legislativo). Ne' al presente procedimento di esecuzione sono
 applicabili  le  disposizioni  anteriormente vigenti, comprese quelle
 relative alla competenza ed alla composizione dell'organo giudicante,
 atteso  che  il  procedimento  e'  stato instaurato dopo l'entrata in
 efficacia  del  decreto  legislativo  (cfr.  art.  219  dello  stesso
 decreto).
   Cio' stante, ne segue che alla stregua dell'ordinamento processuale
 vigente  l'incidente  di  esecuzione promosso dalle parti e' devoluto
 alla cognizione del tribunale di Caltagirone.
   In caso  di  pluralita'  di  titoli  esecutivi  emessi  da  giudici
 diversi, infatti, il combinato disposto dei commi 4 e 4-bis dell'art.
 665   c.p.p.,   come  novellato  dall'art.  206  del  citato  decreto
 legislativo, devolve la cognizione dell'incidente di esecuzione  come
 segue:
     a)  tra  giudici  ordinari  diversi,  secondo rapporti esterni di
 competenza funzionale  ed  in  base  al  (gia'  previgente)  criterio
 cronologico dell'ultimo provvedimento divenuto irrevocabile;
     b)  all'interno  dello stesso tribunale, secondo rapporti interni
 di mera attribuzione funzionale ed in base al criterio di  prevalenza
 della collegialita'.
   Orbene,  tra  questo tribunale adito dalle parti ed il tribunale di
 Caltagirone intercorre un rapporto di competenza funzionale  esterna,
 regolato  dal predetto criterio cronologico, e pertanto la competenza
 spetta al tribunale di Caltagirone, subentrato al  soppresso  ufficio
 del  pretore che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per
 ultimo;  e  cio'  a  prescindere  dalla  composizione  collegiale   o
 monocratica di quest'ultimo giudice.
   3.  -  In  ordine  alla  rilevanza  e fondatezza della questione di
 legittimita' costituzionale dell'art 665, commi 4 e 4-bis, c.p.p. per
 violazione degli artt. 3 e 24 Cost.
   Il  duplice  criterio  adottato  dal  legislatore  ordinario  nella
 devoluzione  degli incidenti di esecuzione concernenti una pluralita'
 di  provvedimenti  -  riferito  al  tempo  nei  rapporti  esterni  di
 competenza funzionale ed alla composizione dell'organo giudicante nei
 rapporti  interni  di mera attribuzione funzionale - da' luogo ad una
 oggettiva disparita'  di  trattamento  processuale,  irragionevole  e
 lesiva del principio di eguaglianza delle parti.
   Quando,  invero,  l'esecuzione  concerne  piu' provvedimenti emessi
 dallo stesso tribunale, in  composizione  monocratica  e  collegiale,
 alle  parti  e'  sempre  assicurata  la  garanzia  della composizione
 collegiale del giudice dell'esecuzione,  anche  se  il  provvedimento
 divenuto  irrevocabile  per  ultimo  e' stato emesso dal tribunale in
 composizione monocratica.
   Tale garanzia  e'  invece  negata  se  l'esecuzione  concerne  piu'
 provvedimenti  emessi  da  giudici  diversi,  qualunque  sia  la loro
 composizione: cosi' tra tribunale in composizione collegiale ed altro
 tribunale in composizione monocratica; tra  Corte  d'assise  o  Corte
 d'appello   o   Corte   d'appello  e  un  tribunale  in  composizione
 monocratica.
   Cosi' pure, come nel caso di specie, tra tribunale in  composizione
 collegiale  ed  altro  tribunale, subentrato al soppresso ufficio del
 pretore, per provvedimenti  emessi  da  quest'ultimo  (sempreche'  il
 procedimento  di  esecuzione  sia  stato instaurato dopo l'entrata in
 efficacia del citato decreto legislativo).
   Ora, non e' revocabile in dubbio che la composizione collegiale del
 giudice (di  cognizione  o  di  esecuzione)  ha  natura  di  garanzia
 processuale,  tant'e'  vero  che  nel  processo di cognizione essa e'
 sempre assicurata dal legislatore ordinario ogniqualvolta vengano  in
 rilievo   la   gravita'   del  trattamento  sanzionatorio  ovvero  la
 complessita'  e  delicatezza  delle  fattispecie  incriminatrici   in
 relazione  alla natura dei fatti da provare ed alla difficolta' della
 prova (cfr.   artt.  33-bis  e  33-ter  c.p.p.,  la  cui  entrata  in
 efficacia  e'  differita  al  2  gennaio 2000 a norma dell'art. 3 del
 d.-l. 24 maggio 1999, n.  145, convertito, con  modificazioni,  dalla
 legge  22  luglio  1999, n.   234, cfr. anche la proposta di legge n.
 3807 del Senato della Repubblica, che all'art. 14 modifica  il  testo
 in vigore dell'art. 33-bis c.p.p., estendendo la garanzia processuale
 della  composizione  collegiale  a  tutti  i  reati  "puniti  con  la
 reclusione superiore nel massimo  a  dieci  anni",  esclusi  i  reati
 previsti dall'art. 73 del d.P.R. n.  309/1990).
   Nel  caso  di  specie,  ed  in  ogni  altro  analogo,  non  e' dato
 oggettivamente  di  rinvenire   ragione   giustificativa   alcuna   a
 fondamento  della  rilevata  disparita'  di  trattamento.  Seppure la
 garanzia della  collegialita'  non  possa  ritenersi  coperta  da  un
 espresso  riconoscimento  costituzionale,  e  dunque  la scelta della
 composizione  dei  giudici  sia  rimessa  alla  discrezionalita'  del
 legislatore   ordinario   (entro   il   limite  costituzionale  della
 ragionevolezza), essa tuttavia, una volta concessa, non  puo'  essere
 limitata  alle  sole  esecuzioni  concernenti  i provvedimenti emessi
 dallo stesso giudice.
   L'identita' o la diversita' dei giudici  di  cognizione  che  hanno
 emesso   i  singoli  provvedimenti  da  eseguire    non  puo'  invero
 costituire  elemento  differenziatore   sufficiente   ed   idoneo   a
 giustificare la rilevata disparita' di  trattamento.
   Questa   viola   non   solo   il  principio  di  eguaglianza  e  di
 ragionevolezza, sancito dall'art. 3 della  Costituzione,  ma  ridonda
 anche  in  una violazione del principio di inviolabilita' del diritto
 di difesa, sancito dall'art.   24 della Costituzione,  non  potendosi
 affatto  escludere, in base alla comune esperienza giudiziaria, che -
 di regola - il giudice collegiale assicura una maggiore capacita'  di
 ascolto  e di giudizio delle ragioni delle parti, tant'e' vero che il
 giudice dell'impugnazione (salvo il caso dell'opposizione) e'  sempre
 costituito  in  forma  collegiale  proprio  in  considerazione  della
 peculiarita' della sua funzione.    Tale  disparita'  di  trattamento
 viene dunque inevitabilmente ad incidere sulla latitudine del diritto
 di difesa.
   Deve   pertanto  sollevarsi  d'ufficio  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'articolo  665,  commi  4  e  4-bis,  c.p.p.  per
 violazione degli artt.  3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui
 non  prevede  che, se l'esecuzione concerne piu' provvedimenti emessi
 da giudici diversi, in composizione monocratica e collegiale, sia  in
 ogni  caso  competente  il  giudice  in  composizione  collegiale. La
 questione e': rilevante, dovendo questo tribunale pronunciarsi  sulla
 propria competenza; fondata, per i motivi appena esposti.
   Non   e'   possibile   risolvere  tale  questione  di  legittimita'
 costituzionale facendo ricorso  ad  una  interpretazione  sistematica
 adeguatrice,    in    ossequio   al   principio   di   sussidiarieta'
 dell'intervento della Corte costituzionale. Le disposizioni  che  qui
 si  assumono  viziate  da  illegittimita'  costituzionale  sono state
 infatti modificate o introdotte dal legislatore ordinario al  fine  -
 consapevole  e voluto - di cosi' regolare la composizione, collegiale
 e monocratica, del giudice dell'esecuzione.