IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 4705/2000
  proposto  da  Mauro  Vittorio  Nicita,  Giuseppe  Ferreri, Giovanni
  Romeo,  Giorgio  Ascenti,  Giovanni Zimbaro, Irene Polito, Giuseppe
  Girbino, Giovanni Agostini, Salvatore Montanini, Maria De Pasquale,
  Angelo   Sinardi,  Damiano  Carmelo  Salpietro,  Concettina  Fenga,
  Giuseppe   Romeo,   Carlo   Salviera,  Francesco  Galletti,  Cosimo
  Galletti,  Bruno  Galletti,  Claudio  Galletti, Giuseppe Gualtieri,
  Giuseppe  Loteta,  Carmelo  Mami',  Silvano Marsico, Alfonsa Pizzo,
  Sebastiano   Bartolone,  Francesco  De  Francesco,  Leone  Scurria,
  Antonino   Saitta,   Carlo  Attilio  Squeri,  Francesco  Salpietro,
  Concetta  Alafaci,  Carmelo  Abbate,  Francesco  Trimarchi, Socrate
  Pallio,  Domenico Germano', Michele Bonaiuto, Maria Carola Narbone,
  Paolo Melita, Anton Giacomo Rizzo, Letterio Calbo, Maria Barbuscia,
  Emanuele  Scribano,  Ignazio  Pandolfo,  Maurizio  Basile,  Claudio
  Scisca, Francesco Lemma, Angelo Mileto;
    Giuseppe Altavilla, Vincenzo Adamo, Giovanni Sturniolo, Francesco
  Maria  Marchese, Patrizia Gualniera, Giulio Cardia, Claudio Crino',
  Rosario Leonardi, Aldo Spadaro, Oscar Ferrau', Giuseppina Calcagno,
  Maurizio Crino', Pierluigi Consolo, Andrea Consolo, Giuseppe Oreto,
  Scipione   Careri,   Rosa   Musolino,  Angela  Alessandra  Fattori,
  Francesco  Saverio Venuti, Marisa Bonica, Luigi Familiari, Raoul Di
  Perri, Giuseppe Broccio, Antonino Ajello, Corrado Messina, Rocco A.
  Zoccali,  Diletta  La Torre, Salvatore Serra, Nicola Frisina, Iorio
  Lo Monaco, Domenico Granese, Fabio Trimarchi, Maurizio Cinquegrani,
  Letterio  Santamaria,  Concetta  Buda,  Stefano Irato, Carlo Magno,
  Salvatore  Benvenga,  Mario  Meduri,  Antonio  Tanzariello, Tommaso
  Mandolfino,   Daniele   Bruschetta,   Franco  Quartarone,  Vincenzo
  Albanese,  Aldo  Micalizzi,  Giancarlo Vinci, Giulio Santoro, Mario
  Barone,   Onofrio   Triolo,  Biagio  Guarneri,  Alessandro  Caruso,
  Sebastiano Coglitore, Francesco Cancellieri, Paolo Crupi, Giancarlo
  Cordasco,  Rosalba  Ristagno,  Renato  Lo Gullo, Vincenzo La Presa,
  Narciso Carlo Stella;
    Giuseppe   Antonino  Sobbrio,  Giovanni  Retto,  Riccardo  Nastro
  Siniscalchi, Antonino D'Andrea, Agatino Manganaro, Antonio Granata,
  Carmela  Caruso,  Francesco  Tomasello, Antonia Russo Pulejo, Paolo
  Girlanda,  Letterio  Bonina,  Bruno  Militi,  Costantino Trombetta,
  Francesco  Arrigo, Placido Bramanti, Vincenzo Benedetto, Sebastiano
  Di Mauro, Francesco Spinelli, Giacinto Polimeni, Francesco Pernice,
  Bruno  Lo  Forti,  Carmelo  Fede, Calogero Collura, Pasquale Monea,
  Francesco   Pisani,   Giancarla   Oteri,  Adriana  Magaudda,  Guido
  Bellinghieri,   Giovanni  La  Rosa,  Antonino  Francesco  Germano',
  Rossana  Luigia  Biondi, Francesco Curro', Mario Vermiglio, Valerio
  Fabiano,  Giuseppe Cavallaro, Fortunato Lombardo, Giovanna Spatari,
  Antonio    Certo,    Arturo   Dattola,   rappresentati   e   difesi
  dall'avv. Giacomo   Ferrari,   e  presso  lo  stesso  elettivamente
  domiciliati  in  Roma,  via  dei  Villini,  4,  nello studio legale
  dell'avv. Arturo Antonucci.
    Contro  il  Ministero  della  sanita',  in  persona  del Ministro
  pro-tempore;
        il  Ministero  dell'universita' e della ricerca scientifica e
  tecnologica, in persona del Ministro pro-tempore;
        l'Universita'  degli studi di Messina, in persona del rettore
  pro-tempore;
        l'azienda  policlinico  universitario (A.P.U.) di Messina, in
  persona  del  direttore generale pro-tempore, tutti rappresentati e
  difesi  dall'Avvocatura generale dello Stato ex lege domiciliati in
  Roma,   via   dei   Portoghesi  n. 12;  per  l'annullamento  previa
  sospensione, dei seguenti atti:
        a) provvedimento  di  cui  alla nota rettorale 31 marzo 2000,
  n. 8789,  con la quale si invitano i professori ed i ricercatori ad
  effettuare,  entro  la  data  del 13 marzo 2000, l'opzione prevista
  dall'art. 5, commi 7 e 8, d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, ai sensi
  dell'art.  15-quinquies,  del  d.lgs.  30  dicembre  1992, n. 502 e
  successive modificazioni e secondo le tipologie di cui alle lettere
  "a",  "b",  "c"  e "d" del comma 2 dello stesso articolo (attivita'
  assistenziale  esclusiva),  ovvero  per  l'esercizio  di  attivita'
  libero-professionale extra muraria;
        b) dei provvedimenti, dei quali non si conosce numero e data,
  con   i  quali  e'  stata  disposta  l'opzione  d'ufficio  a  norma
  dell'art. 5,   comma   8,   d.lgs.   n. 517/1999,   per   l'impegno
  assistenziale esclusivo;
        c) dei provvedimenti, dei quali non si conosce numero e data,
  con   i  quali,  in  applicazione  dell'art. 5,  comma  12,  d.lgs.
  n. 517/1999,   i  ricorrenti,  che  hanno  optato  per  l'attivita'
  libero-professionale  extra  muraria; sono stati posti in regime di
  tempo definito:
        d) dei provvedimenti, dei quali non si conosce numero e data,
  con   i  quali,  in  applicazione  dell'art. 5,  comma  12,  d.lgs.
  n. 517/1999,   i  ricorrenti,  che  hanno  optato  per  l'attivita'
  assistenziale esclusiva, sono stati posti in regime di tempo pieno;
        e) ove  occorra,  della circolare del Ministero della sanita'
  21 ottobre 1999.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione in giudizio delle amministrazioni
  intimate;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Nominato  relatore, per la camera di consiglio del 12 aprile 2000
  il consigliere Bruno Mollica;
    Uditi, altresi', i difensori delle parti, come da verbale;
    Vista l'ordinanza cautelare della sezione n. 3012/2000;
    Ritenuto e considerato in:

                           Fatto e diritto

    1. - I ricorrenti, professori, ricercatori universitari e tecnici
  laureati  equiparati  ai  ricercatori,  afferenti  alla facolta' di
  medicina  e  chirurgia, in servizio presso l'azienda policlinico di
  Messina,  impugnano,  con  ricorso  rubricato  al  n. 4705/2000,  i
  provvedimenti  specificati  in  epigrafe, con cui viene intimato di
  optare  per  l'esercizio  dell'attivita' assistenziale intramuraria
  (definita   anche   come  "attivita'  assistenziale  esclusiva")  o
  dell'attivita'   libero-professionale   extra   muraria   ai  sensi
  dell'art. 5, commi 7 e 8, del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517.
    2.  - Il ricorso investe vari profili della legislazione delegata
  di riforma del settore sanitario: va allora definito e circoscritto
  l'oggetto  del giudizio, restando estranee allo stesso alcune delle
  argomentazioni  esposte  dalla  difesa  degli  istanti,  in  quanto
  l'esame   di   questo   giudice   deve  incentrarsi  esclusivamente
  sull'oggetto diretto ed immediato della contestazione giudiziale, e
  cioe'  l'esercizio  della  detta  opzione  da  parte  dei  sanitari
  universitari  e  le conseguenze che ne derivano alla loro posizione
  di status nell'una e nell'altra ipotesi.
    3.  -  In sede di delibazione dell'istanza cautelare proposta dai
  ricorrenti,  la sezione ha meditatamente ritenuto di accordare, sia
  pure  interinalmente,  il  chiesto  provvedimento  di  sospensione,
  rinviando  a  separata  contestuale ordinanza la proposizione della
  questione  di  costituzionalita' del sistema normativo posto a base
  dell'impugnata opzione per possibile contrasto, quantomeno, con gli
  artt. 3, 97, 33 e 76 Cost.
    In   questa   sede,   in  punto  di  rilevanza,  basti  ricordare
  l'orientamento  della  Corte  costituzionale  secondo  il  quale il
  requisito  della  rilevanza  non  viene  meno  nel  caso  in cui il
  giudice,  contemporaneamente  all'ordinanza  di  rimessione,  abbia
  disposto, con separato provvedimento, la sospensione stessa, in via
  provvisoria  e temporanea, sino alla ripresa del giudizio cautelare
  (cfr.  sentt.  nn. 444 del 1990, 367 del 1991 e 4 del 2000); e cio'
  anche  per  il caso che la dedotta incostituzionalita' di una o piu
  norme legislative costituisca l'unico motivo del ricorso innanzi al
  giudice   a   quo   essendo  comunque  individuabile  nel  giudizio
  principale  un  petitum  separato  e  distinto  dalle  questioni di
  legittimita' costituzionale, sul quale questo giudice e' chiamato a
  pronunciarsi  (cfr.  sentt.  nn. 263 del 1994, 128 del 1998 e 4 del
  2000 cit.).
    4. - Sempre in punto di rilevanza, va ricordato che la contestata
  opzione e' imposta dall'art. 5, commi 7 e 8, del d.lgs. 21 dicembre
  1999,  n. 517  citato:  si'  che,  dovendosi  fare  necessariamente
  applicazione  delle dette disposizioni, il giudizio non puo' essere
  definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della questione di
  legittimita' costituzionale.
      D'altro  canto,  il  provvedimento  in  questa  sede  impugnato
  costituisce  puntuale applicazione delle disposizioni medesime, con
  la  conseguenza  che  l'eventuale  eliminazione  delle stesse dalla
  realta'  giuridica determinerebbe il soddisfacimento dell'interesse
  sostanziale del ricorrente.
    5. - La questione, oltre che rilevante, appare non manifestamente
  infondata;  ed invero, come gia' esposto e ritenuto nella precitata
  ordinanza   cautelare,   la   sezione   dubita  della  legittimita'
  costituzionale  delle  norme  poste  a  base  del provvedimento che
  intima  l'opzione,  e  delle  disposizioni  alle  stesse sottese (o
  comunque  connesse):  ritiene  pertanto  di  dover sollevare, anche
  d'ufficio  per  i  profili non trattati dal ricorrente, la relativa
  questione  di  costituzionalita' per contrasto con i gia' ricordati
  artt. 3, 97, 33 e 76 Cost.
    6. - Viene in primo luogo in considerazione la norma dell'art. 5,
  comma  8,  del d.lgs. n. 517/1999, che impone un termine perentorio
  (che  sia di tale natura non sembra revocabile in dubbio, attese le
  conseguenze   derivanti   dall'omesso  esercizio  dell'opzione  nel
  termine  fissato,  previste dall'ultima parte del comma stesso) per
  l'esercizio dell'opzione ai sensi e per gli effetti di cui al comma
  7:  tale  ultimo comma stabilisce che i professori ed i ricercatori
  universitari afferenti alla facolta' di medicina e chirurgia optano
  rispettivamente   per   l'esercizio   di   attivita'  assistenziali
  intramuraria   ai   sensi  dell'articolo  15-quinquies,  d.lgs.  30
  dicembre  1992,  n. 502,  e  successive modificazioni e "secondo le
  tipologie  di  cui  alle  lettere a), b), c) e d) del comma 2 dello
  stesso   articolo"  ovvero  per  l'esercizio  di  attivita'  libero
  professionale   extramuraria;   tali   "tipologie"  fanno  espresso
  riferimento  alle  "strutture  aziendali  individuate dal direttore
  generale  d'intesa  con il collegio di direzione", con cio' ponendo
  una  stretta  correlazione  tra  l'individuazione  delle  strutture
  destinate   all'attivita'   libero   professionale   e  l'esercizio
  dell'attivita' medesima.
    Tale  stretta correlazione e', del resto, logico corollario della
  "compenetrazione  tra  l'attivita' sanitaria assistenziale e quella
  didattico-scientifica  dei  docenti  universitari della facolta' di
  medicina,  che operano nelle cliniche e negli istituti universitari
  di  ricovero  e  cura"  che costituisce "il dato caratterizzante le
  loro  funzioni  ed  il  conseguente  stato  giuridico"  (cfr. Corte
  cost.16 maggio 1997 n. 134).
    E nel senso della "inscindibilita'" delle attivita' assistenziali
  del  personale universitario da quelle di didattica e di ricerca si
  pone  anche  l'art. 5  del  d.m.  31 luglio 1997, che reca le linee
  guida per la stipula dei protocolli d'intesa universita'-regioni.
    Nel sistema normativo scaturente dall'art. 5, comma 7, del d.lgs.
  n. 517/1999   e   dall'art. 15-quinquies,   comma   2,  del  d.lgs.
  n. 502/1992,     e'     quindi     configurabile     un     obbligo
  dell'amministrazione  di  individuare  le strutture aziendali entro
  cui  va  esercitata  l'attivita'  assistenziale  intramuraria (o le
  soluzioni  alternative, di cui all'art. 72, comma 11, della legge 3
  dicembre 1998, n. 448), si' da rendere concretamente disponibili le
  strutture  stesse  ed  i  servizi (in tal senso, cfr., anche, Cons.
  Stato, VI sez., ord.za, 24 marzo 2000 n. 1431)
    Tale   obbligo  dell'amministrazione  e'  correlato  al  "diritto
  all'esercizio  di attivita' libero professionale individuale.......
  nell'ambito delle strutture aziendali" (art. 15-quinquies, punto 2,
  lett.  a),  d.lgs.  30  dicembre 1992, n. 502, nel testo introdotto
  dall'art. 13,  d.lgs  19 giugno 1999, n. 229) da parte dei sanitari
  universitari, diritto il cui esercizio sembra di dubbia attuabiita'
  in  assenza  della  detta  individuazione  e  predisposizione delle
  strutture,  non  apparendo  rilevante, sul piano della effettivita'
  del diritto stesso, la mera possibilita' di tutela nelle competenti
  sedi  nei  confronti dei funzionari inadempienti (ex art. 72, comma
  11, della legge n. 448 del 1998).
    Se    cio    e'   vero,   sembra   ravvisabile   una   intrinseca
  contraddittorieta',  pur  nel  medesimo  contesto normativo, tra il
  comma  8, dell'art. 5, d.lgs. n. 517/1999 citato nella parte in cui
  introduce   il   censurato   termine  "perentorio"  per  l'opzione,
  omettendo  di  subordinare  o comunque correlare l'opzione medesima
  alla concreta disponibilita' delle strutture - ed il comma 7, nella
  parte  in  cui (rinviando alle tipologie di cui alle lettere a) b),
  c),   d)comma   2,   art. 15-quinquies  del  d.lgs.  n. 502/1992  e
  successive  modificazioni)  fa riferimento all'individuazione delle
  strutture  medesime,  con  conseguente  configurabilita',  per tale
  profilo,  di  un'ipotesi di contrasto tra la censurata disposizione
  dell'art. 5,  comma  8, d.lgs. n. 517/1999, sub specie di manifesta
  irragionevolezza   ed  intrinseca  contraddittorieta'  col  sistema
  normativo  in  cui si colloca e l'art. 3 Costituzione - inteso come
  generale  canone  di  coerenza  e  ragionevolezza  dell'ordinamento
  (Corte cost. n. 204/1982) - nonche' col principio di buon andamento
  ex  art. 97  Cost.:  quest'ultimo, in particolare, sotto il profilo
  della   mancanza   di  proporzionalita'  dei  mezzi  prescelti  dal
  legislatore delegato rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare
  o  alle  finalita'  da  perseguire,  nonche' sotto il profilo della
  razionale organizzazione dei servizi.
    Appare  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
  costituzionalita'  dell'art. 5,  comma  8,  del  d.lgs. n. 517/1999
  nella  parte  in  cui,  imponendo  di  compiere una scelta entro un
  termine    perentorio,   e   attribuendo   alla   mancata   opzione
  dell'interessato  un  significato  legale  tipico (equivalenza alla
  scelta  per  l'attivita' assistenziale esclusiva), non condiziona o
  correla l'esercizio dell'opzione alla concreta disponibilita' delle
  strutture,  per  contrasto  con gli artt. 3 e 97 della Costituzione
  sotto i profili indicati.
    7.  -  Il  collegio  dubita  nel  contempo  della  conformita' ai
  parametri costituzionali ex art. 33 Cost. dell'art. 5, comma 7, del
  d.lgs.  n. 517/1999,  nella  parte  in  cui impone la detta opzione
  relativamente  al  personale sanitario universitario, in uno con le
  disposizioni allo stesso sottese (o comunque connesse, art. 5 commi
  da 1 a 6 e da 8 a 11, e art. 3 in parte qua) in quanto sembra porsi
  ex  se  - indipendentemente, cioe', dal profilo della necessita' di
  prescrizione della previa individuazione delle strutture - altresi'
  in  contrasto  con  il  principio  dell'autonomia universitaria nel
  perseguimento dei fini istituzionali didattici scientifici.
    2.  Stabilisce  il  comma 7 citato che "l'opzione per l'attivita'
  assistenziale  esclusiva e' requisito necessario per l'attribuzione
  ai  professori e ricercatori universitari di incarichi di direzione
  di struttura nonche' dei programmi di cui al comma 4".
    A  tacere della incidenza sullo stato giuridico degli interessati
  di  una  prescrizione  siffatta,  giusta  altresi'  le  conseguenze
  derivanti  alla posizione degli stessi (cfr., in particolare, commi
  4,  5  e 6 dello stesso art. 5), certo e' che i programmi di cui al
  comma   4,   infra   o  interdipartimentali,  sono  dichiaratamente
  finalizzati   "alla  integrazione  delle  attivita'  assistenziali,
  didattiche  e di ricerca, con particolare riguardo alle innovazioni
  tecnologiche  ed  assistenziali,  nonche'  al  coordinamento  delle
  attivita'  sistematiche  di  revisione  e valutazione della pratica
  civica ed assistenziale".
    La  preclusione  della attribuzione della responsabilita' e della
  gestione  dei  detti  programmi  per  i  sanitari universitari non,
  optanti  per  l'attitita'  assistenziale esclusiva appare con tutta
  evidenza  lesiva di quel principio di compenetrazione tra attivita'
  sanitaria   assistenziale   e  attivita'  didattica  e  di  ricerca
  scientifica,  che  costituisce dato caratterizzante l'attivita' dei
  sanitari  universitari  e  che trova tutela (anche) nei principi di
  autonomia didattico-scientifica postulati dall'art. 33 Cost.
    Ma  la  stessa  opzione per l'attivita' assistenziale esclusiva -
  tra  l'altro  irretrattabile,  a  norma  del  comma  10 dell'art. 5
  citato,  fatta  eccezione  per  limitate  specifiche  ipotesi - non
  sembra  in  linea con i principi di autonomia didattico-scientifica
  ex art. 33 Cost.
    L'opzione comporta l'assoggettamento dell'attivita' assistenziale
  del   sanitario  universitario  alle  determinazioni  organizzative
  assistenziali  del direttore generale dell'azienda ospedaliera (sia
  pure  d'intesa  col  rettore  o  su  proposta  del  responsabile di
  struttura  complessa;  cfr.,  in  particolare,  commi  1,  2,  5, 6
  dell'art. 5     citato.):    dell'adempimento    delle    attivita'
  assistenziali - che pur "si integrano" con quelle di didattica e di
  ricerca   a   norma   del   comma  2  dell'art. 5  -  il  personale
  universitario risponde al (solo) direttore generale, ai sensi dello
  stesso  comma;  l'attribuzione  e  la  revoca  degli  incarichi  di
  struttura  semplice  e  degli  incarichi di natura professionale e'
  disposta  dal direttore generale su proposta del responsabile della
  struttura  complessa  di  appartenenza  del  sanitario  (comma  6);
  l'incarico  di  direzione  di  struttura complessa e' attribuito (e
  revocato) dal direttore generale sulla base di (mera) intesa con il
  rettore,  ai  sensi del comma 5 (analogamente a quanto disposto per
  il  direttore del dipartimento, ad attivita' integrata dall'art. 3,
  comma 4).
    Ne discende la possibile incidenza delle dette determinazioni del
  direttore  generale  sulle  attribuzioni  in  materia didattica, di
  ricerca riservate all'istituzione universitaria (anche per cio' che
  concerne  l'attivita' di programmazione di tali aspetti); la stessa
  collocazione  funzionale assistenziale per effetto della esercitata
  opzione  - rimessa, in definitiva, al direttore generale - ben puo'
  incidere,  in concreto, sulla liberta' d'insegnamento (si pensi, in
  particolare,  all'attribuzione di un incarico assistenziale che non
  consenta  un'adeguata  e  proficua  utilizzazione  di  strutture  e
  personale  per  esigenze  di  didattica  e ricerca nel quadro della
  programmazione del dipartimento).
    L'attivita'  di insegnamento appare, in sostanza, suscettibile di
  condizionamenti   in   relazione  alle  determinazioni  in  materia
  assistenziale  di  un  direttore  generale  che  ha  come obiettivo
  gestionale  essenzialmente  la  realizzazione  di  un  progetto  di
  assistenza  sanitaria  ospedaliera,  e  non  certo  di un programma
  universitario scientifico-didattico.
    Cio'  in  presenza  di  una  posizione  "marginale" assegnata dal
  sistema    normativo    in    esame   agli   organi   istituzionali
  dell'universita'  in  materia  di coordinamento degli interessi che
  sono   propri   dell'autonomia   dell'istituzione   (id   est,   di
  insegnamento e ricerca scientifica), posizione non bilanciata dalla
  previsione di partecipazione (recte intesa) del rettore alla nomina
  del  direttore  del  dipartimento ad attivita' integrata ex art. 3,
  comma  4,  quale centro di collegamento tra assistenza, didattica e
  ricerca.
    Se  e' vero, infatti, che tale organismo e' concepito in funzione
  del  detto  necessario coordinamento; e' pur vero che gli interessi
  istituzionali    dell'universita'   restano   comunque   ampiamente
  condizionati    dalle   scelte   gestionali   del   direttore   del
  dipartimento: e cio' in termini di programmazione, organizzazione e
  gestione  dell'attivita'  di  insegnamento  e  di  aggiornamento  e
  ricerca  scientifica,  che  la  Costituzione  assegna primariamente
  all'autonomia dell'universita' stessa.
    Ed  invero, a tacer d'altro, il direttore del dipartimento assume
  la  responsabilita' gestionale nei confronti del direttore generale
  in ordine alla razionale e corretta programmazione e gestione delle
  risorse   assegnate   per   la   realizzazione  -  degli  obiettivi
  attribuiti, tenendo "anche" conto della necessita' di soddisfare le
  peculiari   esigenze   connesse   alle   attivita'   didattiche   e
  scientifiche,   con  cio'  conferendo,  nelle  scelte  decisionali,
  priorita'  ai  profili  dell'assistenza  rispetto  a  quelli  della
  ricerca  e  della  didattica, in violazione, altresi', del disposto
  dell'art. 6  lettera  b)  della legge delega (vedasi al riguardo il
  successivo punto 8), laddove si intende "assicurare" lo svolgimento
  delle  attivita'  assistenziali  "funzionali  alle  esigenze  della
  didattica  e  della  ricerca", con inversione, quindi, del processo
  logico postulato dal legislatore delegante.
    Quanto   sopra   fa  dubitare,  anche,  in  via  derivata,  della
  conformita'  al  dettato  costituzionale  delle  norme  in  tema di
  organizzazione  interna delle aziende, di cui all'art. 3 del d.lgs.
  citato,  per  i  riflessi  sulla posizione dei sanitari optanti per
  l'attivita'   assistenziale  esclusiva,  nella  parte  in  cui  non
  prevedono  una  partecipazione  diretta di organi universitari alle
  scelte   decisionali   in  tema  di  collegamento  tra  assistenza,
  didattica e ricerca.
    Sembra  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
  costituzionalita'  dell'art. 5,  comma  7, del d.lgs. n. 517/1999 e
  delle  norme  sottese,  o  comunque connesse, in parte qua (art. 5,
  commi  da  1 a 6 e da 8 ad 11 e art. 3) per contrasto con l'art. 33
  della Costituzione
    8.  -  La  normativa  delegata in materia di opzione dei sanitari
  universitari  non  sembra  inoltre avere compiutamente realizzato -
  attese  le  evidenziate  incongruenze  del sistema - il disegno del
  legislatore  delegante  in  ordine  alla  "coerenza fra l'attivita'
  assistenziale  e  le  esigenze  della  formazione  e della ricerca"
  (art. 6, lettera b), c) della legge 30 novembre 1998, n. 419, anche
  in relazione a quanto sopra esposto).
    E'  ben  vero che la normativa medesima si occupa di tale profilo
  laddove  si  prevede  -  come  gia'  ricordato  al  punto  7  - una
  organizzazione  dipartimentale  al  fine  di assicurare l'esercizio
  integrato  delle  attivita'  assistenziali, didattiche e di ricerca
  (art. 3)  anche sotto l'aspetto della utilizzazione delle strutture
  assistenziali;  ma  sembra  al  collegio  che debba ragionevolmente
  dubitarsi  della  effettivita'  della  richiesta  "coerenza" tra le
  dette  esigenze e l'attivita' assistenziale (oltre che per i motivi
  gia'   illustrati)  in  presenza  di  un  espresso  disposto  della
  legislazione  delegata  che non consente al sanitario universitario
  non    optante   per   l'attivita'   assistenziale   esclusiva   la
  preposizione, non solo alla direzione di strutture, con conseguente
  impossibilita'  di  impostazione  dei  programmi, delle modalita' e
  degli specifici contenuti della ricerca scientifica, ma addirittura
  ai  programmi  espressamente  finalizzati  alla "integrazione delle
  attivita'  assistenziali,  didattiche e di ricerca, con particolare
  riguardo alle innovazioni tecnologiche ed assistenziali".
    E  tale  limite  di legge non puo' essere posto nel nulla neppure
  dal   sistematico  rinvio  a  futuri  (ed  incerti  nei  contenuti)
  protocolli d'intesa.
    D'altro canto, non puo' esservi "coerenza" tra i detti profili se
  il  sistema e' "sbilanciato" verso la primaria considerazione delle
  esigenze  assistenziali;  ne'  il  legislatore delegato si e' mosso
  nell'ottica  di un rafforzamento dei processi di collaborazione tra
  universita'  e  servizio  sanitario  nazionale ex art. 6 lettera a)
  della  legge delega, se e' vero che l'autonomia dell'universita' ne
  risulta ampiamente sacrificata, giusta le pregresse considerazioni.
    Non  sembra  altresi'  che la delega ex art. 6, lettera c) citato
  abbia  ad  oggetto anche la modificazione dello stato giuridico del
  personale  sanitario  universitario:  nel  momento  in cui si va ad
  alterare, quantomeno per il personale universitario non optante per
  l'attivita'   assistenziale  esclusiva  il  quadro  di  ragionevole
  compenetrazione  fra  attivita'  didattico-scientifica  e attivita'
  assistenziale,  siccome consolidato anche dal complessivo andamento
  della pluriennale legislazione in materia, si va invero ad incidere
  in  modo sostanziale sulla particolare connotazione della posizione
  dei sanitari universitari, che costituisce il "dato caratterizzante
  le  loro  funzioni  ed il conseguente stato giuridico" (Corte cost.
  n. 134/1997 citato).
    L'art. 6  della  legge  delega, alla lettera c), si e' limitato a
  demandare   al   legislatore   delegato   l'emanazione  di  "idonee
  disposizioni  in  materia di personale" nel quadro dell'esigenza di
  assicurare  la "coerenza" fra l'attivita' assistenziale e quella di
  formazione  e  ricerca, e non ha inteso assolutamente consentire lo
  stravolgimento  dello stato giuridico dei sanitari universitari: ed
  invero,  l'oggetto  della  delega  e'  espressamente  e chiaramente
  definito nella prima parte del comma 1, laddove la delega stessa e'
  intesa       all'emanazione       di       decreti      legislativi
  specificatamente"volti,   a  ridefinire  i  rapporti  tra  servizio
  sanitario   nazionale   e  universita'"  ed  in  tali  limiti  deve
  mantenersi l'attivita' normativa del legislatore delegato.
    2.  Ne'  e' riferibile ai professori e ricercatori universitari -
  sia,  per  la  collocazione  sistematica  della  norma  che  per il
  richiamo  inequivoco  al "solo personale della dirigenza sanitaria"
  in  servizio  al  31  dicembre  1998 - il criterio direttivo di cui
  all'art. 2  lettera  q)  della  legge n. 419/1998 citata, in ordine
  alla  previsione  di  modalita'  per pervenire all'esclusivita' del
  rapporto di lavoro quale scelta individuale.
    Sembra  pertanto ipotizzabile il contrasto della norma di opzione
  (e delle norme sottese o connesse, gia' sopra indicate) anche con i
  canoni costituzionali ex art. 76 Cost.
    9.  -  Per  le  considerazioni che precedono, va conseguentemente
  sollevata  la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5,
  comma  8, del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517 per contrasto con gli
  artt. 3 e 97 Cost.; dell'art. 5, comma 7, del d.lgs n. 517/1999 per
  contrasto  con  gli artt. 33 e 76 Cost.; nonche' dell'art. 5. commi
  da  1 a 6 e da 8 a 11, e dell'art. 3 del, d.lgs n. 517/1999 citato,
  in parte qua, per contrasto con gli artt. 33 e 76 Cost.
    Va  disposta,  pertanto,  la  trasmissione  degli atti alla Corte
  costituzionale,  con  conseguente sospensione del giudizio ai sensi
  dell'art. 23  della  legge  11  marzo  1953 n. 87, per la pronuncia
  sulla legittimita' costituzionale delle suindicate norme.