IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso n. 3373/1997,
proposto da Oddo geom. Giuseppe,"Castelli geom. Alfio, Abate Roberto,
Abate  Rosario,  Agostino  Francesco,  Alberghina Angelo Elio, Alfano
Pietro, Ali' Santo Gioacchino, Aliffi Paolo, Amato Marcello, Anastasi
Pietro,  Arena  Santa,  Aruta Salvatore, Attaguile Giuseppe, Baglieri
Giorgio,   Baldi   Demetrio,  Barcellona  Riccardo,  Biuso  Antonino,
Boincontro  Antonino  Carlo,  Bonanno  Giuseppe,  Bonarrigo Giuseppe,
Bongiovanni   Giuseppe,  Bonomo  Grazia,  Briante  Sebastiano,  Bruno
Andrea, Bruno Filippo, Bucolo Agata, Burzilla' Nadia Pina, Caltabiano
Carmelo,  Calvo Corrado, Calvo Salvatore, Cammisuli Giuseppe, Capizzi
Alberto,  Cardia  Antonio,  Caruso  Giuseppe  Roberto, Caruso Pietro,
Caruso  Salvatore,  Cassarino  Salvatore,  Castelli  Alfio, Castorina
Giuseppe,  Caudullo  Carlo,  Cavallaro  Martino,  Cavalli  Salvatore,
Censabella  Antonino,  Cimino  Giovanna  Maria, Cirrincione Antonino,
Contarino  Giacomo,  Contarino Mario, Contraffatto Salvatore, Coppini
Alberto,  Costanzo Alfio, Crocco Giuseppe, Cuttone Giuseppe, D'Angelo
Vincenzo,  De  Luca  Angelo,  Denaro Carmela, Di Giacomo Domenico, Di
Maria  Orazio, Di Matteo Tonino, Di Sano Calogero, Di Seri Sergio, Di
Stefano Salvatore, Di Stefano Vincenzo, Drago Filippo Antonio, Fagone
Patrizio,   Falcone   Benedetto,   Faro   Michele,   Faro  Salvatore,
Finocchiaro  Corrado, Fiore Gaetano, Fiorilla Ignazio, Foti Vincenzo,
Gambacorta  Salvatore  Gerardo,  Gandolfo  Francesco, Gandolfo Luigi,
Gennaro   Vincenzo,  Germana'  Calogero,  Gerratana  Antonino,  Poeta
Antonio,   Pecora   Francesco,   Patti   Salvatore,  Patti  Giuseppe,
Pappalardo  Angelo,  Paolucci  Emilio,  Palmeri  Sebastiano,  Ostenta
Benedetta,  Santacroce  Giuseppe, Saitta Elio, Saglimbene Sebastiano,
Rugolo  Felice  Fausto,  Rizzo  Francesco,  Rapisarda Antonino, Raffa
Luigi,  Pullia  Andrea,  Zuccarello  Salvatore, Zisa Sandro, Zappala'
Giuseppe,  Zampino  Marcello, Zammataro Gaetano, Viola Gaetano, Viola
Gaetana, Venuto Giuseppe, Vecchio Raimondo, Toscano Giuseppe, Torrisi
Nunzio,  Torrisi  Alfio  Antonino,  Torre  Giuseppe,  Torre Antonino,
Tomaselli  Antonino, Tizzone Vincenzo, Teghini Elena Maria, Strazzeri
Salvatore,   Strano  Carmelo,  Stissi  Agatino,  Speranza  Salvatore,
Speciale   Giuseppe,   Spano'  Guglielmo,  Sinatra  Saverio,  Sinatra
Giuseppe, Signorello Carmela, Sgroi Giovanni, Sfameni Piero, Seminara
Orazio,  Scuto  Giuseppe,  Sciuto  Salvatore,  Scibetta  Cono,  Scavo
Pietro,   Scarpina   Lorenza,   Scafidi   Giuseppe,  Sapienza  Alfio,
Santospagnuolo  Giovanni, Santangelo Carmelo, Puleo Giovanni, Puglisi
Sebastiano,  Puglisi  Salvatore,  Puglisi  Agata,  Privitera Lorenzo,
Politino   Antonio,   Poidomani  Placido,  Poidomani  Mario,  Orlando
Vincenzo,  Giardina  Antonio, Gibilisco Alfio Raffaele, Girella Gino,
Giuffrida  Gaetano, Giustino Domenico, Gorgone Rosario, Grassi Alfio,
Grasso  Pasquale,  Guarnera  Giovanni,  Guastelluccia  Angela, Gulino
Vincenzo,  Gurgone  Paolo,  Iacona  Lori,  Iacopino  Antonino,  Isaja
Domenico,  La  Ferla  Giovanni,  La  Macchia Renato, La Malfa Eva, La
Russa  Carmelo,  La  Spina Alberto, Lamagna Rosangela, Lauria Franco,
Lentini  Calogero,  Leonardi  Giuseppa  Rita,  Leotta  Angelo, Leotta
Rosario,   Licandro  Giovanni,  Liuzzo  Rosario  Maurizio,  Lo  Piano
Michele,  Lo  Presti  Luigi,  Lo  Presti Vincenzo, Lucifora Giuseppe,
Macauda  Carmelo,  Maccarrone Marcello, Maccarrone Marcello, Magavero
Salvatore, Malsano Raimondo, Malandrino Corrado, Malgioglio Emanuele,
Marchese  Carmelo,  Marchese  Giuseppe,  Marchese  Luciano,  Marchese
Maurizio,  Marino  Emanuele,  Marino  Giuseppe,  Mazzarino Sebastiano
Tullio,  Nelia  Giuseppe,  Micieli  Salvatore,  Micieli Vito, Minardi
Giuseppe,  Mirabella  Giuseppe,  Modica Alessandro, Modica Salvatore,
Monaco  Salvatore,  Muriana Triberio Giorgio, Naso Signorino, Nicosia
Carmelo,  Nicosia  Alessandro,  Nicosia  Alfio,  Nicosia Alfio Mario,
Nicosia  Carmelo,  rappresentati  e difesi dall'avv. Girolamo Rubino,
elettivamente  domiciliati  presso  lo  studio  dell'avv.  Lorenzo Lo
Scalzo, in Catania, via Ramondetta, n. 31;
    Contro,  la  presidenza  della  Regione Siciliana, in persona del
presidente  pro-tempore,  costituita  in  giudizio,  rappresentata  e
difesa  dal1'Avvocatura  distrettuale  dello Stato, domiciliataria ex
lege; e nei confronti:
        del comune di Acicatena, in persona del legale rappresentante
pro tempore, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall'avv.
Giovanna  Condorelli,  elettivamente  domiciliato  presso  lo  studio
dell'avv.  Nicolo'D'Alessandro,  in  Catania,  via Ruggero di Lauria,
n. 29;
        del  comune  di  Gravina  di  Catania,  in persona del legale
rappresentante  pro  tempore, costituito in giudizio, rappresentato e
difeso   dall'avv.  Carmelo  Panebianco,  presso  il  cui  studio  e'
elettivamente domiciliato, in Catania, via Nicola Fabrizi, n. 13;
        dei  comuni  di  Giarre  e  di Catania, in persona dei legali
rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
per  l'accertamento, previa rimessione alla Corte costituzionale, del
diritto  dei  ricorrenti  all'inquadramento  nei ruoli organici della
Regione  Siciliana,  nonche',  per  la condanna, dell'amministrazione
resistente  al  pagamento,  a  favore  dei ricorrenti medesimi, delle
differenze  retributive  tra  il  trattamento  in  godimento e quello
previsto per il personale tecnico assunto presso la Regione Siciliana
ai  sensi  della  legge  regionale  n. 26/1986,  oltre  rivalutazione
monetaria ed interessi;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio della presidenza della
Regione Siciliana e dei comuni di Acicatena e di Gravina di Catania;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato  relatore  per la pubblica udienza del 30 marzo 2000 il
consigliere Biagio Campanella;
    Uditi:  l'avv.  Giuseppe Lo Scalzo, per delega dell'avv. Girolamo
Rubino,  per  i  ricorrenti;  l'avv.  dello  Stato  Ugo Adorno per la
presidenza  della  Regione Siciliana; nessuno si e' presentato per le
altre parti;
    Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    I  ricorrenti  sono  tutti titolari di rapporto di lavoro a tempo
indeterminato,  a  mente  della  legge  regionale  n. 9/1993,  ed  in
servizio  presso  vari  comuni dell'isola. Gli stessi hanno stipulato
contratti  di  lavoro  a tempo determinato con i comuni medesimi, per
l'esame  delle  pratiche di sanatoria edilizia, in applicazione deg1i
artt. 30  e 31 della l.r. n. 37/1985, poi sostituiti dagli artt. 14 e
15 della l.r. n. 26/1986.
    Le   disposizioni   sunmenzionate  attribuivano  la  facolta'  di
stipulare detti contratti a tempo determinato, con personale tecnico,
sia  ai comuni siciliani che agli uffici del genio civile, sempre per
consentire l'esame istruttoria delle pratiche di sanatoria edilizia.
    Mentre  i  ricorrenti,  al  pari  degli altri tecnici assunti, in
applicazione  delle  menzionate norme, nei comuni siciliani, fruivano
del  trattamento economico proprio della corrispondente posizione del
personale  degli  enti locali di cui al d.P.R. n. 347/1983, gli altri
"contrattisti"  assunti  presso  gli uffici del genio civile fruivano
del  trattamento  economico previsto per i "dirigenti" o "assistenti"
tecnici  della  Regione  Siciliana,  a seconda che fossero muniti del
diploma  di laurea in ingegneria o architettura oppure del diploma di
geometra.
    Successivamente,  con  la  l. r. n. 11/1990 e' stata accordata ai
comuni  la  faco1ta' di prorogare di anno in anno i contratti a tempo
determinato  stipulati  con  il  personale  di cui agli artt. 14 e 15
della  l.  r.  n. 37/1985,  nel  cui ambito rientravano i ricorrenti,
mentre,  per  coloro  che  erano  destinati  a prestare servizio alle
dipendenze degli uffici del genio civile, la stessa legge ha previsto
la trasformazione del loro rapporto a tempo indeterminato.
    Infine, con la legge regionale n. 9/1993 e successivo regolamento
di  esecuzione,  e'  stata  riconosciuta  ai  comuni  la  facolta' di
trasformare  il  rapporto  di  lavoro del personale "contrattista" in
rapporto  a  tempo  indeterminato  (sempre  con  onere a carico della
regione),  mentre, in favore di coloro i quali erano gia' titolari di
rapporto  a  tempo  indeterminato  con  la regione, e' stato disposto
l'inquadramento effettivo nei ruoli organici diquest'ultima.
    Cio'  premesso,  i  ricorrenti  deducono,  quale  unica  censura,
l'incostituzionalita'  di  tali  disposizioni  per  vio1azione  degli
artt. 3, 36 e 97 della Costituzione.
    Degli  enti  intimati  si sono costituiti in giudizio soltanto 1a
presidenza  della  Regione  ed  i comuni di Acicatena e di Gravina di
Catania.

                            D i r i t t o

    1.  -  Ricorda,  preliminarmente,  il  collegio che, per costante
giurisprudenza,  la dedotta incostituzionalita' di una norma di legge
puo'  costituire  l'unico  motivo su cui puo' validamente fondarsi la
proposizione    di    un   ricorso   giurisdizionale   (cfr.,   Corte
costituzionale,  nn. 444  del  26  settembre-12  ottobre  1990  e 367
dell'11-20 luglio 1991).
    Nel  caso  di  specie,  il  ricorso si incentra interamente sulla
dedotta incostituzionalita', per violazione degli articoli 3, 36 e 97
della  Costituzione,  degli  artt.  1, 3 e 4 della legge regionale 12
gennaio  1993,  n. 9,  nella  parte  in cui essi non prevedono che la
trasformazione  del rapporto di lavoro dei tecnici assunti dai comuni
siciliani  in  applicazione  dell'art. 30  della  l.r. n. 37/1985 non
produca  l'inserimento  di  questi  ultimi  nei  ruoli  della Regione
Siciliana, con applicazione della legge regionale n. 41/1985.
    2.  -  Tale  questione  di  incostituzionalita' appare, pertanto,
rilevante  per  la  definizione  del  ricorso  in oggetto, atteso che
soltanto  attraverso  un'eventuale  pronuncia  di incostituziona1ita'
della  citata normativa i ricorrenti potrebbero ottenere il beneficio
dell'attribuzione dello status giuridico-economico invocato.
    3. - Il  collegio  dovra'  ora  darsi  carico di verificare se la
questione   di   incostituzionalita'   in  esame  si  appalesa  anche
non manifestamente infondata.
    3.1.  - I ricorrenti deducono, in primo luogo, un contrasto della
normativa  in  questione con l'art. 3 della Costituzione il quale, al
1o  comma,  cosi'  recita:  "Tutti  i  cittadini  hanno pari dignita'
socia1e e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso,
di  razza, di 1ingua, di religione, di opinioni politiche, condizioni
personali e sociali".
    L'asserzione va condivisa.
    Ed  invero, le disposizioni di cui alla legge regionale n. 9/1993
hanno  creato  una  palese  disparita'  di  trattamento  tra soggetti
rientranti  tutti  nella  medesima fattispecie generale, disciplinata
dalla   medesima   normativa   di  riferimento  (la  legge  regionale
n. 37/1985),   e   discriminati   esclusivamente   sulla  base  della
differente allocazione (regione per gli uni, comuni per gli altri).
    I   ricorrenti  si  trovano  nell'identica  situazione  di  fatto
rispetto  ai  loro  colleghi  titolari  di  un  rapporto di ruolo con
l'amministrazione regionale.
    Basta  considerare,  in proposito, che le disposizioni originarie
di  cui alla legge regionale n. 37/1985 (articoli 30 e 31), che hanno
autorizzato  la  stipula di contratti a tempo determinato, sono state
introdotte  al  solo  fine  di  accelerare  l'enorme carico di lavoro
determinato  dall'applicazione, nella Regione Sicilia, della legge di
sanatoria edilizia.
    Detto  carico  di  lavoro  incombeva tanto sui comuni per l'esame
delle relative domande (art. 30, l.r. n. 37/1985, cit.), quanto sugli
uffici  del  genio  civile  (art. 31  della  stessa  legge),  per  le
ulteriori incombenze di pertinenza di questi ultimi.
    L'identica posizione delle due categorie di "contrattisti" rileva
maggiormente  se  si considera che gli oneri finanziari necessari per
la  retribuzione  di  entrambe  sono stati posti tutti a carico della
regione (assessorato regionale territorio ed ambiente).
    Un'ulteriore  conferma  del  fatto che i predetti tecnici assunti
dai comuni siciliani in forza del predetto art. 30 abbiano svolto una
funzione  identica  rispetto  a  quella  svolta  dai soggetti assunti
presso  gli  uffici  regionali,  in forza del successivo art. 31 pure
sopra  ricordato,  e'  fornita  dalla  circostanza che il legislatore
regionale  ha voluto riservare all'assessorato territorio ed ambiente
anche  la  faco1ta'  di autorizzare la costituzione e la formulazione
dei  criteri  per  la  stabilizzazione  del  rapporto  di  lavoro  in
questione.
    Da quanto esposto emerge chiaramente che:
        a) i ricorrenti sono stati assunti in via dapprima precaria e
successivamente   stabilizzata   per  assolvere  funzioni  idnentiche
rispetto a quelle dei soggetti assunti presso gli uffici regionali;
        b)  i  relativi  provvedimenti sono stati tutti autorizzati e
disciplinati da atti regionali;
        c)  i  ricorrenti  continuano ad assolvere le stesse funzioni
svolte dai colleghi assunti direttamente presso la regione;
        d)  i  ricorrenti  sono  anche  essi retribuiti dalla Regione
Sicilia.
    Appare   giustificabile,   conseguentemente,   il   sospetto  dei
ricorrenti,  secondo  i  quali  la  Regione  Siciliana avrebbe scelto
arbitrariamente  di  "stabilizzare"  i  tecnici  assunti  dai  comuni
siciliani,  ricorrendo ad un mero artificio, al fine di non aumentare
formalmente il gia' elevato numero dei propri dipendenti, evitando di
affrontare  il  ben  piu'  laborioso  iter  legislativo,  che avrebbe
comportato un'ulteriore assunzione di dipendenti regionali.
    Appare  violato,  pertanto,  il  trascritto  art. 3  della  Carta
costituzionale,  il  quale  enuncia  il c.d. principio di uguaglianza
formale e soggettiva, valevole per tutti i soggetti dell'ordinamento,
persone fisiche e giuridiche(cfr. Corte costituzionale, nn. 25/1966 e
2/1969),  che costituisce "un principio generale che condiziona tutto
l'ordinamento  nella  sua obiettiva struttura" (Corte costituzionale,
n. 25/1966),  ed  e'  espressione  di "un generale canone di coerenza
dell'ordinamento"  (Corte  costituzionale, n.  204/1982), il quale si
estrinseca,   in   ultima   analisi,   in   un   generale   principio
"ragionevolezza",  per  cui  la legge deve trattare in maniera eguale
situazioni  eguali,  ed  in  maniera razionalmente diversa situazioni
diverse  (cfr.  fra  le  tante,  Corte  costituzionale,  nn. 53/1958,
15/1960, 4/1964, 1/1966, 5/1980, 15/1982).
    Al  principio  di  uguaglianza cosi' inteso, cioe' come canone di
coerenza  e  ragionevolezza, soggiace indubbiamente anche la legge, e
cio'  non  solo  sotto  il  profilo formale - per cui il principio di
eguaglianza regolerebbe soltanto la forza e l'efficacia della legge -
ma  anche  sotto  il  profilo  materiale,  per  cui tale principio e'
rivolto  a  regolare  anche  il  contenuto della legge, implicando un
limite  o  vincolo  alla  funzione normativa primaria nel senso sopra
indicato.
    In   particolare,  nella  fattispecie  in  oggetto  del  presente
giudizio  viene  in  rilievo un aspetto di tale principio, secondo il
quale,  nell'incisiva  espressione  usata  da autorevole dottrina, il
legislatore  e'  tenuto  a  dare  alla norma di legge il carattere di
universalita' fino al massimo del possibile.
    Che prorio questo difetti nella normativa in questione, di cui si
chiede  la declaratoria di incostituzionalita', emerge indubbiamente,
ad avviso del collegio, da tutto quello che si e' osservato finora.
    E' altresi' appena il caso di ricordare, costituendo ius receptum
in  materia,  che  il  giudizio  costituzionale di eguaglianza non si
svolge  raffrontando  direttamente  la  norma  censurata al parametro
costituzionale,  occorrendo  anche che, nelle ordinanze di rimessione
alla  Corte, vengano indicate una o piu' norme ed uno o piu' principi
dell'ordinanento rispetto al quale la norma impugnata, diversificando
o  assimilando  arbitrariamente situazioni, rispettivamente, simili o
diverse, viola il principio di uguaglianza: norme o principi ciascuno
dei  quali, isolatamente considerato ed utilizzato dal giudice a quo,
costituisce  il c.d. tertium comparationis, e che, nei casi in cui ne
vengano individuati e proposti congiuntamente ed in correlazione piu'
di  uno,  costituiscono  i  tertia comparationis (cfr., fra le tante,
Corte costituzionale, nn. 10/1983, 79/1934 e 618/1997).
    Il  tertium  comparationis nel caso di specie e' costituito, come
esposto,   dalla   posizione  giuridico-economica  differenziata  dei
"contrattisi"  assunti  direttamente  presso  l'Ente Regione, i quali
vantano  una  posizione piu' favorevole rispetto a quella dei tecnici
assunti  dai comuni siciliani, nonostante l'identita' delle modalita'
di  accesso al posto ricoperto, l'identita' delle mansioni espletate,
l'identita' del soggetto erogatore della retribuzione.
    3.2.  -  Le  piu' volte menzionate disposizioni di cui alla legge
regionale   n. 9/1993   appaiono,   altresi',  difformi  rispetto  ai
fondamentali  principi  di  imparzialita'  e  buon  andamento  di cui
all'art. 97   della   Costituzione,  in  particolare  di  quelli  che
impongono   i   criteri  di  logica  e  coerenza  nell'organizzazione
amministrativa  (cfr.,  Corte  costituzionale,  n. 376  del 25 luglio
1995).
    Deve ritenersi, al riguardo, che i presupposti del buon andamento
della p.a. si identifichino non soltanto con l'emanazione di adeguati
strumenti legislativi e regolamentari, e con la scrupolosa osservanza
degli   stessi,  ma  anche  con  l'attribuzione  al  personale  della
legittima   posizione  giuridico-retributiva,  atteso  che,  come  e'
naturale,  la  violazione,  al  riguardo,  dei  necessari  canoni  di
giustizia distributiva si traduce, in capo ai dipendenti interessati,
in   uno   stato   di  insufficiente  serenita',  che  non  puo'  non
ripercuotersi  sul  lavoro  dei  relativi uffici, creando un clima di
tensione e di incertezze.
    3.3. - Un altro principio che appare violato e' quello scaturente
dall'art. 36 della Costituzione.
    Quest'ultimo  impone al datore di lavoro di assicurare il diritto
del  lavoratore  ad  una  retribuzione proporzionata con la qualifica
rivestita e le mansioni svolte.
    Nel  caso  di  specie,  invece, a qualifiche e mansioni identiche
viene riservato un trattamento economico e giuridico differente.
    Questa  sezione  non ignora di certo gli orientamenti consolidati
della  Corte costituzionale che rimettono alla "discrezionalita'" del
legislatore  il  concreto  esercizio  del potere organizzatorio della
p.a.,  anche  se  cio'  comporta un trattamento economico e giuridico
differenziato per taluni pubblici dipendenti.
    La  fattispecie in questione, tuttavia, si discosta nettamente da
quelle rentranti nell'orientamento suesposto poiche', in questo caso,
non sono in questione differenze di funzioni nell'ambito della stessa
organizzazione  burocratico-funzionale,  o  nell'ambito  dello stesso
potere,   cui   corrispondono  differenze  giuridico-retributive,  ma
identita'  di  funioni  nello  stesso  ambito  di  pubblica  funzione
finalizzata al perseguimento del medesimo pubblico interesse.