IL TRIBUNALE

    Nella  causa  iscritta al n.r.o. 528/2000 r.g.cont. (ex pretura),
letti  gli  atti e sciogliendo la riserva che precede, ha pronunziato
la seguente ordinanza.

                              F a t t o

    Con   ricorso  depositato  il  27  ottobre  1999  l'avv.  Antonio
D'Ambrosio,   rappresentato   e   difeso  dagli  avvocati  Alessandra
D'Ambrosio   e   Dario  Ciaccio,  chiedeva  al  tribunale  di  Napoli
l'emissione  di  un  decreto ingiuntivo per la somma di L. 9.134.000,
oltre spese e competenze della procedura, in danno del geom. Vincenzo
Di Domenico a titolo di compenso per l'attivita' professionale svolta
in   favore   del   Di  Domenico  nel  giudizio,  avente  ad  oggetto
l'accertamento  della  simulazione  di  un contratto di compravendita
immobiliare, promosso nei confronti del presidente della S.r.l. Coop.
SARA e di Salvi Luigi e conclusosi con sentenza favorevole n. 1914/96
del 29 novembre 1995 del tribunale di Napoli.
    Emesso  il  decreto  in  data  16  novembre  1999 e notificato il
successivo   9  dicembre,  il  Di  Domenico  con  atto  di  citazione
notificato   il  15  gennaio  2000  proponeva  opposizione  ai  sensi
dell'art. 645  c.p.c  deducendo  gravi  negligenze del professionista
nello  svolgimento  del  mandato,  avente  ad  oggetto anche un altro
giudizio,   e   chiedendo   la   revoca   del   decreto  ed,  in  via
riconvenzionale, la condanna dell'opposto al risarcimento dei danni.
    Si  costituiva  nel giudizio di opposizione alla prima udienza di
comparizione   l'avv.   Antonio   D'Ambrosio   chiedendo  il  rigetto
dell'opposizione.
    Alla  prima udienza di trattazione il giudice rilevava che vi era
questione  in  ordine alla competenza per territorio del tribunale di
Napoli  ai sensi dell'art. 30-bis c.p.c. atteso che l'avv. D'Ambrosio
svolge  dal  1995 le funzioni di giudice di pace di Napoli e rinviava
per la precisazione delle conclusioni.
    Acquisito,  ai  sensi  dell'ultimo  comma dell'art. 38 c.p.c., un
certificato  della  Corte d'appello in atti prodotto dall'opponente e
precisate,  quindi, le conclusioni il giudice assegnava il termine di
giorni  sessanta  per  il deposito delle comparse e, su accordo delle
parti,  non  fissava  il  termine  per  il  deposito delle memorie di
repliche.

                            D i r i t t o

    Con l'art. 30-bis, comma 1, c.p.c., inserito dall'art. 9, legge 9
dicembre  1998, n. 420, il legislatore ha stabilito che per "le cause
in  cui  sono  comunque  parti  magistrati,  che secondo le norme del
presente  capo  sarebbero  attribuite  alla  competenza di un ufficio
giudiziario  compreso  nel  distretto  di  Corte  d'appello in cui il
magistrato  esercita  le  proprie  funzioni,  sono  di competenza del
giudice, ugualmente competente per materia, che ha sede nel capoluogo
del  distretto  di  Corte d'appello determinato ai sensi dell'art. 11
del codice di procedura penale".
    Va  premesso, ai fini della rilevanza nel presente giudizio della
questione  pregiudiziale  di  illegittimita' costituzionale in questa
sede sollevata, che il legislatore nella predetta norma ha utilizzato
il  termine  "magistrati"  senza operare alcun discrimine. Tale ampia
formulazione fa ritenere la norma applicabile a tutti i magistrati e,
quindi,  non  solo  ai magistrati di carriera ma anche ai "magistrati
onorari",  e,  tra questi, i giudici di pace che l'art. 1 della legge
21  novembre  1991,  n. 374,  definisce espressamente come magistrati
onorari  appartenenti  all'ordine  giudiziario  (per l'inclusione dei
giudici  di  pace nella categoria dei giudici ordinari che esercitano
la  funzione giurisdizionale, di recente, Cass, Sez. Lav., 7 novembre
2000-5  febbraio  2001,  n. 1622;  conformi,  sui magistrati onorari:
Cass.  pen., sez. I, 8 luglio 1983, Riccetti e altro; tribunale per i
minorenni di L'Aquila, sent. 21 aprile 1993, Di Cola).
    Tanto   premesso   si   osserva  che  allo  stato  la  competenza
territoriale  prevista  dal legislatore con la citata nuova norma non
rientra  nei  casi  contemplati  dall'art.  28  c.p.c.  mancando  una
previsione   espressa,   e  deve,  quindi,  considerarsi  liberamente
derogabile  dalle parti con il conseguente onere per il convenuto, ai
sensi   dell'art. 38  c.p.c.,  di  eccepire,  a  pena  di  decadenza,
l'incompetenza  del  giudice  adito  nella comparsa di risposta ed il
divieto  per il giudice di rilevarla di ufficio. Nel caso in esame il
convenuto  Di  Domenico  non  ha  provveduto ad eccepire nell'atto di
opposizione  l'incompetenza  territoriale  del tribunale di Napoli ai
sensi dell'art. 30-bis c.p.c.
    Ritiene  il  tribunale  che  non  sia manifestamente infondata la
questione  dell'illegittimita' costituzionale degli artt. 28, 30-bis,
comma  1,  e  38  c.p.c.  nella  parte  in  cui  non contemplano come
inderogabile  la  competenza  territoriale  di cui all'art. 30-bis e,
conseguentemente,  non  prevedono  il potere del giudice di rilevarne
d'ufficio il difetto.
    Va  osservato  che  con  l'art. 30-bis  c.p.c.  il legislatore ha
introdotto  un  sistema  di  deroga  unica  e  generalizzata dei fori
previsti  dal  codice  di procedura civile stabilendo uno spostamento
della  competenza  a  conoscere  le  cause  civili in cui siano parti
magistrati  con espresso rinvio alla disciplina prevista dall'art. 11
c.p.p.  L'intenzione  del legislatore e' quella di tutelare anche nel
settore civile l'interesse generale all'indipendenza e alla terzieta'
del  giudice,  interesse  che,  a  seguito della sopravvenuta riforma
dell'art. 111  Cost.  (art. 1, legge costituzionale 23 novembre 1999,
n. 2), che al secondo comma sancisce che "ogni processo si svolge ...
davanti   a   giudice  terzo  e  imparziale",  puo'  ritenersi,  come
evidenziato   dai   primi  commentatori,  un  diritto  costituzionale
fondamentale,  al  pari del diritto al giudice naturale precostituito
per legge o al diritto di azione e di difesa e agli altri diritti che
si  ritengono insopprimibili nell'amministrazione della giustizia. In
effetti,  gia' con la precedente sentenza 15 ottobre 1999, n. 387, la
Corte   costituzionale   aveva   riconosciuto   "al  principio  della
imparzialita-terzieta'     della     giurisdizione    pieno    valore
costituzionale con riferimento a qualunque tipo di processo".
    La  mancata  previsione  nelle  norme  del  codice  di rito sopra
richiamate  della inderogabilita' di tale competenza e del potere del
giudice  di  rilevarne d'ufficio il difetto si pone in contrasto: con
l'art.  3  della  Costituzione  per l'irrazionalita' di una normativa
che,  da un lato, opera, attraverso una deroga generalizzata dei fori
del  codice  di  procedura,  una  presunzione  di inaffidabilita' del
giudice  adito nel caso in cui una parte sia un magistrato che presta
servizio  nel  medesimo  distretto  di  Corte di appello, dall'altro,
lascia  la rilevabilita' di tale incompetenza, posta a presidio di un
interesse  generale  e  di  un diritto fondamentale, alle parti e non
anche  al  giudice; con l'art. 24 Cost. per la violazione del diritto
di  difesa della parte convenuta tenuto conto che la stessa puo', non
essendo a conoscenza che l'attore e' un magistrato in servizio presso
uffici del distretto e non emergendo necessariamente tale circostanza
dagli  atti,  non  essere  in grado di eccepire tempestivamente nella
comparsa  di  risposta l'incompetenza territoriale; con l'art. 25 per
l'ulteriore  conseguente  lesione  del principio del giudice naturale
precostituito  per  legge;  con l'art. 101 Cost. per l'ingiustificata
disparita' di trattamento, tra processo penale, ove tale incompetenza
puo'  essere  rilevata  dal  giudice,  e  giudizio  civile  a  fronte
dell'unitarieta' della giurisdizione e degli interessi generali e dei
diritti  fondamentali tutelati; con il gia' citato art. 111, comma 2,
della  Costituzione  che  stabilisce che ogni processo deve svolgersi
innanzi ad un giudice terzo ed imparziale.
    La  questione  di costituzionalita' degli artt. 28, 30-bis, comma
1,  e  38 c.p.c. e' rilevante ai fini del presente giudizio in quanto
dalla pronunzia della Corte costituzionale dipende la possibilita' di
rilevare  o  meno  d'ufficio  l'incompetenza  territoriale  di questo
tribunale  e  di  indicare,  ai sensi degli artt. 11 c.p.p. e l disp.
att.  c.p.p.,  il  tribunale  di  Roma  quale  giudice  competente  a
conoscere  della  domanda  proposta  dall'avv.  D'Ambrosio, in quanto
giudice di pace di Napoli, e dell'intera causa.
    Tanto premesso va disposta la sospensione del presente giudizio e
la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione
sulla questione pregiudiziale di legittimita' costituzionale, siccome
rilevante  e  non  manifestamente  infondata.  Alla cancelleria vanno
affidati  gli  adempimenti di competenza, ai sensi dell'art. 23 della
legge 11 marzo 1953, n. 87.