IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 263 del 2001
proposto  da  Major  Alcide,  rappresentato e difeso dagli avv. Luigi
Fadalti,  Michela  Sabatini  e Filippo Fedrizzi, con domicilio eletto
presso lo studio di quest'ultimi in Trento, Via Roggia Grande n. 16;
    Contro:  il  Ministero  dell'interno, in persona del Ministro pro
tempore  il  commissariato del Governo per la Provincia di Trento, in
persona del Commissario pro tempore;
    entrambi  rappresentati  e  difesi  dall'Avvocatura  distrettuale
dello Stato, largo Porta Nuova n. 9, Trento;
    Per l'annullamento del decreto in data 9 ottobre 2000, notificato
il 3 agosto 2001, con cui il Commissario del Governo per la Provincia
di  Trento  ha  revocato  la  patente  di  guida  di  categoria  "CE"
n. 2242776/B, rilasciata al ricorrente il 3 ottobre 1994;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in giudizio dell'amministrazione
dell'interno;
    Rilevato  che  nella  Camera di Consiglio del 7 settembre 2001 la
domanda  di  sospensione  cautelare risulta, su istanza del difensore
del ricorrente, riunita al merito;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  alla  pubblica  udienza del 23 novembre 2001 - relatore il
cons.  Ottarino  Mazzuca  -  gli  avv.  Erika  Schiavon,  in delegata
sostituzione  degli  avv. Luigi Fadalti e Michele Sabatini, e Filippo
Fedrizzi per il ricorrente e l'Avvocato dello Stato Sarre Pirrone per
l'amministrazione resistente;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    Con  ricorso ritualmente notificata e depositato, Alcide Major ha
impugnato  il provvedimento con cui il Commissario del Governo per la
Provincia  di  Trento ha revocato la patente, rilasciatagli in data 3
ottobre 1994.
    Nell'impugnativa  l'interessato  ha  dedotto i seguenti motivi di
censura:
        1)  violazione  di  legge  ed  eccesso  di potere: violazione
dell'art. 120,  comma  1,  del  d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, nonche'
omessa motivazione in ordine alla circostanza che l'utilizzazione del
documento  di  guida  possa  agevolare  la commissione di reati della
stessa natura di quello per il quale il ricorrente fu condannato;
        2)   in   subordine,   violazione  di  legge:  illegittimita'
costituzionale  dell'art. 120,  comma  1,  del  d.lgs. 30 aprile 1992
n. 285,  in  relazione all'art. 130, comma 1, lettera b) del medesimo
decreto,  nella  parte  in  cui  prevede  la revoca della patente nei
confronti  di  coloro  che sono stati condannati a pena detentiva non
inferiore  a  3  anni,  quando l'utilizzazione del documento di guida
possa  agevolare  la  commissione  dei reati della stessa natura, per
violazione dell'art. 76 della Costituzione.
    L'amministrazione  intimata  si  e'  costituita in giudizio senza
controdedurre ai motivi di ricorso.
    All'udienza  del  23  novembre  2001,  la  causa  e'  passata  in
decisione.

                            D i r i t t o

    Il  ricorrente  impugna  il provvedimento del 9 ottobre 2000, con
cui  il  Commissario  del  Governo  per la Provincia di Trento gli ha
revocato la patente di guida di categoria "CE", rilasciatagli in data
3  ottobre  1994,  a  seguito  di rapporto della Questura di Trento 8
marzo  2000, per cui il medesimo "risulta agli atti di quest'ufficio,
persona  in  grado,  visti  i  suoi  numerosi  precedenti  e  le  sue
conoscenze  nell'ambito  malavitoso,  di  commettere  ulteriori reati
facilitato anche dall'uso della patente.
    Cio'  premesso,  si  ha  motivo si ritenere che senza l'uso della
patente,  il  predetto  sia  quantomeno  limitato alla commissione di
eventuali ulteriori reati".
    Dai  certificati  del  casellario giudiziale, versati in atti dal
ricorrente  e  dall'amministrazione  resistente,  risultano,  poi,  i
seguenti precedenti a suo carico:
        "sentenza  Corte  appello  Bologna  irrev.  il 28 luglio 1988
parz.  riforma  sent. 7 aprile 1987 Tribunale Piacenza. La Cassazione
rigetta il ricorso in data 28 luglio 1988.
        1)  Rapina tent. in concorso artt. 56, 110, 628 n. 1, 62-bis,
69 comma 1 c.p. (reato commesso il 24 ottobre 1983).
        2)  Detenzione  illegale di armi e munizioni contin. art. 10,
12,  14  legge  14  ottobre 1974 n. 497 (reato commesso il 24 ottobre
1983).
    Rit.  la  continuaz.  tra  i reati di cui ai punti 1) e 2) anni 4
mesi  4  di  reclusione  e  lire 1.000.000 di multa. Interdizione dai
pubblici  uffici  per anni 5. Liberta' vigilata per anni 2; condonati
anni  2  di  reclusione  e la multa e la pena accessoria ai sensi del
d.P.R. 16 dicembre 1986, n. 865.
     Con ordinanza Trib. sorveglianza Trento in data 19 dicembre 1988
ridotta la pena di gg. 45 per liberazione anticipata (legge 26 luglio
1975 n. 354) per i reati di cui ai punti 1) e 2).
    Con  ordinanza  Trib.  sorveglianza Trento in data 12 giugno 1989
ridotta la pena di gg. 90 per liberazione anticipata (legge 26 luglio
1975 n. 354) per i reati di cui ai punti 1) e 2).
      Con decreto magistrato sorvegl. Trento in data 16 novembre 1989
disposta  la revoca anticipata della liberta' vigilata per i reati di
cui ai punti 1) e 2)".
    Il provvedimento di revoca della patente di guida viene censurato
nel ricorso con due motivi:
        1)  violazione  dell'art.  120, comma 1, del d.lgs. 30 aprile
1992 n. 285 ed eccesso di potere per omessa motivazione;
        2)  subordinatamente, illegittimita' costituzionale dell'art.
120,  comma  primo, del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, in relazione al
successivo art. 130, comma primo, lettera b) dello stesso decreto per
violazione  dell'art.  76  della  Costituzione,  nella  parte  in cui
prevede  la  revoca  della  patente  nei confronti di coloro che sono
stati  condannati  a  pena detentiva non inferiore a tre anni, quando
l'utilizzazione del documento di guida possa agevolare la commissione
dei reati della stessa natura.
    Ad  avviso  del  collegio,  la  questione  di  costituzionalita',
prospettata,  seppure  in  via  subordinata, con il secondo motivo di
ricorso,  e'  rilevante  ai  fini della decisione, dal momento che il
primo di essi potrebbe essere agevolmente superato, essendo contenuta
nell'atto   impugnato   una   sintetica   motivazione,   seppure  per
relationem,  della  revoca  della  patente,  comunque sufficiente, ai
sensi  della  recente  giurisprudenza  di  questo  tribunale,  per la
legittimita'  della  revoca  della  stessa (cfr., da ultimo, sentenza
n. 257 del 31 marzo 2001).
    Con  il  secondo  motivo  di  ricorso,  che assume, pertanto, una
valenza  non  piu'  subordinata  ma  principale, l'interessato deduce
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 120, comma primo (rectius
secondo),   del   d.lgs.   30   aprile   1992  n. 285,  in  relazione
all'art. 130,  comma  primo,  lettera  b),  dello stesso decreto (per
violazione  dell'art. 76  della  Costituzione)  nella  parte  in  cui
prevede  la  revoca  della  patente  nei confronti di coloro che sono
stati  condannati  a  pena  detentiva  non inferiore a 3 anni, quando
l'utilizzazione del documento di guida possa agevolare la commissione
dei reati della stessa natura.
    Ad  avviso del collegio la questione, oltre che rilevante, appare
anche  non  manifestamente  infondata,  in relazione alla consolidata
giurisprudenza  costituzionale  formatasi al riguardo (cfr. decisioni
nn. 305  del  24  luglio  1996;  354  del 21 ottobre 1998; 427 del 18
ottobre 2000 e 251 del 17 luglio 2001).
    Con  l'art. 1,  comma primo, della legge 13 giugno 1991 n. 190 il
Governo  e'  stato delegato, infatti, ad adottare disposizioni aventi
valore  di  legge  intese  a  "rivedere e riordinare" la legislazione
vigente in materia di circolazione stradale.
    La lettera t) del successivo art. 2 prevedeva, in particolare, il
"riesame  della  disciplina  ... della revoca della patente di guida,
anche  con  riferimento  ai soggetti sottoposti a misure di sicurezza
personale" nonche' a misure di prevenzione.
    La  legge di delegazione ha identificata direttamente, quale base
di   partenza   dell'attivita'   delegata,  il  codice  della  strada
previgente,  le  cui disposizioni, pero', - in mancanza di principi e
criteri  direttivi  idonei  a circoscrivere le scelte direzionali del
Governo  -  non  potevano  essere  legittimamente modificate da norme
dell'esecutivo  del  tutto innovative rispetto al sistema legislativo
previdente.
    In  particolare,  poiche'  le disposizioni del nuovo codice della
strada  sulla  revoca  della  patente "alle persone condannate a pena
detentiva,  non  inferiore  a  tre  anni,  quando l'utilizzazione del
documento  di  guida  possa  agevolare  la commissione di reati della
stessa   natura"   (art.  120,  secondo  comma,  nella  sua  versione
originaria,  del  d.lgs.  30 aprile 1992 n. 285: requisiti morali per
ottenere  il  rilascio  della patente di guida) non trovano riscontro
nella  legislazione  previgente  (artt. 82,  comma  primo e 91, comma
tredicesimo,  numero  2,  del  d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393), risulta
evidente  che  la  citata disposizione dell'art. 120, in relazione al
successivo  art. 130,  comma primo, lettera b), del d.lgs. n. 285 del
1992,  viene  a  violare l'art. 2, lettera t), della legge n. 190 del
1991  e  quindi  l'art. 76 della Costituzione, introducendo una nuova
disciplina,  quando il Governo era stato delegato "ad operare un mero
riesame  della  disciplina  della revoca della patente di guida", che
"ha  da  essere  intesa in un senso minimale, che non consente di per
se', in mancanza di specifiche disposizioni abilitanti, l'adozione di
norme   che  sono  sostanzialmente  innovative  rispetto  al  sistema
legislativo  preesistente"  (cfr.,  da  ultimo,  Corte costituzionale
sentenza n. 251 del 7 luglio 2001).
    Ed  in  relazione  proprio a tali caratteri della delega e' stata
dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  della  disposizione ora
impugnata  nei  confronti delle persone che erano state sottoposte in
passato  a  misura  di  sicurezza  personale  (sentenza n. 354 del 21
ottobre  1998)  o  a  misure di prevenzione, disciplinate dalle leggi
nn. 1423/1956 e 575/1965, ma che non risultavano in atto sottoposte a
tali misure (citata sentenza n. 251 del 2001).
    Gli  artt.  82,  comma  primo,  e  91, comma 13, del Codice della
strada preesistente non prevedevano, infatti, la revoca della patente
nei  confronti  di  coloro  che  fossero stati sottoposti a pregresse
misure  di sicurezza personale o di prevenzione, e che non erano piu'
in corso di applicazione.
    Parimenti,  con  riferimento  alla  fattispecie in esame, in tali
disposizioni  normative  previgenti  non era prevista la revoca della
patente  "alle  persone  condannate a pena detentiva, non inferiore a
tre  anni,  quando  l'utilizzazione  del  documento  di  guida  possa
agevolare  la  commissione  di reati della stessa natura", secondo la
formulazione  del  tutto  identica  contenuta  nell'art.  120,  comma
secondo,  del  d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e nell'art. 5 del d.P.R.
19  aprile  1994,  n. 575, che ha sostituito la disposizione di rango
legislativo  con  altra  di  contenuto  corrispondente  ma  di  rango
secondario.
    Al  riguardo,  la  giurisprudenza costituzionale ha precisato che
"la  disciplina tuttora vigente deve ritenersi quella contenuta nella
legge  poiche'  il  regolamento,  intervenuto  su aspetti sostanziali
della  materia e cosi' andando al di la' della disciplina procedurale
per  la  quale,  sola, era abilitato, ha disposto fuori della materia
sulla  quale  poteva  intervenire,  con cio' rendendosi inoperante la
clausola  abrogativa delle norme "anche di legge" anteriori contenuta
nel comma 8 dell'art. 2 della legge n. 537.
    L'intervento  di  "delegificazione" della normativa oggetto della
questione  di  costituzionalita',  secondo  i  rilievi  sopra esposti
formulati  dai  giudici  rimettenti,  non si sarebbe perfezionato; e,
spettando  a  essi,  non  a  questa  Corte,  la  valutazione circa il
rapporto  tra  le  norme  aventi  forza  di  legge  e le disposizioni
regolamentari  che  le  riproducono fuori dell'ambito che la legge ha
previsto  come  suscettibile  di  "delegificazione"  (v. in tal senso
l'ordinanza  n. 230  del 1999), ... le questioni di costituzionalita'
possono  avere ingresso, per come sollevate nei confronti della norma
che  deriva dal riferimento che all'art. 120 del codice della strada,
nella  sua versione originaria attinente ai requisiti "morali" per il
rilascio della patente di guida (comma 1), viene fatto dal successivo
art. 130, anch'esso nella sua versione originaria, ove prevede (comma
1  lett.  b) la revoca della patente per il venire meno dei requisiti
medesimi"   (cfr.   la   piu'   volte  citata  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 251 del 17 luglio 2001).
    Per   le   suesposte  considerazioni,  il  collegio  ritiene  non
manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  120,  secondo  comma, del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, in
relazione   all'art. 130,  comma  primo,  lettera  b),  dello  stesso
decreto,  per violazione dell'art. 76 della Costituzione, nella parte
in  cui prevedono la revoca della patente nei confronti delle persone
condannate  a  pena  detentiva,  non  inferiore  a  tre  anni, quando
l'utilizzazione del documento di guida possa agevolare la commissione
di reati della stessa natura.
    La  rilevanza  della  questione  nella  fattispecie  in  esame e'
innegabile,  in  quanto  il  motivato  provvedimento  di revoca della
patente  nei  confronti del ricorrente e' stato adottato in base alle
anzidette  disposizioni  normative,  di cui si dubita la legittimita'
costituzionale. Gli atti del presente ricorso vanno percio' trasmessi
alla  Corte  costituzionale,  con  sospensione del giudizio in attesa
della definizione dell'incidente.