IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 14566/93 R.G.R, proposto dai signori Paola Braga, Dorotea Colussi, Gaetano Dattola, Luigi Minoia, Angelo Rizzi, Saverio Renato Saffioti, Giuseppe Aloi, Raffaella Anelli, Gianna Anselmi, Loredana Bacchio, Ernesto Belliazzi, Fabio Bianchetti, Rosa Luisa Caldera, Esterina Calvanese, Maria Luisa Canesi, Giuliano Cassataro, Antonio Castriotta, Fernando Ciccarelli, Francesco Coco, Roberto Consales, Sante Cormio, Giovanna Cuccureddu, Francesca D'Amico, Giacomina Di Pretore, Maria Teresa Ferretti, Giovanni Fio, Vincenzo Frate, Amalia Iris Fumagalli, Aurora Gatto, Aurora Gelmi, Nicola Greco, Silvia Guarducci, Franco Iovine, Martino Lacarbonara, Gabriella Lia, Rosalba Maggiolini, Daniela Magistrelli, Maristella Maronati, Felicetta Marsicano, Rodolfo Marzullo, Salvatore Mattozzi, Franca Megozzi, Ornella Pavesi, Mario Plodari, Bruna Maria Rubeo, Felicina Danna Sala, Maria Gabriella Serati, Gaetano Spadafora, Anna Maria Tatto, Nunzio Tutano, Margherita Vaccani, Annamaria Vailati, Erminia Radaelli, Maria Giudici, Angela Gini, Edoardo Ancellotti, Mario Pagano, Cesare Bravo, Maria Grazia Liguori, Angela Valenti, Rosalia Mirulla, Loris Mauri, Gabriele Conti, Sergio Casella, Ermes Bedogna, Giuliana Landoni, Gabriella Croce, Lucia Penati, Antonina Ambrosino, Gabriella Testa, Natalia Campagnoli, Osvaldo Pozzi, Luciano Aletti, Alfreda Linati, Maria Maddalena D'Agostino, Anna Guerriero, Maria Teresa Forest, Pasquale Remonti, Giovanni Pallaro, Rocca Mamone, Donatella Bianchi, Maria Latini, Marilena Terni, Annamaria Tordo, Stefania Zanotti, Oreste Macchi, Maria Cristina Bianehi, Carlo Conte, Anna Celario, Francesca Scarpis, Marcella Monteneri, Patrizia Ghiringhelli, Maria Immacolata Rossetti, Antonio Montu', Elisabetta Civiletti, Angela Carbonara, Maria Luisa Rondonotti, Roberto Ambrogio Riboni, Alfredo Rossi, Maurizio Giuseppe Di Loglio, Marcella Rigano, Adriana Rodio, Teresa Battisti, Giovanna Migliori, Giovanna Terruggia, Antonio Menegon, Emanuela Ebbene, Vanni Boletti, Enrica Tanzi, Marisa Ferraresi, Paola De Meola, Salvatore Curreri, Fulvia Sala, Giuseppa Scinardo Tabernacolo, Immacolata Bianco, Biagio Magra, Anna Ancona, Cataldo Bastoni, Adele Piccione, Serafina Poerio, Maria Graziella Portas, Cesare Mongelli, Rosa Maria Kopsch e Giacomo Mariano Loliva, elettivamente domiciliati in Roma, via Cassiodoro n. 6, presso l'avv. Gaetano Lepore, che li rappresenta e difende per mandato, ricorrenti; Contro l'l.N.P.S., elettivamente domiciliato in Roma, via della Frezza n. 17, presso l'avv. Valerio Mercanti, che lo rappresenta e difende, per mandato, unitamente agli avv. Giovanna Biondi, Umberto Picciotto ed Elisabetta Lanzetta, resistente; Per l'accertamento del diritto agli incrementi retributivi previsti dall'art. 15, quarto comma, del d.P.R. n. 43/1990 e per la condanna dell'I.N.P.S. alla corresponsione delle relative somme di denaro, maggiorate degli accessori di legge; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione intimata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Uditi, alla pubblica udienza del 19 dicembre 2001 (relatore il dott. Franco De Bernardi), i difensori delle parti (come da apposito verbale); Ritenuto e considerato quanto segue: F a t t o Col ricorso in esame, 125 dipendenti dell'I.N.P.S. (inquadrati nei profili professionali di cui al d.P.R. n. 285/1988) hanno chiesto l'accertamento del diritto alla corresponsione degli incrementi retributivi previsti dall'art. 15, quarto comma, del d.P.R. n. 43/1990 e la conseguente condanna del predetto Istituto ad erogar loro (con gli accessori di legge) le relative somme di denaro. Le pretese dei cennati soggetti - per i quali il diritto alle maggiorazioni stipendiali di cui e' causa non e' stato vanificato dall'art. 7, punto 3, del d.l. n. 384/1993 (implicitamente abrogato, a loro avviso, dall'art. 72 del d.lgs. n. 29/1993: che avrebbe confermato l'ultrattivita' dell'invocato d.P.R n. 43/1990) - sono contrastate dall'Amministrazione intimata, ritualmente costituitasi in giudizio. Il ricorso, presosi atto delle ulteriori memorie prodotte dalle parti ad illustrazione delle rispettive posizioni, e' passato in decisione all'esito della discussione svoltasi nella pubblica udienza del 19 dicembre 2001. D i r i t t o Come ricordato dagli stessi ricorrenti nella loro memoria del 6 dicembre 2001, nelle more del presente giudizio e' intervenuto l'art. 51, terzo comma, della legge n. 388/2000, che ha interpretato l'art. 7, primo comma, del d.l. n. 384/1992 nel senso che la proroga - al 31 dicembre 1993 - della disciplina emanata sulla base degli accordi di comparto di cui alla legge 29 marzo 1983, n. 93 (relativa al triennio 1 gennaio 1988 - 31 dicembre 1990) non modifica la data del 31 dicembre 1990: gia' stabilita per la maturazione delle anzianita' di servizio prescritte ai fini delle maggiorazioni della retribuzione individuale di anzianita'. Com'e' agevole arguire, dopo un simile intervento legislativo le pretese azionate dai ricorrenti non potrebbero certo esser valutate favorevolmente. Senonche', i cennati soggetti dubitano fortemente della legittimita' costituzionale della disposizione de qua: adombrando, in particolar modo (con argomentazioni che, ad avviso del collegio, sono tutt'altro che manifestamente infondate), la possibile violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione. Premesso (in punto di rilevanza della questione prospettata) che la caducazione di detta disposizione comporterebbe - alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi in subjecta materia - l'accoglimento del ricorso in esame, si osserva in proposito: che il legislatore puo' emanare norme interpretative con efficacia retroattiva solo a condizione che la retroattivita' (oltre a non contrastare col principio dell'affidamento e a non violare altri valori ed interessi costituzionalmente protetti) trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza (cfr. Corte cost. n. 229/1999); che il canone della ragionevolezza (cfr. Corte cost. ult. cit) e' rispettato solo se, nel caso concreto, esista una significativa divergenza di opinioni sulla portata della norma interpretata; che, nel caso di specie, non ci si trovava assolutamente in presenza di "significative divergenze di opinioni" sulla portata dell'art. 7 del d.l. n. 384/1982: essendosi, come gia' si e' detto, consolidato l'orientamento giurisprudenziale (cfr. C.d.S., VI, nn. 4147, 2675, 2452, 2453 e 2451/2000; Tribunale amministrativo regionale Lazio III, nn. 4738, 4739, 4988, 4989, 4990, 4991 e 4992/2000) che aveva espressamente riconosciuto il diritto alla maggiorazione retributiva a quei dipendenti che avessero maturato l'anzianita' di servizio nel lasso di tempo comprensivo della proroga contrattuale di cui all'art. 15 del d.P.R. n. 43/1990. L'art. 51, terzo comma, della legge n. 388/2000 (nella misura in cui fornisce una determinata interpretazione del menzionato art. 7) sembra, del resto, violare il cennato criterio costituzionale di ragionevolezza (inteso - qui - quale principio di uguaglianza, che si traduce in un generale canone di coerenza ordinamentale: cfr. Corte cost. n. 204/1982) anche sotto un altro profilo. Posto, infatti, che la proroga della vigenza contrattuale degli accordi di comparto sino alla data del 31 dicembre 1993 costituisce una rilevante limitazione alle aspettative dei dipendenti di vedersi rinnovare i singoli contratti (con prevedibile miglioramento dei relativi trattamenti economici), non sembra certo ispirato a criteri di ragionevolezza (nel senso dianzi indicato) l'aggiungere ad una tale limitazione anche la privazione di un diritto - quale quello alla maggiorazione della R.I.A. - pacificamente contemplato nei contratti prorogati (da una norma - quale, appunto, quella di cui al citato art. 7 - che, come precisato da Corte cost. n. 296/1993, si inserisce - gia' di per se' - nella politica di contenimento del disavanzo pubblico). Con specifico riferimento alla possibile violazione del principio di uguaglianza posto dall'art. 3 Cost., non si puo' - poi - non evidenziare che la disposizione della cui legittimita' costituzionale si dubita sembra creare un'ingiustificata disparita' di trattamento; a) tra a coloro che - a parita' di anzianita' di servizio - godono della maggiorazione della retribuzione per aver maturato l'anzianita' stessa entro il 31 dicembre 1990 e coloro che non possono percepire tale emolumento (solo) perche' hanno maturato una simile anzianita', ancorche' nell'ambito della vigenza contrattuale, oltre la suddetta data; b) tra coloro che, avendo maturato l'anzianita' di servizio al di la' del 31 dicembre 1990, hanno percepito la maggiorazione retributiva de qua in base ad un determinato (e, lo si ribadisce, consolidato) orientamento giurisprudenziale e coloro the si vedono precluso il diritto a percepire una tale maggiorazione per il solo fatto di aver agito successivamente: quando cioe', dell'art. 7, primo comma, del d.l. n. 384/1992, e' appunto stata data - dal legislatore ordinario - l'interpretazione che qui si contesta. Va, infine, rilevato che una norma interpretativa che risulti diretta (come nella circostanza) ad incidere su concrete fattispecie ancora sub judice dovrebbe esser ritenuta - di per se' - costituzionalmente illegittima (cfr., sul punto, Corte cost. n. 397/1994). Non e', infatti, chi non veda come la norma de qua (che viene, in tal caso, a perdere la propria natura per assumere un contenuto eminentemente provvedimentale) tende a vincolare il giudice ad assumere una determinata decisione in specifiche ed individuate controversie: privando, in buona sostanza, gli interessati della possibilita' di tutelare i loro diritti dinnanzi alla competente autorita' giudiziaria (in violazione - tra l'altro - della cosiddetta "riserva di funzione giurisdizionale", di cui al combinato disposto degli artt. 24, 101, 102, 103, 104, 108 e 113 della Costituzione). Per le suesposte - assorbenti - considerazioni, il collegio (riconosciuta la non manifesta infondatezza della dedotta eccezione) ritiene di dover sospendere il giudizio in corso, in attesa che - sulle questioni prospettate (obiettivamente rilevanti, come si e' visto, ai fini della decisione sulla controversia in esame) - si pronunci la Corte costituzionale: alla quale gli atti del giudizio stesso, che va conseguentemente sospeso, dovranno esser trasmessi a cura della segreteria.