ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 41,
della  legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico
obbligatorio  e  complementare),  promosso  con  ordinanza  emessa il
3 ottobre  2001 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la
Regione  Umbria,  sul  ricorso proposto da Giovanna Bevilacqua contro
l'Istituto    nazionale    di    previdenza    per    i    dipendenti
dell'amministrazione   pubblica   (INPDAP),  iscritta  al  n. 48  del
registro  ordinanze  2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 6, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  costituzione  di  Giovanna Bevilacqua, nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 2 luglio 2002 il giudice relatore
Franco Bile;
    Udito  l'avvocato Paolo Boer per Giovanna Bevilacqua e l'avvocato
dello  Stato  Giuseppe  Stipo  per  il  Presidente  del Consiglio dei
ministri.

                          Rilevato in fatto

    1. - Con  l'ordinanza  in  epigrafe,  la Corte dei conti, sezione
giurisdizionale  per  la  Regione Umbria, ha ritenuto rilevanti e non
manifestamente  infondate,  in  riferimento  agli artt. 2, 3, 36 e 38
della  Costituzione,  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del
sistema pensionistico obbligatorio e complementare), secondo cui, fra
l'altro, gli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti sono
cumulabili   con  i  redditi  del  beneficiario  nei  limiti  di  cui
all'allegata  tabella  F,  pari  al 75%, al 60% o al 50% della misura
ordinaria   ove   il   reddito   del   beneficiario   sia  superiore,
rispettivamente,  a  3,  4  o 5 volte il trattamento minimo annuo del
Fondo pensioni lavoratori dipendenti.
    La  norma e' impugnata "nella parte in cui prevede l'applicazione
delle  relative  disposizioni  anche al trattamento di reversibilita'
spettante  al  coniuge superstite di lavoratore collocato in pensione
prima  della  data  di  entrata  in  vigore  della legge stessa ed in
particolare  per  quello  deceduto  dopo" nonche' nella parte in cui,
"nell'interpretazione   data   dal   Ministero  del  lavoro  e  della
previdenza  sociale"  considera  rilevanti  ai  fini  del  cumulo fra
trattamento  pensionistico ai superstiti e redditi del beneficiario i
soli redditi soggetti ad IRPEF.
    L'ordinanza  e'  stata  resa  nel corso del giudizio promosso dal
coniuge  superstite  di  un  lavoratore,  collocato in pensione prima
dell'entrata   in   vigore   della   norma   impugnata   e   deceduto
successivamente,  contro il provvedimento della Direzione provinciale
del   tesoro   con  cui  la  pensione  di  reversibilita'  era  stata
determinata  nei  limiti del 60%, in quanto il coniuge superstite era
titolare  di  un  reddito  superiore  a  quattro volte il trattamento
minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti.
    1.1. - Secondo  il  giudice  rimettente,  la  norma  impugnata e'
applicabile  anche  ai  trattamenti  di  reversibilita'  a favore del
coniuge  afferenti  a  pensioni  dirette  liquidate, come nel caso di
specie,  prima  della  sua entrata in vigore (17 agosto 1995), e - in
ragione   di   tale   efficacia   retroattiva   -  intacca  posizioni
consolidate: invero, la liquidazione della pensione diretta determina
immodificabilmente   anche  il  livello  dell'eventuale  pensione  di
reversibilita',   che   della  prima  e'  la  prosecuzione;  pertanto
l'introduzione  di  una  parziale  incumulabilita'  della pensione di
reversibilita',  estesa  alla  quota  di essa gia' idealmente entrata
nella  sfera  giuridica  del  coniuge  del  pensionato,  concreta una
lesione   di  diritti  quesiti,  in  violazione  delle  garanzie  che
assistono  la  retribuzione  e  la  pensione,  ex artt. 36 e 38 della
Costituzione.
    La  Corte ritiene che la norma in esame violi anche gli artt. 3 e
2    della    Costituzione,    sotto   il   profilo   della   lesione
"dell'affidamento     legittimamente     posto     nella     certezza
dell'ordinamento   giuridico",   quale  interesse  costituzionalmente
protetto, correlato al diritto fondamentale del lavoratore (ex art. 2
della  Costituzione)  di  avere  per  se'  ed i suoi familiari "mezzi
adeguati  alle  loro  esigenze  di  vita" (ex art. 38, comma 2, della
Costituzione).
    1.2. - Inoltre,  la Corte censura l'art. 1, comma 41, della legge
n. 335  del  1995  anche  per avere accordato rilievo al solo reddito
soggetto  ad  IRPEF, e non anche ai redditi derivanti da fondi comuni
di  investimento,  polizze  vita,  azioni,  obbligazioni che, pur non
soggetti  ad  IRPEF,  sono assoggettati all'imposta secca del 12,50%,
con la conseguenza che redditi di pari importo determinano o meno una
riduzione  della  pensione  dei superstiti solo in ragione della loro
provenienza.
    La  Corte  ammette  che in realta' la limitazione al solo reddito
soggetto  ad  IRPEF  risulta  da  una nota del Ministero del lavoro e
della  previdenza  sociale,  e precisa che "ove la norma in questione
venga  interpretata  nel  senso  voluto  dalla citata circolare" essa
sarebbe affetta da irragionevolezza intrinseca.
    2. - Si   e'   costituita   la   parte   privata   aderendo  alle
prospettazioni   dell'ordinanza   di  rimessione  quanto  alla  prima
questione,  e  sostenendo  che  illegittimamente  il  legislatore  ha
individuato  il discrimine temporale del divieto di cumulo nella data
di  insorgenza del diritto a pensione del coniuge superstite anziche'
nella data di decorrenza della pensione diretta.
    La   stessa   difesa  ritiene  invece  inammissibile  la  seconda
questione.
    3. - E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura generale dello Stato, ed ha
concluso   per   la   manifesta   infondatezza   della  questione  di
costituzionalita'.
    Ha  in  particolare  rilevato  che  il  diritto  alla pensione di
reversibilita'  sorge  soltanto  al  momento del decesso del titolare
della  pensione  diretta, onde non ha alcuna rilevanza la data in cui
sia  stato  attribuito  il trattamento diretto; ed anzi una norma che
riconoscesse tale rilevanza sarebbe discriminante ed irragionevole.

                       Considerato in diritto

    1. - L'ordinanza   di  rimessione  investe  -  con  due  distinte
questioni  di legittimita' costituzionale - l'art. 1, comma 41, della
legge  8 agosto  1995,  n. 335  (Riforma  del  sistema  pensionistico
obbligatorio e complementare).
    Tale  norma  -  nel  contesto  di  una  revisione  della  materia
pensionistica, anche a fini di contenimento della relativa spesa - ha
introdotto  un  parziale  divieto  di  cumulo  fra  il trattamento di
reversibilita'  spettante  ai  superstiti  ed  i  redditi di costoro,
stabilendo   che   "gli  importi  dei  trattamenti  pensionistici  ai
superstiti sono cumulabili con i redditi del beneficiario, nei limiti
di  cui  all'allegata  tabella F" ossia entro il 75%, il 60% o il 50%
della  misura  ordinaria se il reddito del beneficiario e' superiore,
rispettivamente,  a  3,  4  o 5 volte il trattamento minimo annuo del
Fondo pensioni lavoratori dipendenti.
    2. - Le  questioni  sono  rilevanti, in quanto - come l'ordinanza
sottolinea - la ricorrente contesta la limitazione del trattamento di
reversibilita' al 60%, derivante dalla norma impugnata, e ritiene che
questa   leda   il   suo  diritto,  costituzionalmente  garantito,  a
percepirlo integralmente.
    3. - Con   la   prima  questione  la  norma  e'  impugnata  -  in
riferimento  agli  artt. 2,  3,  36  e 38 della Costituzione - "nella
parte in cui prevede l'applicazione delle relative disposizioni anche
al  trattamento  di reversibilita' spettante al coniuge superstite di
lavoratore  collocato  in  pensione  prima  della  data di entrata in
vigore  della  legge  stessa  ed  in  particolare per quello deceduto
dopo".   La   questione  non  concerne  quindi  tutti  i  trattamenti
pensionistici di reversibilita', ma solo quelli attribuiti al coniuge
superstite  di lavoratore collocato in pensione prima dell'entrata in
vigore della norma (17 agosto 1995) e morto dopo di essa.
    4. - La  questione  e'  prospettata anzitutto in riferimento agli
artt. 36 e 38 della Costituzione.
    Secondo  il giudice rimettente, poiche' il diritto al trattamento
pensionistico matura progressivamente, la liquidazione della pensione
diretta    comporta    anche    la    determinazione   immodificabile
dell'eventuale pensione di reversibilita', che della pensione diretta
e'  la  prosecuzione:  ne  consegue  che,  gia'  durante  la vita del
pensionato,  nella  sfera  giuridica  del  coniuge entrano idealmente
successive  quote  di  pensione  di  reversibilita', e che il livello
potenzialmente  raggiunto da tale trattamento non puo' essere ridotto
da  una  norma  successiva  meno  favorevole,  pena  la violazione di
diritti quesiti.
    Tale  violazione  si  sarebbe verificata nella specie, perche' la
norma  impugnata  -  estendendo  il  parziale  divieto  di cumulo fra
pensione  di reversibilita' e reddito del superstite anche alla quota
relativa alla pensione maturata prima della propria entrata in vigore
-  avrebbe  ridotto  l'importo  di trattamenti di reversibilita' gia'
determinati   e  negato  al  coniuge  superstite  i  mezzi  economici
necessari al suo mantenimento.
    Il  giudice rimettente deduce inoltre la violazione degli artt. 2
e   3  della  Costituzione,  sotto  il  profilo  che  la  sostanziale
retroattivita'  del  divieto  parziale  di  cumulo  lede il legittimo
affidamento del coniuge superstite nella certezza dell'ordinamento e,
segnatamente,  nella  stabilita'  della disciplina del trattamento di
reversibilita' conseguente ad una pensione diretta gia' liquidata.
    5. - Nel  merito,  la  questione  e'  infondata  sotto entrambi i
profili, che possono essere esaminati insieme.
    Il  diritto  al  trattamento  di  reversibilita'  per  il coniuge
superstite  sorge  solo  al  momento  della morte dell'altro coniuge,
titolare  di  pensione  diretta  (reversibilita'  in senso stretto) o
lavoratore ancora in servizio (pensione indiretta).
    Pertanto,  nell'ipotesi (ricorrente nella specie) di diritto alla
pensione  di  reversibilita' in senso stretto sorto dopo l'entrata in
vigore della norma impugnata, deve escludersi che questa abbia potuto
ledere  un  affidamento  tutelabile nella stabilita' della disciplina
della reversibilita'.
    Infatti  in  quel  momento,  essendo  in  corso un trattamento di
pensione  diretta, un tale affidamento sicuramente non poteva vantare
il  coniuge  del  pensionato,  la  cui  qualita'  di  "superstite" si
configurava allora in termini di mera eventualita'.
    6. - Tali  conclusioni  sono  del  tutto  coerenti con i principi
affermati da questa Corte in tema di affidamento.
    In  linea  generale,  l'affidamento del cittadino nella sicurezza
giuridica  -  essenziale  elemento  dello Stato di diritto - non puo'
essere   leso   da   disposizioni   retroattive,  che  trasmodino  in
regolamento  irrazionale  di  situazioni sostanziali fondate su leggi
anteriori  (sentenza  n. 416 del 1999; in precedenza sentenze nn. 211
del  1997  e 390 del 1995, successivamente sentenza n. 525 del 2000 e
ordinanze nn. 319 e 327 del 2001).
    Da  tale  principio  discende  che  solo  in  questi  limiti - in
presenza  di  una  legge  avente, in settori estranei alla previsione
dell'art. 25,  comma  2,  della Costituzione, portata ragionevolmente
retroattiva   -   l'affidamento   sulla  stabilita'  della  normativa
previgente e' coperto da garanzia costituzionale.
    In  materia  previdenziale  poi  deve  tenersi  anche  conto  del
principio,  parimenti  affermato  da  questa  Corte,  secondo  cui il
legislatore puo' - al fine (ricorrente nella specie) di salvaguardare
equilibri  di  bilancio  e contenere la spesa previdenziale - ridurre
trattamenti  pensionistici  gia'  in atto (sentenze nn. 417 e 361 del
1996, 240 del 1994, 822 del 1988).
    Percio', il diritto ad una pensione legittimamente attribuita (in
concreto  e  non  potenzialmente)  - se non puo' essere eliminato del
tutto   da   una  regolamentazione  retroattiva  che  renda  indebita
l'erogazione della prestazione (sentenze n. 211 del 1997 e n. 419 del
1999)  -  ben  puo' subire gli effetti di discipline piu' restrittive
introdotte non irragionevolmente da leggi sopravvenute.
    Ed allora - se, salvo il controllo di ragionevolezza, e' conforme
a Costituzione una norma peggiorativa di trattamenti pensionistici in
atto - a maggior ragione la conclusione vale per una norma che incida
su trattamenti pensionistici non ancora attivati al momento della sua
entrata   in   vigore,   quale  la  pensione  di  reversibilita'  che
eventualmente  spettera' al coniuge superstite del pensionato in quel
momento ancora in vita.
    Queste   considerazioni   inducono   a  ritenere  che  non  possa
argomentarsi  in termini di diritto quesito (sentenze n. 349 del 1985
e n. 9 del 1994).
    7. - A sostegno del proprio assunto sulla maturazione progressiva
del  diritto  al  trattamento  pensionistico  -  e  sulla conseguente
impossibilita' che il livello potenzialmente raggiunto sia ridotto da
una  norma  successiva meno favorevole - il giudice rimettente invoca
alcune  decisioni di questa Corte (sentenze nn. 264 del 1994, 388 del
1995, 427 del 1997, 201 del 1999).
    Tali  pronunzie  hanno  pero' affermato un principio radicalmente
diverso,    dichiarando    costituzionalmente    illegittime    norme
suscettibili di provocare l'inaccettabile effetto per cui pur essendo
stato   raggiunto   un   certo   livello   di  possibile  trattamento
pensionistico,   ancorche'  non  attivato  -  la  prosecuzione  della
contribuzione,  con  il correlativo incremento dei versamenti, finiva
per  operare  in  senso  negativo  e  comportare  una  riduzione  del
trattamento stesso.
    8. - E'  del  pari ininfluente il richiamo del giudice rimettente
alla sentenza di questa Corte n. 169 del 1986.
    Tale  pronuncia  ha  affermato  (con  riferimento  ai trattamenti
pensionistici   indiretti   previsti  dalle  norme  sulla  previdenza
forense) che il legislatore puo' ex post porre ad essi "limitazioni e
restrizioni"  negando che sia configurabile un diritto dell'iscritto,
e   "dei  suoi  aventi  causa",  all'intangibilita'  del  trattamento
pensionistico vigente al momento dell'iscrizione.
    Nel  contempo  (con  riferimento  ai trattamenti pensionistici di
reversibilita'   previsti   dalle  norme  sulla  previdenza  per  gli
ingegneri)  la  sentenza ha ritenuto gravemente discriminatoria e non
sorretta  da  alcuna giustificazione l'esclusione da tali trattamenti
sancita  a  carico  dei  superstiti  di pensionati gia' iscritti alla
Cassa dopo il compimento del quarantesimo anno di eta'.
    La  pronuncia  di  incostituzionalita'  ha percio' riguardato una
norma  che,  in  presenza  di  date circostanze, precludeva del tutto
l'accesso  alla pensione di reversibilita' al coniuge del titolare di
una pensione diretta gia' attivata.
    Diverso  e' invece il caso della norma impugnata, che - lungi dal
"sottrarre"  la  pensione di reversibilita' al coniuge del pensionato
(a  costui  sopravvissuto)  -  ne  disciplina  l'ammontare in termini
bensi' restrittivi, ma entro i limiti della ragionevolezza.
    9. - Con  la  seconda questione di costituzionalita', il medesimo
art. 1,  comma  41,  della  legge  n. 335  del  1995 e' censurato, in
riferimento   al  solo  art. 3  della  Costituzione,  per  intrinseca
irragionevolezza, nella parte in cui - "nell'interpretazione data dal
Ministero   del  lavoro  e  della  previdenza  sociale"  -  considera
rilevanti,  ai  fini  della  disciplina  del  cumulo  dei trattamenti
pensionistici  in  esame,  soltanto i redditi soggetti ad IRPEF e non
anche  i  redditi,  quali  quelli  di capitale, per i quali e' invece
prevista la ritenuta d'imposta.
    La  questione  e'  manifestamente  inammissibile, sia perche' non
rilevante,  risultando  dalla stessa ordinanza di rimessione che alla
ricorrente  la pensione di reversibilita' e' stata ridotta in ragione
della  percezione  di  soli  redditi  soggetti  ad IRPEF; sia perche'
ipotetica   e   perplessa,   in  quanto  sollevata  condizionatamente
all'esattezza  dell'interpretazione  data alla disposizione censurata
dal   Ministero   del   lavoro   e   della  previdenza  sociale  (per
l'inammissibilita' di questioni sollevate in via ipotetica, ordinanze
nn. 579 del 2000, 2 e 34 del 2001, sentenze nn. 32 e 195 del 2002).