ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  ammissibilita'  del  conflitto di attribuzione tra
poteri  dello  Stato  sorto a seguito della delibera della Camera dei
deputati  del  17 novembre  1999 relativa alla insindacabilita' delle
opinioni  espresse  dal  deputato  Vittorio  Sgarbi nei confronti del
magistrato  Antonio  Tricoli, promosso dalla Corte d'appello di Roma,
sezione  prima  civile,  con ricorso depositato il 6 febbraio 2002 ed
iscritto al n. 209 del registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 29 gennaio 2003 il giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto   che   con   ordinanza-ricorso   del  18 gennaio  2002,
depositata  presso la cancelleria di questa Corte il 6 febbraio 2002,
la  Corte  d'appello  di Roma, nel corso di un giudizio civile per il
risarcimento  dei  danni  promosso dal magistrato Antonio Tricoli nei
confronti  del  deputato  Vittorio  Sgarbi  ed  altri,  ha  sollevato
conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della
Camera  dei  deputati  in  relazione  alla deliberazione con la quale
l'Assemblea,   nella  seduta  del  17 novembre  1999,  ha  dichiarato
insindacabili,    ai   sensi   dell'art. 68,   primo   comma,   della
Costituzione,  le  opinioni  espresse  dal  deputato  Sgarbi,  cui la
pretesa risarcitoria si riferisce;
        che  il  giudice  ricorrente premette di avere gia' sollevato
conflitto, in relazione alla medesima deliberazione e nel corso dello
stesso  processo,  con  ordinanza  del  27 novembre  2000:  conflitto
dichiarato  ammissibile  da questa Corte, con ordinanza depositata il
31 maggio 2001;
        che, per un disguido della propria cancelleria, la ricorrente
Corte d'appello di Roma non ha provveduto nei termini alle prescritte
notificazioni  ed al conseguente deposito nella cancelleria di questa
Corte degli atti notificati;
        che  tuttavia  permarrebbero,  secondo  lo stesso giudice, le
ragioni  di  conflitto  gia'  esposte  nella  ricordata ordinanza del
27 novembre  2000,  in  quanto  le  frasi e le opinioni asseritamente
lesive  dell'onore  e  della  reputazione dell'attore, espresse dallo
Sgarbi  nel  corso  di  una trasmissione televisiva, non sarebbero in
alcun modo collegate all'esercizio della funzione parlamentare;
        che  pertanto  la  Corte  d'appello di Roma chiede che questa
Corte  accerti  che non spetta alla Camera dei deputati dichiarare la
insindacabilita',   ai   sensi   dell'art. 68,   primo  comma,  della
Costituzione,  delle opinioni espresse dal deputato Vittorio Sgarbi e
conseguentemente annulli la deliberazione parlamentare adottata dalla
stessa Camera dei deputati nella seduta del 17 novembre 1999.
    Considerato  che  in  questa  fase la Corte e' chiamata, ai sensi
dell'art. 37,  terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87
(Norme   sulla   Costituzione   e   sul   funzionamento  della  Corte
costituzionale),   a   deliberare  se  il  ricorso  sia  ammissibile,
valutando,  senza  contraddittorio  tra  le  parti,  se  sussistano i
requisiti soggettivo ed oggettivo di un conflitto di attribuzione tra
poteri dello Stato;
        che  a  tali fini - ed a prescindere dall'esame di ogni altro
profilo  -  e' sufficiente rilevare che la deliberazione della Camera
dei  deputati  in  data  17 novembre 1999, in relazione alla quale la
Corte  d'appello  di  Roma  ha  sollevato  conflitto,  e'  gia' stata
annullata  da questa Corte con la sentenza n. 448 del 2002, a seguito
del  giudizio su un distinto conflitto di attribuzione, sollevato dal
Tribunale  di  Caltanissetta nel corso di un processo penale a carico
del deputato Sgarbi;
        che,  infatti,  la deliberazione in questione si riferiva sia
al procedimento penale nel cui ambito e' stato sollevato il conflitto
giudicato con la sentenza n. 448 del 2002, sia al procedimento civile
di  cui  si  tratta,  all'epoca  pendente, in primo grado, dinanzi al
Tribunale   di   Roma,  l'uno  e  l'altro  originati  dalle  medesime
dichiarazioni dello Sgarbi, riguardanti due diversi magistrati;
        che  pertanto,  una  volta caducata la predetta deliberazione
della   Camera,   e'   venuto   meno   l'ostacolo   che,  secondo  la
giurisprudenza  di  questa Corte, preclude al giudice di pronunciarsi
sui comportamenti oggetto della deliberazione stessa;
        che,  conseguentemente,  non  esiste  piu'  la  materia di un
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (cfr. ordinanza n. 3
del 2003).