ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 2,
della  legge  23 luglio  1991,  n. 223  (Norme  in  materia  di cassa
integrazione, mobilita', trattamenti di disoccupazione, attuazione di
direttive  della  Comunita'  europea,  avviamento  al lavoro ed altre
disposizioni   in  materia  di  mercato  del  lavoro),  promosso  con
Ordinanza  emessa  il  17 aprile  2002  dal  Tribunale di Rossano nel
procedimento  civile  vertente tra Luigi Curia e l'Istituto nazionale
per  la  previdenza  sociale  (INPS), iscritta al n. 481 del registro
ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 43, 1ª serie speciale, dell'anno 2002.
    Visti   l'atto   di  costituzione  dell'INPS  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  20 maggio  2003  il  giudice
relatore Franco Bile;
    Uditi  l'avvocato  Giuseppe Fabiani per l'INPS e l'avvocato dello
Stato Massimo Mari per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con   ordinanza  emessa  il  17 aprile  2002,  nel  giudizio
promosso  da Curia Luigi nei confronti dell'INPS ed avente ad oggetto
il   riconoscimento   del   diritto   al   trattamento   speciale  di
disoccupazione  per  i  lavoratori  edili, il Tribunale di Rossano ha
ritenuto  rilevante  e  non  manifestamente infondata, in riferimento
agli articoli 3 e 38 della Costituzione, la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 11,  comma 2,  della  legge 23 luglio 1991,
n. 223   (Norme   in   materia   di  cassa  integrazione,  mobilita',
trattamenti   di   disoccupazione,   attuazione  di  direttive  della
Comunita'  europea,  avviamento  al  lavoro  ed altre disposizioni in
materia   di  mercato  del  lavoro);  disposizione  questa  che,  nel
prevedere  un  particolare  trattamento speciale di disoccupazione in
favore  dei lavoratori licenziati da imprese edili, non include pero'
nel  computo  del  periodo  di  diciotto  mesi  di  lavoro effettivo,
prescritto  quale presupposto per il conseguimento della prestazione,
anche  i periodi di astensione dal lavoro per infortunio sul lavoro o
malattia.
    In  particolare, il Tribunale rimettente ha verificato che, dalla
documentazione  depositata dalle parti nel giudizio a quo, era emerso
un  rapporto  di  lavoro  protrattosi dal 1° agosto 1996 al 27 aprile
1998, quindi per una durata complessiva superiore ai diciotto mesi di
lavoro  richiesti dalla disposizione censurata; in tale periodo pero'
cadevano anche plurimi periodi di assenza del lavoratore per malattia
ed  un  solo  breve periodo (di meno di due settimane) di assenza per
infortunio sul lavoro.
    Secondo  il  Tribunale  rimettente,  al  fine dell'insorgenza del
diritto  all'indennita'  di  mobilita'  si devono considerare solo le
giornate  di lavoro effettivamente prestate (ed i giorni festivi) con
esclusione  delle  giornate  in cui il rapporto e' stato sospeso vuoi
per malattia, vuoi per infortunio sul lavoro.
    Pero'  la  disposizione  censurata,  cosi'  interpretata, viola -
secondo  il  Tribunale  rimettente  -  l'art. 38  della Costituzione,
poiche'  non  considera  come  periodi  di  lavoro  utili al fine del
conseguimento della provvidenza richiesta anche quelli di assenza per
infortunio  sul  lavoro  o  per  malattia, eventi questi che ricadono
nell'ambito    della   tutela   approntata   dall'evocato   parametro
costituzionale.
    Inoltre  -  ritiene  ancora  il  Tribunale  rimettente  -  appare
vulnerato   altresi'   l'art. 3  della  Costituzione,  in  quanto  la
disposizione  censurata  disciplina  in  maniera  ingiustificatamente
diversa  il  suddetto trattamento speciale di disoccupazione rispetto
all'analoga  prestazione  previdenziale  (l'indennita'  di  mobilita)
prevista  dal  combinato  disposto di cui agli articoli 7, comma 1, e
16, comma 1, della citata legge n. 223 del 1991, per il conseguimento
della  quale  sono  necessari e sufficienti dodici mesi di lavoro, di
cui  sei  di  effettiva  prestazione  di  attivita'  lavorativa,  ivi
compresi  i  periodi  di  sospensione  del  lavoro derivanti da ferie
festivita' ed infortuni.
    2. - Si   e'   costituito   l'INPS,   rilevando   preliminarmente
l'irrilevanza   -  e  quindi  l'inammissibilita'  -  della  sollevata
questione  di  costituzionalita'  quanto  alla mancata computabilita'
dell'assenza  per  infortunio  sul lavoro in considerazione della sua
breve  durata,  giacche'  una  sua  inclusione nel computo del lavoro
effettivamente  prestato  non  consentirebbe  comunque  al lavoratore
ricorrente  di raggiungere il periodo minimo di legge per beneficiare
del  richiesto  trattamento  speciale  di disoccupazione, di cui alla
disposizione censurata.
    Nel  merito  poi  l'Istituto  ha  sostenuto  l'infondatezza della
questione,  quanto  alla  mancata  computabilita'  delle  assenze per
malattia.  Ha  osservato  in  particolare  che  tutti  i  trattamenti
speciali di disoccupazione sono caratterizzati, secondo le rispettive
normative   specifiche,   dalla   previsione  del  requisito  che  il
lavoratore possa far valere un'anzianita' lavorativa minima. Peraltro
l'assenza dal lavoro per malattia, sebbene - secondo l'Istituto - non
concorra  al  raggiungimento del requisito occupazionale previsto per
il riconoscimento della prestazione dedotta in giudizio, non preclude
tuttavia  qualsiasi  tutela  contro  la  disoccupazione involontaria,
poiche'    viene    normalmente    valutata   per   il   conferimento
dell'indennita'  ordinaria di disoccupazione, di minor importo ma pur
sempre   adeguata  alle  esigenze  di  vita  del  lavoratore  rimasto
disoccupato   e,  percio',  rispondente  al  precetto  costituzionale
dell'art. 38 della Costituzione.
    In  ordine  poi  alla  sospettata  violazione  del  principio  di
uguaglianza  di  cui all'art. 3 Cost., l'INPS ha osservato che non e'
possibile  assumere l'indennita' di mobilita' spettante ai lavoratori
del  settore  dell'industria  a  tertium  comparationis,  non essendo
comparabili le prestazioni di disoccupazione poste a confronto.
    3. - E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale dello Stato ed ha
concluso per l'infondatezza della questione di costituzionalita'.
    Osserva  l'Avvocatura  che il regime degli ammortizzatori sociali
nell'edilizia  si  discosta  da  quello previsto per i lavoratori del
settore  industriale  e  commerciale,  in  quanto  tiene  conto delle
particolari  caratteristiche  del settore delle costruzioni edili che
presenta,   a   differenza   di   altri  comparti  merceologici,  una
fisiologica discontinuita' delle attivita' produttive dovuta sia alla
provvisorieta'   degli   insediamenti,   sia   a  ricorrenti  fattori
stagionali.  Conseguentemente,  il  ricorso  alla  cassa integrazione
guadagni  e,  in  genere,  agli  altri  strumenti  di  sostegno della
retribuzione  si  presenta  con  maggiore  frequenza e, per converso,
necessita, al fine di prevenire abusi, di rigorosi requisiti.
    E'  quindi  ragionevole  il differente criterio di ammissibilita'
dei   lavoratori   edili   al  particolare  trattamento  speciale  di
disoccupazione  di  cui alla disposizione censurata (diciotto mesi di
lavoro  effettivo)  rispetto  a  quello  dei  lavoratori  dei settori
dell'industria  e  del  commercio  (dodici mesi, di cui almeno sei di
lavoro effettivamente prestato).

                       Considerato in diritto

    1. - La  questione  di costituzionalita', sollevata dal Tribunale
rimettente  in  riferimento  agli  artt. 3  e  38 della Costituzione,
investe l'art. 11, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme
in   materia   di   cassa  integrazione,  mobilita',  trattamenti  di
disoccupazione,  attuazione  di  direttive  della  Comunita' europea,
avviamento  al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del
lavoro),   nella  parte  in  cui,  al  fine  del  riconoscimento  del
trattamento  speciale  di  disoccupazione  previsto  per i lavoratori
licenziati   da  imprese  edili  nelle  particolari  circostanze  ivi
indicate,  non  include  nel  computo del periodo di diciotto mesi di
lavoro  effettivo,  previsto  quale  presupposto per il conseguimento
della  prestazione, i periodi di astensione dal lavoro per infortunio
sul lavoro o per malattia.
    Secondo  il  giudice  rimettente,  la norma viola l'art. 38 della
Costituzione  perche'  -  non  considerando,  tra i periodi di lavoro
utili  ad  ottenere il trattamento speciale di disoccupazione, quelli
di  infortunio  sul  lavoro o di malattia, pur espressamente previsti
dal  parametro  costituzionale  evocato  - non assicura al lavoratore
licenziato  da  impresa  edile  i mezzi adeguati alle sue esigenze di
vita;  e  viola  altresi'  il  principio di eguaglianza (art. 3 della
Costituzione), perche' i periodi di assenza per malattia o infortunio
sul  lavoro sono invece, dagli artt. 7 e 16 della stessa legge n. 223
del  1991,  ritenuti rilevanti ad integrare l'analogo presupposto del
periodo  minimo  di lavoro per ottenere una prestazione previdenziale
similare,  quale  l'indennita'  di  mobilita' in favore di lavoratori
assoggettati a procedura di mobilita' o a licenziamento collettivo.
    2. - La  difesa  dell'INPS  ha  eccepito  l'inammissibilita', per
difetto  di rilevanza, della questione di legittimita' costituzionale
nella  parte  relativa alla non computabilita' dei periodi di assenza
per infortunio sul lavoro, nell'anzianita' di servizio necessaria per
l'accesso  del  lavoratore  al trattamento speciale di cui alla norma
impugnata.
    L'eccezione  e'  fondata,  in  quanto  -  risultando dalla stessa
ordinanza  di  rimessione la durata (del resto pacifica tra le parti)
dei  periodi di assenza per malattia e per infortunio sul lavoro - e'
di tutta evidenza come nel caso di specie l'esiguita' di quest'ultimo
periodo (protrattosi per pochi giorni) comporti l'ininfluenza del suo
computo  al  fine  di  verificare  il  requisito dei diciotto mesi di
lavoro effettivo.
    La  questione  di  costituzionalita',  nella  parte  indicata, e'
pertanto manifestamente inammissibile.
    3. - Nella  parte  relativa  alla  computabilita'  dei periodi di
assenza per malattia, la questione non e' fondata.
    4. - In  riferimento  alla  dedotta  violazione  del principio di
eguaglianza  (art. 3  della  Costituzione),  il  Tribunale rimettente
istituisce  una  comparazione  fra  termini non omogenei e quindi non
utilmente  raffrontabili  al  fine  di  estendere  la  disciplina del
tertium comparationis alla fattispecie in esame.
    4.1. - La  norma censurata - integrando e innovando la disciplina
del   trattamento   speciale   di  disoccupazione  per  i  lavoratori
licenziati  da  imprese  edili,  istituito dalla legge 6 agosto 1975,
n. 427  (Norme in materia di garanzia del salario e di disoccupazione
speciale  in  favore  dei  lavoratori  dell'edilizia  ed  affini), in
alternativa   al  trattamento  ordinario  di  disoccupazione,  avente
carattere  generale - ha introdotto un nuovo ed ulteriore trattamento
speciale  di disoccupazione per casi del tutto particolari, in favore
di  dipendenti  di  imprese edili localizzate in determinate aree, in
crisi  all'atto  del  completamento  della  realizzazione di impianti
industriali  o  di  opere pubbliche di grandi dimensioni. All'uopo la
norma  ha  stabilito  un requisito di anzianita' lavorativa di almeno
diciotto  mesi  di  «lavoro  effettivo» (piu' rigoroso del simmetrico
requisito contributivo previsto dall'art. 9 della citata legge n. 427
del  1975  per  il generico trattamento speciale di disoccupazione in
edilizia, pari a dieci contributi mensili nel biennio).
    Dal  canto  suo la normativa di cui agli artt. 7 e 16 della legge
n. 223   del  1991  (evocata  dal  rimettente  a  titolo  di  tertium
comparationis) richiede, per ottenere le prestazioni previdenziali in
favore   dei   lavoratori   licenziati   o  collocati  in  mobilita',
un'anzianita'   di   dodici  mesi,  di  cui  almeno  sei  di  «lavoro
effettivamente  prestato»,  compresi  i  periodi  di  sospensione per
«ferie, festivita' ed infortuni».
    4.2. - E'  ben  vero,  come rileva il rimettente, che - pur nella
simmetria tra il requisito di anzianita' contributiva previsto per il
trattamento  speciale di disoccupazione spettante ai dipendenti delle
particolari imprese edili prima indicate (riferito dalla disposizione
censurata  al  «lavoro effettivo») e l'analogo requisito previsto per
l'indennita'  di  mobilita'  (riferito  dalla  normativa assunta come
tertium  comparationis  al  «lavoro  effettivamente  prestato»)  - la
computabilita'  di  taluni  periodi  di  sospensione  dal  lavoro  e'
testualmente  contemplata solo per il secondo trattamento e non anche
per il primo.
    Ma  la specificita' della prestazione di cui alla norma censurata
-  riguardante  solo  i  dipendenti  di alcune imprese edili, in date
circostanze  di  tempo  e  di  luogo - la rende incomparabile con una
prestazione  a  carattere  generale, quale l'indennita' di mobilita',
per l'evidente disomogeneita' dei termini del raffronto.
    4.3. - L'evocazione   -   ai  fini  della  comparazione  -  della
disciplina  dell'indennita'  di mobilita' e' incongrua anche sotto un
ulteriore profilo.
    Il  Tribunale  rimettente  interpreta  l'art. 16,  comma 1, della
legge  n. 223  del  1991  nel  senso  che esso - richiedendo per tale
indennita'  dodici mesi di anzianita' di servizio, fra i quali sei di
lavoro  effettivo (cui sono equiparati i periodi di ferie, festivita'
e    infortuni)    -    consentirebbe,   «espressamente,   anche   se
implicitamente», di tener conto dei periodi di malattia per calcolare
non  i sei mesi di «lavoro effettivamente prestato», ma gli ulteriori
sei mesi dell'anno di «anzianita' aziendale».
    Sollevando  la presente questione di costituzionalita', lo stesso
Tribunale  mira  invece  a  conseguire il diverso risultato della ben
piu'  ampia  utilizzabilita'  dei  periodi  di malattia per calcolare
l'intero  periodo  di  diciotto  mesi  di «lavoro effettivo» previsto
dalla  norma  impugnata,  con  l'effetto  di  attribuire  a  siffatta
espressione  un significato diverso da quello che, a suo avviso, essa
avrebbe nella norma assunta a tertium comparationis.
    5. - Neppure  e'  violato  l'art. 38  della Costituzione, perche'
l'ordinamento    previdenziale   prevede,   per   la   disoccupazione
involontaria  nel  settore  edilizio, sia il trattamento ordinario di
disoccupazione  previsto  come  istituto  di  carattere generale, sia
quello  speciale di cui al citato art. 9 della legge n. 427 del 1975.
E   pertanto   l'eventuale   mancanza   dei  requisiti  previsti  per
l'ulteriore   particolare  trattamento  di  disoccupazione  speciale,
contemplato  dalla norma impugnata in favore dei dipendenti di alcune
imprese  in  situazioni  ben  determinate,  non  lascia il lavoratore
sfornito  della  tutela  generale  contro  la  disoccupazione, la cui
idoneita'  e  adeguatezza  non  sono  poste  in  dubbio dal Tribunale
rimettente.