IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2578/2003 proposto dal sig. Lucchese Giuseppe, rappresentato e difeso dall'avv. Arturo Merlo, elettivamente domiciliato in Catania, via Aloi, n. 46, presso lo studio dell'avv Egidio Incorpora; Contro: la Provincia regionale di Messina, in persona del presidente pro tempore, non costituita in giudizio; Barbera Giacinto, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall'avv. Carmelo Torre, elettivamente domiciliato in Catania, via Ruggero Settimo, n. 43, presso lo studio dell'avv. Antonino Paratore Ciancio; Sidoti Luigi, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dal prof. avv. Mario Caldarera, elettivamente domiciliato in Catania, via V. E. Orlando, n. 26, presso lo studio dell'avv. Massimiliano Jelo; Lombardo Giuseppe, Passaniti Angelo, Barrera Nicola, Bruno Daniela in Consolo, Magazzu' Salvatore, Morano Giuseppe, Sirti Giuseppe, Previti Giuseppe, Bivona Enrico, Martelli Giuseppe, Ragno Luigi, La Cava Sergio, Caudo Michele, Granese Domenico, Gitto Amedeo, Giorgianni Pietro Salvatore, Italiano Lorenzo, Catalfamo Rosario, La Rosa Santi Vincenzo, Randazzo Salvatore, Recupero Filippo Neri, Galluzzo Giuseppe, Gullo Carmelo, Faraci Orazio Antonito Michele, Calanna Francesco Concetto, Ortoleva Antonio Giuseppe, Mangano Renato, Reitano Antonino, Librizzi Salvatore, Casella Antonino, Gullo Luigi, Natoli Giuseppe, Lopes Franco Armando, Cerreti Carlo, Melita Lucio, Di Santo Manlio, Gugliotta Biagio, Isaja Filippo, Monea Pasquale, Currenti Carmelo, Gullotta Roberto, Cilla Gaetano, Schiro Rosalia, non costituiti in giudizio; Per l'annullamento delle operazioni elettorali per il rinnovo del consiglio provinciale del maggio 2003, conclusesi con la proclamazione degli eletti di cui al verbale dell'ufficio elettorale provinciale chiuso l'11 giugno 2003, e per la conseguente correzione del risultato elettorale; Visto il ricorso con i relativi allegati, depositato il 10 luglio 2003; notificato, con il pedissequo decreto presidenziale di fissazione d'udienza, fra il 16 e il 18 luglio 2003, e ridepositato il 24 luglio successivo; Visti gli atti di costituzione in giudizio dei controinteressati Barbera Giacinto e Sidoti Luigi; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore, per la pubblica udienza del 21 ottobre 2003, il consigliere dott. Biagio Campanella, uditi gli avvocati delle parti, come da relativo verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. F a t t o Il sig. Giuseppe Lucchese ha partecipato, quale candidato della lista «Democratici di Sinistra», nel collegio n. 1 (Messina Sud), alla competizione per il rinnovo del consiglio della Provincia regionale di Messina, svoltasi nei giorni 25 e 26 maggio 2003. La lista medesima, alla quale sono stati assegnati, in sede provinciale, 3 seggi, non ha conseguito quozienti interi, per cui ha partecipato alla ripartizione tra i diversi collegi, con la graduatoria della parte centesimale dei propri quozienti, ai sensi dell'art. 18, primo comma, punto 3) della legge regionale n. 14/69. Pur avendo detta lista conseguito nel collegio di Messina Sud il suo piu' alto quoziente, per effetto del criterio introdotto dall'art. 14 della legge regionale n. 26 del 1993, la lista medesima non ha conseguito seggi in tale collegio, mentre li ha conquistati in altri, nonostante in questi ultimi avesse riportato quozienti di gran lunga inferiori. Il sig. Giuseppe Lucchese, con il ricorso in oggetto, ritiene che uno dei tre seggi attribuito al partito dei Democratici di Sinistra avrebbe dovuto essere assegnato nel collegio n. 1 (con conseguente elezione del ricorrente), in considerazione, appunto, della circostanza che proprio in tale collegio e' stato riportato dal partito menzionato il quoziente maggiore. Si deduce, pertanto: «Illegittimita' costituzionale dell'art. 18, numero 3, secondo comma, quarto e quinto periodo, della 1egge regionale 9 maggio 1969, n. 14, come sostituiti dall'art. 14 della legge regionale l° settembre 1993, n. 26, per contrasto con gli art. 3 e 51, primo comma della Costituzione. Conseguente illegittimita' della ripartizione dei seggi come effettuata dall'ufficio elettorale provinciale nella parte in cui non risulta assegnato un seggio alla lista «Democratici di Sinistra» nel colleggio n. 1 - Messina Sud e non risulta proclamato eletto il ricorrente. Si evidenzia che, nel caso in questione, la distribuzione di 26 seggi (su 45) tra i diversi collegi provinciali e' avvenuta in spregio alla reale valenza dei risultati elettorali, atteso che, dopo l'assegnazione ai diversi collegi dei primi 19 seggi, sulla base dei quozienti interi, l'assegnazione dei collegi residuati non e' avvenuto scorrendo la graduatoria delle liste in funzione del miglior quoziente ed in ragione della disponibilita' dei seggi per collegio, bensi' partendo dai collegi «con popolazione legale meno numerosa» e passando via via agli altri in «ordine crescente di popolazione». Si lamenta che tale «correttivo» toglie ogni significato alla omogeneizzazione dei risultati delle singole liste in ciascun collegio, attuata attraverso le formule che consentono di pervenire al quoziente di lista (che altro non e' se non il valore relativizzato del risultato di ogni lista collegiale in rapporto alle altre liste ed alla correlativa lista su base complessiva provinciale). Degli evocati in giudizio, si sono costituiti soltanto i sigg. Barbera Giacinto e Luigi Sidoti. D i r i t t o 1. - Ricorda, preliminarmente, il collegio che, per costante giurisprudenza, la dedotta incostituzionalita' di una norma di legge puo' costituire l'unico motivo su cui puo' validamente fondarsi la pruporzione di un ricorso giurisdizionale (cfr. Corte costituzionale nn. 444 del 26 settembre - 12 ottobre 1990 e 367 dell'11-20 luglio 1991; Tribunale amministrativo regionale Sicilia-Catania-Sez. 3ª, n. 9 del 12 gennaio 2001). Nel caso di specie, il ricorso si incentra interamente sulla dedotta incostituzionalita', per violazione degli artt. 3 e 51, primo comma, della Costituzione, dell'art. 18, numero 3, secondo comma, quarto e quinto periodo, della legge regionale 9 maggio 1969, n. 14, come sostituiti dall'art. 14 della legge regionale 1° settembre 1993, n. 26, nella parte in cui tali disposizioni prevedono che l'assegnazione dei seggi residuati non avviene scorrendo la graduatoria delle liste collegiali in funzione del miglior quoziente ed in ragione della disponibilita' dei seggi per collegio, bensi partendo dai collegi «con popolazione legale meno numerosa» e passando via via agli altri in «ordine crescente di popolazione». 2. - Tale questione di incostituzionalita' appare, pertanto, rilevante per la definizione del ricorso in oggetto, atteso che soltanto da un'eventuale pronuncia di incostituzionalita' della menzionata normativa il ricorrente potrebbe ottenere il beneficio dell'elezione a consigliere provinciale. 3.- Il collegio dovra' ora darsi carico di verificare se la questione di incostituzionalita' in esame si appalesa anche non manifestamente infondata. Il ricorrente deduce, in primo luogo, un contrasto della normativa in questione con l'art. 3 della Costituzione il quale, al primo comma, cosi' recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignita' sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». In secondo luogo, il sig. Lucchese deduce un contrasto della normativa medesima con l'art. 51, primo comma, della Costituzione, secondo cui «tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge». Il «sospetto» del ricorrente circa una violazione di tali norme costituzionali appare giustificato; la normativa della cui costituzionalita' si dubita appare favorire i candidati delle circoscrizioni minori, laddove il resto della normativa pare salvaguardare gli interessi di tutti i candidati (a prescindere dalla dimensione del collegio in cui si presentano). Ed invero, l'art. 18 della legge regionale n. 14 del 1969 detta le formule matematiche intese ad omogeneizzare in un'unica graduatoria i valori (relativi) espressi da ciascuna lista in ciascun collegio, attesi i diversi parametri da comparare per ogni collegio (numero dei votanti, numero dei voti validi, numero dei candidati). Il collegio sottolinea che, per determinare il quoziente di ciascuna lista per ciascun collegio, viene seguito il seguente procedimento: «. . . si moltiplica per 100 il numero di voti riportati in sede collegiale da ciascuna lista alla quale, in sede provinciale, sono stati assegnati uno o piu' seggi e il risultato si divide per il totale dei voti conseguiti nell'ambito della circoscrizione collegiale dalle liste ammesse al riparto dei seggi. Quindi si moltiplica tale risultato per il numero dei seggi assegnato al collegio diviso cento». Ritiene il collegio che tale formula consenta di pervenire ad una graduatoria rapportata alla medesima base percentuale (l00), con la determinazione di un quoziente che rappresenta, per un verso, il valore proporzionale dell'apporto arrecato dai candidati di una lista in ambito collegiale per il conseguimento dei seggi conquistati dalla medesima lista su base provinciale, per altro verso il valore elettorale di ciascuna lista in ciascun collegio «relativizzato» con l'analogo «valore» collegiale delle altre liste. Viceversa il «correttivo», secondo cui i seggi residui vengono distribuiti partendo dai collegi con popolazione legale meno numerosa, potrebbe togliere ogni significato alla omogeneizzazione dei risultati delle singole liste in ciascun collegio, penalizzando il migliore risultato elettorale e premiando un risultato deteriore depotenziando, oltre ogni limite di ragionevolezza, il principio di maggiore rappresentativita' (relativa) che deve presiedere all'assegnazione dei seggi. Appare violato, pertanto, il trascritto art. 3 della Carta costituzionale, il quale enuncia il c.d. principio di uguaglianza formale e soggettiva, valevole per tutti i soggetti dell'ordinamento, persone fisiche e giuridiche (cfr., Corte costituzionale, nn. 25/1966 e 2/1969), che costituisce «un principio generale che condiziona tutto l'ordinamento nella sua obiettiva struttura» (Corte costituzionale, n. 25/1966) ed e' espressione di «un generale canone di coerenza dell'ordinamento» (Corte costituzionale, n. 204/1982), il quale si estrinseca, in ultima analisi, in un generale principio di «ragionevolezza», per cui la legge deve trattare in maniera eguale situazioni eguali, ed in maniera razionalmente diversa situazioni diverse (cfr., fra le tante, Corte costituzionale, nn. 53/1958, 15/1960, 4/1964, 1/1966, 5/1980 e 15/1982). Al principio di eguaglianza cosi' inteso, cioe' come canone di coerenza e ragionevolezza, soggiace indubbiamente anche la legge, e cio' non solo sotto il profilo formale - per cui il principio di eguaglianza regolerebbe soltanto la forza e l'efficacia della legge - ma anche sotto il profilo materiale, per cui tale principio e' rivolto a regolare anche il contenuto della legge, implicando un limite o vincolo alla funzione normativa primaria nei senso sopra indicato. Alla luce delle superiori considerazioni, la questione di costituzionalita' non appare manifestamente infondata neppure con riferimento al primo comma dell' art. 51 della Costituzione, che ribadisce, in sostanza, il principio di uguaglianza per quanto concerne l'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.