IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza;
    Sul  ricorso  n. 4616/03  R.G.,  proposto da Anza' Santi Antonio,
rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Giulia  Saitta,  con la quale e'
elettivamente  domiciliato  in  Catania,  via  Centuripe n. 8, presso
1'avv.  Valentina Buscetta (studio legale prof. Alfio D'Urso), contro
il comune di patti, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato
e   difeso   dall'avv.  Nicola  Adamo,  col  quale  e'  elettivamente
domiciliato   in  Catania,  via  Umberto  n. 143,  presso  lo  studio
dell'avv. Carlo Imme', per ottenere l'esecuzione del giudicato;
    Sulla sentenza provvisoriamente esecutiva n. 3218/00 emessa inter
partes dal G.O.A. del Tribunale civile di Patti, sezione stralcio, in
data   13  dicembre  2000,  depositata  in  data  28  dicembre  2000,
registrata  il  20  febbraio 2001 e notificata in data 9 maggio 2001,
(con la quale il comune di Patti e' stato, tra l'altro, condannato al
pagamento  a  titolo di risarcimento danni in favore de germani Anza'
Santi  Antonio,  Maria  Teresa,  Aldo e Giuseppina, della complessiva
somma  di  lire 337.942.465, oggi Euro 174.532,72 oltre rivalutazione
ed  interessi ed oltre le spese del giudizio liquidate in complessive
lire 16.625.000 oltre IVA e c.p.a.), limitatamente al pagamento della
somma di Euro 69.194,74 oltre interessi legali e rivalutazione, quale
quota parte di pertinenza del medesimo ing. Anza' Santi Antonio;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Vista   la  comparsa  di  costituzione  in  giudizio  del  comune
intimato;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato  relatore  alla  Camera  di  Consiglio  del  giorno  25
febbraio 2004 il Consigliere dott. Gabriella Guzzardi;
    Uditi  altresi'  gli  avvocati  delle  parti  come  da verbale di
udienza;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    Con  la  sentenza  del  G.O.A presso il Tribunale Civile di Patti
n. 3218/2000, meglio specificata in epigrafe, il comune di Patti, che
aveva  intrapreso una attivita' ablativa nei confronti del ricorrente
per la realizzazione di una discarica, concretizzatasi in atti di cui
e' stata accertata la illegittimita' con sentenze di questo tribunale
confermate  in  appello  (Tribunale amministrativo regionale Sicilia,
sez.  di  Catania,  sent.  n. 348/1996  confermata  con  sent. C.G.A.
n. 121/1999  e  Tribunale  amministrativo  regionale  Sicilia sez. di
Catania,  sent. n. 1604/1998 confermata con sent. C.G.A. n. 276/2000)
e'   stato   condannato   a   restituire   agli   attori   il   fondo
illegittimamente  occupato ed adibito a discarica R.S.U. e a pagare a
titolo di risarcimento danni la complessiva somma di lire 337.942.456
oltre rivalutazione ed interessi come in motivazione e oltre le spese
del  giudizio liquidate in lire 16.625.000 oltre C.P.A e Iva come per
legge.
    Tale  sentenza,  esecutiva  ex lege, come peraltro dichiarato nel
corpo  della  stessa, e' stata appellata dal comune debitore che, pur
avendo restituito le aree, non ha provveduto al pagamento del dovuto.
    Il  giudice  d'appello, al quale era stata chiesta la sospensione
della esecuzione, ha rigettato, con ordinanza camerale del 31 gennaio
2002, depositata il 6 febbraio 2003, la relativa istanza proposta dal
comune  di Patti, confermando pertanto la esecutivita' della sentenza
di primo grado.
    Con  il ricorso introduttivo il ricorrente, sul presupposto della
confermata   esecutivita'  della  sentenza  in  epigrafe,  ne  chiede
l'ottemperanza,  dopo  avere  notificato,  in data 17 giugno 2003, al
comune debitore rituale atto di costituzione in mora.
    Il   comune  di  Patti,  costituitosi  in  giudizio,  ha  in  via
preliminare  sollevato  l'eccezione  di inammissibilita' del giudizio
introdotto  dal  ricorrente  Anza'  avverso  una sentenza ancora solo
provvisoriamente  esecutiva e non coperta da giudicato. Nel merito ne
ha chiesto il rigetto.
    Il ricorrente Anza', per mezzo del proprio difensore, con memoria
depositata  in  data  13  febbraio  2004  ha  sollevato  eccezione di
illegittimita'  costituzionale  degli artt. 27 R.D. n. 1054/1924 e 37
legge  n. 1034/1971  che  indicano  nel  passaggio  in  giudicato  il
presupposto  insuperabile  per  agire  in  via  di  ottemperanza  per
l'adempimento  dell'obbligo  della p.a. di conformarsi alle decisioni
dei  Tribunali,  ove  tale presupposto non venga considerato superato
dall'art. 10  legge  n. 205/2000  che,  nel riformare l'art. 33 della
legge  n. 1034/1971, ha ammesso la possibilita' di adire il Tribunale
amministrativo  regionale per ottenere l'esecuzione delle sentenze di
primo  grado  non  sospese dal Consiglio di Stato, giudice d'appello.
Secondo  la  prospettazione  del ricorrente, la normativa richiamata,
nella  interpretazione  restrittiva  propugnata  dal comune intimato,
violerebbe    il    principio   della   effettivita'   della   tutela
giurisdizionale cosi' come riconosciuto e dichiarato dagli artt. 24 e
113  della  Costituzione.  Nel  merito il ricorrente ha insistito per
l'accoglimento del giudizio di ottemperanza dallo stesso incardinato.
    Alla  Camera  di Consiglio del 25 febbraio 2004 la causa e' stata
trattenuta per la decisione.

                            D i r i t t o

    Il collegio, in via preliminare procede all'esame della eccezione
di   illegittimita'  costituzionale  della  normativa  portata  dagli
artt. 27  R.D.  n. 1054/1924  e 37 legge n. 1034/1971, nella parte in
cui  viene  richiesto  il  passaggio  in  giudicato quale presupposto
insuperabile  per  ottenere  l'adempimento dell'obbligo della p.a. di
conformarsi  alle decisioni del giudice ordinario in sede di giudizio
di   ottemperanza,  per  contrasto  con  gli  artt. 24  e  113  della
Costituzione.
    Al   fine   di  individuare  la  rilevanza  e  la  non  manifesta
infondatezza  della  sollevata  eccezione  di incostituzionalita', il
Collegio  osserva  che il giudizio di cui in epigrafe non puo' essere
definito  prescindendo  dall'analisi  della  questione  sottoposta al
proprio  esame  poiche'  l'applicazione  delle  norme  di riferimento
condurrebbe   alla  dichiarazione  di  inammissibilita'  del  ricorso
introduttivo  per carenza di uno dei presupposti dell'azione. Infatti
la norma portata dall'art. 37 della legge n. 1034/1971 attribuisce la
competenza  del  giudice  amministrativo  a  pronunciarsi sui ricorsi
diretti   ad   ottenere   l'adempimento  dell'obbligo  dell'autorita'
amministrativa di conformarsi al giudicato dell'autorita' giudiziaria
ordinaria,  e  per  giudicato  non  puo'  che intendersi il giudicato
formale  scaturente  dalla  definitivita'  della  sentenza  di cui si
chiede l'esecuzione.
    Ai  fini  della  individuazione  dei  profili  di  non  manifesta
infondatezza della questione si rileva che l'applicazione della norma
di   riferimento   e  richiede  quale  presupposto  per  l'azione  di
ottemperanza  avanti  il  giudice  amministrativo  la  esistenza  del
giudicato  formatosi sulla sentenza di cui si chiede l'ottemperanza e
non  la  sua  esecutivita',  determina  da un lato una ingiustificata
disparita'   di   trattamento,   in   contrasto  con  l'art. 3  della
Costituzione,  rispetto  alla  esecuzione  delle sentenze del giudice
amministrativo  di  primo  grado  che  ai  sensi  dell'art. 33  legge
n. 1034/1971   nel  testo  aggiunto  dall'art. 10  legge  n. 205/2000
possono  essere  oggetto  di  giudizio  di  ottemperanza, purche' non
sospese  dal  giudice di appello. Dall'altro lato, viola il principio
della  effettivita'  della  tutela  giurisdizionale  scaturente dalle
norme  portate  dagli  artt. 24  e 113 della Costituzione, in base ai
quali  tutti  i cittadini possono agire in giudizio per la tutela dei
propri  diritti  anche  nei confronti della Pubblica amministrazione,
senza  esclusioni o apposizione di limiti di sorta, limiti che invece
verrebbero  a  sussistere poiche' l'interessato potra' fare valere il
proprio  diritto  mediante azione di esecuzione civile e non mediante
giudizio  di  ottemperanza relativamente alle sentenze di primo grado
del  giudice  ordinario  esecutive,  non  sospese  in appello, ma non
coperte da giudicato formale.
    A  parere  del  Collegio  l'applicazione  delle  norme  di cui si
contesta  in parte qua la illegittimita' costituzionale, in base alle
quali  il  cittadino  puo'  intraprendere il giudizio di ottemperanza
avanti  il  giudice  amministrativo  solo  con riferimento a sentenze
passate  in  giudicato e non anche con riferimento a quelle esecutive
non  sospese  dal  giudice  d'appello, viola anche il principio della
ragionevole   durata   del   processo,  sancito  dall'art. 111  della
Costituzione  nel testo novellato dall'art. 1 legge Cost. n. 2 del 23
novembre 2001.
    Le   croniche   lungaggini   del   processo  civile,  normalmente
articolato su tre gradi di giudizio, che inesorabilmente condizionano
il  formarsi  del giudicato su una sentenza di primo grado appellata,
costituiscono   insormontabile   ostacolo  al  soddisfacimento  degli
interessi  e  dei  diritti  di  cui  il  soggetto  e'  titolare, gia'
riconosciuti in prime cure con sentenza esecutiva per legge, sentenza
che  mantiene  la  propria esecutivita' se non sospesa dal giudice di
appello,  ma  di  fatto  non  azionabile  in sede di ottemperanza per
carenza di un requisito formale, il giudicato.
    Il procrastinarsi nel tempo dell'esecuzione costituisce, a parere
di questo giudice, violazione del giusto processo di cui all'art. 111
Cost.  di  cui  costituisce corollario il principio della ragionevole
durata,   oltre   che  violazione  dei  principi  di  buon  andamento
dell'azione  della  pubblica  amministrazione scaturenti dall'art. 97
della Costituzione in quanto l'ulteriore rinvio dell'esecuzione della
sentenza  del  giudice  ordinario,  gia'  esecutiva e non sospesa dal
giudice  d'appello,  fino  al momento del conseguimento del giudicato
formale,  puo'  determinare  un  evitabile aggravio di spesa da parte
della  pubblica  amministrazione  che  dovra'  sopportare  l'onere di
interessi sulle somme dovute, frattanto ulteriormente maturati.
    Ritenuta la rilevanza della sollevata questione di illegittimita'
costituzionale  dell'art. 37  legge  n. 1034/1971 in riferimento agli
artt. 3,  24, 111, 113 e 97 della Costituzione e la sua non manifesta
infondatezza,   il   collegio   ritiene   di  disporre  la  immediata
trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale  e sospende il
giudizio  in  corso,  ai sensi dell'art. 23 legge n. 87 del giorno 11
marzo 1953.